HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Documentazione Inserito il 18-6-2007 |
|||
|
SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI
Disegno di legge A.S. n. 1366 recante
“Disposizioni in materia di
regolazione e vigilanza sui mercati e
di funzionamento della Autorità Indipendenti preposte ai
medesimi”
AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB LAMBERTO CARDIA
Roma, 14 giugno 2007
Signor
Presidente, Signori Senatori,
per prima cosa desidero ringraziarVi per
aver voluto accogliere il contributo della Consob all’analisi e alla
riflessione sul progetto legislativo recante “Disposizioni in materia di
regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento della Autorità Indipendenti
preposte ai medesimi” (Atto Senato n. 1366).
Il
disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 2 febbraio
è l’ultimo di una serie di progetti che hanno affrontato il tema della
riforma delle Autorità indipendenti1.
Le
Autorità indipendenti sono infatti divenute una
componente necessaria, seppur a volte dai tratti non ancora compiutamente
definiti, dei sistemi istituzionali moderni.
La
loro evoluzione è frutto dell’interazione di un complesso di fenomeni politici, istituzionali ed economici che trova
oggi una ragione comune nel progressivo sviluppo e nella crescente
globalizzazione dell’economia di mercato.
In
generale, nelle democrazie occidentali, le Autorità indipendenti hanno
corrisposto all’esigenza di ripensare l’organizzazione dell’amministrazione
statale nei rapporti ‘interni’ tra Stato e cittadini e successivamente nei rapporti ‘esterni’
tra i singoli Paesi e tra essi e gli organismi sopranazionali.
Sul
piano interno, e in particolare nel settore finanziario, hanno interagito alcune
dinamiche convergenti, tra le quali:
l’abbandono di un modello di amministrazione di tipo piramidale a
favore di un modello di organizzazione statale ‘policentrica’ e ‘multiorganizzata’, nel cui ambito l’operato di organi
tecnici, neutrali e indipendenti dagli indirizzi politici, consente di preservare stabilmente
la tutela di beni e interessi primari riconosciuti dalla Costituzione (il
risparmio, la libertà di iniziativa economica) dall’influenza della
dialettica politica; agli organi politici è riservato il potere di
affermare – attraverso la via legislativa – i principi fondamentali che ne
governano l’operato; il progressivo affermarsi dell’idea che, proprio per la
rilevanza degli interessi in gioco, settori di amministrazione attiva debbano
essere sottratti alla direzione e all’indirizzo del Governo, nelle loro
strutture organizzative e nell’esercizio delle loro funzioni, per essere sottoposti
esclusivamente alla legge e per operare in posizione di terzietà;
la crescente importanza del principio di tutela del risparmiatore /consumatore
e in senso lato dell’iniziativa economica, da assicurare principalmente
attraverso il buon funzionamento del mercato e la correttezza dei comportamenti
di chi vi opera.
Sul
piano internazionale, la crescente intensità delle relazioni fra Stati e sistemi
economici ha portato:
all’affermazione di reti istituzionali transnazionali, costituite da
organismi interdipendenti e dotati di poteri e competenze omogenei2;
alla moltiplicazione delle fonti del diritto (non più solo lo
Stato sovrano, ma le Istituzioni europee, le Corti internazionali, gli
Organismi internazionali, ecc.)3; a livello internazionale si va
affermando una sorta di ‘ius commune’
mercantile che vive accanto agli ‘iura propria’ dei singoli Stati e che corrisponde ad un mondo
caratterizzato dalla libera circolazione delle merci e delle persone.
Il
quadro legislativo europeo assegna alle Autorità indipendenti un ruolo
di grande rilevanza, sia nell’elaborazione del corpus normativo sia
nell’amministrazione delle norme negli ordinamenti nazionali, prevedendo che le
Autorità siano poste nelle condizioni di garantire in piena autonomia
l’attuazione dei principi comunitari traducendoli in coerenti norme
regolamentari e in azioni di vigilanza conformi agli
standard europei4. Si potrebbe quasi affermare che le
Autorità indipendenti sono oramai divenute parte integrante di un
sistema istituzionale europeo.
2.
La copertura costituzionale
Anche
per questo motivo, è mia opinione che sia
maturo il momento di dare alle Autorità indipendenti un radicamento
costituzionale. Esse, infatti, quali organi tecnici, neutrali e indipendenti
dagli indirizzi politici, che derivano la maggior parte dei propri poteri da
norme sovranazionali, consentono di preservare stabilmente la tutela di beni e
interessi primari riconosciuti dalla Costituzione (tutela del risparmio in
tutte le sue forme, tutela della concorrenza e del mercato, tutela
della privacy, ecc.).
La
Consob, ad esempio, ha assunto poteri sanzionatori diretti e pienezza di
strumenti di indagine, grazie al recepimento della direttiva sugli abusi di
mercato (un’autentica rivoluzione istituzionale), che ha posto l’Autorità
indipendente su un piano di collaborazione reciproca ed equivalente con
l’Autorità Giudiziaria penale.
Queste
brevi considerazioni confortano l’idea che le Autorità indipendenti di
garanzia facciano parte a pieno titolo del sistema che
trae dalla Costituzione la misura fondamentale per l’equilibrio tra i poteri
dello Stato e la legittimazione a sollevare conflitti di attribuzione (come
segnalato dal Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni).
In
proposito desidero ricordare anche che già dieci anni or sono (nel 1997)
la Commissione parlamentare per le riforme istituzionali accolse l’idea di
introdurre nella Costituzione una norma dedicata alle Autorità
indipendenti.
3. La razionalizzazione del numero e delle
competenze delle Autorità Indipendenti (Capo I – Capo
II – Capo III)
Il
comparto delle Autorità indipendenti italiane non è un insieme
omogeneo: vi sono diverse leggi istitutive approvate in tempi anche lontani tra
loro, diversi sono i modelli di governance, diverse le
regole procedimentali, diversa la natura dei poteri
assegnati.
La
riforma contenuta nel disegno di legge (A.S. n. 1366) rappresenta una valida
risposta alle esigenze di razionalizzazione e di qualificazione poste
dall’evoluzione degli scenari economici ed istituzionali e persegue il
condivisibile obiettivo di riconoscere, rafforzandone l’autorevolezza, le
Autorità che possono qualificarsi come indipendenti.
Le
finalità dell’intervento vengono espressamente
fissate dall’art. 1 nel rafforzamento e nella razionalizzazione dei compiti
delle Autorità connessi alla promozione della concorrenza e dei diritti
dei consumatori; alla protezione di fondamentali diritti e di interessi
costituzionalmente tutelati; alla promozione della trasparenza dei mercati e
alla vigilanza prudenziale.
In
questa prospettiva, viene completato il quadro
normativo di regolazione dei servizi di pubblica utilità, con
l’istituzione di una nuova Autorità per i trasporti, con l’affidamento
all’Autorità per le comunicazioni di competenze in materia di servizi
postali e all’Autorità per l’energia e il gas di competenze in materia
di acqua.
Vanno
salutate con favore tali innovazioni che, in settori con prospettive
progressive di liberalizzazione, allineano l’Italia ai Paesi più
evoluti, ponendo al vertice della regolazione di settori che realizzano
interessi di carattere generale Autorità tecniche e neutrali. Dovrà però essere chiarita in modo
inequivocabile la sorte delle competenze residue su tali settori, oggi
frammentate e distribuite tra diversi apparati dello Stato.
Nel
settore finanziario, con la completa ripartizione delle competenze tra Banca
d’Italia e Consob in base alla finalità della vigilanza, si realizza
un’allocazione efficiente dei compiti, evitando potenziali
conflittualità, duplicazioni di costi e, al contempo, garantendo pari
dignità ad interessi generali, quali la stabilità e la
trasparenza dei mercati.
L’art.
7 del d.d.l enuncia, per la prima volta senza
incertezze, la piena adozione del modello per finalità: alla Consob
competono gli aspetti relativi alla trasparenza del mercato e alla correttezza
dei comportamenti; alla Banca d’Italia quelli relativi alla stabilità
degli operatori e del sistema finanziario. Si supera così l’attuale
modello fondato sulla divisione delle competenze tra molteplici
Autorità, in ragione della materia o dei soggetti vigilati (intermediari
finanziari, banche, assicurazioni, fondi comuni, fondi
previdenziali). Il modello vigente ha denunciato lacune, debolezze e
sovrapposizioni, percepite recentemente in modo più acuto, di fronte
alle caratteristiche sempre più marcatamente finanziarie dei prodotti
assicurativi e previdenziali e alla crescente importanza di gruppi finanziari
che operano in modo integrato su tutti i segmenti del mercato.
In
questo nuovo assetto, il d.d.l. prevede la soppressione di Isvap
e Covip, le cui competenze saranno trasferite a
Consob e Banca d’Italia sulla base del principio della suddivisione per
finalità.
Naturalmente,
un modello di regolazione e vigilanza fondato su due
Autorità che perseguono finalità - stabilità e correttezza
– con forti elementi di interazione, necessita di un efficace sistema di
coordinamento e collaborazione.
A
questo fine, si è già aperta e si sta sviluppando una stagione di
collaborazione tra Consob e Banca d’Italia che ci vedrà, tra l’altro,
impegnati – ed è la prima volta che accade - nell’elaborazione di un
“regolamento unico”, come previsto dalla bozza di decreto legislativo delegato
per l’attuazione della direttiva sui mercati e gli intermediari finanziari
(MIFID)5. Per ridurre l’impatto sui soggetti vigilati e evitare
duplicazioni di richieste, viene infatti previsto che
le materie dell’organizzazione interna, della gestione dei conflitti di
interesse e degli incentivi alla distribuzione – che rappresentano zone di
confine dei due ambiti di competenze – saranno disciplinate da norme emanate
congiuntamente dalle due Autorità.
Il
nuovo assetto istituzionale prevede anche la soppressione del Comitato
interministeriale per il credito e il risparmio (CICR)6 cui
l’art. 2 del Testo unico bancario aveva attribuito
“l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio”, e la sua
sostituzione con un Comitato per la stabilità finanziaria,
costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Il Comitato
è composto dal Ministro dell’economia e delle finanze, che lo presiede,
dal Governatore della Banca d’Italia e dal Presidente della Consob. Il Ministro
può invitare a singole riunioni il Presidente dell’Antitrust, altri
ministri e altri soggetti dei quali sia opportuna la
consultazione.
Le
competenze del Comitato, sulla base della disciplina proposta, fanno
considerare il nuovo Organismo come una sede di raccordo e confronto per
l’esame di questioni che interessano il mercato finanziario nel suo complesso.
Tale
Comitato promuove, infatti, attraverso la collaborazione e lo scambio di
informazioni, la stabilità finanziaria e la soluzione delle crisi delle
società e dei gruppi bancari e finanziari che possono influire
sull’intero sistema finanziario, nonché la collaborazione tra le
Autorità competenti e tra queste e le Autorità dei paesi
comunitari ed extracomunitari (art. 9 d.d.l.).
Si
crea, in tal modo, una sede nella quale è dato avere cognizione di
indirizzi operativi che si intendono assumere e replicare forme di cooperazione
che già sono previste dal quadro normativo vigente e dalla consolidata
appartenenza alle reti istituzionali europee ed internazionali, nel cui
ambito però, è d’uopo segnalarlo, esistono vincoli relativi alla riservatezza
delle informazioni scambiate.
La
norma pone anche un problema di coordinamento con l’art. 20, comma 2, della legge sul
risparmio (L. 28 dicembre 2005, n. 262) che prevede
che Banca d'Italia, Consob, Isvap, Covip e Antitrust, “nel rispetto della reciproca
indipendenza, individuano forme di coordinamento per l'esercizio delle
competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d'intesa o
l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di
comitati di coordinamento” e che le forme di coordinamento contemplino la
riunione delle Autorità almeno una volta all’anno.
Tale
previsione non è stata riprodotta nel d.d.l., per cui può sorgere il dubbio che la riunione
annuale di coordinamento possa ritenersi in qualche modo sostituita dalle
riunioni del Comitato per la stabilità finanziaria. In ogni caso,
è necessario preservare il coordinamento tra Autorità basato su
forme di cooperazione flessibili, che possano assumere modalità diverse
in relazione alle esigenze autonomamente percepite dalle stesse
Autorità.
Infatti,
mentre il Comitato per la stabilità finanziaria ha una sfera di
competenza predefinita dalla legge, nessun limite è attualmente previsto
per le riunioni periodiche di cui alla l. 262/2005, sicché, senza una specifica
precisazione, potrebbe alternativamente intendersi che la nuova disciplina si
aggiunga o sostituisca quella preesistente.
4.
Composizione, organizzazione e funzionamento delle Autorità (Capo IV)
4.1. La procedura di nomina
L’art.
16 disciplina la composizione del Collegio e le modalità di
designazione e nomina.
Ogni
Autorità è composta dal Presidente e da quattro membri, tutti
nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri su proposta dei ministri
competenti, al termine di apposita procedura che prevede il parere vincolante
di una costituenda Commissione parlamentare bicamerale (di cui all’art. 21).
Condivisibile
appare la scelta di affidare la nomina del Presidente e dei quattro membri al
Governo, organo politico dotato di competenze tecniche adeguate alla conoscenza
e alla valutazione di requisiti di professionalità e competenza su
settori economici ad alto contenuto tecnico.
Particolarmente
interessante, anche per il suo contenuto innovativo, è la disciplina
della c.d. autocandidatura secondo cui
“possono essere designati (. . .) soltanto soggetti
che abbiano presentato la loro candidatura nell’ambito di una apposita
procedura di sollecitazione pubblica avviata con la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale di un apposito bando predisposto dalla Presidenza del
Consiglio”.
In
proposito, se in linea di principio, appare condivisibile e apprezzabile la
scelta di introdurre una procedura di sollecitazione pubblica della
candidatura, in quanto aumenta il grado di trasparenza delle nomine, può
fondatamente dubitarsi che tale procedura, ove
costituisca la sola via di accesso per entrare a far parte degli organi
collegiali, porti sempre alle scelte migliori. Potrebbero
infatti non essere valorizzate competenze e capacità presenti nel
Paese, pur se particolarmente idonee, ma non disponibili, per vari motivi, a
partecipare ad una selezione pubblica. Sembra perciò necessario che, se
del caso, le scelte del Governo possano cadere anche su personalità
diverse da quelle che hanno posto la loro candidatura, fermo restando,
ovviamente, che anche per tali personalità resti la previsione delle ulteriori
fasi della procedura di nomina (pubblicazione del
curriculum, audizione delle persone designate e parere a maggioranza
qualificata della Commissione parlamentare bicamerale).
L’esperienza
degli ordinamenti più evoluti dimostra che le competenze e
l’indipendenza sono requisiti sostanziali e non formali delle persone, che
spesso ricorrono anche laddove le nomine sono affidate in via esclusiva a
soggetti singoli. L’indipendenza e la competenza sono infatti
elementi che possono essere riflessi nei curricula,
ma la cui sostanza si realizza soprattutto nelle modalità del concreto
operare dei singoli.
4.2 Regime di ineleggibilità e incompatibilità
L’art.
16 definisce anche i requisiti soggettivi e le cause di
ineleggibilità e incompatibilità, nonché lo status dei
componenti, impedendo il passaggio, prima che sia trascorso un anno, dalla
carriera politica, da posizioni assunte in soggetti vigilati o, ancora, da
altre Autorità indipendenti (disposizioni che non si applicano alla
Banca d’Italia).
A
tale proposito, il comma 4 dell’art. 16, laddove introduce il divieto di nomina
per “coloro che sono stati titolari di organi di vertice di altra
Autorità indipendente”, necessiterebbe di una migliore, più
precisa formulazione, in modo da chiarire se il divieto abbia
carattere assoluto ovvero duri solo per un anno, analogamente a quanto
stabilito per le ipotesi di incompatibilità previste nella prima parte
dello stesso comma.
Sono
altresì introdotte regole sulle incompatibilità successive
alla cessazione del mandato (art.
16, comma 6). Nell’anno successivo alla scadenza del mandato,
i componenti del collegio non possono intrattenere rapporti di collaborazione,
di consulenza o di impiego o esercitare funzioni societarie in imprese nei cui
confronti sono state adottate misure regolatorie specifiche
o aperte istruttorie di vigilanza.
Nel
caso della Consob, ma non solo, considerato l’ampio spettro dei soggetti
vigilati, esteso a quasi tutti gli operatori economici del Paese, i divieti
previsti potrebbero costituire un serio deterrente alla candidatura di soggetti
- specie se provenienti dal mercato – pur caratterizzati da requisiti
particolarmente adatti alla carica.
Occorrerebbe
forse immaginare, quanto meno per Consob e Antitrust, una disciplina che tenga
conto delle caratteristiche professionali del soggetto investito del mandato e
quindi della possibilità di un suo corretto reinserimento nel settore di
provenienza (altrimenti, la previsione normativa proposta potrebbe privilegiare di fatto coloro che provengono dalla Magistratura o dall’Università).
Risulta,
inoltre, indeterminato l’intervallo temporale entro il quale sono stati
adottati gli interventi (adozione di misure regolatorie
specifiche o apertura di istruttorie di vigilanza) ostativi all’assunzione di
rapporti di collaborazione o di impiego da parte dei soggetti interessati
nell’anno successivo alla cessazione dall’incarico, intervallo che potrebbe, al
limite essere riferito all’intero settennio di svolgimento del mandato presso
l’Autorità.
Per
temperare la portata interdittiva della disposizione si potrebbe introdurre un
limite temporale riferito agli ultimi due anni o all’ultimo
anno di mandato.
4.3
La durata del mandato
Sempre
il comma 4 dell’art. 16 dispone che l’incarico duri per i componenti delle
Autorità indipendenti sette anni non rinnovabili.
Al
tempo stesso l’art. 16, comma 10, dello schema di d.d.l., nella parte in cui dispone che “le disposizioni del
presente articolo trovano applicazione alle nomine successive alla data di
entrata in vigore della presente legge”, pone un problema interpretativo in
tema di durata degli incarichi presso le Autorità nelle quali il mandato
è oggi previsto in cinque anni rinnovabili per altri cinque. Tale
disposizione, infatti, così come formulata, potrebbe legittimamente far
ritenere che, con riferimento a quelle Autorità (come la Consob) per le
quali la legge prevede un mandato quinquennale rinnovabile una sola volta,
possa ancora trovare applicazione l’istituto del rinnovo e che, quindi, ad
esempio, un componente di recente nomina possa
legittimamente venire confermato per ulteriori cinque anni al termine del primo
mandato quinquennale.
Tenendo
anche conto delle differenze attualmente presenti nella durata degli incarichi
presso le diverse Autorità, per assicurare uniformità di trattamento
agli incarichi in corso, si renderebbe opportuno prevedere, con una norma di
carattere transitorio, che gli attuali incarichi, di durata quinquennale siano
prorogati, ope legis, a
sette anni.
Occorre,
difatti, tenere presente la legittima aspettativa di chi, essendo stato
nominato per cinque anni, ha accettato la nomina non escludendo la
possibilità di un rinnovo.
4.4 La revoca dei componenti
Per
quanto riguarda il potere di revoca dei componenti da parte del
Consiglio dei Ministri e su proposta del Presidente
del Consiglio (art. 16, comma 57) - che da più parti è
visto con sospetto perché atto a incidere sulla piena indipendenza delle
Autorità - si osserva che tale potere è previsto per la Consob
solo in caso di impossibilità di funzionamento o di continuata
inattività dell’organo.
In
linea con tale previsione, la revoca potrebbe essere prevista nei casi di
impossibilità di funzionamento o di continuata (e non prolungata)
inattività e lo scioglimento dell’organo potrebbe essere disposto, come
previsto, previo parere favorevole espresso a maggioranza di due terzi dei
componenti la Commissione parlamentare bicamerale.
4.5
L’organizzazione e il funzionamento delle Autorità
Il
successivo art. 17 delinea l’organizzazione delle Autorità,
prescrivendone l’autonomia organizzativa, contabile e amministrativa.
Ricordo
che, per la Consob, è ancora vigente, quasi a memoria storica, una norma
del 1974 (art. 1, comma 9, L. 216/74) che prevede che
i regolamenti in materia di organizzazione e funzionamento, personale e
contabilità vengano sottoposti al Presidente
del Consiglio dei ministri, il quale, sentito il Ministro dell’Economia e delle
Finanze, ne verifica la legittimità e li rende esecutivi apponendovi il
proprio visto. Tale norma verrebbe opportunamente
abrogata dal d.d.l. in esame.
Solo
per le deliberazioni delle Autorità concernenti il finanziamento a
carico degli operatori e del mercato, il d.d.l. prevede (comma 5 dell’art. 17), che esse “sono
sottoposte al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro
dell’economia e delle finanze, per l’approvazione con proprio decreto entro
venti giorni dal ricevimento”. L’obiettivo di rafforzare le
garanzia di legittimità e la coerenza generale di un meccanismo
impositivo capace di incidere sulle dinamiche generali del mercato sembra trovare
ragioni che non influiscono in maniera diretta sul principio di autonomia, ma
lo rendono compatibile con gli interessi più generali del Paese.
Una
volta affermata, in via di principio, l’autonomia organizzativa delle
Autorità, il d.d.l. contempla anche disposizioni molto specifiche (come
la circostanza che il Segretario Generale debba provenire dalla carriera
interna8) che riducono i margini di auto-organizzazione delle
Autorità. L’obiettivo di una standardizzazione organizzativa non sembra
trovare adeguata giustificazione in particolari benefici per il mercato e
potrebbe in qualche caso produrre difficoltà, stante l’esigenza che ogni
Autorità possa dotarsi, specie per posizioni di
vertice, degli elementi più idonei anche attingendo da organismi internazionali
di primaria rilevanza.
Al
contrario, ben giustificata dal beneficio del rafforzamento
dell’imparzialità nell’assunzione di decisioni sanzionatorie è la previsione di separatezza,
già contemplata dalla legge sul risparmio, “tra funzioni istruttorie
degli Uffici e funzioni decisorie del Collegio”.
Analogamente, maggiore capacità decisionale strategica dell’organo
collegiale è assicurata dalla previsione di una separazione tra le
funzioni di indirizzo e controllo del Collegio ed i compiti gestionali
dell’amministrazione al cui vertice è preposto il Segretario
generale.
In
alcuni importanti ordinamenti europei, il principio di separatezza
per i procedimenti sanzionatori si è spinto fino al punto di affidare le
competenze sanzionatorie a comitati interni all’Autorità, ma composti in tutto o in parte da
personalità che non appartengono ad essa.
Ad
esempio, in Francia, l’AMF (Autorité des Marchés Financiers)
può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie esclusivamente
attraverso una “Commissione per le sanzioni” separata dal Collegio e composta da 12 membri: 2 Consiglieri di Stato, 2 giudici di
Cassazione, 6 esperti del mercato nominati dal Ministro delle Finanze, sentite
le associazioni di categoria e 2 rappresentanti dei lavoratori dell’industria
finanziaria, nominati dal Ministro delle Finanze, sentiti i sindacati e le
associazioni dei lavoratori.
Anche
nel Regno Unito, la FSA (Financial Securities Authority) adotta azioni disciplinari e sanzionatorie
attraverso un apposito comitato (Regulatory Decision Committee) nominato dal
Consiglio dell’Autorità (Board), il cui presidente è dipendente
dell’Autorità, mentre gli altri 17 membri sono scelti tra
professionisti del mercato.
La
Consob, che ha attivato la prevista distinzione tra funzioni istruttorie degli
uffici e funzioni decisorie
del collegio, ha in corso una riflessione circa l’ipotesi di costituzione di un
comitato/commissione competente ad irrogare le sanzioni, in analogia con le
riferite esperienze estere.
Il
d.d.l. stabilisce che l’organico del personale è quello definito dalla
legge, con la possibilità, sulla base della rilevazione dei carichi di lavoro e nei limiti posti dagli stanziamenti di bilancio,
di discostarsi in misura non superiore al 10 per cento. Le Autorità
possono avvalersi, entro la misura di un ventesimo della dotazione organica, di
personale di altre amministrazioni in posizione di
comando, fuori ruolo e aspettativa.
Dubbi
interpretativi potrebbero sussistere, quantomeno per la Consob, in relazione
alla applicazione dell’art. 17, comma 6, del d.d.l.
che disciplina la determinazione dell’organico definitivo del personale di
ruolo. Infatti, pur essendo previsto dall’art. 15, comma 2, che “ restano
ferme, in quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente capo, le
discipline relative alle singole Autorità istituite con precedenti
leggi”, potrebbe sostenersi che sia stata abrogata la
vigente disciplina dell’organico del personale di ruolo della Consob contenuta
nella legge istitutiva (L. 216/74), come
successivamente integrata e modificata, e, da ultimo, nell’art. 28 della L. 262/05, secondo il quale “al fine di adeguare la
dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla presente
legge, può essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista
dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni”.
Si
ritiene, pertanto, opportuno richiamare espressamente per le Autorità esistenti
la disciplina ad esse applicabile in base alla legislazione vigente in materia
di determinazione della pianta organica che, per quanto riguarda la Consob,
migliora decisamente la possibilità di fronteggiare adeguatamente
l’attribuzione di nuovi compiti, peraltro molto consistenti e impegnativi.
Analogo
richiamo alla legge istitutiva occorrerebbe fare anche in relazione al
trattamento giuridico ed economico del personale e delle carriere. Per la
Consob, ad esempio, tale trattamento è oggi stabilito con regolamento
“in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la
Banca d’Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze organizzative della
Commissione” (art. 2, comma 3, L. 216/1974). Si
tratta di una disciplina che nel corso degli anni ha dato certezza in ordine
agli istituti normativi ed economici disciplinanti i rapporti di lavoro e che
trova giustificazione nell’omogeneità dei compiti di vigilanza
attribuiti alle due Autorità.
In
ogni caso, anche in materia di personale e retributiva, occorre assicurare un
certo margine di flessibilità che, sulla base di motivazioni
trasparenti, consenta alle Autorità di non
perdere la competizione con il mercato nel reclutamento delle persone dotate di
maggiori capacità e preparazione; peraltro, ho avuto più volte
occasione di segnalare che frequenti sono stati i casi di personale esperto che
ha lasciato l’Autorità attratto da retribuzioni particolarmente
consistenti.
L’art.
18 del d.d.l. introduce principi relativi agli atti regolamentari e generali
delle Autorità. Tali principi devono essere recepiti in appositi
regolamenti delle singole Autorità, nei quali devono essere indicati
anche i casi di necessità ed urgenza che ne consentono la deroga, e
prevedono la motivazione delle scelte di regolazione adottate e l’illustrazione
delle conseguenze della regolamentazione sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi dei
risparmiatori ed investitori. La Consob, in occasione della riforma
organizzativa in corso, ha già istituito un’unità organizzativa ad hoc che si occuperà dell’impatto economico delle
regole.
Infine,
viene prescritta la consultazione degli organismi
rappresentativi dei soggetti vigilati e degli investitori e la revisione
periodica, almeno triennale, delle regole. La dialettica tra regolatori e
partecipanti al mercato nella fase di elaborazione di nuove norme è
ormai prassi consolidata di molte Autorità e, tra esse,
della Consob.
Per
quanto riguarda il finanziamento, il regime vigente prevede per la Consob un sistema
misto, parte a carico del bilancio dello Stato e parte a carico del mercato.
Per il 2007 non ci sono stati impatti sul gettito contributivo a carico del
mercato, che è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, pur in presenza di una riduzione del
trasferimento statale di circa due milioni di euro.
Un
sistema di finanziamento misto trova riscontro nelle funzioni svolte: la quota
a carico del bilancio dello Stato è infatti
posta a fronte del beneficio che l’intera collettività trae dal
complesso delle attività svolte, mentre la quota di contribuzione a
carico del mercato fornisce copertura ai costi che l’Autorità sostiene
per svolgere l’attività di vigilanza sulle diverse categorie di soggetti
operanti nell’ordinamento mobiliare. Il mantenimento del sistema misto, che pur
negli anni ha visto una progressiva, sensibile riduzione del contributo a
carico dello Stato, è coerente con il ruolo svolto nell’ordinamento.
E’
da condividere il previsto controllo sulla gestione finanziaria da parte della
Corte dei Conti, peraltro già in essere per la Consob. Ritengo inoltre
utile che, nelle Autorità che in tutto o in parte usufruiscono di
finanziamenti da parte del mercato, sia anche presente
un organo di controllo interno, quale potrebbe essere un “collegio di revisori”
snello, la cui composizione potrebbe esser prevista nella stessa legge.
5.
I rapporti tra potere politico e Autorità indipendenti
Il
d.d.l. introduce un collegamento istituzionale più articolato tra organi
politici e Autorità indipendenti, che fino ad oggi è stato
sostanzialmente affidato alle procedure di nomina previste nelle singole leggi
istitutive e alla tradizionale trasmissione periodica al Parlamento di
relazioni informative sull’attività svolta.
La
ragione delle previste innovazioni può essere ricondotta all’esigenza di
bilanciare la crescita di poteri normativi, di accertamento e sanzione affidati
alle Autorità Indipendenti con procedure che rendano
trasparente l’assunzione di responsabilità per le scelte assunte nello
svolgimento delle funzioni di competenza. La collettività, attraverso i
suoi rappresentanti istituzionali, deve essere nelle condizioni di operare una
valutazione finale complessiva dell’operato delle Autorità (la c.d. accountability) .
Oltre
alle procedure stabilite per la nomina dei componenti delle Autorità ed
alle relazioni che, al termine di ogni anno, le Autorità devono
presentare al Parlamento, il d.d.l. prevede un potere di alta vigilanza del
Governo sulle Autorità e l’intervento della costituenda Commissione
Bicamerale permanente per le politiche della concorrenza e i rapporti con le
Autorità che rappresenterebbe l’interlocutore stabile nel Parlamento sia
per le stesse Autorità che per l’Esecutivo.
La
Commissione Bicamerale, che interverrebbe nella procedura di nomina con parere
vincolante, nell’esame delle relazioni annuali, nella valutazione dei pareri e
delle segnalazioni delle Autorità e delle “iniziative legislative e
regolamentari di rilevanza strategica”, si affianca alle Commissioni permanenti
delle due Camere, assumendo su di sé poteri che alcuni giudicano troppo
concentrati.
In
altre parole, vi sarebbe il rischio che tale Commissione diventi, da un lato,
una sede di compensazione politica e dall’altro uno strumento attraverso il quale
vengono forniti indirizzi all’Autorità, con
potenziale compromissione della loro indipendenza,
nonostante la necessaria precisazione che tale Commissione “non si occupa dei
singoli casi sottoposti all’esame delle Autorità e non esprime giudizi
tecnici sulle singole questioni” (Art. 21, comma 3).
In
via generale, si deve osservare che l’individuazione di un interlocutore
parlamentare stabile può fornire un utile contributo alla dialettica
istituzionale, ma che il miglior presidio dell’assunzione di responsabilità
da parte delle Autorità indipendenti rimane la
trasparenza del loro comportamento, dei loro procedimenti e del loro
funzionamento, sottoposti al giudizio pubblico non solo delle istituzioni, ma
anche degli operatori del mercato, nonché ovviamente alla tutela
giurisdizionale ordinaria.
In
questa luce, sono state espresse perplessità sulla norma del d.d.l. che
fa salve, lasciandole indeterminate, le “funzioni di indirizzo generale e di
alta vigilanza del Governo e dei Ministri” (art. 1, comma 3).
L’attribuzione
di tali poteri all’Esecutivo, se esulasse dai limiti in cui essa è
già prevista dalle leggi istitutive delle diverse Autorità,
potrebbe essere considerata in grado di produrre riflessi sulla loro
indipendenza. Analoghe considerazioni sono possibili a proposito dei casi di
revoca dei componenti delle Autorità che,
almeno per quanto riguarda la Consob, appaiono più ampi di quelli
attualmente previsti dalla legge.
Al
riguardo, la positiva esperienza nell’applicazione della norma che regola i rapporti della Consob con l’Esecutivo (art. 1,
comma 12, della L. 216/74), che prevede che il
Presidente dell’Autorità tenga informato il Ministro dell’economia sugli
atti e sugli eventi di maggior rilievo e sugli atti regolamentari adottati (con
successiva informativa al Parlamento da parte del Ministro, laddove tali atti o
eventi siano rilevanti per il corretto funzionamento del mercato mobiliare),
induce a considerare con cautela l’introduzione di un nuovo sistema che,
peraltro, presenta il rischio di essere considerato – magari solo
potenzialmente -lesivo dell’indipendenza dell’Autorità.
E’
utile ricordare che i Principi internazionali posti dall’IOSCO (International Organization of Securities Commissions) prevedono che le Autorità di vigilanza
competenti esercitino le proprie funzioni in un contesto di indipendenza anche
operativa, che potrebbe essere considerato non in linea con l’attribuzione di
poteri di alta vigilanza e di indirizzo agli organi di Governo. Lo stesso Fondo
Monetario Internazionale nei suoi programmi periodici di valutazione degli
ordinamenti finanziari dei diversi Paesi considera con
attenzione l’autonomia e l’indipendenza delle Autorità nella
realizzazione di programmi di vigilanza sul rispetto delle regole da parte di
tutti gli attori del mercato nonché nell’irrogazione delle conseguenti
sanzioni.
Potrebbe
quindi essere opportuno che, con norma espressa, si sancisca il principio di
piena indipendenza delle Autorità.
Un’ultima
annotazione merita l’art. 20, in base al quale le Autorità indipendenti
“riferiscono al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati
conseguiti presentando una relazione annuale alla Commissione di cui all’art.
21 (. . .)”.
Va
osservato che attualmente, in forza dell’art. 1, comma 13,
della L.216/74, la Consob invia entro il 31 marzo di
ciascun anno al Ministro dell’economia una relazione che, non solo illustra
l’attività svolta, ma descrive anche le questioni in corso e le linee
programmatiche che intende seguire. Il Ministro, a sua volta, invia al Parlamento
la relazione entro il 31 maggio, con proprie valutazioni.
Tale
sistema appare realizzare un circuito informativo tra le
istituzioni più articolato, contemplando anche l’esposizione
delle principali questioni in corso e degli indirizzi strategici dell’Autorità,
e più coerente con l’architettura istituzionale generale, consentendo al
Parlamento di ricevere insieme alla relazione tecnica dell’Autorità le
valutazioni di natura più politica del Ministro competente per materia.
Va
rilevato inoltre che sembra senz’altro preferibile l’intervento dell’Esecutivo nel
momento della valutazione dell’operato complessivo delle Autorità alla
luce dei più generali indirizzi di politica economica, piuttosto che,
come prefigurato dal d.d.l., nel continuum
dell’esercizio dei compiti di vigilanza, o addirittura in caso di crisi di
singole società o gruppi bancari e finanziari.
Infine,
è utile ricordare che, in passato, era stato
ipotizzato un sistema, meritevole di attenzione, che mirava a ricondurre ad
unità tutte le relazioni presentate dalle singole Autorità sulle
attività svolte, rilevando gli elementi di raccordo e le eventuali
distonie, mediante un esame congiunto degli atti, dal quale sarebbe potuto
derivare un documento in cui “si potrebbero profilare anche gli indirizzi di
politica intersettoriale volti a dare un indirizzo comune alle singole
autorità” e “volti appunto al bilanciamento di diversi valori; tali
indirizzi avrebbero come destinatarie più autorità e non una
sola, evitando così il rischio di ingerenza nell’attività delle
singole autorità che potrebbe verificarsi in caso di definizione di
specifici indirizzi rivolti a ciascuna autorità”9.
E’
peraltro da considerare con massimo apprezzamento la facoltà delle
Commissioni parlamentari di chiamare in audizione i rappresentanti delle
Autorità per ascoltare il loro parere su atti normativi in corso di
esame.
1 In data 19 gennaio 1999 la Commissione I (Affari
costituzionali) della Camera dei deputati nel corso
della XIII legislatura ha deliberato una “Indagine conoscitiva sulle
Autorità amministrative indipendenti”;
indagine terminata il
4 aprile 2000 con la presentazione di un apposito Documento conclusivo.
Il 5 novembre 2001 l’on. Frattini, all’epoca Ministro
per la Funzione Pubblica, istituì la “Commissione
per la razionalizzazione e la semplificazione della disciplina delle Autorità
Indipendenti e delle Agenzie
di settore”. La Commissione, presieduta dallo stesso Ministro per la Funzione
Pubblica, fu da me
coordinata.
Nella XIV Legislatura, tra Camera e Senato, sono stati ben 5 i progetti di
legge:
- proposta di legge n. 121 d’iniziativa dell’on.le Bielli
concernente “Disciplina delle Autorità indipendenti”. Presentata il 30
maggio 2001;
- proposta di legge n. 2052
d’iniziativa degli on.li E.
Letta, Pinza ed altri concernente “Disposizioni in materia di Autorità
indipendenti” (presentata il 29 novembre 2001 e il cui contenuto è
identico a quello del d.d.l. n. 956 d’iniziativa dei Sen.ri
Amato, Mancino presentato al Senato);
- proposta di legge n. 2224
d’iniziativa degli on.li Tabacci
ed altri concernente “Nuove norme in materia di Autorità di garanzia,
regolazione e vigilanza”. Presentata il 24 gennaio 2002;
- disegno di legge n. 956
d’iniziativa dei Sen.ri Amato, Mancino ed altri
concernente “Disposizioni in materia di Autorità indipendenti”.
Presentato l’11 dicembre 2001. Il contenuto delle disposizioni è
identico alla p.d.l. n. 2052 d’iniziativa degli on.li Letta e Pinza presentata alla
Camera;
- disegno di legge n. 1250
d’iniziativa dei Sen.ri Angius
ed altri concernente “Istituzione dell’Autorità garante dell’etica
pubblica e della prevenzione dei conflitti di
interessi”. Presentato il 18 marzo 2002.
2 S. Cassese, Oltre lo Stato, 2006.
3 E’ stato detto in proposito “se una delle caratteristiche della
formazione degli Stati, dal XV al XIX
secolo, è stata la progressiva concentrazione dei diritti negli Stati,
questo processo di ‘assorbimento’
nello Stato è terminato ed è cominciato il processo opposto, di
dispersione dei diritti su altre entità”
(S.Cassese, La crisi dello Stato, 2002).
4 La normazione europea in campo finanziario si è sviluppata
dal 2001 secondo le linee tracciate nel rapporto Lamfalussy,
concepite inizialmente per il mercato dei valori mobiliari e successivamente
estese anche ai settori del credito e delle assicurazioni. Il rapporto Lamfalussy, con l’obiettivo di accelerare e favorire
l’effettiva integrazione e armonizzazione nel settore finanziario, ha suggerito
di strutturare la normativa europea secondo un modello “a cascata”, articolato
su quattro livelli.
Al primo livello si collocano le direttive e i regolamenti, adottati
secondo la procedura di codecisione tra Consiglio e
Parlamento, destinati a contenere principi di carattere generale. Al secondo
livello si collocano le direttive e i regolamenti adottati dalla
Commissione Europea, con l’assistenza di appositi comitati, quali il Comitato che riunisce a livello europeo le Autorità
di vigilanza del settore mobiliare (Committee of European Securities Regulators – Cesr) e il Comitato
valori mobiliari in cui siedono i rappresentanti degli Stati membri (European Securities Committee – Esc). Obiettivo delle
norme di secondo livello è quello di stabilire regole di armonizzazione
dettagliate, destinate a regolare uniformemente il comportamento dei diversi
attori del mercato europeo.Il sistema è poi
completato dalle norme di terzo livello, ovvero dagli standard adottati
dai Comitati che riuniscono le Autorità di vigilanza (quali il Cesr) per favorire l’attuazione coordinata della normativa
e, soprattutto, la convergenza delle prassi operative di vigilanza. Al quarto
livello si pone la verifica della Commissione Europea della tempestiva ed
efficace attuazione delle disposizioni comunitarie nelle normative nazionali.
5 La bozza di decreto delegato è stata pubblicata dal
Ministero dell’economia e delle finanze sul proprio sito Internet per la
consultazione del mercato.
6 Il CICR è stato istituito nel dopoguerra con il
D.L. C.p.S. 17 luglio 1947, n. 691.
7 Art. 16, comma 5: “In caso di gravi e persistenti violazioni
della legge istitutiva, di impossibilità di funzionamento e di prolungata
inattività, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri, può deliberare, previo parere favorevole
espresso a maggioranza di due terzi dei componenti della Commissione
parlamentare di cui all’articolo 21, la revoca motivata del Collegio, che viene
disposta con decreto del Presidente della Repubblica”.
8 Il Segretario generale deve
essere nominato dal Collegio, su proposta del
Presidente, tra i dirigenti in servizio presso le Autorità da almeno due
anni. Il Capo di gabinetto invece, ove istituito su autonoma scelta delle
Autorità, è organo fiduciario del Collegio ed è preposto
ai rapporti del Collegio con gli uffici e i servizi e alle relazioni
esterne di carattere istituzionale. Tra le sue funzioni rientra anche quella di
segretario del Collegio stesso.
9 Documento conclusivo
dell’indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti,
approvato dalla Commissione affari costituzionali della Camera il 4 aprile
2000.