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Il Corriere della Sera 9-9-2011 Indennità e vitalizi
d'oro, la beffa dei tagli alla politica e le promesse non mantenute
Non
c'è traccia di «scelte epocali» e risparmi milionari. Via anche la
norma sull'ineleggibilità dei corrotti
Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella · NOTIZIE CORRELATE· I tagli cancellati· Pareggio di bilancio e cancellazione province in Ddl costituzionale (8 settembre 2011)«E tu osi credere ai tuoi occhi invece che a me?». Il fastidio con cui nella maggioranza vivono lo scetticismo dei cittadini nei confronti dei tagli alla politica ricorda la battuta di una leggendaria diva del cinema al marito che l'aveva sorpresa a letto con un amante: ma come, non ti fidi? Il guaio è che di impegni, promesse, giuramenti, in questi anni ne abbiamo sentiti davvero troppi. Prendiamo due titoli di poche settimane fa dell'Ansa. Il primo: «Ok a bilancio Camera, tagli per 150 milioni». Il secondo: «Via libera Senato a tagli per 120 milioni». Non c'è estate, praticamente, che le agenzie non annuncino tagli radicali. Tutti futuri: il prossimo anno, nei prossimi due anni, nei prossimi tre anni... Poi vai a vedere e scopri che le spese correnti, quelle che contano, non scendono mai. E se Montecitorio nel 2001 costava 749,9 milioni di euro oggi ne costa un miliardo e 59 milioni. Sforbiciata reale nel 2011: meno 0,71%. E se Palazzo Madama dieci anni fa costava 349,1 milioni oggi ne costa 574. Con un aumento del 65%. In un decennio in cui il Pil pro capite italiano è calato del 4,94%. Sforbiciata reale nel 2011: 0,34%. Meno di un centesimo della amputazione radicale ai fondi per la cultura, falcidiati in un decennio del 50,2%.
Più o meno lo stesso tormentone che da anni ruota intorno alla soppressione degli enti inutili, bollati addirittura nella prima versione del codice delle autonomie, provvedimento governativo arenato in Senato da quattordici mesi, come «enti dannosi». Estate 2008: «Entro quest'anno sugli enti inutili calerà la ghigliottina». Estate 2009: «Via 34.000 enti inutili». E via così. Il risultato si può leggere nella relazione tecnica della manovra del 2011: «L'abrogazione degli enti con dotazione organica inferiore alle 50 unità non ha prodotto alcun risparmio». Enti tagliati? Manco uno. Ed ecco il 13 agosto scorso una nuova Ansa: «Via gli enti pubblici non economici con una dotazione organica inferiore alle settanta unità». Lo prevede il testo della manovra ma «con esclusione degli ordini professionali e loro federazioni, delle federazioni sportive, degli enti la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resistenza e delle deportazioni». Restano fuori anche le organizzazioni per la Giornata della memoria, del Giorno del ricordo, le Autorità portuali e gli enti parco. Tempi? «Gli enti sotto le 70 unità sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della manovra». Da allora, di giorni, ne sono passati venti. E invece che essere soppressi gli enti inutili, nella nuova versione della manovra, è stata soppressa la loro soppressione. Andiamo avanti? Nella prima bozza Tremonti del 23 giugno era
previsto che «i compensi pubblici erogati a qualsiasi titolo, politico o di
pubblico servizio, ed a qualsiasi livello, tanto centrale quanto regionale,
provinciale o comunale, non possono superare quelli erogati per i
corrispondenti titoli europei». Traduzione: basta con le indennità e
gli stipendi troppo alti rispetto alla media Ue. Decisione sacrosanta. Ma una
misteriosa manina ha nottetempo infilato nel testo di un emendamento di poche
paroline e la media europea di riferimento è diventata «ponderata
rispetto al Pil» e limitata ai «sei maggiori Paesi», così da tagliar
fuori i Paesi che avrebbero fatto abbassare le buste paga. Un giochetto che,
secondo una nota interna della Cisl, avrebbe messo in salvo circa mille euro
al mese. La riforma sbandierata all'inizio prevedeva il taglio del 50% dell'indennità lorda. Poi il trauma è stato ridimensionato col raddoppio del prelievo di solidarietà, il 20% oltre i 90 mila e il 40% oltre i 150 mila. Ma siccome pochissimi hanno una indennità superiore a questa cifra (quelli che guadagnano molto lo devono proprio all'attività privata) la percentuale di riferimento reale è quella del 20%. Facciamo due conti? Dato che l'indennità lorda di un deputato semplice è di 140.443 euro e 68 centesimi lordi l'anno (poi bisogna aggiungere le diarie e rimborsi vari, al netto) un doppiolavorista avrebbe avuto con la prima versione delle nuove regole, un taglio di 70.221 euro e 84 centesimi. Con le regole nuove, 10.088 euro e 73 centesimi. Un settimo. Non bastasse, mentre il prelievo di solidarietà «doppio» non aveva scadenza, l'ultima versione dice esplicitamente che dura tre anni: 2011, 2012 e 2013. Non solo: non tocca più la Corte Costituzionale e il Quirinale. Che com'è noto, alla denuncia di Roberto Castelli, ha risposto bruscamente: tutta farina vostra, noi non c'entriamo, è il governo che decide. Non bastasse ancora, la legge che vietava l'accumulo di cariche e già era di fatto ignorata (si pensi che siedono in Parlamento vari presidenti provinciali, da quella di Asti a quelli di Foggia, Bergamo, Salerno, Brescia...) è stata addirittura annacquata: l'incompatibilità assoluta fra incarico parlamentare e altre cariche elettive, introdotta nella prima versione della manovra agostana, si è ridotta a vietare l'accumulo del seggio alle Camere con le cariche elettive «monocratiche», presidenti provinciali e sindaci di Comuni oltre i 5 mila abitanti. Non con altre poltrone, come quelle di assessori o consiglieri provinciali e comunali. E non basta ancora. Nella prima bozza della manovra di luglio si diceva che dopo la scadenza dell'incarico nessun «titolare di incarichi pubblici, anche elettivi, può continuare a fruire di benefici come pensioni, vitalizi, auto di servizio, locali per ufficio, telefoni, etc...» Nel testo approvato, sorpresa sorpresa, è sparito ogni riferimento a «pensioni e vitalizi». Anche lì, la solita manina? Ma non è finita. Da giugno scorso giace alla Camera un altro disegno di legge che era stato sbandierato in pompa magna dal governo il 1° marzo 2010, sull'onda degli scandali sui grandi eventi e la Protezione civile: quello contro la corruzione. Ricordate? Suonarono le trombe: «Nessuno mai è
stato così duro contro i corrotti!». Per chiudere, a parte la sottolineatura
che la telenovela intorno all'abolizione della metà dei parlamentari ormai
giunta alla 1327a puntata è ancora aperta a ogni colpo di scena, vale
la pena di ricordare che nonostante tutte le promesse è ancora in vigore
la leggina più infame che, sotto l'infuriare delle polemiche, si erano
impegnati a cambiare. Quella sulle donazioni. La quale riconosce a chi regala
100.000 euro alla ricerca sul cancro o ai lebbrosi uno sconto fiscale di 392
euro e chi regala gli stessi soldi a un partito politico uno sconto 50 volte
più alto. Giuravano tutti che sarebbe stata spazzata via: e ancora
lì. Sergio Rizzo e Gian Antonio
Stella |