Anticipazione da leggere su L’Espresso
Poker di politici in Liechtenstein
6 marzo 2008
Sono in tutto 157 le persone della lista di Vaduz
Tensione alle stelle tra Agenzia e Guardia di Finanza
Sono solo quattro
i politici italiani che compaiono nella lista dei presunti evasori con il conto a Vaduz. E tra loro non c'è nessun big: solo seconde e terze file. Nel poker c'è almeno un esponente dell'Udc, ma non si tratta di
Rocco Buttiglione, che ha fatto outing ammettendo di avere solo un piccolo deposito in
Liechtenstein. L'ormai famoso elenco comprende sì 400 'voci', ma spesso corrispondono a sigle, fondazioni,
prestanome e società riconducibili agli stessi soggetti: a conti fatti,
sono solo 157 le persone fisiche su cui indagano gli ispettori dell'Agenzia delle
entrate e i pm di Roma.
Il valore complessivo dei conti incriminati è di circa un miliardo e
200 milioni, e comprende ricchezze accumulate da piccoli e medi imprenditori
del Centro-Nord: alcuni - ma si contano sulle dita di una mano - hanno un
conto superiore ai cento milioni di euro. Pian piano la cortina fumogena che
circonda la lista, comprata dai servizi segreti tedeschi e poi consegnata al
fisco italiano dalle autorità inglesi, sta dunque svaporando.
Quello che tutti vogliono tenere segreto è invece il furioso scontro istituzionale che si sta consumando tra l'Agenzia presieduta da
Massimo Romano e la Guardia di Finanza. Il caso Vaduz ha scoperchiato il vaso
di Pandora. I rapporti si complicano già nel 2006, con l'arrivo all'Agenzia degli
uomini di Visco. Appena reinsediati, Romano e il
capo l'accertamento, Villiam Rossi, decidono infatti di riprendere in mano il fascicolo sulla maxi
evasione-fiscale della società Bell nella storica scalata alla
Telecom. Nel 2003 la Finanza di Milano aveva infatti
aperto una verifica, rimasta però senza risultati: la Gdf riteneva di non avere prove sufficienti per
dimostrare 'l'esterovestizione' della Bell.
Cambiato il vertice dell'Agenzia riparte l'accertamento, che spinge i soci
della Bell a chiudere la vertenza pagando al fisco 156 milioni di euro.
L'episodio è solo una cartina tornasole. L'arrivo di Visco modifica infatti i rapporti di
forza tra militari ed ispettori civili: fondi e assunzioni vengono dirottati sull'Agenzia.
Le scelte del diessino sono dovute anche al duello con il generale Roberto
Speciale: i due non si tollerano, non si fidano. Secondo i vertici delle
Fiamme gialle, però, l'atteggiamento di Visco non muta nemmeno quando
Speciale è sostituito dal nuovo comandante Cosimo D'Arrigo. Lontano
dai riflettori il braccio di ferro tra Agenzia e Gdf
raggiunge il culmine all'inizio del 2008. Prima con il caso Mithos Arkè (una
presunta centrale dell'evasione), poi con l'affaire-Liechtenstein.
La prima operazione porta all'arresto di professionisti e al coinvolgimento
di ex dipendenti (infedeli) dell'Agenzia.
Il blitz è affidato alle Fiamme Gialle di Milano, ma
fonti dell'Agenzia sottolineano che l'indagine in realtà era partita
proprio dalla loro direzione centrale Audit. I rapporti
istituzionale toccano il
fondo quando il
dvd con la lista di Vaduz, conservato nella cassaforte di Romano, viene
acquisito dalla Finanza per conto della Procura di Roma. Qualche giorno prima
il sindacato dei militari, il Cocer, aveva
contestato la scelta di escludere la Gdf dalle
indagini. L'Agenzia - che lavorava in gran segreto
da almeno un mese e mezzo - sperava invece di chiudere gli accertamenti senza
finire sui giornali, e ha vissuto la mossa di procura e finanzieri come un
vero scippo. La partita resta apertissima. In attesa del nuovo governo. P.B e E.F.
(06 marzo 2008)
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