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Documentazione   Inserito il  18-6-2007


 

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SENATO DELLA REPUBBLICA
COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI
Disegno di legge A.S. n. 1366 recante

Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e 
di funzionamento della Autorità Indipendenti preposte ai medesimi

AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CONSOB  LAMBERTO CARDIA

Roma, 14 giugno 2007

 

Signor Presidente, Signori Senatori,

per prima cosa desidero ringraziarVi per aver voluto accogliere il contributo della Consob all’analisi e alla riflessione sul progetto legislativo recante “Disposizioni in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento della Autorità Indipendenti preposte ai medesimi” (Atto Senato n. 1366).

Il disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 2 febbraio è l’ultimo di una serie di progetti che hanno affrontato il tema della riforma delle Autorità indipendenti1.

 

Le Autorità indipendenti sono infatti divenute una componente necessaria, seppur a volte dai tratti non ancora compiutamente definiti, dei sistemi istituzionali moderni.

La loro evoluzione è frutto dell’interazione di un complesso di fenomeni politici, istituzionali ed economici che trova oggi una ragione comune nel progressivo sviluppo e nella crescente globalizzazione dell’economia di mercato. 

In generale, nelle democrazie occidentali, le Autorità indipendenti hanno corrisposto all’esigenza di ripensare l’organizzazione dell’amministrazione statale nei rapporti ‘interni’ tra Stato e cittadini e successivamente nei  rapporti ‘esterni’ tra i singoli Paesi e tra essi e gli organismi sopranazionali.

Sul piano interno, e in particolare nel settore finanziario, hanno interagito alcune dinamiche convergenti, tra le quali:

l’abbandono di un modello di amministrazione di tipo piramidale a favore di un modello di organizzazione statale ‘policentrica’ e ‘multiorganizzata’, nel cui ambito l’operato di organi tecnici, neutrali e indipendenti dagli indirizzi  politici, consente di preservare stabilmente la tutela di beni e interessi primari riconosciuti dalla Costituzione (il risparmio, la libertà di iniziativa economica) dall’influenza della dialettica politica; agli organi politici è riservato il potere di affermare – attraverso la via legislativa – i principi fondamentali che ne governano l’operato; il progressivo affermarsi dell’idea che, proprio per la rilevanza degli interessi in gioco, settori di amministrazione attiva debbano essere sottratti alla direzione e all’indirizzo del Governo, nelle loro strutture organizzative e nell’esercizio delle loro funzioni, per essere sottoposti esclusivamente alla legge e per operare in posizione di terzietà; la crescente importanza del principio di tutela del risparmiatore /consumatore e in senso lato dell’iniziativa economica, da assicurare principalmente attraverso il buon funzionamento del mercato e la correttezza dei comportamenti di chi vi opera.

 

Sul piano internazionale, la crescente intensità delle relazioni fra Stati e sistemi economici ha portato:

all’affermazione di reti istituzionali transnazionali, costituite da organismi interdipendenti e dotati di poteri e competenze omogenei2;

alla moltiplicazione delle fonti del diritto (non più solo lo Stato sovrano, ma le Istituzioni europee, le Corti internazionali, gli Organismi internazionali, ecc.)3; a livello internazionale si va affermando una sorta di ‘ius commune’ mercantile che vive accanto agli ‘iura propria’ dei singoli Stati e che corrisponde ad un mondo caratterizzato dalla libera circolazione delle merci e delle persone.

 

Il quadro legislativo europeo assegna alle Autorità indipendenti un ruolo di grande rilevanza, sia nell’elaborazione del corpus normativo sia nell’amministrazione delle norme negli ordinamenti nazionali, prevedendo che le Autorità siano poste nelle condizioni di garantire in piena autonomia l’attuazione dei principi comunitari traducendoli in coerenti norme regolamentari e in azioni di vigilanza conformi agli standard europei4. Si potrebbe quasi affermare che le Autorità indipendenti sono oramai divenute parte integrante di un sistema istituzionale europeo.

2. La copertura costituzionale

Anche per questo motivo, è mia opinione che sia maturo il momento di dare alle Autorità indipendenti un radicamento costituzionale. Esse, infatti, quali organi tecnici, neutrali e indipendenti dagli indirizzi politici, che derivano la maggior parte dei propri poteri da norme sovranazionali, consentono di preservare stabilmente la tutela di beni e interessi primari riconosciuti dalla Costituzione (tutela del risparmio in tutte le sue forme, tutela della concorrenza e del mercato, tutela della privacy, ecc.). 

La Consob, ad esempio, ha assunto poteri sanzionatori diretti e pienezza di strumenti di indagine, grazie al recepimento della direttiva sugli abusi di mercato (un’autentica rivoluzione istituzionale), che ha posto l’Autorità indipendente su un piano di collaborazione reciproca ed equivalente con l’Autorità Giudiziaria penale.

 

Queste brevi considerazioni confortano l’idea che le Autorità indipendenti di garanzia facciano parte a pieno titolo del sistema che trae dalla Costituzione la misura fondamentale per l’equilibrio tra i poteri dello Stato e la legittimazione a sollevare conflitti di attribuzione (come segnalato dal Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni).

In proposito desidero ricordare anche che già dieci anni or sono (nel 1997) la Commissione parlamentare per le riforme istituzionali accolse l’idea di introdurre nella Costituzione una norma dedicata alle Autorità indipendenti. 


 

3.      La razionalizzazione del numero e delle competenze delle Autorità Indipendenti (Capo I – Capo II – Capo III)

Il comparto delle Autorità indipendenti italiane non è un insieme omogeneo: vi sono diverse leggi istitutive approvate in tempi anche lontani tra loro, diversi sono i modelli di governance, diverse le regole procedimentali, diversa la natura dei poteri assegnati.

La riforma contenuta nel disegno di legge (A.S. n. 1366) rappresenta una valida risposta alle esigenze di razionalizzazione e di qualificazione poste dall’evoluzione degli scenari economici ed istituzionali e persegue il condivisibile obiettivo di riconoscere, rafforzandone l’autorevolezza, le Autorità che possono qualificarsi come indipendenti.

Le finalità dell’intervento vengono espressamente fissate dall’art. 1 nel rafforzamento e nella razionalizzazione dei compiti delle Autorità connessi alla promozione della concorrenza e dei diritti dei consumatori; alla protezione di fondamentali diritti e di interessi costituzionalmente tutelati; alla promozione della trasparenza dei mercati e alla vigilanza prudenziale.

In questa prospettiva, viene completato il quadro normativo di regolazione dei servizi di pubblica utilità, con l’istituzione di una nuova Autorità per i trasporti, con l’affidamento all’Autorità per le comunicazioni di competenze in materia di servizi postali e all’Autorità per l’energia e il gas di competenze in materia di acqua. 

Vanno salutate con favore tali innovazioni che, in settori con prospettive progressive di liberalizzazione, allineano l’Italia ai Paesi più evoluti, ponendo al vertice della regolazione di settori che realizzano interessi di carattere generale Autorità tecniche e neutrali. Dovrà però essere chiarita in modo inequivocabile la sorte delle competenze residue su tali settori, oggi frammentate e distribuite tra diversi apparati dello Stato.

Nel settore finanziario, con la completa ripartizione delle competenze tra Banca d’Italia e Consob in base alla finalità della vigilanza, si realizza un’allocazione efficiente dei compiti, evitando potenziali conflittualità, duplicazioni di costi e, al contempo, garantendo pari dignità ad interessi generali, quali la stabilità e la trasparenza dei mercati.

L’art. 7 del d.d.l enuncia, per la prima volta senza incertezze, la piena adozione del modello per finalità: alla Consob competono gli aspetti relativi alla trasparenza del mercato e alla correttezza dei comportamenti; alla Banca d’Italia quelli relativi alla stabilità degli operatori e del sistema finanziario. Si supera così l’attuale modello fondato sulla divisione delle competenze tra molteplici Autorità, in ragione della materia o dei soggetti vigilati (intermediari finanziari, banche, assicurazioni, fondi comuni, fondi previdenziali). Il modello vigente ha denunciato lacune, debolezze e sovrapposizioni, percepite recentemente in modo più acuto, di fronte alle caratteristiche sempre più marcatamente finanziarie dei prodotti assicurativi e previdenziali e alla crescente importanza di gruppi finanziari che operano in modo integrato su tutti i segmenti del mercato.

In questo nuovo assetto, il d.d.l. prevede la soppressione di Isvap e Covip, le cui competenze saranno trasferite a Consob e Banca d’Italia sulla base del principio della suddivisione per finalità. 

Naturalmente, un modello di regolazione e vigilanza fondato su due Autorità che perseguono finalità - stabilità e correttezza – con forti elementi di interazione, necessita di un efficace sistema di coordinamento e collaborazione.

A questo fine, si è già aperta e si sta sviluppando una stagione di collaborazione tra Consob e Banca d’Italia  che ci vedrà, tra l’altro, impegnati – ed è la prima volta che accade - nell’elaborazione di un “regolamento unico”, come previsto dalla bozza di decreto legislativo delegato per l’attuazione della direttiva sui mercati e gli intermediari finanziari (MIFID)5. Per ridurre l’impatto sui soggetti vigilati e evitare duplicazioni di richieste, viene infatti previsto che le materie dell’organizzazione interna, della gestione dei conflitti di interesse e degli incentivi alla distribuzione – che rappresentano zone di confine dei due ambiti di competenze – saranno disciplinate da norme emanate congiuntamente dalle due Autorità.

Il nuovo assetto istituzionale prevede anche la soppressione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR)6 cui l’art. 2 del Testo unico bancario aveva attribuito “l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio”, e la sua sostituzione con un Comitato per la stabilità finanziaria, costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze. Il Comitato è composto dal Ministro dell’economia e delle finanze, che lo presiede, dal Governatore della Banca d’Italia e dal Presidente della Consob. Il Ministro può invitare a singole riunioni il Presidente dell’Antitrust, altri ministri e altri soggetti dei quali sia opportuna la consultazione.

Le competenze del Comitato, sulla base della disciplina proposta, fanno considerare il nuovo Organismo come una sede di raccordo e confronto per l’esame di questioni che interessano il mercato finanziario nel suo complesso.

Tale Comitato promuove, infatti, attraverso la collaborazione e lo scambio di informazioni, la stabilità finanziaria e la soluzione delle crisi delle società e dei gruppi bancari e finanziari che possono influire sull’intero sistema finanziario, nonché la collaborazione tra le Autorità competenti e tra queste e le Autorità dei paesi comunitari ed extracomunitari (art. 9 d.d.l.). 

Si crea, in tal modo, una sede nella quale è dato avere cognizione di indirizzi operativi che si intendono assumere e replicare forme di cooperazione che già sono previste dal quadro normativo vigente e dalla consolidata appartenenza alle reti istituzionali  europee ed internazionali, nel cui ambito però, è d’uopo segnalarlo, esistono vincoli relativi alla riservatezza delle informazioni scambiate. 

La norma pone anche un problema di coordinamento con l’art. 20, comma 2,  della legge sul risparmio (L. 28 dicembre 2005, n. 262) che prevede che Banca d'Italia, Consob, Isvap, Covip e Antitrust, “nel rispetto della reciproca indipendenza, individuano forme di coordinamento per l'esercizio delle competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d'intesa o l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento” e che le forme di coordinamento contemplino la riunione delle Autorità almeno una volta all’anno.

Tale previsione non è stata riprodotta nel d.d.l., per cui può sorgere il dubbio che la riunione annuale di coordinamento possa ritenersi in qualche modo sostituita dalle riunioni del Comitato per la stabilità finanziaria. In ogni caso, è necessario preservare il coordinamento tra Autorità basato su forme di cooperazione flessibili, che possano assumere modalità diverse in relazione alle esigenze autonomamente percepite dalle stesse Autorità.

Infatti, mentre il Comitato per la stabilità finanziaria ha una sfera di competenza predefinita dalla legge, nessun limite è attualmente previsto per le riunioni periodiche di cui alla l. 262/2005, sicché, senza una specifica precisazione, potrebbe alternativamente intendersi che la nuova disciplina si aggiunga o sostituisca quella preesistente.


 

4. Composizione, organizzazione e funzionamento delle Autorità (Capo IV)

4.1. La procedura di nomina

L’art. 16 disciplina la composizione del Collegio e le modalità di designazione e nomina.

Ogni Autorità è composta dal Presidente e da quattro membri, tutti nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta dei ministri competenti, al termine di apposita procedura che prevede il parere vincolante di una costituenda Commissione parlamentare bicamerale (di cui all’art. 21).

Condivisibile appare la scelta di affidare la nomina del Presidente e dei quattro membri al Governo, organo politico dotato di competenze tecniche adeguate alla conoscenza e alla valutazione di requisiti di professionalità e competenza su settori economici ad alto contenuto tecnico.

Particolarmente interessante, anche per il suo contenuto innovativo, è la disciplina della c.d. autocandidatura secondo cui “possono essere designati (. . .) soltanto soggetti che abbiano presentato la loro candidatura nell’ambito di una apposita procedura di sollecitazione pubblica avviata con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di un apposito bando predisposto dalla Presidenza del Consiglio”.

In proposito, se in linea di principio, appare condivisibile e apprezzabile la scelta di introdurre una procedura di sollecitazione pubblica della candidatura, in quanto aumenta il grado di trasparenza delle nomine, può fondatamente dubitarsi che tale procedura, ove costituisca la sola via di accesso per entrare a far parte degli organi collegiali, porti sempre alle scelte migliori. Potrebbero infatti non essere valorizzate competenze e capacità presenti nel Paese, pur se particolarmente idonee, ma non disponibili, per vari motivi, a partecipare ad una selezione pubblica. Sembra perciò necessario che, se del caso, le scelte del Governo possano cadere anche su personalità diverse da quelle che hanno posto la loro candidatura, fermo restando, ovviamente, che anche per tali personalità resti la previsione delle ulteriori fasi della procedura di nomina (pubblicazione del curriculum, audizione delle persone designate e parere a maggioranza qualificata della Commissione parlamentare bicamerale).

L’esperienza degli ordinamenti più evoluti dimostra che le competenze e l’indipendenza sono requisiti sostanziali e non formali delle persone, che spesso ricorrono anche laddove le nomine sono affidate in via esclusiva a soggetti singoli. L’indipendenza e la competenza sono infatti elementi che possono essere riflessi nei curricula, ma la cui sostanza si realizza soprattutto nelle modalità del concreto operare dei singoli.

4.2 Regime di ineleggibilità e incompatibilità

L’art. 16 definisce anche i requisiti soggettivi e le cause di ineleggibilità e incompatibilità, nonché lo status dei componenti, impedendo il passaggio, prima che sia trascorso un anno, dalla carriera politica, da posizioni assunte in soggetti vigilati o, ancora, da altre Autorità indipendenti (disposizioni che non si applicano alla Banca d’Italia).

A tale proposito, il comma 4 dell’art. 16, laddove introduce il divieto di nomina per “coloro che sono stati titolari di organi di vertice di altra Autorità indipendente”, necessiterebbe di una migliore, più precisa formulazione, in modo da chiarire se il divieto abbia carattere assoluto ovvero duri solo per un anno, analogamente a quanto stabilito per le ipotesi di incompatibilità previste nella prima parte dello stesso comma.

Sono altresì introdotte regole sulle incompatibilità successive alla cessazione del mandato (art. 16, comma 6). Nell’anno successivo alla scadenza del mandato, i componenti del collegio non possono intrattenere rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego o esercitare funzioni societarie in imprese nei cui confronti sono state adottate misure regolatorie specifiche o aperte istruttorie di vigilanza. 

Nel caso della Consob, ma non solo, considerato l’ampio spettro dei soggetti vigilati, esteso a quasi tutti gli operatori economici del Paese, i divieti previsti potrebbero costituire un serio deterrente alla candidatura di soggetti - specie se provenienti dal mercato – pur caratterizzati da requisiti particolarmente adatti alla carica.

Occorrerebbe forse immaginare, quanto meno per Consob e Antitrust, una disciplina che tenga conto delle caratteristiche professionali del soggetto investito del mandato e quindi della possibilità di un suo corretto reinserimento nel settore di provenienza (altrimenti, la previsione normativa proposta potrebbe privilegiare di fatto coloro che provengono dalla Magistratura o dall’Università).

Risulta, inoltre, indeterminato l’intervallo temporale entro il quale sono stati adottati gli interventi (adozione di misure regolatorie specifiche o apertura di istruttorie di vigilanza) ostativi all’assunzione di rapporti di collaborazione o di impiego da parte dei soggetti interessati nell’anno successivo alla cessazione dall’incarico, intervallo che potrebbe, al limite essere riferito all’intero settennio di svolgimento del mandato presso l’Autorità.

Per temperare la portata interdittiva della disposizione si potrebbe introdurre un limite temporale riferito agli ultimi due anni o all’ultimo anno di mandato.

4.3 La durata del mandato

Sempre il comma 4 dell’art. 16 dispone che l’incarico duri per i componenti delle Autorità indipendenti sette anni non rinnovabili.

Al tempo stesso l’art. 16, comma 10, dello schema di d.d.l., nella parte in cui dispone che “le disposizioni del presente articolo trovano applicazione alle nomine successive alla data di entrata in vigore della presente legge”, pone un problema interpretativo in tema di durata degli incarichi presso le Autorità nelle quali il mandato è oggi previsto in cinque anni rinnovabili per altri cinque. Tale disposizione, infatti, così come formulata, potrebbe legittimamente far ritenere che, con riferimento a quelle Autorità (come la Consob) per le quali la legge prevede un mandato quinquennale rinnovabile una sola volta, possa ancora trovare applicazione l’istituto del rinnovo e che, quindi, ad esempio, un componente di recente nomina possa legittimamente venire confermato per ulteriori cinque anni al termine del primo mandato quinquennale.

Tenendo anche conto delle differenze attualmente presenti nella durata degli incarichi presso le diverse Autorità, per assicurare uniformità di trattamento agli incarichi in corso, si renderebbe opportuno prevedere, con una norma di carattere transitorio, che gli attuali incarichi, di durata quinquennale siano prorogati, ope legis, a sette anni.

Occorre, difatti, tenere presente la legittima aspettativa di chi, essendo stato nominato per cinque anni, ha accettato la nomina non escludendo la possibilità di un rinnovo.

4.4 La revoca dei componenti

Per quanto riguarda il potere di revoca dei componenti da parte del Consiglio dei Ministri e su proposta del Presidente del Consiglio (art. 16, comma 57) - che da più parti è visto con sospetto perché atto a incidere sulla piena indipendenza delle Autorità - si osserva che tale potere è previsto per la Consob solo in caso di impossibilità di funzionamento o di continuata inattività dell’organo.

In linea con tale previsione, la revoca potrebbe essere prevista nei casi di impossibilità di funzionamento o di continuata (e non prolungata) inattività e lo scioglimento dell’organo potrebbe essere disposto, come previsto, previo parere favorevole espresso a maggioranza di due terzi dei componenti la Commissione parlamentare bicamerale.

4.5 L’organizzazione e il funzionamento delle Autorità

Il successivo art. 17 delinea l’organizzazione delle Autorità, prescrivendone l’autonomia organizzativa, contabile e amministrativa. 

Ricordo che, per la Consob, è ancora vigente, quasi a memoria storica, una norma del 1974 (art. 1, comma 9, L. 216/74) che prevede che i regolamenti in materia di organizzazione e funzionamento, personale e contabilità vengano sottoposti al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, sentito il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ne verifica la legittimità e li rende esecutivi apponendovi il proprio visto. Tale norma verrebbe opportunamente abrogata dal d.d.l. in esame.

Solo per le deliberazioni delle Autorità concernenti il finanziamento a carico degli operatori e del mercato, il d.d.l. prevede  (comma 5 dell’art. 17), che esse “sono sottoposte al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, per l’approvazione con proprio decreto entro venti giorni dal ricevimento”. L’obiettivo di rafforzare le garanzia di legittimità e la coerenza generale di un meccanismo impositivo capace di incidere sulle dinamiche generali del mercato sembra trovare ragioni che non influiscono in maniera diretta sul principio di autonomia, ma lo rendono compatibile con gli interessi più generali del Paese.

Una volta affermata, in via di principio, l’autonomia organizzativa delle Autorità, il d.d.l. contempla anche disposizioni molto specifiche (come la circostanza che il Segretario Generale debba provenire dalla carriera interna8) che riducono i margini di auto-organizzazione delle Autorità. L’obiettivo di una standardizzazione organizzativa non sembra trovare adeguata giustificazione in particolari benefici per il mercato e potrebbe in qualche caso produrre difficoltà, stante l’esigenza che ogni Autorità possa dotarsi, specie per posizioni di vertice, degli elementi più idonei anche attingendo da organismi internazionali di primaria rilevanza.

Al contrario, ben giustificata dal beneficio del rafforzamento dell’imparzialità nell’assunzione di decisioni sanzionatorie è la previsione di separatezza, già contemplata dalla legge sul risparmio, “tra funzioni istruttorie degli Uffici e funzioni decisorie del Collegio”. Analogamente, maggiore capacità decisionale strategica dell’organo collegiale è assicurata dalla previsione di una separazione tra le funzioni di indirizzo e controllo del Collegio ed i compiti gestionali dell’amministrazione al cui vertice è preposto il Segretario generale. 

In alcuni importanti ordinamenti europei, il principio di separatezza per i procedimenti sanzionatori si è spinto fino al punto di affidare le competenze sanzionatorie a comitati interni all’Autorità, ma composti in tutto o in parte da personalità che non appartengono ad essa.

Ad esempio, in Francia, l’AMF (Autorité des Marchés Financiers) può irrogare sanzioni amministrative pecuniarie esclusivamente attraverso una “Commissione per le sanzioni” separata dal Collegio e composta da 12 membri: 2 Consiglieri di Stato, 2 giudici di Cassazione, 6 esperti del mercato nominati dal Ministro delle Finanze, sentite le associazioni di categoria e 2 rappresentanti dei lavoratori dell’industria finanziaria, nominati dal Ministro delle Finanze, sentiti i sindacati e le associazioni dei lavoratori.

Anche nel Regno Unito, la FSA (Financial Securities Authority) adotta azioni disciplinari e sanzionatorie attraverso un apposito comitato (Regulatory Decision Committee) nominato dal Consiglio dell’Autorità (Board), il cui presidente è dipendente dell’Autorità, mentre gli altri  17 membri sono scelti tra professionisti del mercato.

La Consob, che ha attivato la prevista distinzione tra funzioni istruttorie degli uffici e funzioni decisorie del collegio, ha in corso una riflessione circa l’ipotesi di costituzione di un comitato/commissione competente ad irrogare le sanzioni, in analogia con le riferite esperienze estere.

Il d.d.l. stabilisce che l’organico del personale è quello definito dalla legge, con la possibilità, sulla base della rilevazione dei carichi di lavoro e nei limiti posti dagli stanziamenti di bilancio, di discostarsi in misura non superiore al 10 per cento. Le Autorità possono avvalersi, entro la misura di un ventesimo della dotazione organica, di personale di altre amministrazioni in posizione di comando, fuori ruolo e aspettativa. 

Dubbi interpretativi potrebbero sussistere, quantomeno per la Consob, in relazione alla applicazione dell’art. 17, comma 6, del d.d.l. che disciplina la determinazione dell’organico definitivo del personale di ruolo. Infatti, pur essendo previsto dall’art. 15, comma 2, che “ restano ferme, in quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente capo, le discipline relative alle singole Autorità istituite con precedenti leggi”, potrebbe sostenersi che sia stata abrogata la vigente disciplina dell’organico del personale di ruolo della Consob contenuta nella legge istitutiva (L. 216/74), come successivamente integrata e modificata, e, da ultimo, nell’art. 28 della L. 262/05, secondo il quale “al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla presente legge, può essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni”.

Si ritiene, pertanto, opportuno richiamare espressamente per le Autorità esistenti la disciplina ad esse applicabile in base alla legislazione vigente in materia di determinazione della pianta organica che, per quanto riguarda la Consob, migliora decisamente la possibilità di fronteggiare adeguatamente l’attribuzione di nuovi compiti, peraltro molto consistenti e impegnativi.

Analogo richiamo alla legge istitutiva occorrerebbe fare anche in relazione al trattamento giuridico ed economico del personale e delle carriere. Per la Consob, ad esempio, tale trattamento è oggi stabilito con regolamento “in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d’Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze organizzative della Commissione” (art. 2, comma 3, L. 216/1974). Si tratta di una disciplina che nel corso degli anni ha dato certezza in ordine agli istituti normativi ed economici disciplinanti i rapporti di lavoro e che trova giustificazione nell’omogeneità dei compiti di vigilanza attribuiti alle due Autorità.

In ogni caso, anche in materia di personale e retributiva, occorre assicurare un certo margine di flessibilità che, sulla base di motivazioni trasparenti, consenta alle Autorità di non perdere la competizione con il mercato nel reclutamento delle persone dotate di maggiori capacità e preparazione; peraltro, ho avuto più volte occasione di segnalare che frequenti sono stati i casi di personale esperto che ha lasciato l’Autorità attratto da retribuzioni particolarmente consistenti.

L’art. 18 del d.d.l. introduce principi relativi agli atti regolamentari e generali delle Autorità. Tali principi devono essere recepiti in appositi regolamenti delle singole Autorità, nei quali devono essere indicati anche i casi di necessità ed urgenza che ne consentono la deroga, e prevedono la motivazione delle scelte di regolazione adottate e l’illustrazione delle conseguenze della regolamentazione sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi dei risparmiatori ed investitori. La Consob, in occasione della riforma organizzativa in corso, ha già istituito un’unità organizzativa ad hoc che si occuperà dell’impatto economico delle regole.

Infine, viene prescritta la consultazione degli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati e degli investitori e la revisione periodica, almeno triennale, delle regole. La dialettica tra regolatori e partecipanti al mercato nella fase di elaborazione di nuove norme è ormai prassi consolidata di molte Autorità e, tra esse, della Consob.

Per quanto riguarda il finanziamento, il regime vigente prevede per la Consob un sistema misto, parte a carico del bilancio dello Stato e parte a carico del mercato. Per il 2007 non ci sono stati impatti sul gettito contributivo a carico del mercato, che è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, pur in presenza di una riduzione del trasferimento statale di circa due milioni di euro. 

Un sistema di finanziamento misto trova riscontro nelle funzioni svolte: la quota a carico del bilancio dello Stato è infatti posta a fronte del beneficio che l’intera collettività trae dal complesso delle attività svolte, mentre la quota di contribuzione a carico del mercato fornisce copertura ai costi che l’Autorità sostiene per svolgere l’attività di vigilanza sulle diverse categorie di soggetti operanti nell’ordinamento mobiliare. Il mantenimento del sistema misto, che pur negli anni ha visto una progressiva, sensibile riduzione del contributo a carico dello Stato, è coerente con il ruolo svolto nell’ordinamento.

E’ da condividere il previsto controllo sulla gestione finanziaria da parte della Corte dei Conti, peraltro già in essere per la Consob. Ritengo inoltre utile che, nelle Autorità che in tutto o in parte usufruiscono di finanziamenti da parte del mercato, sia anche presente un organo di controllo interno, quale potrebbe essere un “collegio di revisori” snello, la cui composizione potrebbe esser prevista nella stessa legge. 


 

5. I rapporti tra potere politico e Autorità indipendenti

Il d.d.l. introduce un collegamento istituzionale più articolato tra organi politici e Autorità indipendenti, che fino ad oggi è stato sostanzialmente affidato alle procedure di nomina previste nelle singole leggi istitutive e alla tradizionale trasmissione periodica al Parlamento di relazioni informative sull’attività svolta.

La ragione delle previste innovazioni può essere ricondotta all’esigenza di bilanciare la crescita di poteri normativi, di accertamento e sanzione affidati alle Autorità Indipendenti con procedure che rendano trasparente l’assunzione di responsabilità per le scelte assunte nello svolgimento delle funzioni di competenza. La collettività, attraverso i suoi rappresentanti istituzionali, deve essere nelle condizioni di operare una valutazione finale complessiva dell’operato delle Autorità (la c.d. accountability) .

Oltre alle procedure stabilite per la nomina dei componenti delle Autorità ed alle relazioni che, al termine di ogni anno, le Autorità devono presentare al Parlamento, il d.d.l. prevede un potere di alta vigilanza del Governo sulle Autorità e l’intervento della costituenda Commissione Bicamerale permanente per le politiche della concorrenza e i rapporti con le Autorità che rappresenterebbe l’interlocutore stabile nel Parlamento sia per le stesse Autorità che per l’Esecutivo.

La Commissione Bicamerale, che interverrebbe nella procedura di nomina con parere vincolante, nell’esame delle relazioni annuali, nella valutazione dei pareri e delle segnalazioni delle Autorità e delle “iniziative legislative e regolamentari di rilevanza strategica”, si affianca alle Commissioni permanenti delle due Camere, assumendo su di sé poteri che alcuni giudicano troppo concentrati.

In altre parole, vi sarebbe il rischio che tale Commissione diventi, da un lato, una sede di compensazione politica e dall’altro uno strumento attraverso il quale vengono forniti indirizzi all’Autorità, con potenziale compromissione della loro indipendenza, nonostante la necessaria precisazione che tale Commissione “non si occupa dei singoli casi sottoposti all’esame delle Autorità e non esprime giudizi tecnici sulle singole questioni” (Art. 21, comma 3).

In via generale, si deve osservare che l’individuazione di un interlocutore parlamentare stabile può fornire un utile contributo alla dialettica istituzionale, ma che il miglior presidio dell’assunzione di responsabilità da parte delle Autorità indipendenti rimane la trasparenza del loro comportamento, dei loro procedimenti e del loro funzionamento, sottoposti al giudizio pubblico non solo delle istituzioni, ma anche degli operatori del mercato, nonché ovviamente alla tutela giurisdizionale ordinaria.

In questa luce, sono state espresse perplessità sulla norma del d.d.l. che fa salve, lasciandole indeterminate, le “funzioni di indirizzo generale e di alta vigilanza del Governo e dei Ministri” (art. 1, comma 3).

L’attribuzione di tali poteri all’Esecutivo, se esulasse dai limiti in cui essa è già prevista dalle leggi istitutive delle diverse Autorità, potrebbe essere considerata in grado di produrre riflessi sulla loro indipendenza. Analoghe considerazioni sono possibili a proposito dei casi di revoca dei componenti delle Autorità che, almeno per quanto riguarda la Consob, appaiono più ampi di quelli attualmente previsti dalla legge.

Al riguardo, la positiva esperienza nell’applicazione della norma che regola i rapporti della Consob con l’Esecutivo (art. 1, comma 12, della L. 216/74), che prevede che il Presidente dell’Autorità tenga informato il Ministro dell’economia sugli atti e sugli eventi di maggior rilievo e sugli atti regolamentari adottati (con successiva informativa al Parlamento da parte del Ministro, laddove tali atti o eventi siano rilevanti per il corretto funzionamento del mercato mobiliare), induce a considerare con cautela l’introduzione di un nuovo sistema che, peraltro, presenta il rischio di essere considerato – magari solo potenzialmente -lesivo dell’indipendenza dell’Autorità.

E’ utile ricordare che i Principi internazionali posti dall’IOSCO (International Organization of Securities Commissions) prevedono che le Autorità di vigilanza competenti esercitino le proprie funzioni in un contesto di indipendenza anche operativa, che potrebbe essere considerato non in linea con l’attribuzione di poteri di alta vigilanza e di indirizzo agli organi di Governo. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale nei suoi programmi periodici di valutazione degli ordinamenti finanziari dei diversi Paesi considera con attenzione l’autonomia e l’indipendenza delle Autorità nella realizzazione di programmi di vigilanza sul rispetto delle regole da parte di tutti gli attori del mercato nonché nell’irrogazione delle conseguenti sanzioni.

Potrebbe quindi essere opportuno che, con norma espressa, si sancisca il principio di piena indipendenza delle Autorità.

Un’ultima annotazione merita l’art. 20, in base al quale le Autorità indipendenti “riferiscono al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti presentando una relazione annuale alla Commissione di cui all’art. 21 (. . .)”.

Va osservato che attualmente, in forza dell’art. 1, comma 13, della L.216/74, la Consob invia entro il 31 marzo di ciascun anno al Ministro dell’economia una relazione che, non solo illustra l’attività svolta, ma descrive anche le questioni in corso e le linee programmatiche che intende seguire. Il Ministro, a sua volta, invia al Parlamento la relazione entro il 31 maggio, con proprie valutazioni.

Tale sistema appare realizzare un circuito informativo tra le istituzioni più articolato, contemplando anche l’esposizione delle principali questioni in corso e degli indirizzi strategici dell’Autorità, e più coerente con l’architettura istituzionale generale, consentendo al Parlamento di ricevere insieme alla relazione tecnica dell’Autorità le valutazioni di natura più politica del Ministro competente per materia.

Va rilevato inoltre che sembra senz’altro preferibile  l’intervento dell’Esecutivo nel momento della valutazione dell’operato complessivo delle Autorità alla luce dei più generali indirizzi di politica economica, piuttosto che, come prefigurato dal d.d.l., nel continuum dell’esercizio dei compiti di vigilanza, o addirittura in caso di crisi di singole società o gruppi bancari e finanziari. 

Infine, è utile ricordare che, in passato, era stato ipotizzato un sistema, meritevole di attenzione, che mirava a ricondurre ad unità tutte le relazioni presentate dalle singole Autorità sulle attività svolte, rilevando gli elementi di raccordo e le eventuali distonie, mediante un esame congiunto degli atti, dal quale sarebbe potuto derivare un documento in cui “si potrebbero profilare anche gli indirizzi di politica intersettoriale volti a dare un indirizzo comune alle singole autorità” e “volti appunto al bilanciamento di diversi valori; tali indirizzi avrebbero come destinatarie più autorità e non una sola, evitando così il rischio di ingerenza nell’attività delle singole autorità che potrebbe verificarsi in caso di definizione di specifici indirizzi rivolti a ciascuna autorità”9.

E’ peraltro da considerare con massimo apprezzamento la facoltà delle Commissioni parlamentari di chiamare in audizione i rappresentanti delle Autorità per ascoltare il loro parere su atti normativi in corso di esame.

 

 


NOTE

1 In data 19 gennaio 1999 la Commissione I (Affari costituzionali) della Camera dei deputati nel corso
della XIII legislatura ha deliberato una “Indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti”;
indagine terminata  il 4 aprile 2000 con la presentazione di un apposito Documento conclusivo.
Il 5 novembre 2001 l’on. Frattini, all’epoca Ministro per la Funzione Pubblica, istituì la “Commissione
per la razionalizzazione e la semplificazione della disciplina delle Autorità Indipendenti e delle Agenzie
di settore”. La Commissione, presieduta dallo stesso Ministro per la Funzione Pubblica, fu da me
coordinata.
Nella XIV Legislatura, tra Camera e Senato, sono stati ben 5 i progetti di legge:
- proposta di legge n. 121 d’iniziativa dell’on.le Bielli concernente “Disciplina delle Autorità indipendenti”. Presentata il 30 maggio 2001;

- proposta di legge n. 2052 d’iniziativa degli on.li E. Letta, Pinza ed altri concernente “Disposizioni in materia di Autorità indipendenti” (presentata il 29 novembre 2001 e il cui contenuto è identico a quello del d.d.l. n. 956 d’iniziativa dei Sen.ri Amato, Mancino presentato al Senato);

- proposta di legge n. 2224 d’iniziativa degli on.li Tabacci ed altri concernente “Nuove norme in materia di Autorità di garanzia, regolazione e vigilanza”. Presentata il 24 gennaio 2002;

- disegno di legge n. 956 d’iniziativa dei Sen.ri Amato, Mancino ed altri concernente “Disposizioni in materia di Autorità indipendenti”. Presentato l’11 dicembre 2001. Il contenuto delle disposizioni è identico alla p.d.l. n. 2052 d’iniziativa degli on.li Letta e Pinza presentata alla Camera;

- disegno di legge n. 1250 d’iniziativa dei Sen.ri Angius ed altri concernente “Istituzione dell’Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi”. Presentato il 18 marzo 2002.

2 S. Cassese, Oltre lo Stato, 2006.
3 E’ stato detto in proposito “se una delle caratteristiche della formazione degli Stati, dal XV al XIX
secolo, è stata la progressiva concentrazione dei diritti negli Stati, questo processo di ‘assorbimento’
nello Stato è terminato ed è cominciato il processo opposto, di dispersione dei diritti su altre entità”
(S.Cassese, La crisi dello Stato, 2002).
4 La normazione europea in campo finanziario si è sviluppata dal 2001 secondo le linee tracciate nel rapporto Lamfalussy, concepite inizialmente per il mercato dei valori mobiliari e successivamente estese anche ai settori del credito e delle assicurazioni. Il rapporto Lamfalussy, con l’obiettivo di accelerare e favorire l’effettiva integrazione e armonizzazione nel settore finanziario, ha suggerito di strutturare la normativa europea secondo un modello “a cascata”, articolato su quattro livelli.

Al primo livello si collocano le direttive e i regolamenti, adottati secondo la procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento, destinati a contenere principi di carattere generale. Al secondo livello si collocano le direttive e i regolamenti adottati dalla Commissione Europea, con l’assistenza di appositi comitati, quali il Comitato che riunisce a livello europeo le Autorità di vigilanza del settore mobiliare (Committee of European Securities RegulatorsCesr) e il Comitato valori mobiliari in cui siedono i rappresentanti degli Stati membri (European Securities CommitteeEsc). Obiettivo delle norme di secondo livello è quello di stabilire regole di armonizzazione dettagliate, destinate a regolare uniformemente il comportamento dei diversi attori del mercato europeo.Il sistema è poi completato dalle norme di terzo livello, ovvero dagli standard adottati dai Comitati che riuniscono le Autorità di vigilanza (quali il Cesr) per favorire l’attuazione coordinata della normativa e, soprattutto, la convergenza delle prassi operative di vigilanza. Al quarto livello si pone la verifica della Commissione Europea della tempestiva ed efficace attuazione delle disposizioni comunitarie nelle normative nazionali.

5 La bozza di decreto delegato è stata pubblicata dal Ministero dell’economia e delle finanze sul proprio sito Internet per la consultazione del mercato.

6 Il CICR è stato istituito nel dopoguerra con il D.L. C.p.S. 17 luglio 1947, n. 691.

7 Art. 16, comma 5: “In  caso di gravi e persistenti violazioni della legge istitutiva, di impossibilità di funzionamento e di prolungata inattività, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, può deliberare, previo parere favorevole espresso a maggioranza di due terzi dei componenti della Commissione parlamentare di cui all’articolo 21, la revoca motivata del Collegio, che viene disposta con decreto del Presidente della Repubblica”.

8 Il Segretario generale deve essere nominato dal Collegio, su proposta del Presidente, tra i dirigenti in servizio presso le Autorità da almeno due anni. Il Capo di gabinetto invece, ove istituito su autonoma scelta delle Autorità, è organo fiduciario del Collegio ed è preposto ai rapporti del Collegio con gli  uffici e i servizi e alle relazioni esterne di carattere istituzionale. Tra le sue funzioni rientra anche quella di segretario del Collegio stesso. 

9 Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti, approvato dalla Commissione affari costituzionali della Camera il 4 aprile 2000.