HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli
Documentazione Inserito il 10-7-2007 |
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Analisi,
valutazioni e proposte alla luce delle recenti fusioni. di Mauro Novelli Audizione
Commissione Finanze del Senato del 27-6-2007 INDICE B) Sistema bancario. Dati
di bilancio. (2001-2005 in attesa dei dati 2006). 2 Il Corriere Economia
25-6-20074 Banche più ricche,
grazie alle famiglie Il 42% dei margini dalle commissioni su prestiti,
servizi, prodotti finanziari. E dalla forbice dei tassi. 4 C) Concorrenza impossibile nel sistema bancario italiano. 5 E) Gli impegni per il
legislatore8 A) Alcuni dati quantitativiA partire dagli
anni ‘90, il numero delle banche operative sul territorio nazionale è
costantemente sceso fino a raggiungere, nel 2004, il livello più basso
con 778 unità. Nel 2005 e nel 2006 assistiamo ad un nuovo incremento:
al 31-12-2006 il sistema contava 792 aziende operative. I comuni serviti
da banche sono passati, in un anno, dai 5.924 del 2005 ai 5.918 del 2006. In costante aumento
gli sportelli bancari: dalla liberalizzazione di Guido Carli sono aumentati
di circa 10 mila unità. A fine 2006 erano operativi 32.333 sportelli.
A fine anno
2006, i dipendenti bancari erano pari a 338.540 unità, con un
incremento di 2.025 dal dicembre 2007. Si valuta nel 6
per cento l’esubero di sistema cui dover far fronte. A seguito della fusione,
Intesa-SanPaolo parli di una azione che coinvolge circa 6.700 dipendenti su
circa 100.000. Il
sovrappiù di personale è quindi un problema di sistema: la
fusione o l’incorporazione è solo una occasione per porre il problema
sul tavolo. I dati ricavati dalle
pubblicazioni di Bankitalia offrono eccellenti valutazioni quantitative. Riportiamo di seguito una comparazione tra
voci di bilancio del 2001 e del 2005. [Restiamo in attesa dei dati 2006 sul
conto economico di sistema]. Diminuiscono gli
interessi pagati dalla clientela (- 9,03%) sui conti affidati, ma declinano
più velocemente quelli riconosciuti dalla banca ai depositanti (-23,07
%): ormai siamo allo 0,01 per cento. Nel complesso il “margine di interesse”
cresce del 10,89 per cento, passando da 36,411 miliardi di euro del Quanto ai
proventi dell’intermediazione,
crollano del 61.65 per cento i ricavi da negoziazione (titoli ecc.) anche a
seguito dei bagni causati dai consigli “professionali” circa gli investimenti
in bond (Parmalat, Argentina, Cirio, Giacomelli, Finmek, Finmatica ecc.),
mentre aumentano i ricavi dall’utilizzo da parte della clientela dei servizi
offerti (+ 10,5 per cento). B) Sistema bancario. Dati di bilancio. (2001-2005 in attesa dei dati 2006).Il supplemento
al Bollettino statistico della Banca d’Italia (“Istituti finanziari e
monetari: banche e fondi comuni monetari”) riporta il conto economico del
settore bancario. In particolare, il n° 47/2002 (agosto 2002) ed il n°
55/2006 (ottobre 2006) ci permettono di valutare l’andamento del conto
economico delle banche dal 2001 al 2005. Non meraviglia
l’andamento dell’utile netto: dal 2001 al 2005 è aumentato del 46,45
per cento, passando da A conferma della
buona salute, il dato relativo ai dividendi distribuiti: 7,439 miliardi
riconosciuti agli azionisti di aziende bancarie nel 2001, schizzati a 12,290
miliardi nel 2005 (+ 65,21 per cento). La tabella che
segue riporta i dati appena commentati. Utile del
settore creditizio (2001-2005) (miliardi di euro) (Fonte Bankitalia)
Nel complesso, il “margine di intermediazione” cresce del
6,32 per cento, passando dai 69,570 miliardi di euro del 2001, ai 73,965
miliardi del 2005. Restiamo in attesa dei dati quantitativi del 2006
relativi al conto economico del settore. Comunque, gli utili 2006 delle
aziende bancarie si aggirano attorno ai 18 miliardi di euro (circa 35 mila
miliardi di vecchie lire). Riportiamo le
valutazioni del Governatore Draghi sull’andamento del 2006. I conti economici (Pag. 197
della Relazione del 31-5-2007) […] Nel 2006 il margine di interesse è aumentato del 10,4 per
cento (tav. 14.5). Tale andamento è riconducibile alla forte
espansione dei fondi intermediati; il diff esenziale tra il rendimento
unitario dei prestiti e il costo medio della raccolta è rimasto
sostanzialmente stabile, a 1,9 punti percentuali. […] I ricavi da servizi sono aumentati del 5,2 per cento. La
crescita è ascrivibile sia alle commissioni percepite sulla vendita di
prodotti di imprese assicurative, SIM e SGR, sia, in misura minore,
all’incremento delle commissioni di incasso e pagamento. I ricavi derivanti
dalla gestione professionale del risparmio sono diminuiti. Il risultato netto dell’attività di negoziazione sui
titoli in portafoglio è più che raddoppiato. […] Le spese per il personale sono aumentate dell’8,1 per cento; al
netto degli oneri sostenuti per la cessazione anticipata dei rapporti di
lavoro e dei compensi percepiti dagli amministratori, l’incremento è
stato del 5,2 per cento. Il numero dei dipendenti bancari è aumentato,
in media d’anno, dello 0,6 per cento. […] Nel complesso i costi operativi sono aumentati del 7,3 per cento
e il risultato di gestione del 16,2 per cento. […] L’incidenza
retail sugli utili di bilancio è chiaramente evidenziata da una
indagine di Prometeia. Ne riportiamo una buona sintesi tratta dal Corriere
Economia del 25-6-2007. L’indagine
dimostra come, nonostante concentrazioni e fusioni, le condizioni dello
specifico mercato del credito non forniscano al versante della domanda
miglioramenti circa i costi dei servizi offerti: “Sono i risparmiatori a
generare la gran parte dei ricavi degli istituti di credito. Soprattutto con
prestiti e mutui, e con i conti correnti i cui rendimenti non vengono
adeguati alle variazioni dei tassi della Banca centrale europea.” E ancora:
“Saranno i debiti degli italiani ad alimentare i margini delle banche domani,
visto che i rendimenti dei conti sono a zero. Il Corriere Economia 25-6-2007Banche più ricche, grazie alle famiglie Il 42% dei margini dalle commissioni su prestiti, servizi, prodotti finanziari. E dalla forbice dei tassi.Conti & clienti In 10 anni gli utili sono decuplicati
ed è salito il peso dei risparmiatori, dice Prometeia: hanno portato
36 miliardi nel 2007 D a chi sono sostenute le banche in Italia? Dalle
famiglie. La tendenza è confermata. L'anno scorso e, si stima, anche
quest'anno, dice Prometeia, il margine di intermediazione delle banche
apportato dai clienti privati, le famiglie appunto, è stato del 41,9%:
il più alto degli ultimi 10 anni, fatto salvo il 2000 (43,4%). Vuol dire che il signor Rossi ha portato nelle casse delle
banche 35,8 miliardi di euro sui totali 85,6. È dal 1997 a oggi che
questo margine lordo continua a crescere: era al 37,1%. La coincidenza
è che in questo stesso decennio, rileva il Centro studi Abi su dati Bankitalia, il guadagno degli istituti di credito è
decuplicato: utile netto da 1,39 miliardi a 22,7 e Roe, l'indice di
redditività, dall'1,8% all'11,8%. Mentre i debiti delle famiglie salivano. In sette anni, dal '99 al dicembre scorso,
l'erogazione di mutui e credito al consumo è infatti triplicata: da 80
a 244 miliardi i primi, da 17,3 a 49,9 il secondo. Morale: se gli utili delle
banche sono tanto cresciuti è molto merito del signor Rossi, e dei
suoi prestiti, e dei suoi depositi. Certo,
l'utile e il Roe sono cresciuti anche "per la riduzione dei costi
operativi ? nota Gianfranco Torriero dell'Abi ?. Quanto ai privati, siamo
ancora indietro in Europa. Nella Ue l'attività bancaria retail
è il 2,5% del Pil, in Italia il 2%. E l'incremento sui margini
è dovuto all'aumento non delle commissioni, ma delle masse". Ma
il peso delle famiglie, risponde Chiara Fornasari di Prometeia, si è
innalzato nel 2006 e 2007 anche "a causa della differenza fra i tassi
dei depositi e i tassi di mercato. È la remunerazione del conto
corrente che sostiene i margini delle banche. E questo è molto
più rilevante in un momento come questo, quando i tassi si
alzano". Le banche, insomma, avranno anche "diminuito alcune
commissioni", come rilevano Prometeia e l'Abi, "ma hanno compensato
non adeguando i rendimenti". Non stupisce che ora le banche cerchino di
tenersi stretti i correntisti, come è dimostrato dall'ultima
iniziativa dell'Abi: mercoledì scorso
ha annunciato un
piano di autoregolamentazione
per il "miglioramento dei rapporti con la clientela". Tre punti verranno
esaminati nella prossima riunione, il 18 luglio: la mobilità della
clientela, l'introduzione dell'indice sintetico di costo per il conto
corrente e le informazioni, a ogni prelievo Bancomat, su quanto costa
l'operazione in banche diverse dalla propria. "Sono iniziative che
raccolgono le richieste dell'Antitrust, è un inizio di percorso “
commenta Giovanni Calabrò, responsabile Direzione credito
nell'Authority “. L'eliminazione degli ostacoli alla mobilità andrà
dettagliata, certo, ma l'indicatore sintetico di costo sui depositi è
utile ed è quello che avevamo chiesto". "È stata
definita la filosofia generale, anche in risposta al decreto Bersani e alle
indicazioni Antitrust “ conferma l'Abi. Il miglioramento delle relazioni diventa un caposaldo.
Coinvolgeremo Antitrust, Consob, Bankitalia e associazioni consumatori".
Per capire l'incidenza dei privati sui ricavi delle banche, si può
dare anche un'occhiata ai bilanci 2006 dei cinque big (senza fusioni).
Abbiamo chiesto di analizzarli a Prometeia. Ebbene, il retail,
l'attività al dettaglio cioè, da filiale, copre il 68,9% dei
ricavi in Banca Intesa; il 55,6% nel gruppo Montepaschi; il 49,5% e il 48,4%,
in Capitalia e al Sanpaolo. Solo in Unicredit scende a un terzo del totale, il
32,9% (ma il gruppo ha particolare attività con le imprese). Nel
bilancio di Banca Intesa, ad esempio, a proposito dell'incremento degli
interessi netti, si parla di "aumento" della "componente
attribuibile ai rapporti con la clientela", aumento sul quale
"hanno inciso gli andamenti positivi del comparto retail, sia in termini
di volumi che di spread", la forbice fra il tasso di riferimento e
quello applicato. Chiara Fornasari di Prometeia precisa che i dati raccolti
non sono sempre omogenei. Ma il messaggio è chiaro. E confermato dall'Abi,
che per la prima volta, quest'anno, ha scorporato i dati dei privati dal
sistema. Nei bilanci dei suoi 38 gruppi bancari, l'Abi stima che
l'attività con i privati pesi sul
margine d'intermediazione per
il 58 % (47 %
da retail e 11 % da gestione del risparmio): "in totale circa il 45%, tolte le piccole
imprese", dice Torriero. Un dato vicino al 41,9% di Prometeia. Raggiunto
nonostante la cattiva annata del risparmio gestito. "Abbiamo una
pressione dei privati sia sui finanziamenti sia sui conti
correnti", spiega Torriero. Il fenomeno del signor Rossi-stampella delle
banche, insomma, è stato sostenuto finora dallo squilibrio dei tassi e
lo sarà sempre di più da mutui, prestiti e fidi: quella che Fornasari
chiama "la gestione del passivo delle famiglie". Saranno i debiti
degli italiani ad alimentare i margini delle banche domani, visto che i
rendimenti dei conti sono a zero. Se dura. Nel 2008-2009, prevede Prometeia,
i margini da privati cominceranno a scendere: 39,6% e 38,7%. Concorrenza o
clienti in fuga? C)
Concorrenza impossibile nel sistema
bancario italiano A differenza del
settore dei prodotti di consumo, la cui qualità può essere
conosciuta dal consumatore (per esperienza o informazione), il settore dei
servizi (come quello bancario, finanziario, assicurativo ecc.) ha una
difficoltà aggiuntiva per la formazione della volontà del
potenziale utente: la loro qualità è verificabile solo a
posteriori, non potendosi garantire ferrei standard finali dei servizi
erogati. In molti settori del terziario, quindi, all’utente resta solo un
elemento oggettivo su cui puntare – a parità di condizioni di incertezza sulla
qualità – per la scelta: il prezzo del servizio. Il settore
bancario italiano ha una peculiarità, forse unica nel mondo
occidentale: i prezzi imposti ai servizi offerti non sono assolutamente noti,
nel senso che quelli definiti in un certo istante (ad esempio all’atto
dell’apertura del conto), possono cambiare all’istante successivo. Possiamo
dire che il listino prezzi stilato dalle banche è “orientativo ed in
evoluzione”, di valenza temporale indefinita, non soggetto ad alcuna
limitazione mercantile. Per fare un
parallelo illuminante, è come se, entrati in un negozio per l’acquisto
di un prodotto esposto in vetrina ad un certo prezzo, al momento di pagare
alla cassa, ci sentissimo dire che il prezzo è nel frattempo
aumentato. Il dramma tutto italico deriva dal fatto che il legislatore stesso
(dal 1992 ad oggi) ha dettato una normativa che impone al versante della
domanda queste caratteristiche di privilegio garantite all’offerta. L’Antitrust sta
monitorando i prezzi dei servizi del credito imposti dalle banche: iniziativa
encomiabile e da supportare con ogni mezzo. Purché non ci si limiti a
fotografarne i livelli; purché cioè si chiarisca che le storture di
mercato non derivano esclusivamente
dall’altezza
insopportabile dei costi
per l’utenza bancaria: la violenza giuridica e mercantile è
data dal fatto che la definizione
dei prezzi imposti dalle banche non soggiace ad alcuna
regola produttiva, non è dettata da alcun piano industriale, ma
è funzione diretta della
volontà di aumentare i guadagni e/o (si vedano le iniziative
della BPI di Fiorani) mitigare gli
effetti di iniziative finanziarie fallimentari e/o costituire fondi per
mantenere promesse a clienti privilegiati e/o predisporre
disponibilità agilmente gestibili per iniziative impresentabili ecc.
In tale situazione, l’utenza non potrà decidere liberamente i suoi
“acquisti” perché non è messa in grado di conoscerne il prezzo. E’ ad
essa impedito di procedere ad una comparazione – tra varie opzioni - di onerosità finanziaria del
contratto, anche temporale. In altri termini, così come stanno le
cose, è impossibile solo parlare di concorrenza nel settore creditizio
italiano. Senza considerare la
penosità imposta nel superamento dell’ultimo baluardo (spese di
trasferimento titoli) costruito dalle banca per evitare l’ ”evasione” del
cliente. A questa
particolare mancanza di
trasparenza dell’offerta, si
accompagna la tendenza del
sistema (sponsorizzata da banca d’Italia e Abi) a “privilegiare la stabilità
complessiva contro la competizione interaziendale”. Si consideri inoltre che la possibilità per le
banche di offrire servizi assicurativi genera un accostamento al settore delle
assicurazioni più che una competizione. Riportiamo un
passo della Presentazione (26-5-2007) della
Relazione annuale Antitrust del Presidente Catricalà: […] Un anno di competenza nel settore bancario L’attività delle banche tende a diversificarsi,
mediante l’offerta che comprende i tradizionali servizi, la domiciliazione
delle fatture, gli investimenti, il risparmio gestito, i servizi assicurativi.
Questa realtà dipende dall’evoluzione tecnologica, dallo sviluppo dei
mercati, da una domanda sempre più sofisticata. In un’ottica antitrust
ciò conduce a valutare le dinamiche concorrenziali con riferimento ai
distinti mercati rilevanti. Il criterio di fondo che ispira la valutazione
dell’Autorità è di consentire la nascita di imprese bancarie di
dimensioni consistenti per essere efficienti e competitive. La restrizione della
concorrenza è rilevata quando si dimostra che l’entità
risultante dalla concentrazione acquisterebbe un potere di mercato tale da
pregiudicare gli interessi dei consumatori. Dalla valutazione delle
operazioni emerge una fitta rete di intrecci azionari, partecipazioni e
rapporti di finanziamento tra imprese bancarie e tra queste e le imprese
assicurative: un equilibrio di mercato che può evidenziare conflitti
di ruolo e in alcuni casi rappresentare una grave patologia. La convergenza
di interessi tra imprese concorrenti ostacola la competizione. Per questa ragione il Collegio sta per avviare un’indagine
diretta a mettere in evidenza i rapporti tra libertà di mercato e
corporate governance nel settore finanziario. È necessaria la
ricostruzione di un quadro aggiornato, sotto il profilo normativo e fattuale,
degli assetti di governo societario delle banche e delle imprese di
assicurazioni italiane. A tal fine l’attenzione viene concentrata sugli
elementi che influenzano il grado di contendibilità delle imprese,
sulla natura e composizione degli organi sociali, sui legami strutturali e
personali. […] D) Contratti bancari e diritto: suggeriamo un primo passo per introdurre una effettiva concorrenza.Il legislatore ha, finora, considerato lo jus variandi
quale “diritto naturale”
delle banche. Gli istituti di credito devono solo preavvertire per tempo la
controparte (bontà loro) circa le variazioni apportate. Il cliente ha
il diritto di chiudere il conto se non accetta quelle variazioni.
Chiediamoci: quante volte possiamo permetterci “il lusso” di chiudere
un conto sul quale sono annessi: ordini permanenti, domiciliazioni di utenze,
addebiti ricorrenti (Rid), accrediti di stipendi, pensioni ecc.? Quante volte
potremo affrontare un simile “trasloco”? Si vuole effettivamente liberalizzare il settore
bancario? E’ sufficiente ricondurre nella normalità i contratti
inerenti i servizi del credito. Il sottoscrittore di un contratto bancario ha
(dovrebbe avere) il diritto di sapere quanto costerà il servizio per
un anno (almeno). Se sta bene, lo sottoscriverà. Trascorso un anno e
scaduto il contratto la controparte (solo allora) potrà modificarne i
costi, i tassi, le spese, le commissioni ed ogni altra condizione. Come abbiamo visto, l’attuale jus variandi a favore delle
banche non permette queste valutazioni “minime” per una consapevole
formazione della volontà del consumatore, perché le condizioni possono
cambiare già 30 giorni dopo l’accensione del conto (periodo di
preavviso). Ricapitolando: dica la banca quanto costa il servizio per
un anno. Al cliente accettare o meno. E) Gli impegni per il legislatoreI servizi forniti dal sistema bancario italiano sono
considerati tra i più costosi al mondo. Le fusioni degli ultimi anni non sembrano aver dato luogo
a tangibili vantaggi per i consumatori in termini di costi per servizi. Lo
jus variandi permette alle banche la possibilità di offrire servizi
con condizioni “civetta” da rivedere in corso di rapporto. Questa situazione
asimmetrica non permette al consumatore una valutazione oggettiva degli
impegni finanziari derivanti dalla sottoscrizione del contratto. Il
legislatore dovrebbe impegnarsi perché: 1) fornisca alla Vigilanza di Bankitalia nuovi e più
incisivi strumenti normativi che ne supportino la capacità ispettiva;
fornisca nuove professionalità all’unica incombenza seria rimasta a Bankitalia: non
è accettabile il reiterarsi di
vicende tipo Bipop o Banca di Lodi; 2)
renda ineludibili gli articoli del TUB circa
l’onorabilità degli amministratori delle banche e imponga criteri di
valutazione più stringenti; 3) fornisca strumenti legislativi più stringenti
perché i 330 mila dipendenti bancari rispettino le norme antiriciclaggio,
denunciando le operazioni sospette, anche se imposte dalla direzione
dell’azienda per cui operano; 4)
annulli
l’art. 7 punto 2 del TUB[1] e il parallelo art. 4 punto 11 del TUF[2] (incostituzionali
perché violano gli
art. 3, 25 e 103
della Costituzione): se gli ispettori informano il
Governatore (responsabile di un istituto di diritto pubblico) o il Presidente
della Consob di ipotesi di reato rilevate nell’attività di vigilanza,
costoro devono avere l’obbligo di
sottoporre la fattispecie alla immediata valutazione della
magistratura. 5) le variazioni di prezzi, spese e commissioni permesse
dal art. 118 (da abrogare) del Testo Unico Bancario e ribadite dal
primo decreto Bersani, siano almeno accompagnate da “giustificato motivo”,
come indica anche la legge n° 52 del 1996 sulle clausole vessatorie, ed
imponga che non siano rivedibili almeno per un anno; 6) imponga norme perché il sistema bancario italiano (e
con esso aziende e famiglie) possa godere, come nel resto d’Europa, dei
vantaggi e dei benefici di una concorrenza corretta e trasparente, di cui non
ha mai potuto approfittare; 7) non ceda all’abusato suggerimento che contrabbanda la
“non concorrenzialità” del sistema per sua “stabilità”. Adusbef e Federconsumatori Roma 27-6-2007 |
[1] Testo Unico
bancario Art. 7 - (Segreto d'ufficio e
collaborazione tra autorità)
[….]
2. I dipendenti della Banca
d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e
hanno l'obbligo di riferire esclusivamente al Governatore tutte le
irregolarità constatate, anche quando assumano la veste di reati.
[…]
[2] Testo Unico della
finanza Art. 4 (Collaborazione tra
autorità e segreto d'ufficio)
[…]
11. I dipendenti della
Consob, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e
hanno l'obbligo di riferire
esclusivamente alla
Commissione tutte le irregolarità constatate, anche quando integrino
ipotesi di reato.
[…]