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Il Corriere della Sera 27-7-2011
UNA NAZIONE E LA CRISI: NON SOLO
DIFETTI
Un po’ di flemma, siamo italiani
Giuseppe De
Rita
La finanza internazionale ci opprime, con lo spettro dello spread. L’Unione
Europea ci impoverisce, con lo spettro di un teutonico rigore. E ce lo
mandano regolarmente a dire, per il tramite dei nostri governanti di turno,
nei cui messaggi ritroviamo le ormai classiche frasi «ce lo chiedono i
mercati» e «ce l’impone l’Europa». E come reagiscono gli italiani, oppressi da tali scoraggianti attenzioni?
Certo si avvertono sintomi di insicurezza e al limite di paura in quel
tam-tam orale che è dominante nella nostra comunicazione collettiva.
Ma nel fondo non si sfugge all’impressione che gli italiani, come
sempre di fronte ad un dramma annunciato, stiano reagendo con un
atteggiamento che è un mix di flemma ben visibile e d’orgoglio
ben nascosto. La flemma ci viene da antiche propensioni: alla sdrammatizzazione dei
toni; all’adattamento come scelta strategica; alla permanenza di uno
scheletro contadino che sa come vivere le avversità; ed anche al
fatalistico «non fasciarsi la testa prima di cadere ». Ma
è anche una flemma che riposa sul fatto che dal ’45 in poi
questo sistema ha superato prove di enorme gravità; ha sempre mostrato
una eccezionale tenuta sia alle crisi interne sia a quelle esterne; ha
coltivato il primato dell’economia reale nei comportamenti dei suoi
tanti soggetti di sviluppo; ha potuto contare per decenni su una grande
coesione (nella dinamica fra gruppi e classi sociali, nei territori, nel
micro delle relazioni umane). E si capisce allora come la relativa
sdrammatizzazione dell’attuale crisi non sia un eterno ritorno della
rimozione da scetticismo, ma sia piuttosto un silenzioso orgoglio di non
esser poi così male in arnese come altri amano descriverci. Ma sta proprio qui il pericolo: cioè che agli altri europei la
nostra flemmatica solidità non piaccia. I mercati e chi li manovra
preferiscono l’immagine di noi italiani fatta da fannulloni, evasori
fiscali, scialacquatori del pubblico denaro; immagine che piace tanto alla
comunicazione di massa (anche nostra) ed alle cancellerie europee (anche alla
nostra, qualche volta). Ed è forse per questo (è ipotesi
avventata ma non inverosimile) che essi preferiscono il dramma alla
continuità, il default all’adattamento continuato, il
«sangue subito» alla tenuta nel tempo lungo. Condizionati da tali preferenze ci auto-imponiamo costrizioni sempre
più urgenti ma non sempre lucidamente motivate, non ultima quella che
circola in questi giorni sull’anticipo delle elezioni al fine di
«stabilizzare il quadro politico ». Così rischiamo di
diventare sempre meno sovrani nella dinamica politica ma anche nella gestione
della nostra immagine collettiva. Forse è allora tempo di
contrattaccare sulle tre citate contrapposizioni di opinione: sarebbe
cioè giusto sostenere la superiorità della tenuta di lungo
periodo sul «sangue subito »; della capacità di
adattamento continuato sull’angoscia da default; della
continuità e coesione negli impegni collettivi sulla continua
drammatizzazione delle cose. Avanzando l’ipotesi che è su queste
implicite scelte di vita che vorremmo essere giudicati, senza paura di
qualche sorrisetto beffardo dei fautori del «sangue subito». L’autore compie oggi 80 anni: auguri. |