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Corriere della Sera L'INDAGINE DELLA PROCURA DI MILANO. Sequestrati 245
milioni a Unicredit Interessi «travestiti» da «dividendi» nella maxi
frode fiscale organizzata con Barclays: Profumo indagato Di Luigi Ferrarella MILANO - Il Tribunale di Milano ha sequestrato 245 milioni
di euro a Unicredit spa con un provvedimento che, per la prima volta in
Italia, li quantifica come profitto di una colossale frode fiscale che nel
2007 e 2008 la banca guidata da Alessandro Profumo è accusata di aver
attuato attraverso una complessa operazione propostale dall’inglese Barclays,
seconda banca al mondo. LA PERQUISIZIONE - La costruzione finanziaria, stando alla
lettura che la Procura offre degli esiti della perquisizione operata il 12
giugno 2009 nei server informatici di Unicredit dal Nucleo di Polizia
tributaria della Guardia di finanza di Milano, sarebbe stata finalizzata a
far credere che Unicredit stesse investendo in un contratto di «pronti contro
termine» su «strumenti partecipativi di capitale», quando invece con Barclays
tutto sarebbe stato in partenza costruito e concordato a tavolino perché
Unicredit in realtà facesse un investimento in un deposito
interbancario presso Barclays. La differenza è cruciale perché, mentre
Unicredit avrebbe dovuto pagare le tasse sul 100% degli «interessi» di un
deposito interbancario, in base alla normativa fiscale italiana ha invece
potuto pagare soltanto il 5% sui «dividendi» dell’apparente operazione
«pronti contro termine», perché per legge essi sono appunto deducibili al
95%. DANNO AL FISCO ITALIANO - Proprio l’artificioso
travestimento in «dividendi» di quelli che in realtà erano
«interessi», dunque, secondo l'indagine del procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha generato a beneficio di Unicredit l’illecito
enorme risparmio d’imposte Ires e Irap: al fisco
italiano sarebbero così stati sottratti 745 milioni di euro di
imponibile nelle dichiarazioni relative al 2007 e 2008 di Unicredit Corporate
Banking spa e Unicredit Banca spa, e in quelle del 2008 di Unicredit Banca di
Roma spa. Il giudice delle indagini preliminari Luigi Varanelli,
accogliendo la richiesta della Procura, ha calcolato in 245 milioni di euro
il profitto per Unicredit corrispondente al danno per l’Erario, e a fini di
confisca ne ha autorizzato il sequestro preventivo, eseguito in Banca
d’Italia sul conto di corrispondenza di Unicredit. L'istituto — come le molte
altre banche e assicurazioni italiane che utilizzarono i pacchetti proposti
da Barclays e Deutsche Bank,
che ora potrebbero subìre analoghe
ripercussioni se l’inedito provvedimento di sequestro dovesse reggere al
ricorso difensivo al Tribunale del Riesame — prospetta l’irrilevanza penale e
argomenta la liceità tributaria di queste operazioni, che inquadra
nella categoria dell’«ottimizzazione fiscale» in arbitraggi tra giurisdizioni
differenti a caccia dello scalino fiscale più favorevole nei vari
Stati. GLI INDAGATI - Il suo amministratore delegato dell’epoca,
il banchiere Alessandro Profumo, è però intanto indagato per
l’ipotesi di reato di «dichiarazione fiscale fraudolenta mediante altri
artifici» (da 18 mesi a 6 anni di pena) per aver dato il via libera, con la
propria sigla, alle richieste di approvazione della complessa operazione
indirizzategli dagli uffici specializzati del suo gruppo, nei quali sono pure
indagate altre 16 persone, compresi gli allora responsabili in Unicredit spa
dell’area Finanza (Luciano Tuzzi), dell’area Affari
fiscali (Patrizio Braccioni) e della Direzione
Programmazione-finanza-amministrazione (Ranieri De Marchis). Altri tre
indagati appartengono invece alla banca inglese proponente l’operazione,
Barclays, e tra essi c’è anche Rupack Chandra, vicepresidente dell’area Finanza strutturata. Luigi Ferrarella 18 ottobre 2011 19:08© RIPRODUZIONE RISERVATA |