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Documentazione Documento inserito il 26-8-2011
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Il
Corriere della Sera 26-8-2011
I costi (veri) per assistenza e pensioni
Reversibilità e
accompagnamento: 40 miliardi di spesa. L'equità e gli sprechi
Enrico Marro
ROMA - Indennità di accompagnamento e pensioni di
reversibilità. Se proprio si deve tagliare la spesa previdenziale,
dice adesso la Lega con Roberto Calderoli, allora si guardi a queste due
voci, perché qui ci sono sprechi e abusi. Vediamo più da vicino
come stanno le cose. Per gli assegni di accompagnamento e di
reversibilità si spendono più di 40 miliardi di euro l'anno e
dunque si tratta di una cifra importante, ma che va a coprire prestazioni
delicate, che riguardano circa 5 milioni di persone (ipotizzando che una
parte riceva entrambe le prestazioni), spesso in condizione di grave bisogno.
Indennità di accompagnamento
È un sussidio di assistenza dove effettivamente un cambiamento sembra
ragionevole: legare il riconoscimento e la misura dell'assegno non solo alla
condizione di non autosufficienza del beneficiario, ma anche ai suoi redditi
familiari. Oggi l'indennità di accompagnamento, al contrario delle
pensioni di invalidità civile, viene concessa in presenza di una
inabilità del 100% e della impossibilità di deambulare o di
compiere gli atti quotidiani della vita, dice la legge. Ma non sono richiesti
requisiti di reddito e quindi anche un milionario può prendere
l'assegno.
Il risultato è che mentre le pensioni di invalidità civile, la
cui concessione è subordinata anche a requisiti di reddito, sono circa
un milione, per una spesa nel 2010 di 3 miliardi e mezzo (un invalido civile
prende appena 260 euro al mese), gli assegni di accompagnamento sono molti di
più, 1,7 milioni, e la spesa è stata di ben 13 miliardi
(l'indennità media è di 487 euro al mese, 805 per i ciechi).
L'esplosione dei non autosufficienti
Questi assegni sono costantemente cresciuti negli anni perché con
l'invecchiamento della popolazione aumenta la quota di persone non
autosufficienti e del resto in Italia, a differenza che in Germania, non
c'è uno specifico fondo pubblico di sostegno per questi cittadini.
L'indennità è diventata insomma un aiuto per pagare in parte la
badante. È chiaro che riducendo o togliendo l'assegno alle famiglie che
hanno un alto reddito, si potrebbe aumentarlo alle famiglie a basso reddito,
che spesso non ce la fanno a far fronte alle tante spese richieste dalla cura
di una persona non autosufficiente. Quindi, eventualmente, più che di
tagliare le risorse (l'Italia spende in questo settore meno della media
europea) si tratta di distribuirle meglio in base al reddito, se si vuole
fare un'operazione di equità e non di cassa.
Che poi nell'esplosione delle indennità di accompagnamento ci siano
stati degli abusi, con la concessione del beneficio anche a falsi non
autosufficienti, è sicuramente vero, soprattutto fino al 2009, quando
il procedimento era di competenza delle Asl. Dal 2010, invece, se ne occupa,
con maggiore severità, l'Inps. Non solo. Negli ultimi anni sono state
fatte massicce campagne di controlli e altre ne sono in programma per ridurre
gli sprechi. Tanto che nel 2010 l'Inps ha revocato il 23% delle prestazioni
di invalidità controllate col richiamo a visita medica. Le
cancellazioni sono state particolarmente numerose in certe aree del
Mezzogiorno. Al Sud, in proporzione, ci sono infatti più
indennità di accompagnamento: 3,7 ogni cento abitanti, contro le 3,5
del Centro e le 2,6 del Nord.
Pensioni di reversibilità
Se per le indennità di accompagnamento nel 2010 si sono spesi 13
miliardi, alle pensioni ai superstiti sono andati ben 27,6 miliardi di euro.
Se poi si considera che questa cifra è quella che fa capo all'Inps e
che quindi non ci sono le reversibilità pagate ai dipendenti pubblici e
ai lavoratori delle casse professionali, si può tranquillamente
supporre che la spesa annua sia superiore ai 30 miliardi. Beneficiari di
queste pensioni nell'universo Inps sono 3,8 milioni di superstiti,
cioè coniugi, figli o altri eredi che ricevono parte dell'assegno del
pensionato o del lavoratore (possono bastare 5 anni di contributi) defunto. A
differenza delle indennità di accompagnamento, le pensioni di
reversibilità sono più frequenti al Nord: 6,7 ogni 100
abitanti, contro le 5,1 del Mezzogiorno e le 5,8 del Centro.
L'importo medio della reversibilità è di 533 euro al mese. La
pensione ai superstiti è pari al 60% di quella del titolare defunto
nel caso del coniuge mentre può arrivare al 100% sommando al coniuge
due figli. Questi importi però, dalla riforma Dini del 1995, vengono
ridotti nel caso il reddito del beneficiario superi di tre volte il minimo,
cioè 1.382 euro al mese. Il taglio parte dal 25% e può arrivare
al 50% per redditi superiori a 2.304 euro al mese (5 volte il minimo).
Le anomalie dell'Italia
Rispetto ad altri Paesi come Francia e Germania, spiega l'esperto Giuliano Cazzola (Pdl), la
particolarità italiana è che non c'è una soglia di
età per accedere al diritto, per cui anche una vedova o un vedovo
giovanissimi prendono la reversibilità per tutta la vita. Per evitare
i casi di abuso (classico quello della badante che sposa il moribondo) la
manovra di luglio ha stabilito che nel caso uno si sposi in un'età
superiore a 70 anni e il coniuge sia di almeno 20 anni più giovane, se
il matrimonio non dura più di dieci anni, la pensione di
reversibilità subisce un taglio del 10% per ogni anno che manca ai
dieci. Se per esempio il marito muore dopo 5 anni dal matrimonio, la moglie
giovane prenderà un assegno pari al 30% (il 50% del 60%) della
pensione del defunto (sempre che non subisca ulteriori tagli legati al
reddito). Per questo, conclude Cazzola, sulla
reversibilità «resta poco da fare». Al massimo, aggiunge,
«si può modulare l'assegno con un calcolo attuariale sulla base
dell'età del beneficiario (più è giovane e meno
prenderà perché riceverà l'assegno per più tempo,
ndr ) o introdurre una soglia d'età per accedere al diritto».
In ogni caso, conclude il vicepresidente della commissione Lavoro della
Camera, «è desolante che il dibattito sulle misure da prendere
per completare la riforma delle pensioni si sia infilato in questioni
delicate come queste: una maggioranza che nel 2008 voleva cambiare il Paese
non può finire per prendersela con le casalinghe vedove e con gli
invalidi civili, trascurando le vere priorità, che sono il superamento
delle pensioni di anzianità e l'anticipo a 65 anni dell'età di
vecchiaia delle donne». E l'estensione del metodo contributivo a tutti,
aggiungiamo noi.
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