Il
Consiglio n° 81
Buoni
postali fruttiferi: Poste deve rimborsare in funzione dei tassi riportati sul
buono.
Di Mauro
Novelli 16-4-2013
Torniamo sul problema del rimborso
dei Buoni postali fruttiferi da parte di Poste Italiane, che forte di una
legge del 1986 (detta Gava-Goria) ha provveduto da
decenni a decurtare gli interessi certificati sul retro, adeguandoli ai
livelli indicati da decreti ministeriali di emissione delle varie serie.
Pochi cittadini detentori di
Buoni postali fruttiferi conoscono la sentenza della Cassazione del 15-6-2007
n° 13979 che impone il rispetto dei
tassi “certificati” sul retro del titolo.
Ne riportiamo la massima:
“Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico
approvato con il d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, il
vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla
base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti;
ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli
interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal d.m.
che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle
prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali - destinati
ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero
indeterminato di sottoscrittori - che le condizioni alle quali
l'amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse
da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto della
sottoscrizione del buono”. (Principio espresso in sede di risoluzione di
questione di massima di particolare importanza). (massima ufficiale)
Ci corre l’obbligo di ricordare
che anche l’Arbitro bancario e finanziario di Banca d’Italia si è più volte
pronunciato in questo senso.
________________________
Segue il testo
della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite e un articolo
di commento dell’avv. Valentina Azzini apparso su www.laleggepertutti.it
il 10 aprile di quest’anno
Cassazione
Sez. Un. Civili , 15 giugno 2007, n. 13979 - Pres.
Carbone - Est. Rordorf.
Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi
dettata dal testo unico approvato con il d.P.R. 29
marzo 1973, n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei
titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta
in volta sottoscritti; ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in
riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite
dal d.m. che ne disponeva l'emissione deve essere
risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione
stessa dei buoni postali - destinati ad essere emessi in serie, per
rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori - che le
condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere,
sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore
all'atto della sottoscrizione del buono. (Principio espresso in sede di
risoluzione di questione di massima di particolare importanza). (massima
ufficiale)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente aggiunto -
Dott. SENESE Salvatore - Presidente di sezione -
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. DURANTE Bruno - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso l'Ufficio legale della società
stessa, rappresentata e difesa dall'avvocato URSINO Anna Maria Rosaria,
giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
GALLI ATTILIO, SARDI ELBA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA KEPLERO 26,
presso lo studio dell'avvocato ORSINI Maria Greca, che li rappresenta e
difende, giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 1127/02 del Tribunale di LIVORNO, depositata il
19/06/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 08/05/07 dal
Consigliere Dott. Renato RORDORF;
udito l'Avvocato Gianluca CESARI, per delega dell'avvocato Maria Greca
Orsini;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che
ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Il 30 settembre 1994 il Pretore di Livorno, accogliendo un ricorso dell'Ente
Poste Italiane (cui in seguito è subentrata la Poste Italiane s.p.a.) ingiunse con decreto ai Sigg. Attilio Galli ed
Elba Sardi di restituire al ricorrente la somma di L. 3.905.650 (oltre agli
accessori) da essi percepita a titolo di interessi maturati su buoni postali
fruttiferi, facenti parte di una serie speciale contrassegnata con la sigla
AA, sottoscritti per l'importo capitale di L. 7.000.000 nel giugno 1986 e
posti anticipatamente in riscossione otto anni dopo. Quei buoni, stando alla
dicitura figurante sui titoli, assicuravano ai sottoscrittori interessi tali
da comportare la triplicazione del capitale dopo otto anni, ed in base a tale
calcolo i sigg. Galli e Sardi avevano riscosso la somma di L. 21.000.000. Ma
un D.M. emanato sin dal 16 giugno 1984 aveva, invece previsto che fosse
possibile conseguire quel medesimo risultato finanziario solo dopo il decorso
di nove anni: donde la pretesa restitutoria azionata dall'Ente Poste, sul
presupposto del carattere indebito dei maggiori interessi lucrati dai
sottoscrittori per effetto dell'anticipata riscossione.
Gli ingiunti proposero opposizione, che fu accolta dal pretore con decisione
poi conformata, in grado d'appello, dal Tribunale di Livorno.
Il Tribunale, con sentenza resa pubblica il 19 giugno 2002, ritenne infatti
che non potesse trovare applicazione nella specie il disposto dell'art. 173
dell'allora vigente codice postale (D.P.R. n. 156 del 1973, e successive
modificazioni), a tenore del quale anche per serie di buoni postali già
emessi è consentito alla Pubblica Amministrazione di variare il tasso
d'interesse con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta ufficiale, giacché
i buoni postali dei quali si discute erano stati emessi ben dopo la
pubblicazione del decreto ministeriale che aveva portato da otto a nove anni
la scadenza del possibile rimborso anticipato, e detto decreto aveva previsto
che in caso di ulitizzazione di moduli già stampati
per le emissioni precedenti, recanti la sigla "AA", si dovesse
procedere ad apporre sui buoni medesimi una stampigliatura con l'indicazione
di una sigla diversa ("AB-AA") e con l'espressa menzione del
diverso termine di scadenza. Ciò che però, nel presente caso, non era
avvenuto, onde legittimamente i sottoscrittori avevano confidato di aver
diritto a riscuotere i buoni nel più breve termine indicato sugli stessi
titoli ed era perciò priva di fondamento la actio
indebiti esperita dall'ente postale.
Avverso tale sentenza Poste Italiane ha proposto ricorso per cassazione,
articolato in due motivi, al quale gli intimati hanno resistito con
controricorso, poi illustrato con memoria. Con ordinanza n. 9218 del 20
aprile 2006 la prima sezione di questa corte, cui il ricorso era stato
inizialmente assegnato, dopo aver dato atto dell'esistenza di un precedente
della medesima sezione secondo cui compete all'amministrazione postale il
diritto di ripetere gli interessi riscossi dai sottoscrittori in conformità
al tenore letterale dei buoni postali, ove questo non corrisponda alle
indicazioni dettate al riguardo da apposito decreto ministeriale, essendo
detti buoni titoli di legittimazione e non titoli di credito (Cass. n. 27809 del 2005) -, ha prospettato al Primo
Presidente l'opportunità di rimettere la decisione alle sezioni unite,
trattandosi di questione suscettibile di ripresentarsi in frequenti casi ed
in ordine alle quale è auspicabile si prevenga il formarsi di una
molteplicità indirizzi giurisprudenziali contrastanti. Il ricorso è stato
perciò discusso dinanzi alle Sezioni Unite.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è volto a denunciare la violazione e falsa
applicazione del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 171 e art. 173, comma 2,
come modificato dalla L. 25 novembre 1974, n. 588, e del D.M. 16 giugno 1984,
nonché vizi di motivazione del provvedimento impugnato. Sostiene la
ricorrente che, essendo i buoni postali titoli di risparmio nominativi, privi
dei caratteri dell'astrattezza e della letteralità propri dei titoli di
credito, il saggio di interesse da applicare è quello previsto per essi dalle
legge, a prescindere dalle indicazioni figuranti sui titoli, con la
conseguenza che i buoni in questione erano nella specie soggetti alla
previsione del citato D.M. giugno 1984, essendo stati emessi dopo la data di
entrata in vigore di detto decreto, sicché non avrebbero potuto esser
rimborsati prima del decorso dei nove anni previsti dalla suindicata
normativa. Ove di ciò il tribunale avesse tenuto conto, non avrebbe potuto
negare il diritto dell'amministrazione postale al rimborso dei maggiori
interessi percepiti dai sottoscrittori per effetto del rimborso indebitamente
ottenuto dopo soli otto anni.
Col secondo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli
artt. 2002 e 2034 c.c., oltre a vizi di motivazione, la ricorrente ribadisce
che il buono postale fruttifero è da considerare un titolo di credito
improprio, destinato ad una funzione meramente probatoria, con riferimento al
quale non ha quindi incidenza la letteralità del documento; e ne deduce
l'irrilevanza della buona fede dell'accipens a
fronte della pretesa restitutoria di chi ha pagato per errore.
2. I due riferiti motivi di doglianza, che possono senz'altro essere
esaminati congiuntamente, pongono all'attenzione delle sezioni unite una
questione che - come sopra ricordato - è stata già una volta affrontata dalla
prima sezione della corte, la quale, con la sentenza n. 27809 del 2005, la ha
risolta nel medesimo senso oggi propugnato dalla ricorrente.
In quella sentenza è stato infatti affermato che i buoni postali fruttiferi
disciplinati dal D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, non sono titoli di credito, ma
meri titoli di legittimazione, come dimostrato dalla prevalenza, sul loro
tenore letterale, delle successive determinazioni ministeriali in tema di
interessi, ai sensi dell'art. 173 T.U. cit., come modificato dal D.L. 30
settembre 1974, n. 460, art. 1 (convertito nella L. 25 novembre 1974, n.
588). Se ne è fatta discendere la conseguenza che tanto l'errore commesso
dall'amministrazione postale nell'indicare sui titoli la sigla
d'identificazione dei buoni ed il corrispondente regime degli interessi
quanto il conseguente errore in cui la medesima amministrazione sia incorsa
nel rimborsare detti buoni applicando tassi d'interesse diversi da quelli
previsti dalla normativa in vigore, pur se coerenti con l'indicazione
figurante sui titoli, potrebbero semmai legittimare i sottoscrittori di buona
fede ad agire per il risarcimento dei danni nei confronti dei responsabili di
siffatti errori, ma in nessun caso valgono ad impedire l'esercizio vittorioso
dell'azione di ripetizione dell'indebito da parte dell'amministrazione
postale che abbia pagato interessi superiori al dovuto.
3. La questione esige però un maggiore approfondimento. 3.1. È appena il caso
di avvertire, anzitutto, che nel prosieguo del discorso si continuerà a fare
riferimento alle disposizioni dettate dal citato D.P.R. n. 156 del 1973, e
successive modificazioni (che verrà indicato come codice postale), e dal
D.P.R. n. 256 del 1989 (regolamento di esecuzione del libro terzo di detto
codice postale), quantunque tali norme risultino oggi abrogate dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 284, art. 7, comma 3. A termini
di quest'ultima disposizione, infatti, solo i rapporti già in essere ma
ancora in corso possono risentire delle nuove disposizioni, mentre ai
rapporti già del tutto esauriti (quali quelli dei quali si tratta nella
presente causa) restano applicabili le disposizioni precedenti (vedi anche,
in tal senso, Corte Cost. n. 333 del 2003).
3.2. Come s'è detto, il ragionamento prospettato da parte ricorrente (che
corrisponde a quanto affermato da Cass. n.
27809/2005, cit.) s'impernia essenzialmente sulla natura dei buoni postali
fruttiferi e sul rilievo che essi debbono esser considerati titoli di
legittimazione, riconducibili alla previsione dell'art. 2002 c.c., e non
quindi veri e propri titoli di credito: il che giustificherebbe la
svalutazione del loro tenore letterale, ove difforme da quanto prescritto dal
decreto ministeriale in base al quale detti buoni sono stati emessi, e
renderebbe indebita la percezione, da parte dei sottoscrittori, di somme
corrispondenti alle indicazioni figuranti sui titoli ma non al contenuto del
decreto.
Senonché il rilievo concernente la natura giuridica del buono postale, pur se
in tesi condivisibile, non appare decisivo ai fini della risoluzione del
problema in esame.
Una volta affermato che a quei buoni non si applicano i principi
dell'autonomia causale, dell'incorporazione e della letteralità, da cui
normalmente sono contraddistinti i titoli di credito, resta ancora da
stabilire su quali basi si sia instaurato, in casi come questo, il rapporto
giuridico intercorrente tra l'amministrazione postale ed il sottoscrittore dei
buoni fruttiferi, nonché quale sia, e da dove si desuma, il contenuto
effettivo di tale rapporto. 3.3. Una premessa però s'impone.
Occorre ricordare che, anche quando servizi postali come quello in esame
erano offerti da un'azienda dello Stato (la quale, con la L. n. 71 del 1994,
fu poi trasformata nell'Ente Poste, avente natura di ente pubblico economico,
e quindi in società per azioni), essi si caratterizzavano per l'essere
organizzati e gestiti in forma d'impresa: donde - già allora conseguiva
"la conformazione dei rapporti con gli utenti come rapporti
contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato"
(così Corte Cost. n. 303 del 1988). E, se è pur
vero che tali rapporti erano nondimeno destinati a subire anche gli effetti
di una normativa speciale, che ancora risentiva della natura soggettiva
pubblica dell'amministrazione postale, è altrettanto vero che la loro
attrazione nella sfera del diritto comune era (ed è oggi a maggior ragione)
tanto più accentuata proprio per i servizi di bancoposta, comprendenti
l'emissione dei buoni postali fruttiferi, che sono sempre stati del tutto
privi di lineamenti autoritativi ed ai quali oggettivamente ineriscono
connotazioni contrattuali, giacché, per struttura e funzione, essi
sostanzialmente non si discostano dagli analoghi servizi resi sul mercato
dalle imprese bancarie (cfr. in tal senso, esplicitamente, Corte Cost. n. 463 del 1997).
3.4. È alla luce di questa premessa che dev'esser letta anche la normativa
applicabile nel caso in esame.
Rileva anzitutto l'art. 173 dell'allora vigente codice postale (come
sostituito dal D.L. n. 460 del 1974), il quale prevedeva che le variazioni
del tasso d'interesse di buoni postali fruttiferi, disposte con decreto del
Ministro del Tesoro di concerto con quello delle Poste e Telecomunicazioni,
da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale, non solo avessero effetto per i
buoni di nuova emissione, ma potessero essere estese anche ai buoni in
precedenza già emessi (primo comma); e questi buoni si consideravano rimborsati
e convertiti in titoli della nuova serie (comma 2). Il comma 3 del medesimo
articolo precisava, poi, che gli interessi sarebbero stati corrisposti sulla
base della tabella riportata a tergo dei buoni, la quale, però, per i titoli
i cui tassi fossero stati modificati dopo l'emissione, era da intendersi
integrata da altra tabella (destinata evidentemente a riportare le accennate
modifiche) messa a disposizione presso gli uffici postali.
Val poi la pena di sottolineare che, a norma dell'art. 207 reg. esec., l'emissione dei buoni comportava che essi fossero
compilati, firmati e bollati dall'ufficio richiesto, prima di essere
consegnati al richiedente, previo incasso del relativo importo, con
successivo obbligo per lo stesso ufficio di darne comunicazione all'amministrazione
centrale e di curare le corrispondenti scritturazioni interne; e che il
successivo art. 208, comma 1, contemplava il rimborso a vista dei buoni (alle
previste scadenze) presso l'ufficio da cui erano stati emessi, previo
confronto del titolo con le corrispondenti registrazioni operate all'atto
dell'emissione. Alla stregua di questo quadro normativo, deve certo
convenirsi circa la possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai
sottoscrittori dei buoni postali subisse, medio tempore, variazioni per
effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali volti a modificare il
tasso degli interessi originariamente previsto;
e deve pure convenirsi, di conseguenza, sulla necessità in casi siffatti di
un'integrazione extratestuale del rapporto. Ciò,
tuttavia, non autorizza a svalutare totalmente la rilevanza delle diciture
riportate sui buoni stessi anche quando - come accaduto nella fattispecie in
esame - in corso di rapporto non è intervenuto alcun nuovo decreto
ministeriale concernente il tasso degli interessi e nessuna modificazione si
è quindi prodotta rispetto alla situazione esistente al momento della
sottoscrizione dei titoli.
Al contrario, il fatto che la legge imponesse espressamente di procedere al
rimborso degli interessi sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni
sottoscritti dal risparmiatore, mentre solo in caso di sopravvenuta modifica
per decreto di quei tassi si sarebbe dovuto tener conto anche dell'ulteriore
tabella da mettere a disposizione presso gli uffici postali; le già descritte
modalità di emissione e di successivo rimborso dei titoli, specularmente
concepite in modo da garantire la corrispondenza dell'operazione ai dati
scritturali risultanti anche dai titoli medesimi; la circostanza che lo
stesso D.M. 16 giugno 1984, con il quale era stata disposta l'ultima
variazione dei tassi d'interesse precedente all'emissione di cui è causa, si
fosse fatto carico di imporre agli uffici emittenti l'obbligo di
contrassegnare i buoni di nuova emissione con una sigla diversa dai precedenti,
pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, espressamente
indicando sul documento il differente regime cui essi erano soggetti: sono
tutti elementi che persuadono di come il vincolo contrattuale tra emittente e
sottoscrittore dei titoli fosse destinato a formarsi proprio sulla base dei
dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Al
richiedente il buono postale è stata prospettata un'operazione finanziaria
connotata nei termini specificamente indicati nei buoni, compilati, firmati e
bollati ed a lui consegnati dall'ufficio emittente, a fronte dei quali egli
ha versato a quell'ufficio la somma corrispondente. Il sottoscrittore era
edotto della possibile successiva variabilità del tasso d'interesse, per
effetto di un'eventuale posteriore determinazione in tal senso
dell'amministrazione pubblica, o doveva comunque presumersi che di ciò fosse
edotto, trattandosi di un elemento normativo caratterizzante ormai quel
genere di titoli. Ma non può in alcun modo ritenersi che dovesse essere
edotto anche del fatto che - già in quel momento - le condizioni
dell'emissione erano diverse da quelle che gli venivano prospettate mediante
la consegna di titoli così formulati.
La discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni
offerti in sottoscrizione dall'ufficio ai richiedenti può allora rilevare per
eventuali profili di responsabilità interna all'amministrazione, ma non può
far ritenere che l'accordo negoziale, in cui pur sempre l'operazione di
sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente
da quello enunciato dai medesimi buoni. E lo conferma il fatto che la stessa
amministrazione postale ha proceduto al rimborso nei termini previsti dal
testo dei buoni (salvo poi successivamente pretendere la restituzione dei
maggiori interessi).
3.5. Giova ancora aggiungere che la funzione stessa dei buoni postali,
destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero
indeterminato di risparmiatori, non tollererebbe un'interpretazione diversa:
la quale, ponendo a carico dei sottoscrittori le conseguenze di un errore
imputabile all'amministrazione e facendo sì che debba esser poi il medesimo
sottoscrittore ad assumere l'onere di agire per l'eventuale risarcimento, per
ciò stesso finirebbe per compromettere (o almeno per indebolire grandemente)
le esigenze di tutela del risparmio diffuso cui si ispirano le norme sopra
richiamate. Norme che - come si è visto - espressamente impongono di
riportare sui titoli i dati reputati essenziali all'informazione del
sottoscrittore, affinché egli possa compiutamente valutare i profili di
convenienza e di rischio connessi al suo investimento, ma che verrebbero
paradossalmente a porre le premesse di un'informazione fuorviante, ove si
ammettesse che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga
possano essere invece, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese
note al risparmiatore all'atto stesso della sottoscrizione del buono.
4. Siffatte considerazioni, assorbenti rispetto ad ogni altro profilo della
controversia, conducono al rigetto del proposto ricorso. 5. Tenuto anche
conto delle pregresse divergenti indicazioni giurisprudenziali, la
compensazione delle spese processuali appare equa.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, rigetta il ricorso e compensa tra le
parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2007
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