Da byoblu.com - 9 giugno 2012 Il
funzionario oscuro che faceva paura a Kohl
Il
funzionario oscuro che faceva paura a Kohl Alla fine degli anni '70 l'Italia aveva
superato l'Inghilterra, e nessuno 30 anni prima poteva immaginare un
risultato del genere. Aveva quasi appaiato la Francia e stava minacciando la
Germania. E' in quella situazione che si stabilisce, in Europa, l'accordo per
i cambi fissi. Che cosa significa? I singoli stati sono responsabili della propria
bilancia dei pagamenti, cioè di fronte a un disavanzo commerciale non
possono svalutare la propria moneta perché si sono impegnati con i
cambi fissi e quindi devono offrire questi titoli ad alto tasso di interesse.
Ma far crescere i tassi di interesse non è ininfluente per l'economia,
per cui si crea un meccanismo per cui gli stati più forti, che
esportano di più, non tenuti a rivalutare la propria moneta, diventano
ancora più forti e quindi si abbassano i loro tassi di interesse,
fanno più investimenti in tecnologia, sono più competitivi e
ricominciano a esportare di più. Invece gli stati deboli, per
compensare le importazioni nette, devono emettere titoli e far crescere i
tassi di interesse, ma l'aumento dei tassi di interesse determina un accorciamento
dell'orizzonte delle imprese e quindi minori prospettive di occupazione per i
giovani. Nel 1982/83 io ero funzionario del
Ministero del Bilancio e feci uno studio. Lo feci vedere al Ministro,
facendogli presente che questo sistema avrebbe rovinato il Paese
perché il debito pubblico, nel giro di 5/6 anni, avrebbe superato il
prodotto interno lordo, e la disoccupazione giovanile avrebbe superato il
50%. Ne parlai anche col Ministro del Tesoro, che era Beniamino Andreatta, e
con alcuni dell'ufficio studi della Banca d'Italia. Tutti quanti concordarono
sul fatto che la mia analisi era esagerata e che non era possibile che il
debito pubblico superasse il PIL, perché allora il sistema sarebbe
saltato. E io dissi: "scusate, se il debito è un fondo e il PIL
è un flusso, non c'è nessun problema! Se io oggi, per farvi un
esempio, con 50mila euro di reddito della mia famiglia vado a chiedere un
prestito di 200, 250mila euro alla banca, me lo danno. Quindi anche un
rapporto di 4/5 volte rispetto al PIL è sostenibile. Se è
sostenibile per una famiglia, che tutto sommato non ha la forza di uno Stato,
perché uno Stato, se supera il 100% del PIL, dovrebbe vivere
chissà quali catastrofi?". Allora dissero che le preoccupazioni
sulla disoccupazione giovanile erano esagerate... Insomma: litigammo, me ne
andrai dall'amministrazione e andai a fare altri lavori. Nel 1989 ebbi uno scambio con l'allora
incaricato Presidente del Consiglio che era Giulio Andreotti, il quale mi
disse: "Dobbiamo cambiare l'economia italiana perché così
non può andare avanti, ci dia una mano". Io mi misi a
disposizione e mi fecero incontrare con il suo braccio destro il quale, come
è noto, mi chiese: "Che cosa devo fare per cambiare l'economia di
questo Paese?". Dissi: "Guardi, lei si faccia nominare dal prossimo
Governo al Ministero del Bilancio e mi metta in mano tutta la struttura. Al
resto ci penso io". Poi me ne andai, pensando insomma che non sarebbe
successo niente. E invece mi chiamò, dopo qualche settimana, e mi
disse: "Guardi, sono Ministro del Bilancio" e mi mise a capo di
tutta la struttura. Per cui io, nell'autunno del 1989 cominciai a cambiare
l'economia di questo Paese. Nel senso perlomeno di rallentare il processo
dell'Europa. Poi io ho avuto la buona scuola di Federico Caffè... non
ero un euroscettico, però non ero neanche un euroestremista.
Insomma, pensavo che l'Italia dovesse anche guardare all'Europa, ma con i
suoi tempi, le sue caratteristiche, le sue peculiarità, per cercare di
recuperare un po' di sovranità monetaria etc. In effetti io lì lavorai due o
tre mesi e poi successe l'inferno. Arrivarono al Ministro del Tesoro, Giulio Carli, telefonate dalla Banca d'Italia, dalla Fondazione
Agnelli, dalla Confindusitra e, nientedimeno, da un
certo Helmut Kohl, il quale era venuto a sapere che c'era questo oscuro
funzionario del Ministero del Bilancio che stava cambiando le carte degli
accordi. Nel frattempo, però, lo stesso Andreotti stava cambiando
idea. Quando mi chiamò, nell'estate dell'89, volevano cambiare. Non
volevano fare quello che poi fu fatto. Lui stesso andava in giro dicendo che
le rivendicazioni della Germania erano una sciocchezza. Dopo qualche mese ci
fu l'accordo tra Kohl e Mitterrand in cui Kohl, in cambio dell'appoggio di
Mitterrand per la riunificazione tedesca, rinunciava al marco e quindi
accettava la prospettiva dell'euro, accettava cioè di arrivare a una
moneta comune che proteggesse la Francia. Ma quest'accordo prevedeva anche la
deindustrializzazione dell'Italia. Perché se l'Italia si manteneva
così forte dal punto di vista produttivo - industriale, quell'accordo
tra Kohl e Mitterrand sarebbe rimasto un accordo così, per modo di
dire. C'erano fondamentalmente, contro la spesa pubblica, contro la classe politica del tempo, contro la sovranità monetaria - per quello che comporta - due correnti. Una era interessata soprattutto ai grandi business delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni. Hanno guadagnato distruggendo l'industria pubblica: c'erano aziende che venivano vendute al loro valore di magazzino, e quindi come andavano in borsa ovviamente alzavano la loro quotazione. Poi c'erano gli altri, che erano magari in buona fede, cioè avevano l'obiettivo di moralizzare il Paese. In entrambi i casi la contropartita è stata negativa: abbiamo perso quel'abbrivio strategico che avevamo nell'ambito della nostra industria. Quindi in sostanza la nostra classe dirigente ha accettato una prospettiva di deindustrializzazione del nostro Paese. |