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di Mauro Novelli
ARCHIVIO
DOSSIER MERCATO IMMOBILIARE
DAL 6 NOVEMBRE 2007 AL 2 GENNAIO 2008
ARTICOLI DAL 29 DICEMBRE 2007 AL
2 GENNAIO 2007
POCHE AZIONI MA
BUONE ( da "Borsa e Finanza"
del 29-12-2007)
Azioni. Sempre
azioni. Ma non a tutto campo, perché la parola d'ordine ora è stock (
da "Borsa e Finanza" del 29-12-2007)
Nell'anno dei
subprime ( da "Milano Finanza"
del 29-12-2007)
CLAUDIO CLAUDI
L'ITALIA è DIETRO, MOLTO DIETRO, RISPETTO ALL'EUROPA PER QUEL CHE RIGUARDA L (
da "Mattino, Il (City)" del 29-12-2007)
Usa, un anno di incertezze ( da "AprileOnline.info"
del 31-12-2007)
Aria di crisi sulle Borse, ma anche buone occasioni ( da "Gazzettino, Il"
del 02-01-2008)
Articoli
( da "Borsa e Finanza" del
29-12-2007)
INCHIESTA POCHE AZIONI MA BUONE Nonostante cinque anni
di crescita l'equity resta l'unica scelta possibile. Solo per la prima parte
del 2008 si dovrà parcheggiare la liquidità in Bot e Ctz. In attesa di vedere
se l'incendio del credit crunch si spegnerà. L'operato di Fed e Bce non è
bastato. E ora si invoca l'intervento dei governi di Redazione - 29-12-2007
Azioni. Sempre azioni. Ma non a tutto campo, perché la parola d'ordine ora è
stock picking. Anche perché va messo nel conto un possibile calo dei profitti a
fronte di non pochi fattori di rischio: dal petrolio (vicino ai 100 dollari al
barile), al rischio della bolla immobiliare
in Europa o a quella, tutt'altro che da escludere, dei mercati emergenti. Però,
una cosa è certa: nonostante cinque anni di crescita ininterrotta, l'equity
rimane la soluzione da consigliare. Non foss'altro che per esclusione: in
questo momento non si vedono valide alternative. O, quantomeno, non ci
sono asset class che, in termini di rendimento, possano vantare un appeal
maggiore rispetto alle azioni. Ma la prudenza è d'obbligo. E tra le varie
piazze finanziarie bisogna muoversi con molta attenzione. Selezionando le
opportunità migliori. Il fantasma del credit crunch, infatti, aleggia ancora
sui mercati. Quella che inizialmente sembrava una piccola fiammella, limitata
al settore immobiliare, è poi diventata un incendio
devastante. E gli interventi tempestivi delle banche centrali (che anche
nell'ultimo periodo non sono mancati) non sono serviti a spegnere le fiamme che
anzi, pian piano, si sono estese all'intero settore del credito. Un vero e
proprio incubo per gli addetti ai lavori, gestori in primis, che oggi, in un
clima di assoluta incertezza, preferiscono restare alla finestra. Nell'attesa
appunto di capire se nel 2008
l'ingranaggio del credito tornerà a girare o se
bisognerà prepararsi a fare i conti con un'economia in recessione. Evento,
quest'ultimo, al quale l'ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan,
ha assegnato un 50% di probabilità. A rendere ancora più incerto lo scenario
del prossimo anno un ruolo fondamentale è stato giocato dagli ultimi dati
macro. Valori che hanno evidenziato un peggioramento dell'inflazione, aumentata
a novembre oltre le attese sia negli Usa sia in Europa. E l'andamento dei prezzi al consumo, accompagnato dalla crescita record delle
materie prime, ha fatto scattare l'allarme delle banche centrali, che oggi si
trovano strette in una morsa pericolosa. Con il credit crunch da un lato e il
rischio inflazione dall'altro. Cosa fare? Privilegiare la liquidità,
continuando (questa è stata finora la strategia della Fed) ad abbassare i
tassi, o cercare di arginare una nuova ondata di inflazione che potrebbe
colpire i consumatori delle maggiori economie (come sembra preferire la Bce)?
La verità è che le banche centrali da sole non possono farcela. E forse ci
sarebbe bisogno di un intervento anche delle autorità governative. Come
successe nel 1989, quando il Congresso degli Stati Uniti costituì un'agenzia
governativa, la Resolution Trust Corporation, che rastrellò tutti i crediti
incagliati. Le lancette dell'orologio, dunque, in questo momento sono ferme. E
semmai riprenderanno a girare, lo faranno solo quando il quadro complessivo
sarà più chiaro. I money manager si sono dati sei mesi di tempo, durante i
quali si dovrà agire con molta prudenza. Soprattutto nei primi mesi del nuovo
anno, con i mercati azionari che dovranno affrontare un primo semestre irto di
difficoltà. Ed è per questo che in un'ottica di breve il consiglio è di
parcheggiare la liquidità in porti più sicuri: come il reddito fisso. Ma
bisogna rimanere sulla parte corta della curva dei rendimenti, quindi Bot o al
massimo Ctz. Sulle lunghe scadenze, infatti, si potrebbe incappare in potenziali
perdite in conto capitale; causa il rischio inflazione che potrebbe generare un
incremento dei rendimenti 10-30 anni e un conseguente calo delle quotazioni
obbligazionarie. Tutte queste, e molte di più, le problematiche discusse nel
corso del Forum di Borsa&Finanza. Alla tavola rotonda hanno partecipato:
Nicola Trivelli (direttore investimenti di Sella Gestioni), Giulio Battisti
(analista azionario di Horatius Sim), Caterina Mameli (responsabile gestioni
istituzionali di Ubs Global Asset Management), Marco Ghilotti (responsabile
clienti istituzionali di Schroders in Italia), Corrado Caironi (responsabile
investimenti per l'Europa di BlackRock Merrill Lynch Investment Managers),
Andrea Delitala (head of investment advisory di Pictet), Giordano Beani
(direttore investimenti di Bnp Paribas Asset Management). Ma per sapere come
comportarsi, dove investire e quali settori privilegiare, lasciamo la parola ai
gestori. 1 Quali sono le vostre aspettative per il 2008? I mercati riusciranno
a lasciarsi alle spalle la crisi di liquidità? Trivelli: L'estensione della
crisi dei mutui subprime al settore del credito avrà ripercussioni di rilievo
sull'economia reale e sui consumi. Di conseguenza rimaniamo molto prudenti per
il 2008. Almeno nei primi mesi. Le nostre aspettative sono per un forte
rallentamento dell'economia Usa nell'ultimo trimestre 2007 e nel primo del
2008. E, sebbene non vediamo una recessione, questo rallentamento potrebbe
durare più a lungo, in quanto la crisi che ha investito l'America non è solo di
natura finanziaria. Battisti: Condivido pienamente. La crisi dei mutui subprime
e del mercato immobiliare americano è ancora in corso
e non è facile prevedere quando avrà fine. Ancor più difficile è prevedere le
ripercussioni che questa crisi avrà sull'economia reale in termini di
rallentamento della crescita (o addirittura recessione) negli Stati Uniti. In
questo momento, comunque, ci sentiamo di scongiurare lo scenario di recessione.
Mameli: Vero. Anche se la probabilità di uno scenario recessionistico è
aumentata, rimane a nostro avviso un evento a bassa probabilità. Lo scenario di
base è quello di crescita economica globale in leggero rallentamento, con il
motore di supporto dato dai Paesi emergenti. Infine, il rallentamento
economico, accompagnato dall'incertezza sulle implicazioni di medio-termine
della crisi subprime, porteranno a una maggiore tensione nel comportamento
degli investitori e perciò a una maggiore volatilità. Di conseguenza anche noi
consigliamo prudenza. Ghilotti: Nulla da obiettare. Anche il nostro scenario di
base prevede che gli Stati Uniti non entrino in recessione. Le aziende hanno
vissuto una stagione importante e stanno aumentando la spesa in conto capitale.
Il settore corporate ha ancora cash in surplus, che servirà per evitare il
ricorso al credito e la riduzione di posti di lavoro. Tuttavia, ci sarà un
rallentamento dell'economia, graduale e lungo. In particolare, ci aspettiamo
una decelerazione della crescita globale nel 2008 al 2,9 per cento. Pertanto
siamo molto cauti sul mercato azionario. Caironi: Quel che dice Ghilotti sulla
crescita 2008 mi
sembra molto restrittivo. Probabilmente l'economia mondiale non viaggerà più a
tassi del 5%; ma noi vediamo comunque una crescita in linea con le attuali
stime, quindi di poco superiore al 4 per cento. Grazie soprattutto al
contributo importantissimo delle economie emergenti. Mi trovo pienamente
d'accordo, invece, sul fatto che l'attuale clima di incertezza continuerà ad
aleggiare sui mercati per buona parte del 2008. Per due ragioni: la prima da
imputarsi alla caduta degli indici di fiducia nelle principali aree sviluppate
e alle attese di un deciso rallentamento dell'economia americana nella prima
metà del 2008; la seconda è dovuta alla mancanza di visibilità sulle
prospettive di crescita dei profitti aziendali, che hanno registrato tassi in
costante rialzo negli ultimi anni. Questa situazione sta creando molta
indecisione nel timing di investimento. Delitala: La crisi del settore subprime
Usa si è rivelato l'elemento catalizzatore di una crisi di fiducia che ha
investito il mercato globale delle cartolarizzazioni, innescando fenomeni
ancora in pieno svolgimento. Come il crollo del prezzo di Abs e loro derivati,
cui corrisponderebbero perdite implicite di circa 400 miliardi di dollari. A
livello aggregato il mercato ha già incorporato il peggio, ma resta incertezza
sulla ripartizione degli asset e del danno. Inoltre, la paralisi delle
cartolarizzazioni ha innescato un processo di re-intermediazione, che rende
difficile per le banche fare previsioni di cassa. Il risultato dei due aspetti
descritti è una dilatazione dei premi di liquidità visibile sui tassi
interbancari con scadenze oltre il brevissimo. Un fenomeno pervasivo che se non
si risolverà nel breve rischia di deprimere l'attività economica. Quindi
suggeriamo prudenza. Beani: Anche noi siamo convinti che gli Stati Uniti
possano andare incontro a una fase di atterraggio morbido dell'economia, senza
dover entrare in recessione. Probabilmente più marcati, invece, potranno
rivelarsi gli effetti del rallentamento in Europa, dove tassi di interesse più
elevati e apprezzamento dell'euro incideranno maggiormente sulla domanda
aggregata. 2 Considerato questo scenario macroeconomico, ritenete che l'equity
sia ancora l'asset class da preferire in questo momento? Beani: Il quadro
descritto di atterraggio morbido delle economie occidentali, unitamente a una
crescita ancora vigorosa delle economie emergenti, lasciano pensare che i
mercati azionari negli ultimi mesi forse scontino degli scenari più negativi
rispetto alle nostre attese. Pertanto, considerando che le valutazioni assolute
storiche dell'equity rispetto alle altre classi di attività risultano a oggi
interessanti, pur in un'ipotesi di rallentamento del tasso di crescita degli
utili manteniamo un atteggiamento favorevole nei confronti della classe di
attivo azionaria. Delitala: Le parole d'ordine devono essere flessibilità e
duttilità. In questo momento, comunque, abbiamo un atteggiamento prudente un
po' su tutte le asset class. Così, dato l'elevato grado di incertezza di
breve/medio periodo, e per limitare il rischio complessivo del portafoglio,
siamo sottopesati sia sull'equity sia sulla duration delle obbligazioni.
Caironi: Dal nostro punto di vista, le valutazioni non indicano Borse sopravvalutate.
I ratio più significativi, come il prezzo/utili o il prezzo/valore di bilancio,
sono in linea con la media storica e con la fase matura di un bull market.
Inoltre, se teniamo conto che i tassi sul decennale rimangono bassi e che i
timori di un rialzo inflativo si stanno manifestando con più insistenza, penso
che un buon portafoglio azionario ben diversificato possa ancora aggiungere
valore. In questi casi la volatilità può essere letta in due modi: non solo
come debolezza, ma anche come opportunità di acquisto; a livello speculativo,
ma ancor più come investimento di medio termine. Ghilotti: A fronte di un
rallentamento dell'economia, ma in un contesto espansivo delle politiche
monetarie, il mercato obbligazionario ha storicamente ottenuto risultati
positivi, mentre l'equity ha performato negativamente. Di conseguenza, per
quanto riguarda l'equity, noi arriveremo al 2008 in leggero sottopeso
sui portafogli bilanciati internazionali. Mameli: Io sono molto preoccupata
delle stime future degli utili. I p/e di mercato sembrano scontare ancora tassi
considerevoli di crescita degli earning, a dispetto invece dei tassi di
interesse che segnalano recessione. Il punto fondamentale è che gli utili
attuali si discostano dal trend di lungo periodo addirittura del 50 per cento.
E questo non è più sostenibile, specie in un ambiente globale così competitivo:
il mercato si sta perciò avviando verso un sentiero di normalizzazione degli
utili, e anche la crescita dell'azionario lo rifletterà. Tuttavia, considerando
uno scenario di crescita non recessionistica, con l'inflazione solo in lieve
aumento, è chiaro che il segnale relativo resta a favore dell'azionario
rispetto all'obbligazionario. E anche i nostri modelli di valutazione
supportano questa posizione. Ma occorre prudenza nel posizionamento e appare
anche opportuno, in un portafoglio bilanciato globale, inserire asset monetari,
come parcheggio e cuscinetto, nonché hedge fund per cavalcare la volatilità.
Battisti: Il portafoglio Horatius è per sua natura flessibile, quindi potrebbe
essere investito interamente in obbligazioni o liquidità qualora ritenessimo
che il mercato azionario dovesse presentare rendimenti bassi o negativi nel
medio termine. Ad oggi, però, il portafoglio è ancora completamente investito
in azioni, così come lo è stato negli ultimi tre anni. Questo significa che da
qui a un anno riteniamo che le azioni possano avere un rendimento superiore
alle altre forme di investimento. D'altra parte, ciò non toglie che il 2008
possa essere un anno difficile come quello che si sta concludendo e che,
soprattutto nella prima parte dell'anno, si possano avere forte incertezza e
volatilità sui mercati o che si possano presentare nuovi elementi tali da farci
cambiare decisioni. Trivelli: Anche io credo che le azioni non siano
sopravvalutate. Tuttavia i p/e attesi non scontano ancora una revisione al
ribasso degli earning, che potrebbe innescare correzioni rilevanti sul mercato.
Quindi bisogna muoversi con molta cautela, andando a ricercare le singole
opportunità d'investimento. 3 Quali le aree geografiche da privilegiare? E
soprattutto, quali sono secondo voi i settori più promettenti verso i quali
indirizzarsi? Trivelli: Per il 2008 i maggiori rischi potrebbero venire
dall'Europa, che fino a questo momento scontava il fatto di essere poco esposta
a rischi di rallentamento. L'America, invece, sconta da molto tempo uno
scenario di rallentamento (talvolta anche di recessione) e beneficia del
dollaro debole, che favorisce le esportazioni controbilanciando gli effetti negativi
della crisi immobiliare. Per quanto riguarda i
settori, manteniamo la nostra view prudente sul comparto finanziario, dove
valuteremo nel primo trimestre del 2008 un graduale riposizionamento in caso di
ulteriori correzioni. Siamo prudenti anche sui settori ciclici e preferiamo
posizionarci su titoli difensivi come quelli del settore healthcare, utility e
telecom; titoli con una buona visibilità degli utili, caratterizzati da
un'abbondante generazione di cassa e da una generosa distribuzione di dividendi.
Riteniamo inoltre che l'energia e le materie prime continueranno a crescere. Ma
nel caso in cui il rischio recessione aumenti, su questi titoli potrebbero
esserci prese di beneficio. Battisti: Noi non investiamo per settori o aree
geografiche. In ogni comparto o Paese ci sono o ci possono essere buone
società, con valutazioni attraenti e che quindi meritano un investimento. Ma se
dobbiamo dare una valutazione generale, notiamo la buona tenuta dei consumi.
Inoltre, abbiamo fiducia nella prosecuzione delle buone vendite
dell'elettronica di consumo e nel recupero dei prezzi
di vendita dei semiconduttori. Mameli: In termini di aree geografiche
continuiamo a ritenere sottovalutato l'azionario americano e quello inglese,
seppur con la prudenza legata alle valute. In termini di settori, invece,
privilegiamo il comparto telecom, specie in Europa, dove il mercato è
eccessivamente preoccupato delle strette nei regolamenti e della competizione.
Ci aspettiamo che il consolidamento del settore continui, come anche l'integrazione
tra telefonia fissa e mobile, e ci stiamo concentrando sui titoli di società
con alti cash flow, elevate quote di mercato e livelli di indebitamento
accettabili. L'altro sovrappeso è nel settore farmaceutico e delle
biotecnologie, specie negli Usa. Siamo invece sottopesati su tutti i settori
legati alle commodity, in quanto riteniamo che le materie prime siano ormai in
una situazione di bolla. Ghilotti: In ambito
azionario, gli Stati Uniti, l'area Pacifico e i Paesi emergenti sono le aree da
preferire; a fronte di un sottopeso in Europa, Gran Bretagna e Giappone. Per
quanto riguarda i settori, invece, in questo momento cerchiamo di posizionarci
sui comparti indipendenti dal contesto macroeconomico internazionale, come
l'healthcare. Caironi: Personalmente non sono d'accordo. Tra le macro aree
sviluppate, l'Europa presenta indici di valutazione più interessanti rispetto
agli Usa. Nell'ambito di una maggiore diversificazione, inoltre, è interessante
mantenere l'attenzione su alcuni Paesi emergenti a elevata crescita economica,
in particolare India e Brasile. Inoltre, aggiungerei a livello settoriale una
maggiore attenzione ai settori meno ciclici come telefonici, utility,
healthcare e consumer staple o comunque società ad alto dividendo che in questa
fase di atteso rallentamento economico potrebbero dare maggiore stabilità ai
portafogli. In ultima analisi continuiamo a mantenere una linea di investimento
sulle nuove energie e sulle aziende legate alle soft commodity. Anche se i prezzi di tutti i prodotti agroalimentari si sono già mossi
al rialzo e la domanda rimarrà interessante anche nei prossimi mesi. Delitala:
Come la maggior parte dei colleghi qui presenti, anche secondo me l'area di
investimento più promettente è rappresentata dagli Usa: il "paziente"
più debilitato ma proprio per questo già in cura. La scommessa relativa si basa
anche su valutazioni che incorporano un margine di sicurezza su possibili
delusioni nei profitti attesi, nonché sul posizionamento degli investitori, con
gli americani largamente sottoinvestiti nel proprio mercato. I settori
preferiti sono quelli ad alto contenuto di proprietà intellettuale, quali il
farmaceutico, il biotech o l'information technology. Chi ha una maggiore
propensione al rischio, invece, può fare acquisti tattici nel settore più
penalizzato dalla crisi, ovvero il finanziario, che offrirà le maggiori
opportunità di rimbalzo. Beani: Anche noi privilegiamo gli Stati Uniti che,
grazie alla flessibilità di tale economia e alla reattività delle autorità
monetarie, hanno le maggiori chances di uscire da questa fase di impasse più
rapidamente. Manteniamo inoltre una visione strategicamente positiva sui
mercati emergenti, anche se nel breve abbiamo riportato alla neutralità la
nostra esposizione a tali aree. I mercati meno preferiti restano Giappone e
Regno Unito. In termini settoriali, pensiamo che una strategia fatta da un mix
di settori difensivi con alto dividendo, come utility, telefonici ed energia,
possa offrire un profilo rischio-rendimento interessante. 4 Qual è invece la
vostra visione sul mercato azionario italiano? Qual è il futuro prossimo di
Piazza Affari? Beani: In un contesto internazionale è difficile pensare a uno
specifico caso Italia, perché sono davvero poche le caratteristiche particolari
del nostro mercato nazionale agli occhi di un grande investitore, comunque
portato a prestare più attenzione alla parte del mondo che vanta i maggiori
tassi di sviluppo, ovvero i mercati emergenti. Anche dal punto di vista dei
flussi l'Italia non è particolarmente attraente. Ciò detto, le valutazioni
delle blue chip appaiono interessanti, soprattutto se si tiene conto della
misura dei dividendi distribuiti. Inoltre, il vero e proprio crollo delle
piccole e medie capitalizzazioni nel corso del secondo semestre 2007 ha creato molte
opportunità di investimento. Caironi: Sono d'accordo che il vantaggio
indiscutibile della Borsa italiana deriva dal fatto che racchiude aziende con
ottimi dividendi e con valutazioni ancora competitive. Ma nella nostra visione
internazionale, tuttavia, l'Italia mantiene un peso relativamente basso e
sicuramente l'impatto della crisi subprime ha inciso in modo determinante,
visto il peso del settore bancario sul listino nazionale. Rimane di fondo
un'economia che cresce sotto la media dell'Eurozona e che, esposta all'export
internazionale, deve fare i conti con un euro più forte e una maggiore
competitività. Trivelli: È vero, Piazza Affari è stata fortemente penalizzata
dalla composizione dell'indice, in cui i titoli finanziari hanno un peso importante.
Un altro elemento penalizzante è dato dalla crisi del risparmio gestito: il
mercato italiano è infatti percepito come locale, in cui i principali player
sono i gestori dei fondi di diritto italiano. Si ha così una evidente
distinzione fra i titoli ad alta capitalizzazione, che hanno ormai rilevanza a
livello europeo, e titoli small cap, le cui performance risentono degli
abbondanti flussi in uscita provenienti dai fondi comuni di investimento.
Delitala: L'Italia quest'anno non si è comportata molto bene. Basti pensare che
Piazza Affari sta sottoperformando il Dax di circa il 30 per cento. E un
risultato tanto misero è derivato dall'aver avuto davvero tutto contro: i
settori maggiormente presenti tra le large cap, ovvero banche e utility,
avevano già vissuto l'attivismo da M&A. Da ultimo la disaffezione per le
small cap ha travolto il resto della capitalizzazione. A livello strutturale il
nostro mercato manca di appeal. Non abbiamo, ad esempio, una Siemens. Noi
facciamo vestiti e questo limita l'interesse dei capitali esteri. L'unica
scommessa può essere proprio il recupero dei finanziari, che rappresenta il
propulsore del 2008, seguito dalle small cap. Battisti: Il fatto che Piazza
Affari sia stata la peggiore Borsa europea può essere in parte giustificato
dalla deludente crescita economica. E le drastiche rivisitazioni al ribasso
delle stime di crescita per l'anno prossimo certo non aiutano. D'altra parte
vediamo al momento molti titoli dalle valutazioni attraenti, sia in valore
assoluto sia relativo, soprattutto tra le small e mid cap che sono state
colpite pesantemente. Anche i titoli a più alta capitalizzazione hanno subìto
una discesa a nostro parere eccessiva e immotivata, con i titoli bancari e
finanziari che hanno avuto un coinvolgimento diretto poco rilevante nelle
vicende dei subprime. Tra i titoli particolarmente attraenti segnaliamo Tenaris
tra le blue chip, e Biesse e Ducati tra le più piccole. Ghilotti: Io direi che
l'Italia è un mercato da private equity, segno di una fortissima attività imprenditoriale
che il mondo ci invidia. Il difetto è che questo valore potenzialmente non
trova sbocco come all'estero: per intenderci, in Usa fa nascere una Google, qui
da noi non succede quasi mai. Mameli: Il mercato italiano è stato indubbiamente
penalizzato dall'esposizione strutturale al settore finanziario. All'interno di
Ubs Global Asset Management pensiamo che l'azionario italiano non sia da
considerarsi a parte, in quanto a parità di rischio cambio vale la pena
diversificare: perciò la view è sull'azionario euro più in generale. Riteniamo
che, al di là di alcune piazze come Olanda e Irlanda, al momento le valutazioni
dell'azionario euro sono tornate care. 5 Quali sono le vostre aspettative
sull'andamento dei tassi per Federal Reserve e Banca centrale europea?
Trivelli: Riteniamo che la Bce manterrà i tassi invariati nel primo trimestre
2008, ponendo una grande attenzione alle dinamiche inflative e dimostrando una
scarsa disponibilità ad andare incontro alle esigenze del mercato. Solo il
deteriorarsi dei dati macroeconomici e un'inflazione sotto controllo potrebbero
far pendere la Banca centrale europea verso un taglio dei tassi nel secondo
trimestre. La Fed, invece, continuerà a ridurre il costo del denaro anche nella
prima parte del 2008, con l'obiettivo di mantenere la stabilità dei mercati
finanziari. La crescita dell'inflazione sopra il target prefissato, tuttavia,
rappresenta un grave fattore di rischio che la Federal Reserve potrebbe
trovarsi a dover fronteggiare, dopo aver inondato il mercato di liquidità.
Battisti: Consideriamo troppo complesso predire un anno intero di politica
monetaria. Limitandoci all'analisi per i prossimi appuntamenti, constatiamo che
entrambe le maggiori banche centrali sembrano fronteggiare un'accentuazione
della pressione inflazionistica. Questo potrebbe impedire nuovi tagli alla
Federal Reserve o comunque limitarne la possibilità di azione a un quarto di
punto, anche nel medio termine. La Bce potrebbe viceversa decidere per un
aumento sempre nell'ordine di un quarto di punto, nonostante le incertezze
sulla crescita. Mameli: In termini di politica monetaria ci aspettiamo tagli
meno rilevanti di quelli che stima il mercato, sia per la Fed sia per la Bce.
La Federal Reserve, pur avendo correttamente agito privilegiando la responsabilità
di evitare un credit crunch globale rispetto al problema morale di salvare chi
ha concesso prestiti senza controlli, dovrà ora monitorare attentamente anche
l'inflazione. Quanto alla Bce, in un contesto comunque di crescita economica
seppur in fisiologico rallentamento, è probabile che più che tagliare, come il
mercato si aspetta, resterà ferma. Ghilotti: Secondo noi la Fed continuerà a
tagliare i tassi. In particolare, prevediamo altri due interventi nel 2008, con
il costo del denaro che potrebbe scendere al 3,75 per cento. E possibili
manovre espansive potrebbero interessare anche l'Europa, con i tassi Bce al
3,50% a fine 2008. Caironi: Anche noi crediamo che sia difficile fare delle
previsioni sui tassi di interesse, soprattutto considerando le difficoltà delle
banche centrali di guardare strabicamente, ovvero in parte all'inflazione e in
parte alla crescita economica. Delitala: Noi vediamo un approccio diverso alla
politica monetaria da parte delle due banche centrali. Con la Fed che potrebbe
portare i tassi al 3,75% entro giugno e la Bce ferma alla finestra, in quanto
ostaggio del trend in accelerazione dei prezzi causato
dalle materie prime. Beani: Noi, invece, vediamo un taglio di un quarto di
punto nel primo semestre sia da parte della Federal Reserve sia da parte della
Banca centrale europea. 6 Quali sono secondo voi i principali fattori di
rischio che incideranno sui mercati finanziari nel corso del nuovo anno? Beani:
Il rischio principale è che le banche centrali e le autorità di governo
sottostimino la situazione dei mercati del credito, focalizzandosi solo sul
rischio inflazione, che peraltro vediamo in rallentamento nel 2008. Il che
potrebbe far deragliare il nostro scenario di atterraggio morbido. Delitala: La
mia lettura è che la crisi finanziaria innescata dal subprime è ormai più ampia
e richieda attivismo da parte delle autorità di politica economica. Inoltre
bisogna mettere fine al doloroso processo di re-intermediazione del credito da
parte delle banche, pena il danno macroeconomico. Caironi: Partirei dal dollaro
Usa, con la debolezza del biglietto verde che sembra più strutturale che
congiunturale. E poi c'è l'incognita petrolio. La speculazione, infatti, ha
dimostrato di poterlo portare in poche settimane a livelli estremi mai toccati
prima, sfruttando l'effetto rigido dell'offerta e l'accondiscendenza di alcuni
produttori. Ghilotti: In primis sicuramente il credit crunch, che non è stato
superato. A questo dobbiamo poi aggiungere il surriscaldamento delle economie
asiatiche, l'andamento del petrolio, nonché il pericolo immobiliare.
Mameli: Anche io vedo come principale fattore di rischio l'impatto della crisi
subprime. Ma c'è anche il problema delle commodity, la cui ascesa potrebbe
impattare sia sull'inflazione sia sulla crescita dell'economia. Battisti: Il
principale rischio per il 2008 è la possibilità di una fase recessiva negli
Stati Uniti. L'altro rischio preponderante, strettamente legato al primo, è
invece il riaccendersi dell'inflazione, sempre in America, che potrebbe impedire
una politica monetaria espansiva da parte della Fed. Trivelli: Per il 2008,
individuiamo in un probabile rischio l'acuirsi della crisi economica, provocata
dal deteriorarsi delle condizioni del mercato del lavoro. Un altro fattore di
rischio, inoltre, è dato dall'inflazione alta, che si mantiene stabilmente
sopra i target prefissati e porta le banche centrali a perdere il controllo sul
mercato. Sulle piazze finanziarie, infine, un'incognita è rappresentata dalla
revisione degli earning, non ancora scontati dal mercato e che potrebbero
portare a importanti correzioni.
Azioni. Sempre azioni. Ma non a tutto campo, perché la parola d'ordine ora è stock
(sezione: Mercato immobiliare
)
( da "Borsa e Finanza" del 29-12-2007)
INCHIESTA Azioni. Sempre azioni. Ma non a tutto
campo, perché la parola d'ordine ora è stock ... di Redazione - 29-12-2007
Azioni. Sempre azioni. Ma non a tutto campo, perché la parola d'ordine ora è
stock picking. Anche perché va messo nel conto un possibile calo dei profitti a
fronte di non pochi fattori di rischio: dal petrolio (vicino ai 100 dollari al
barile), al rischio della bolla immobiliare
in Europa o a quella, tutt'altro che da escludere, dei mercati emergenti. Però,
una cosa è certa: nonostante cinque anni di crescita ininterrotta, l'equity
rimane la soluzione da consigliare. Non foss'altro che per esclusione: in
questo momento non si vedono valide alternative. O, quantomeno, non ci
sono asset class che, in termini di rendimento, possano vantare un appeal
maggiore rispetto alle azioni. Ma la prudenza è d'obbligo. E tra le varie
piazze finanziarie bisogna muoversi con molta attenzione. Selezionando le
opportunità migliori. Il fantasma del credit crunch, infatti, aleggia ancora
sui mercati. Quella che inizialmente sembrava una piccola fiammella, limitata
al settore immobiliare, è poi diventata un incendio
devastante. E gli interventi tempestivi delle banche centrali (che anche
nell'ultimo periodo non sono mancati) non sono serviti a spegnere le fiamme che
anzi, pian piano, si sono estese all'intero settore del credito. Un vero e
proprio incubo per gli addetti ai lavori, gestori in primis, che oggi, in un
clima di assoluta incertezza, preferiscono restare alla finestra. Nell'attesa
appunto di capire se nel 2008
l'ingranaggio del credito tornerà a girare o se
bisognerà prepararsi a fare i conti con un'economia in recessione. Evento,
quest'ultimo, al quale l'ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan,
ha assegnato un 50% di probabilità. A rendere ancora più incerto lo scenario
del prossimo anno un ruolo fondamentale è stato giocato dagli ultimi dati
macro. Valori che hanno evidenziato un peggioramento dell'inflazione, aumentata
a novembre oltre le attese sia negli Usa sia in Europa. E l'andamento dei prezzi al consumo, accompagnato dalla crescita record delle
materie prime, ha fatto scattare l'allarme delle banche centrali, che oggi si
trovano strette in una morsa pericolosa. Con il credit crunch da un lato e il
rischio inflazione dall'altro. Cosa fare? Privilegiare la liquidità,
continuando (questa è stata finora la strategia della Fed) ad abbassare i
tassi, o cercare di arginare una nuova ondata di inflazione che potrebbe
colpire i consumatori delle maggiori economie (come sembra preferire la Bce)?
La verità è che le banche centrali da sole non possono farcela. E forse ci
sarebbe bisogno di un intervento anche delle autorità governative. Come
successe nel 1989, quando il Congresso degli Stati Uniti costituì un'agenzia governativa,
la Resolution Trust Corporation, che rastrellò tutti i crediti incagliati. Le
lancette dell'orologio, dunque, in questo momento sono ferme. E semmai
riprenderanno a girare, lo faranno solo quando il quadro complessivo sarà più
chiaro. I money manager si sono dati sei mesi di tempo, durante i quali si
dovrà agire con molta prudenza. Soprattutto nei primi mesi del nuovo anno, con
i mercati azionari che dovranno affrontare un primo semestre irto di
difficoltà. Ed è per questo che in un'ottica di breve il consiglio è di
parcheggiare la liquidità in porti più sicuri: come il reddito fisso. Ma
bisogna rimanere sulla parte corta della curva dei rendimenti, quindi Bot o al
massimo Ctz. Sulle lunghe scadenze, infatti, si potrebbe incappare in
potenziali perdite in conto capitale; causa il rischio inflazione che potrebbe
generare un incremento dei rendimenti 10-30 anni e un conseguente calo delle
quotazioni obbligazionarie. Tutte queste, e molte di più, le problematiche
discusse nel corso del Forum di Borsa&Finanza. Alla tavola rotonda hanno
partecipato: Nicola Trivelli (direttore investimenti di Sella Gestioni), Giulio
Battisti (analista azionario di Horatius Sim), Caterina Mameli (responsabile
gestioni istituzionali di Ubs Global Asset Management), Marco Ghilotti
(responsabile clienti istituzionali di Schroders in Italia), Corrado Caironi
(responsabile investimenti per l'Europa di BlackRock Merrill Lynch Investment
Managers), Andrea Delitala (head of investment advisory di Pictet), Giordano
Beani (direttore investimenti di Bnp Paribas Asset Management). Ma per sapere
come comportarsi, dove investire e quali settori privilegiare, lasciamo la
parola ai gestori. 1 Quali sono le vostre aspettative per il 2008? I mercati
riusciranno a lasciarsi alle spalle la crisi di liquidità? Trivelli:
L'estensione della crisi dei mutui subprime al settore del credito avrà
ripercussioni di rilievo sull'economia reale e sui consumi. Di conseguenza
rimaniamo molto prudenti per il 2008. Almeno nei primi mesi. Le nostre
aspettative sono per un forte rallentamento dell'economia Usa nell'ultimo
trimestre 2007 e nel primo del 2008. E, sebbene non vediamo una recessione,
questo rallentamento potrebbe durare più a lungo, in quanto la crisi che ha
investito l'America non è solo di natura finanziaria. Battisti: Condivido
pienamente. La crisi dei mutui subprime e del mercato immobiliare
americano è ancora in corso e non è facile prevedere quando avrà fine. Ancor
più difficile è prevedere le ripercussioni che questa crisi avrà sull'economia
reale in termini di rallentamento della crescita (o addirittura recessione)
negli Stati Uniti. In questo momento, comunque, ci sentiamo di scongiurare lo
scenario di recessione. Mameli: Vero. Anche se la probabilità di uno scenario
recessionistico è aumentata, rimane a nostro avviso un evento a bassa
probabilità. Lo scenario di base è quello di crescita economica globale in
leggero rallentamento, con il motore di supporto dato dai Paesi emergenti.
Infine, il rallentamento economico, accompagnato dall'incertezza sulle
implicazioni di medio-termine della crisi subprime, porteranno a una maggiore
tensione nel comportamento degli investitori e perciò a una maggiore
volatilità. Di conseguenza anche noi consigliamo prudenza. Ghilotti: Nulla da
obiettare. Anche il nostro scenario di base prevede che gli Stati Uniti non
entrino in recessione. Le aziende hanno vissuto una stagione importante e
stanno aumentando la spesa in conto capitale. Il settore corporate ha ancora
cash in surplus, che servirà per evitare il ricorso al credito e la riduzione
di posti di lavoro. Tuttavia, ci sarà un rallentamento dell'economia, graduale
e lungo. In particolare, ci aspettiamo una decelerazione della crescita globale
nel 2008 al 2,9 per cento. Pertanto siamo molto cauti sul mercato azionario.
Caironi: Quel che dice Ghilotti sulla crescita 2008 mi sembra molto
restrittivo. Probabilmente l'economia mondiale non viaggerà più a tassi del 5%;
ma noi vediamo comunque una crescita in linea con le attuali stime, quindi di
poco superiore al 4 per cento. Grazie soprattutto al contributo importantissimo
delle economie emergenti. Mi trovo pienamente d'accordo, invece, sul fatto che
l'attuale clima di incertezza continuerà ad aleggiare sui mercati per buona
parte del 2008. Per due ragioni: la prima da imputarsi alla caduta degli indici
di fiducia nelle principali aree sviluppate e alle attese di un deciso
rallentamento dell'economia americana nella prima metà del 2008; la seconda è
dovuta alla mancanza di visibilità sulle prospettive di crescita dei profitti
aziendali, che hanno registrato tassi in costante rialzo negli ultimi anni.
Questa situazione sta creando molta indecisione nel timing di investimento.
Delitala: La crisi del settore subprime Usa si è rivelato l'elemento
catalizzatore di una crisi di fiducia che ha investito il mercato globale delle
cartolarizzazioni, innescando fenomeni ancora in pieno svolgimento. Come il
crollo del prezzo di Abs e loro derivati, cui corrisponderebbero perdite
implicite di circa 400 miliardi di dollari. A livello aggregato il mercato ha
già incorporato il peggio, ma resta incertezza sulla ripartizione degli asset e
del danno. Inoltre, la paralisi delle cartolarizzazioni ha innescato un
processo di re-intermediazione, che rende difficile per le banche fare
previsioni di cassa. Il risultato dei due aspetti descritti è una dilatazione
dei premi di liquidità visibile sui tassi interbancari con scadenze oltre il
brevissimo. Un fenomeno pervasivo che se non si risolverà nel breve rischia di
deprimere l'attività economica. Quindi suggeriamo prudenza. Beani: Anche noi
siamo convinti che gli Stati Uniti possano andare incontro a una fase di
atterraggio morbido dell'economia, senza dover entrare in recessione.
Probabilmente più marcati, invece, potranno rivelarsi gli effetti del rallentamento
in Europa, dove tassi di interesse più elevati e apprezzamento dell'euro
incideranno maggiormente sulla domanda aggregata. 2 Considerato questo scenario
macroeconomico, ritenete che l'equity sia ancora l'asset class da preferire in
questo momento? Beani: Il quadro descritto di atterraggio morbido delle
economie occidentali, unitamente a una crescita ancora vigorosa delle economie
emergenti, lasciano pensare che i mercati azionari negli ultimi mesi forse
scontino degli scenari più negativi rispetto alle nostre attese. Pertanto,
considerando che le valutazioni assolute storiche dell'equity rispetto alle
altre classi di attività risultano a oggi interessanti, pur in un'ipotesi di
rallentamento del tasso di crescita degli utili manteniamo un atteggiamento
favorevole nei confronti della classe di attivo azionaria. Delitala: Le parole
d'ordine devono essere flessibilità e duttilità. In questo momento, comunque,
abbiamo un atteggiamento prudente un po' su tutte le asset class. Così, dato
l'elevato grado di incertezza di breve/medio periodo, e per limitare il rischio
complessivo del portafoglio, siamo sottopesati sia sull'equity sia sulla
duration delle obbligazioni. Caironi: Dal nostro punto di vista, le valutazioni
non indicano Borse sopravvalutate. I ratio più significativi, come il
prezzo/utili o il prezzo/valore di bilancio, sono in linea con la media storica
e con la fase matura di un bull market. Inoltre, se teniamo conto che i tassi
sul decennale rimangono bassi e che i timori di un rialzo inflativo si stanno
manifestando con più insistenza, penso che un buon portafoglio azionario ben
diversificato possa ancora aggiungere valore. In questi casi la volatilità può
essere letta in due modi: non solo come debolezza, ma anche come opportunità di
acquisto; a livello speculativo, ma ancor più come investimento di medio
termine. Ghilotti: A fronte di un rallentamento dell'economia, ma in un
contesto espansivo delle politiche monetarie, il mercato obbligazionario ha
storicamente ottenuto risultati positivi, mentre l'equity ha performato
negativamente. Di conseguenza, per quanto riguarda l'equity, noi arriveremo al 2008 in leggero sottopeso
sui portafogli bilanciati internazionali. Mameli: Io sono molto preoccupata
delle stime future degli utili. I p/e di mercato sembrano scontare ancora tassi
considerevoli di crescita degli earning, a dispetto invece dei tassi di
interesse che segnalano recessione. Il punto fondamentale è che gli utili
attuali si discostano dal trend di lungo periodo addirittura del 50 per cento.
E questo non è più sostenibile, specie in un ambiente globale così competitivo:
il mercato si sta perciò avviando verso un sentiero di normalizzazione degli
utili, e anche la crescita dell'azionario lo rifletterà. Tuttavia, considerando
uno scenario di crescita non recessionistica, con l'inflazione solo in lieve
aumento, è chiaro che il segnale relativo resta a favore dell'azionario
rispetto all'obbligazionario. E anche i nostri modelli di valutazione
supportano questa posizione. Ma occorre prudenza nel posizionamento e appare
anche opportuno, in un portafoglio bilanciato globale, inserire asset monetari,
come parcheggio e cuscinetto, nonché hedge fund per cavalcare la volatilità.
Battisti: Il portafoglio Horatius è per sua natura flessibile, quindi potrebbe
essere investito interamente in obbligazioni o liquidità qualora ritenessimo
che il mercato azionario dovesse presentare rendimenti bassi o negativi nel
medio termine. Ad oggi, però, il portafoglio è ancora completamente investito
in azioni, così come lo è stato negli ultimi tre anni. Questo significa che da
qui a un anno riteniamo che le azioni possano avere un rendimento superiore
alle altre forme di investimento. D'altra parte, ciò non toglie che il 2008
possa essere un anno difficile come quello che si sta concludendo e che,
soprattutto nella prima parte dell'anno, si possano avere forte incertezza e
volatilità sui mercati o che si possano presentare nuovi elementi tali da farci
cambiare decisioni. Trivelli: Anche io credo che le azioni non siano sopravvalutate.
Tuttavia i p/e attesi non scontano ancora una revisione al ribasso degli
earning, che potrebbe innescare correzioni rilevanti sul mercato. Quindi
bisogna muoversi con molta cautela, andando a ricercare le singole opportunità
d'investimento. 3 Quali le aree geografiche da privilegiare? E soprattutto,
quali sono secondo voi i settori più promettenti verso i quali indirizzarsi?
Trivelli: Per il 2008 i maggiori rischi potrebbero venire dall'Europa, che fino
a questo momento scontava il fatto di essere poco esposta a rischi di
rallentamento. L'America, invece, sconta da molto tempo uno scenario di
rallentamento (talvolta anche di recessione) e beneficia del dollaro debole,
che favorisce le esportazioni controbilanciando gli effetti negativi della crisi
immobiliare. Per quanto riguarda i settori, manteniamo
la nostra view prudente sul comparto finanziario, dove valuteremo nel primo
trimestre del 2008 un graduale riposizionamento in caso di ulteriori
correzioni. Siamo prudenti anche sui settori ciclici e preferiamo posizionarci
su titoli difensivi come quelli del settore healthcare, utility e telecom;
titoli con una buona visibilità degli utili, caratterizzati da un'abbondante
generazione di cassa e da una generosa distribuzione di dividendi. Riteniamo inoltre
che l'energia e le materie prime continueranno a crescere. Ma nel caso in cui
il rischio recessione aumenti, su questi titoli potrebbero esserci prese di
beneficio. Battisti: Noi non investiamo per settori o aree geografiche. In ogni
comparto o Paese ci sono o ci possono essere buone società, con valutazioni
attraenti e che quindi meritano un investimento. Ma se dobbiamo dare una
valutazione generale, notiamo la buona tenuta dei consumi. Inoltre, abbiamo
fiducia nella prosecuzione delle buone vendite dell'elettronica di consumo e
nel recupero dei prezzi di vendita dei semiconduttori.
Mameli: In termini di aree geografiche continuiamo a ritenere sottovalutato
l'azionario americano e quello inglese, seppur con la prudenza legata alle
valute. In termini di settori, invece, privilegiamo il comparto telecom, specie
in Europa, dove il mercato è eccessivamente preoccupato delle strette nei
regolamenti e della competizione. Ci aspettiamo che il consolidamento del
settore continui, come anche l'integrazione tra telefonia fissa e mobile, e ci
stiamo concentrando sui titoli di società con alti cash flow, elevate quote di
mercato e livelli di indebitamento accettabili. L'altro sovrappeso è nel
settore farmaceutico e delle biotecnologie, specie negli Usa. Siamo invece
sottopesati su tutti i settori legati alle commodity, in quanto riteniamo che
le materie prime siano ormai in una situazione di bolla.
Ghilotti: In ambito azionario, gli Stati Uniti, l'area Pacifico e i Paesi
emergenti sono le aree da preferire; a fronte di un sottopeso in Europa, Gran
Bretagna e Giappone. Per quanto riguarda i settori, invece, in questo momento
cerchiamo di posizionarci sui comparti indipendenti dal contesto macroeconomico
internazionale, come l'healthcare. Caironi: Personalmente non sono d'accordo.
Tra le macro aree sviluppate, l'Europa presenta indici di valutazione più
interessanti rispetto agli Usa. Nell'ambito di una maggiore diversificazione,
inoltre, è interessante mantenere l'attenzione su alcuni Paesi emergenti a
elevata crescita economica, in particolare India e Brasile. Inoltre,
aggiungerei a livello settoriale una maggiore attenzione ai settori meno
ciclici come telefonici, utility, healthcare e consumer staple o comunque
società ad alto dividendo che in questa fase di atteso rallentamento economico
potrebbero dare maggiore stabilità ai portafogli. In ultima analisi continuiamo
a mantenere una linea di investimento sulle nuove energie e sulle aziende
legate alle soft commodity. Anche se i prezzi di tutti
i prodotti agroalimentari si sono già mossi al rialzo e la domanda rimarrà
interessante anche nei prossimi mesi. Delitala: Come la maggior parte dei
colleghi qui presenti, anche secondo me l'area di investimento più promettente
è rappresentata dagli Usa: il "paziente" più debilitato ma proprio
per questo già in cura. La scommessa relativa si basa anche su valutazioni che
incorporano un margine di sicurezza su possibili delusioni nei profitti attesi,
nonché sul posizionamento degli investitori, con gli americani largamente sottoinvestiti
nel proprio mercato. I settori preferiti sono quelli ad alto contenuto di
proprietà intellettuale, quali il farmaceutico, il biotech o l'information
technology. Chi ha una maggiore propensione al rischio, invece, può fare
acquisti tattici nel settore più penalizzato dalla crisi, ovvero il
finanziario, che offrirà le maggiori opportunità di rimbalzo. Beani: Anche noi
privilegiamo gli Stati Uniti che, grazie alla flessibilità di tale economia e
alla reattività delle autorità monetarie, hanno le maggiori chances di uscire
da questa fase di impasse più rapidamente. Manteniamo inoltre una visione
strategicamente positiva sui mercati emergenti, anche se nel breve abbiamo
riportato alla neutralità la nostra esposizione a tali aree. I mercati meno
preferiti restano Giappone e Regno Unito. In termini settoriali, pensiamo che
una strategia fatta da un mix di settori difensivi con alto dividendo, come
utility, telefonici ed energia, possa offrire un profilo rischio-rendimento
interessante. 4 Qual è invece la vostra visione sul mercato azionario italiano?
Qual è il futuro prossimo di Piazza Affari? Beani: In un contesto
internazionale è difficile pensare a uno specifico caso Italia, perché sono
davvero poche le caratteristiche particolari del nostro mercato nazionale agli
occhi di un grande investitore, comunque portato a prestare più attenzione alla
parte del mondo che vanta i maggiori tassi di sviluppo, ovvero i mercati
emergenti. Anche dal punto di vista dei flussi l'Italia non è particolarmente
attraente. Ciò detto, le valutazioni delle blue chip appaiono interessanti,
soprattutto se si tiene conto della misura dei dividendi distribuiti. Inoltre,
il vero e proprio crollo delle piccole e medie capitalizzazioni nel corso del
secondo semestre 2007 ha
creato molte opportunità di investimento. Caironi: Sono d'accordo che il
vantaggio indiscutibile della Borsa italiana deriva dal fatto che racchiude
aziende con ottimi dividendi e con valutazioni ancora competitive. Ma nella
nostra visione internazionale, tuttavia, l'Italia mantiene un peso
relativamente basso e sicuramente l'impatto della crisi subprime ha inciso in
modo determinante, visto il peso del settore bancario sul listino nazionale.
Rimane di fondo un'economia che cresce sotto la media dell'Eurozona e che, esposta
all'export internazionale, deve fare i conti con un euro più forte e una
maggiore competitività. Trivelli: È vero, Piazza Affari è stata fortemente
penalizzata dalla composizione dell'indice, in cui i titoli finanziari hanno un
peso importante. Un altro elemento penalizzante è dato dalla crisi del
risparmio gestito: il mercato italiano è infatti percepito come locale, in cui
i principali player sono i gestori dei fondi di diritto italiano. Si ha così
una evidente distinzione fra i titoli ad alta capitalizzazione, che hanno ormai
rilevanza a livello europeo, e titoli small cap, le cui performance risentono
degli abbondanti flussi in uscita provenienti dai fondi comuni di investimento.
Delitala: L'Italia quest'anno non si è comportata molto bene. Basti pensare che
Piazza Affari sta sottoperformando il Dax di circa il 30 per cento. E un
risultato tanto misero è derivato dall'aver avuto davvero tutto contro: i
settori maggiormente presenti tra le large cap, ovvero banche e utility,
avevano già vissuto l'attivismo da M&A. Da ultimo la disaffezione per le
small cap ha travolto il resto della capitalizzazione. A livello strutturale il
nostro mercato manca di appeal. Non abbiamo, ad esempio, una Siemens. Noi
facciamo vestiti e questo limita l'interesse dei capitali esteri. L'unica
scommessa può essere proprio il recupero dei finanziari, che rappresenta il
propulsore del 2008, seguito dalle small cap. Battisti: Il fatto che Piazza
Affari sia stata la peggiore Borsa europea può essere in parte giustificato
dalla deludente crescita economica. E le drastiche rivisitazioni al ribasso
delle stime di crescita per l'anno prossimo certo non aiutano. D'altra parte
vediamo al momento molti titoli dalle valutazioni attraenti, sia in valore
assoluto sia relativo, soprattutto tra le small e mid cap che sono state
colpite pesantemente. Anche i titoli a più alta capitalizzazione hanno subìto
una discesa a nostro parere eccessiva e immotivata, con i titoli bancari e
finanziari che hanno avuto un coinvolgimento diretto poco rilevante nelle
vicende dei subprime. Tra i titoli particolarmente attraenti segnaliamo Tenaris
tra le blue chip, e Biesse e Ducati tra le più piccole. Ghilotti: Io direi che
l'Italia è un mercato da private equity, segno di una fortissima attività
imprenditoriale che il mondo ci invidia. Il difetto è che questo valore
potenzialmente non trova sbocco come all'estero: per intenderci, in Usa fa
nascere una Google, qui da noi non succede quasi mai. Mameli: Il mercato
italiano è stato indubbiamente penalizzato dall'esposizione strutturale al
settore finanziario. All'interno di Ubs Global Asset Management pensiamo che
l'azionario italiano non sia da considerarsi a parte, in quanto a parità di
rischio cambio vale la pena diversificare: perciò la view è sull'azionario euro
più in generale. Riteniamo che, al di là di alcune piazze come Olanda e
Irlanda, al momento le valutazioni dell'azionario euro sono tornate care. 5
Quali sono le vostre aspettative sull'andamento dei tassi per Federal Reserve e
Banca centrale europea? Trivelli: Riteniamo che la Bce manterrà i tassi
invariati nel primo trimestre 2008, ponendo una grande attenzione alle
dinamiche inflative e dimostrando una scarsa disponibilità ad andare incontro
alle esigenze del mercato. Solo il deteriorarsi dei dati macroeconomici e
un'inflazione sotto controllo potrebbero far pendere la Banca centrale europea
verso un taglio dei tassi nel secondo trimestre. La Fed, invece, continuerà a
ridurre il costo del denaro anche nella prima parte del 2008, con l'obiettivo
di mantenere la stabilità dei mercati finanziari. La crescita dell'inflazione
sopra il target prefissato, tuttavia, rappresenta un grave fattore di rischio
che la Federal Reserve potrebbe trovarsi a dover fronteggiare, dopo aver
inondato il mercato di liquidità. Battisti: Consideriamo troppo complesso
predire un anno intero di politica monetaria. Limitandoci all'analisi per i
prossimi appuntamenti, constatiamo che entrambe le maggiori banche centrali
sembrano fronteggiare un'accentuazione della pressione inflazionistica. Questo
potrebbe impedire nuovi tagli alla Federal Reserve o comunque limitarne la
possibilità di azione a un quarto di punto, anche nel medio termine. La Bce
potrebbe viceversa decidere per un aumento sempre nell'ordine di un quarto di
punto, nonostante le incertezze sulla crescita. Mameli: In termini di politica
monetaria ci aspettiamo tagli meno rilevanti di quelli che stima il mercato,
sia per la Fed sia per la Bce. La Federal Reserve, pur avendo correttamente
agito privilegiando la responsabilità di evitare un credit crunch globale
rispetto al problema morale di salvare chi ha concesso prestiti senza
controlli, dovrà ora monitorare attentamente anche l'inflazione. Quanto alla
Bce, in un contesto comunque di crescita economica seppur in fisiologico rallentamento,
è probabile che più che tagliare, come il mercato si aspetta, resterà ferma.
Ghilotti: Secondo noi la Fed continuerà a tagliare i tassi. In particolare,
prevediamo altri due interventi nel 2008, con il costo del denaro che potrebbe
scendere al 3,75 per cento. E possibili manovre espansive potrebbero
interessare anche l'Europa, con i tassi Bce al 3,50% a fine 2008. Caironi:
Anche noi crediamo che sia difficile fare delle previsioni sui tassi di
interesse, soprattutto considerando le difficoltà delle banche centrali di
guardare strabicamente, ovvero in parte all'inflazione e in parte alla crescita
economica. Delitala: Noi vediamo un approccio diverso alla politica monetaria
da parte delle due banche centrali. Con la Fed che potrebbe portare i tassi al
3,75% entro giugno e la Bce ferma alla finestra, in quanto ostaggio del trend
in accelerazione dei prezzi causato dalle materie
prime. Beani: Noi, invece, vediamo un taglio di un quarto di punto nel primo
semestre sia da parte della Federal Reserve sia da parte della Banca centrale
europea. 6 Quali sono secondo voi i principali fattori di rischio che
incideranno sui mercati finanziari nel corso del nuovo anno? Beani: Il rischio
principale è che le banche centrali e le autorità di governo sottostimino la
situazione dei mercati del credito, focalizzandosi solo sul rischio inflazione,
che peraltro vediamo in rallentamento nel 2008. Il che potrebbe far deragliare
il nostro scenario di atterraggio morbido. Delitala: La mia lettura è che la
crisi finanziaria innescata dal subprime è ormai più ampia e richieda attivismo
da parte delle autorità di politica economica. Inoltre bisogna mettere fine al
doloroso processo di re-intermediazione del credito da parte delle banche, pena
il danno macroeconomico. Caironi: Partirei dal dollaro Usa, con la debolezza
del biglietto verde che sembra più strutturale che congiunturale. E poi c'è
l'incognita petrolio. La speculazione, infatti, ha dimostrato di poterlo
portare in poche settimane a livelli estremi mai toccati prima, sfruttando
l'effetto rigido dell'offerta e l'accondiscendenza di alcuni produttori.
Ghilotti: In primis sicuramente il credit crunch, che non è stato superato. A
questo dobbiamo poi aggiungere il surriscaldamento delle economie asiatiche,
l'andamento del petrolio, nonché il pericolo immobiliare.
Mameli: Anche io vedo come principale fattore di rischio l'impatto della crisi
subprime. Ma c'è anche il problema delle commodity, la cui ascesa potrebbe
impattare sia sull'inflazione sia sulla crescita dell'economia. Battisti: Il
principale rischio per il 2008 è la possibilità di una fase recessiva negli
Stati Uniti. L'altro rischio preponderante, strettamente legato al primo, è
invece il riaccendersi dell'inflazione, sempre in America, che potrebbe
impedire una politica monetaria espansiva da parte della Fed. Trivelli: Per il
2008, individuiamo in un probabile rischio l'acuirsi della crisi economica,
provocata dal deteriorarsi delle condizioni del mercato del lavoro. Un altro
fattore di rischio, inoltre, è dato dall'inflazione alta, che si mantiene
stabilmente sopra i target prefissati e porta le banche centrali a perdere il
controllo sul mercato. Sulle piazze finanziarie, infine, un'incognita è
rappresentata dalla revisione degli earning, non ancora scontati dal mercato e
che potrebbero portare a importanti correzioni.
( da "Milano Finanza" del 29-12-2007)
Milano Finanza Nell'anno dei subprime SCENARI GLOBALI/1
La crisi dei mutui americani ha dominato la seconda parte del 2007 scatenando
pericoli recessivi di difficile valutazione. L'attività delle banche centrali
ha però frenato gli effetti del crollo di fiducia che ha colpito il settore
bancario. E c'è chi sostiene che il peggio sia alle spalle. Subprime. Tocca a
un termine noto a pochi prima del 2007 la palma della parola chiave sui mercati
finanziari di mezzo mondo. E subprime (letteralmente "un livello inferiore
a quello migliore") sono stati quest'anno non solo i mutui immobiliari
saltati negli Stati Uniti ma anche la performance del dollaro, quella delle
maggiori banche americane sulle quali pendono almeno 100 miliardi di dollari di
svalutazioni dei propri asset, quella di ceo di Wall Street come Stanley O'Neal
di Merrill Lynch e Chuck Prince di Citigroup costretti alle dimissioni in un
settore dove in tre mesi sono stati annunciati 44 mila licenziamenti rispetto
agli 8.300 dell'intero 2006. Un anno di turbolenze e di incertezza, quindi,
capace di fornire record azionari e repentine correzioni. L'indice Dow Jones ha
toccato il record a quota 14.164 il 9 ottobre e in novembre l'oro ha superato
840 dollari l'oncia registrando un balzo del 200% in poco più di sei anni. Ma
dietro ai record si staglia il profilo di un anno segnato da bruschi saliscendi
e tanta volatilità. Il Shanghai Composite, l'indice azionario della maggiore
borsa cinese, ha guadagnato in 12 mesi oltre il 95%, la borsa indiana il 46,5%
e poco meno quella brasiliana al pari di quelle di Istanbul e Tel Aviv. Anche
in Europa si registra una crescita del 21% per il Dax tedesco, mentre sul
versante opposto il Nikkei giapponese registra una caduta del 9% che solo la
Caracas di Hugo Chavez riesce a superare con uno scivolone del 28%.Il 2007
resterà nella storia come l'anno che ha visto il prezzo del petrolio lambire i
100 dollari a barile, il Dow Jones superare quota 14.000, la Federal Reserve
ridurre di un punto base il tasso interbancario dei Fed Funds fino al 4,25%
lasciando a tutti la convinzione di nuovi ribassi in arrivo, i profitti delle
aziende americane calare nel terzo trimestre per la prima volta da cinque anni,
il sindacato dell'auto Uaw accettare il graduale controllo dei programmi di
assistenza sanitaria dei pensionati di General Motors, Ford e Chrysler con il
risultato che nel 2010 avranno 540 mila assistiti ma con costi di produzione
analoghi a quelli delle concorrenti asiatiche. Nel frattempo Cina e India hanno
invece proseguito la loro corsa economica, con crescita a due cifre percentuali,
ma anche registrato segnali di inflazione fino al 6,5% (in Cina) e qualche
isolato scoppio delle varie bolle speculative, soprattutto durante il primo
semestre.Ma se quello dei subprime è il tema dell'anno, due settori del mondo
finanziario hanno dominato rispettivamente il primo e secondo semestre: prima
quello del private equity, che sembrava in grado di conquistare non solo
Chrysler (ceduta dalla tedesca Daimler) ma praticamente ogni altra azienda,
senza limiti di spesa, portando al contempo in borsa i suoi gioielli (come il
Blackstone Group in giugno), mentre ora deve lottare per trovare i
finanziamenti necessari per completare le operazioni annunciate; poi, con il
finire dell'anno, il boom dei fondi sovrani capaci in poche settimane di
assicurarsi quote rilevanti di colossi come Citigroup, Merrill Lynch e Morgan
Stanley. Joseph Quinlan, chief market strategist di Bank of America, ricorda
che a partire dal secondo trimestre 2007 i fondi sovrani hanno già investito
almeno 60 miliardi di dollari in gruppi finanziari occidentali. Una cifra
indubbiamente importante, ma ben poca cosa rispetto ai 2.500 miliardi di
dollari di cui dispongono. Quel che colpisce Quinlan è però il repentino cambio
d'immagine dei fondi sovrani stessi: prima temuti e poco accettati, ora
considerati alla stregua di salvatori benemeriti delle istituzioni in
difficoltà. Il tutto mentre mentre negli Stati Uniti due figure chiave della
politica economica e monetaria stavano vivendo momenti difficili.Se è vero che
in Europa il governatore della Bce, Jean-Claude Trichet, ha gestito con
mirabile freddezza (e probabilmente con efficacia) la crisi di liquidità che a
partire da settembre ha colpito il mondo delle banche, negli Stati Uniti Ben
Bernanke, e la Fed da lui guidata, ha dovuto lottare per difendere la sua
indipendenza, e non farsi dettare dall'andamento dei mercati finanziari le
scelte di politica monetaria. Nel frattempo, il ministro del Tesoro americano,
Henry Paulson, non esitava a benedire il fondo speciale delle banche per fare
mercato sui prodotti derivati meno liquidi: in realtà, l'iniziativa non è mai
partita, ma si è perlomeno riusciti a lanciare un programma di salvataggio per
alcuni dei mutui immobiliari ad alto rischio.E sullo sfondo, almeno negli Stati
Uniti, lo spettro di una recessione cui in questa fine d'anno tutti assegnano
probabilità diverse, ma che ormai tutti considerano un rischio oggettivo. Makka
Pineda, di Rge Monitor, il gruppo di analisi economica di Nouriel Roubini, il
più pessimista tra gli economisti, sintetizza il 2007 come l'anno in cui: 1) è
finita la volatilità moderata sui listini; 2) la crisi finanziaria dei subprime
nata localmente si è estesa con la velocità di un contagio fino a diventare
crisi del credito nel mondo industriale; 3) il Medio Oriente e l'Asia sono
cresciuti, i mercati di Germania e Australia si sono ripresi, mentre quelli di
Spagna, Irlanda, Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno rallentato; 4) il greggio e
i materiali di base hanno toccato prezzi massimi; 5)
il mercato obbligazionario ha registrato prima un balzo in avanti dei
rendimenti per timore dell'inflazione e poi un forte calo nel secondo semestre
quando si è andata imponendo la paura di una recessione; 6) i rendimenti
obbligazionari dei mercati emergenti hanno tenuto e superato quelli dei mercati
più avanzati; 7) l'orso è tornato a minare le borse con correzioni di oltre il
10% rispetto ai massimi dell'anno in Giappone, a Taiwan e negli Stati
Uniti.Gail Dudack, chief investment strategist del gruppo che porta il suo nome
e figura storica di Wall Street, mantiene il suo ottimismo e le sue
raccomandazioni. Per il 2008 preferisce tuttavia restare cauta perché è
convinta che "le incertezze economiche sul fronte dell'inflazione e sul
piano politico peseranno", anche se mantiene target elevati come quota
1.650-1.700 per l'indice S&P500, quota 15.000 per il Dow Jones e 3.000 per
il Nasdaq Composite, con un rischio di calo del 5% e un potenziale di crescita
fino al 15%. Il tutto nell'ambito di un ciclo di bull market che però "comincia
a invecchiare" e dove i settori guida si stanno riducendo al tecnologico e
a quello dell'assistenza sanitaria. Di positivo nel quadro attuale, secondo la
Dudack, c'è che la Fed non ha completato la sua azione sui tassi, che "gli
effetti della crisi subprime sono ampiamente noti, che la valutazione azionaria
non è certo eccessiva, che l'economia e gli utili aziendali
potrebbero sorprendere in positivo e che i prezzi del greggio
potrebbero calare considerevolmente e raffreddare l'inflazione".
Viceversa, sul fronte opposto "restano il rischio di recessione, una
scarsa fiducia nella Fed, la probabilità di ulteriore debolezza nei prezzi delle case e la quasi certezza di ulteriori cattive notizie dal settore
finanziario, una debolezza del dollaro che può avere conseguenze
negative sulla crescita globale, un'inflazione nei prezzi
alimentari che può sostituire quella legata ai prezzi
dell'energia e un ciclo elettorale che potrebbe portare novità sul fronte
fiscale". Kevin Caron, strategist della Stifel Nicolaus, è altrettanto
cauto ma ricorda che tutti i recenti eccessi sul fronte degli investimenti, nel
settore immobiliare, nei mercati emergenti, nei
mercati del credito e le materie prime non si sono verificati che in misura
marginale nel mercato azionario americano. Anzi, non si può escludere che,
superata la volatilità e l'incertezza inevitabile in una fine d'anno nuovamente
insanguinata dalle stragi del fondamentalismo islamico, nel 2008 torni
l'appetito per i listini azionari. (riproduzione riservata) Milano Finanza Numero
257, pag. 6 del 29/12/2007 Autore: Andrea Fiano da New York.
( da "Mattino, Il (City)" del 29-12-2007)
Claudio Claudi L'Italia è dietro, molto dietro,
rispetto all'Europa per quel che riguarda le politiche dell'housing sociale.
Secondo l'ultimo rapporto Nomisma in Italia, nel 2004, sono state edificate
1.900 abitazioni "popolari" contro le 70mila della Francia e le
30mila della Gran Bretagna. Questo fa sì che nelle più evolute realtà europee
l'attenzione verso l'edilizia sociale consente ai meno abbienti di affittare
una casa a costi che rappresentano non più del 30-35% delle entrate. Prova ne è
che mentre in Germania il 57% vive in affitto, in Francia il 40% e in
Inghilterra il 30%, in Italia la percentuale scende al 18,8%. A Napoli una
famiglia in cui entra un solo reddito, che secondo i dati della Unioncamere
raggiunge un importo medio annuo di 13mila euro (contro una media nazionale di
circa 20mila euro), subisce una situazione paradossale: ovvero per fittare un
appartamento di 80
metri quadrati, quasi sempre in mediocri condizioni e
fuori mano, deve impegnare circa il 90% del reddito. La cosa più odiosa è che
c'è in questa situazione chi specula e si arricchisce. Prendiamo il caso di
quei proprietari di case al limite della fatiscenza
che lucrano sulla pelle di studenti fuori sede che devono sopportare alti costi
per poter fruire di un posto letto in uno spoglio ambiente da condividere con
altri 2 o 3 colleghi. Situazioni che fruttano ai proprietari
migliaia di euro in nero al mese per immobili che, senza la gravissima
emergenza abitativa e senza la artata bolla immobiliare
che ne scaturisce, dovrebbero valere poche decine di migliaia di euro.
Finalmente anche la Regione Campania sembra accorgersi di questo sconcio. È di
questi giorni l'annuncio dell'assessore Teresa Armato dello stanziamento di 90
milioni di euro, in tre anni, per il potenziamento delle infrastrutture
al servizio degli studenti. SEGUE A PAG. 41.
( da "AprileOnline.info" del 31-12-2007)
Stefano Rizzo, 28 dicembre 2007 L'Approfondimento Lo
stallo politico nel Congresso, lo stillicidio di morti nei teatri di guerra, la
precarietà nell'economia, la mancanza di un sistema sanitario per tutti, il
fronte caldo dell'immigrazione: gli americani sanno che nei prossimi 12 mesi
tutto questo potrebbe non cambiare e perciò, forse, già sperano e sono
proiettati al 2009 e ad una nuova presidenza Come sarà il 2008 negli Stati
Uniti? Sarà un anno di incertezza e di attesa. Da molti anni l'opinione
pubblica è divisa e indecisa su quasi tutto: sulla guerra, che ha voluto a
grandissima maggioranza e adesso ripudia; sull'economia, che tira ma non
produce frutti apprezzabili per la gente comune; sulla politica, che promette
cambiamenti, ma non si capisce bene quali e in ogni caso sono di là da venire;
sulla natura stessa della collettività nazionale, del patto di convivenza tra
cittadini, che non si sa più se deve ispirarsi al primato della religione, come
pretendono gli evangelici, o al primato della ragione, come vorrebbero i laici.
L'incertezza regna sovrana in economia e durerà ancora a lungo. Secondo gli esperti finanziari la crisi dei mutui seguita allo scoppio della bolla immobiliare provocherà effetti negativi su tutto il mercato finanziario e
azionario ancora per un paio d'anni. Se il governatore della Federal Reserve
Fred Bernanke non si pronuncia e si limita ad abbassare i tassi, l'ex
governatore Alan Greenspan annuncia che ci sono probabilità di recessione al 50
per cento. I consumi tirano, trainati dagli acquisti natalizi, ma
l'inflazione ha raggiunto il livello allarmante del 4,3 per cento, il doppio di
un anno fa, e minaccia i già bassi salari. Decine di migliaia di famiglie sono
costrette a rinunciare alla propria casa perché non possono pagare i mutui. Quaranta
milioni di persone continuano ad essere senza assistenza sanitaria e a
rivolgersi ai pronto soccorso per le cure di urgenza. Il ceto medio (il 58 per
cento dei cittadini) è quello più colpito e ha sempre più difficoltà a pagare
l'assistenza sanitaria per la famiglia e l'istruzione superiore per i figli. I
poveri stanno sempre male, dal momento che il reddito del quintile più basso è
aumentato in tre anni di soli 200 dollari (senza contare l'inflazione). Mentre
i ricchi stanno sempre meglio: nello stesso periodo l'uno per cento più ricco
della popolazione ha aumentato il proprio reddito di quasi 500.000 dollari. E
questo grazie alla "riforma" fiscale voluta dall'amministrazione Bush
nel 2003 che ha detassato i dividendi e i redditi da capitale, cosicché
quell'uno per cento più ricco paga al fisco il 19 per cento del proprio reddito
contro il 32 per cento di tutto il resto della popolazione. Se l'economia sta
male, la politica non sta meglio. I democratici hanno vinto le elezioni
congressuali dell'anno scorso, ma non hanno la maggioranza per battere
l'ostruzionismo sistematico dei repubblicani (il GOP, il Grand Old Party -il
partito repubblicano- è stato ribattezzato il Gran Partito Ostruzionistico) e
tanto meno per contrastare il veto presidenziale. Il risultato è la paralisi
legislativa. A fine dicembre neppure il bilancio dello stato è stato approvato.
I democratici hanno dovuto rinunciare ad attuare il loro programma di aumento
delle spese sociali, e il loro ambizioso piano di risparmio energetico. Volevano
fermare la guerra e fare tornare a casa i ragazzi, ma si sono dovuti acconciare
a votare stanziamenti sempre maggiori per le truppe e per la
"difesa". Ma neppure Bush riesce più a fare molto. Aveva promesso
all'inizio del suo secondo mandato grandi riforme - immigrazione, sicurezza
sociale- per lasciare un segno della sua evanescente presidenza, ma ha dovuto
rinunciare per le divisioni interne nel suo partito. Ormai si limita a porre o
a minacciare il veto sulle proposte della maggioranza: spese di guerra, spese
sociali, piano energetico, assistenza sanitaria per i bambini, lotta all'AIDS.
In politica estera sta cercando di riconvertirsi a posizioni più dialoganti, ma
i risultati delle timide aperture sul riscaldamento globale a Bali o della
conferenza per la pace tra israeliani e palestinesi ad Annapolis si vedranno -
se si vedranno - tra un paio d'anni. C'è poi, ad aumentare l'incertezza e la
disaffezione dell'elettorato, il capitolo corruzione. In questi ultimi anni gli
Stati Uniti sono stati squassati da scandali finanziari, il fallimento di
grandi e potenti società, come la Enron, la Worldcom, la Tyco, che foraggiavano
il partito repubblicano; da scandali politici, come quello Abramoff-DeLay, che
hanno messo in luce, ammesso che ce ne fosse bisogno, l'intreccio corruttivo
tra le lobby economiche e il potere politico. I democratici avevano promesso di
fare pulizia, ma a tutt'oggi si sono limitati ad una modesta legge che vieta ad
un ex parlamentare di fare attività di lobby prima di due anni dalla fine del
mandato. Sul piano dei "valori morali", sui quali i repubblicani,
spalleggiati dal mondo evangelico, avevano fondato la loro strategia di
vittoria, il marasma è totale. Non solo gli scandali sessuali (omosessuali) che
hanno coinvolto influenti parlamentari repubblicani (Mark Foley, Larry Craig)
campioni dell'omofobia, ma anche la Chiesa cattolica (i numerosi e costosissimi
processi per pedofilia) e perfino organizzazioni collaterali come i Boy Scouts
of America. Da ultimo la fobia sessista dell'amministrazione ha ricevuto due
duri colpi, consistenti l'uno in una lettera di un gruppo di generali che
chiedono che finisca la discriminazione contro gli omosessuali nell'esercito,
l'altro in un rapporto del National Health Institute che rivela come sia completamente
fallita "la strategia dell'astinenza" propagandata a suon di
centinaia di milioni dall'amministrazione, dal momento che nel 2006, per la
prima volta in molti anni, le ragazze madri (sotto i 18 anni) sono aumentate
del tre per cento. Quanto alle due guerre, che tutti considerano ormai perdute,
quella in Iraq e quella in Afghanistan, l'elettorato preferisce non pensarci
più. Mentre qualche mese fa la guerra era al primo posto nelle preoccupazioni
della gente, oggi viene considerata ancora un problema importante, ma molto
meno rispetto ad altri più pressanti, come l'economia, l'assistenza sanitaria e
l'immigrazione. Il fatto è che le polemiche hanno stancato tutti (e in questo
la strategia di Bush di "tenere duro" ha funzionato). Ci sono state
denunce di atrocità, denunce di torture, violazioni della costituzione,
rivelazioni ogni giorno più sconvolgenti. Ci sono state condanne, inchieste
parlamentari, sentenze della Corte suprema, ma nulla è cambiato. I democratici,
timorosi di apparire antipatriottici, si sono rassegnati ad aspettare. I
repubblicani non ne parlano, eccetto per ripetere la litania della "grande
guerra globale al terrorismo", cui nessuno più crede (la preoccupazione
per il terrorismo dopo sei anni senza attentati è scesa agli ultimi posti nelle
preoccupazioni comune). La famosa "surge" (montata), l'aumento delle
truppe, ha prodotto in Iraq qualche risultato nel diminuire gli episodi di
violenza e contenere le perdite americane, ma l'opinione degli esperti è che si
tratta di un fenomeno transitorio, risultato di una tregua tra le varie fazioni
sciite e sunnite, che sono pronte a riprendere le ostilità non appena gli
americani se ne andranno. In ogni caso, se stabilizzazione ci sarà, sarà molto
lontana dagli obbiettivi magniloquenti di "democratizzazione del
Medioriente". In Iraq sarebbe già un successo avere un regime autoritario
che mantenga un tappo sulla violenza in un paese spaccato in tre. Quanto
all'Afghanistan, dopo sette anni di combattimenti i talebani controllano larga
parte del territorio e la situazione in termini di sicurezza e di
consolidamento delle istituzioni è semmai peggiorata. Possono gli americani
aspettarsi qualcosa di nuovo dalle elezioni, una svolta nella vita politica?
Forse sì, ma certamente non prima del 2009 inoltrato. Per tutto il 2008
continuerà la campagna elettorale iniziata già da un anno. Per la prima parte
del 2008 continueranno ad affrontarsi con toni sempre più acrimoniosi i
candidati dei due partiti per conquistare la nomination che sarà formalizzata
nelle convenzioni di fine agosto-primi di settembre. Poi ci sarà la campagna
elettorale vera e propria che terminerà - forse- con le elezioni del 4
novembre, a meno che anche questa volta non ci sia uno strascico di polemiche,
contestazioni, e ricorsi alla magistratura. In ogni caso volerà fango a palate,
non diversamente da altre elezioni, ma forse di più quando i repubblicani si
renderanno conto che stanno per perdere e i democratici che potrebbero non
vincere. Per tutto questo periodo in ogni caso continuerà la situazione di
stallo nel Congresso, lo stillicidio di morti nei teatri di guerra, la
precarietà nell'economia. Gli americani sanno (o dovrebbero sapere) che nei
prossimi 12 mesi non avranno una legge sull'immigrazione che regolarizzi o
decida qualcosa per i 12 milioni di immigrati clandestini; sanno che non ci
sarà una riforma sanitaria che assicuri un minimo di assistenza a chi non ce
l'ha; sanno che non ci sarà un piano energetico che riduca i consumi di
petrolio e l'inquinamento e che metta sotto controllo il prezzo della benzina e
del gasolio da riscaldamento; sanno, o dovrebbero sapere, che la criminalità
rimarrà ai livelli più alti del mondo civile e che 30.000 uomini, donne e
bambini moriranno a causa dei 200 milioni di armi da fuoco in circolazione.
Sanno che tutto questo e molto altro non cambierà per tutto il 2008 e quindi,
probabilmente, vorrebbero che il 2009 arrivasse presto.
( da "Gazzettino, Il" del 02-01-2008)
Il 2008 si apre nel segno dell'incertezza, a partire
dalla crisi dei mutui subprime i cui effetti non sono ancora completamente
circoscritti Aria di crisi sulle Borse, ma anche buone occasioni La scommessa
dei gestori dei Fondi è riuscire ad invertire il trend di riscatti, in un
contesto tutt'altro che agevole Si è appena chiuso un anno piuttosto
controverso, segnato - specie nella seconda parte - da eventi che hanno inciso
negativamente sull'economia: crisi dei mutui subprime (concessi
a clienti poco solvibili) e conseguente scoppio della bolla immobiliare
Usa, calo della produttività, possibile recessione americana, incertezza sui
movimenti dei tassi, aumento del prezzo di petrolio, grano, soia, oro (tutti ai
rispettivi massimi storici), solo per citarne alcuni. Stando così le cose, come
si prospetta il nuovo anno? Difficile, in queste condizioni, azzardare
delle previsioni: stiamo attraversando una fase di profondi cambiamenti
strutturali. Quello che si può senza dubbio affermare è che l'estate scorsa, in
seguito alla crisi del mercato immobiliare e
creditizio americano, si è riaffacciato, negli Stati Uniti, il timore di una
recessione. Le crisi immobiliari negli Stati Uniti, con l'eccezione del 1967,
hanno sempre portato alla recessione. E un analogo effetto aveva provocato lo
shock creditizio negli anni Novanta e quello petrolifero nel 1973. La crescita
mondiale di quest'anno, poi, dovrebbe essere più bassa di un punto percentuale
rispetto al 2006. Un altro problema è possibile deterioramento dei profitti nei
prossimi 12 mesi delle maggiori aziende. La frenata degli utili è data per
scontata dalla maggior parte di esperti. Quanto all'Europa, si torna a parlare
di inflazione. Accantonata per l'arrivo di prodotti d'importazione a basso
costo dai Paesi Emergenti e grazie al contenimento degli aumenti salariali,
essa si è prepotentemente riaffacciata sulla ribalta. Grano e petrolio, come
tante altre materie prime, sono in questo momento richiesti a piene mani da
India e Cina, andando ad alimentare un'inflazione che ora comincia
tangibilmente a percepirsi. Ma non basta. La citata crisi dei mutui subprime ha
minato gli equilibri dei mercati finanziari. La liquidità - già da tempo -
scarseggia. I tassi a breve, così, si alzano e le banche centrali sono
"costrette" ad immettere denaro nel sistema perché gli operatori
finanziari non si prestano più i quattrini come prima. Gli istituti centrali
stanno agendo per evitare uno shock di liquidità. Nonostante il quadro
tratteggiato, in questa situazione si possono comunque mettere a segno buoni
affari. Esperti ed analisti finanziari consigliano anzi di approfittare degli
attuali bassi prezzi per posizionarsi con strategie di
lungo termine. Negli Stati Uniti il vero sostegno dei mercati è rappresentato
dalla spesa privata che continua ad essere elevata (2/3 del pil) che sostiene
molti comparti, in particolare la grande distribuzione. E' questo il comparto
che sembra avere buone prospettive future. Così come piace anche il settore
bancario, ripulito dagli scossoni estivi. Restano, poi, gli interrogativi
legati all'andamento del prezzo del petrolio e alla crisi dei mutui subprime di
cui ancora oggi manca una precisa contabilità. Le perdite a livello mondiale
potrebbero essere comprese tra 200 e 500 miliardi di euro. Quanto all'Europa,
la Banca centrale ha lasciato intendere che per un po' non toccherà i tassi di
interesse. Ciò dovrebbe avvantaggiare tutto il comparto obbligazionario. In
Borsa, intanto, hanno ripreso slancio i titoli del settore auto e, grazie alla
ripresa delle materie prime, di quello minerario. Per finire, anche nel
continente asiatico continua a pesare l'incertezza: la Bank of Japan parrebbe
intenzionata a tagliare i tassi per la prima volta da 6 anni a questa parte. I
mercati azionari, in questo distretto, sembrano avere un occhio di riguardo per
le corporate con elevata propensione all'export. I mercati azionari cinese ed
indiano, invece, dovrebbero essere specchio di una crescita che rallenterà ma
non tanto da far ipotizzare violenti storni. Per concludere, quindi, un anno
nuovo che non nasce in uno scenario particolarmente positivo. Sarà difficile
per l'industria del risparmio gestito fermare l'emorragia di riscatti.Dianella
Lo Martire.
Economia
Usa, le ombre sulla ripresa mondiale ( da "Sole 24 Ore Online, Il" del 28-12-2007)
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del 28-12-2007)
Di Michele De Gaspari commenti - | | 28 dicembre 2007
I conti economici americani nel 2007 Epicentro della crisi finanziaria-immobiliare, gli Stati Uniti sembrano reggere meglio del
previsto le conseguenze sul settore reale dell'instabilità dei mercati. Ma gli
effetti più rilevanti si vedranno nel 2008. Se il rallentamento dell'economia
americana ha avuto origine nel settore immobiliare e
delle costruzioni, i suoi effetti hanno ormai incominciato a indebolire la
domanda interna di consumatori e imprese, in un contesto di diffuse tensioni
sui mercati finanziari. Le conseguenze sul resto del mondo non sarebbero più
limitate, una volta che la frenata si estendesse ai consumi e agli investimenti
in beni strumentali, data la forte integrazione nel commercio e nella finanza
globale. Le preoccupazioni e l'incertezza sugli scenari di crescita sono,
pertanto, evidenti nella politica monetaria della Federal Reserve che, dopo tre
ribassi consecutivi nei tassi d'interesse ufficiali in un trimestre, considera
per la prima volta da metà 2006 i rischi di recessione prevalenti su quelli di
una maggiore inflazione. La crisi del mercato immobiliare
potrebbe ancora accentuarsi e trasferirsi sugli altri settori dell'economia,
che a partire dal quarto trimestre 2007 e almeno fino a metà del 2008
mostreranno una crescita molto debole, senza trascurare le spinte al rialzo
sull'inflazione, che continueranno a venire dagli elevati prezzi
dell'energia e delle materie prime. Sulle prospettive di sviluppo avrà, poi,
un'incidenza non trascurabile anche la restrizione del credito. Dopo aver
archiviato i primi tre quarti del 2007 con una crescita media annua del 2,1%
(rispetto allo stesso periodo del 2006), il Pil americano dovrebbe scendere
verso l'1% annualizzato nel quarto trimestre, in forte rallentamento rispetto
alla parte centrale dell'anno, quando l'incremento era stato superiore al 4%,
sempre in termini annualizzati. Il principale contributo alla crescita è venuto
dai consumi privati e dalle esportazioni nette, mentre è stato negativo
l'apporto degli investimenti fissi, a causa della caduta della componente
residenziale, in progressivo deterioramento dalla fine del 2005. Negli ultimi
mesi si sono intensificati, in particolare, i segnali di incertezza, anche
oltre le attese, su cui pesano i fattori di rischio
principalmente legati agli effetti dello sgonfiamento della bolla immobiliare, con le inevitabili
ripercussioni sul settore del credito ai privati e alle imprese (credit crunch).
La crisi del mercato dell'edilizia avrà conseguenze depressive sul resto
dell'economia, accentuando la fase di relativa debolezza dell'attività
manifatturiera. Il settore immobiliare
americano condiziona, dunque, l'evoluzione congiunturale, in cui assume grande
rilevanza la situazione finanziaria delle famiglie, per la difficoltà di molte
di esse a onorare i debiti contratti (mutui subprime), con negativi riflessi
sulla spesa per consumi. Un altro elemento di rischio viene, inoltre,
dall'aumentata volatilità (e turbolenza) dei mercati finanziari internazionali.
Se è improbabile che la crisi del mercato immobiliare
porti a uno stato di recessione dell'economia, i suoi effetti non saranno,
però, facili da smaltire e ciò significherà, in ogni caso, una prosecuzione per
alcuni trimestri del rallentamento in atto nella crescita Usa, con un tasso di
espansione del Pil non superiore al 2% annuo, al di sotto del potenziale. Si
tratta di elementi di criticità dell'economia americana, i cui sviluppi non
avranno prevedibilmente pesanti conseguenze sulla congiuntura internazionale,
dato il ruolo ormai molto rilevante dei paesi emergenti, a cominciare dalle
grandi economie asiatiche (Cina e India in testa), che continueranno a
sostenere la crescita del Pil mondiale. La Fed tra inflazione al rialzo e bassa
crescita In questo scenario le attese per il 2008 sono per una contenuta
decelerazione dell'economia mondiale, dopo il brillante consuntivo dell'anno
precedente. Negli Stati Uniti, in particolare, il rallentamento che caratterizza
l'ultimo scorcio del 2007 dovrebbe proseguire nel corso del prossimo anno, con
un aumento medio del Pil intorno al 2%, ma in modesta accelerazione nella
seconda metà del periodo. La produzione industriale americana ha concuso il 2007 in sostanziale
stagnazione, così come le aspettative degli imprenditori mostrano da alcuni
mesi segni di deterioramento, dopo aver abbandonato il cauto ottimismo
prevalente fino all'inizio dell'estate. Il clima di fiducia delle famiglie, a
sua volta, mette in evidenza un'evoluzione altalenante ma con tendenza a
flettere, dove l'effetto della caduta dei valori immobiliari sembra essere
bilanciato dall'andamento ancora soddisfacente del mercato del lavoro e dalla
tenuta dei salari reali. La dinamica dell'occupazione dipendente, pur in
decelerazione nei dati mensili, si mantiene in linea con le attese di un
proseguimento della crescita del Pil a ritmi più contenuti, che non escludono
però improvvise frenate e contestuali battute d'arresto. La politica monetaria
seguita dalla Fed appare, pertanto, coerente con la prospettiva di
"atterraggio morbido", che mette in conto una sequenza di interventi
al ribasso sui tassi d'interesse ufficiali (oggi al 4,25%) nel breve termine,
fino a un probabile livello del 3,50% verso metà 2008, rispetto al 5,25%
fissato nel giugno 2006. L'orientamento
della Banca centrale americana sembra, infatti, meno condizionato dal controllo
delle aspettative di inflazione, già preoccupazione dominante nel recente
passato, mentre guarda piuttosto alle incognite sull'indebolimento della
crescita. Data la perdurante incertezza sugli sviluppi congiunturali, i tassi
d'interesse dovrebbero continuare la fase di discesa controllata, senza
cambiamenti di rotta a breve da parte dell'autorità monetaria. Un ulteriore
taglio dei tassi nel contesto in cui l'inflazione non sta affatto rallentando,
anzi nella sua componente di fondo rimane significativamente superiore al 2%
annuo, è sostenibile solo alla luce dei prevalenti rischi al ribasso nella
crescita.
Una
spirale di sfiducia ( da "Giornale di Brescia" del 27-12-2007)
Merrill lynch, ok all'ingresso di singapore - arturo zampaglione ( da "Repubblica,
La" del
27-12-2007)
( da "Giornale di Brescia" del
27-12-2007)
Edizione:
27/12/2007 testata: Giornale di Brescia sezione:ECONOMIA Una spirale di
sfiducia L'ANALISI / 3 di Giovanni Vigo Il compito degli operatori di Borsa è
quello di infondere ottimismo perché, in caso contrario, i loro affari si
assottigliano. Nei primi mesi del 2007, quando i mercati incominciavano a
mostrarsi inquieti, non hanno esitato a rassicurare gli investitori. La Borsa
aveva corso molto e il denaro facile non poteva durare all'infinito. Per di più
i consumi delle famiglie americane non potevano sostenersi permanentemente sul
credito e una bolla immobiliare era in agguato. Ma ai
loro occhi tutti questi ingredienti non preludevano a nulla. Ad innescare la turbolenza è stata la crisi dei subprime
americani, i prestiti sottostanti agli acquisti di immobili che hanno inguaiato
milioni di famiglie. Le stesse banche hanno pagato il prezzo della loro
imprudenza: alcune hanno subìto modeste perdite, altre hanno dovuto tagliare i
profitti e altre ancora - è il caso della Northern Bank - sono fallite.
Quando il mondo della finanza è messo a soqquadro si ingenera una spirale di
sfiducia perché nessuno è in grado di delimitare i confini delle crisi. Per
attenuare i rischi di un tracollo le banche centrali stanno coordinando i loro
interventi iniettando dosi di liquidità. Forse passeremo indenni fra queste
turbolenze, ma c'è anche chi prevede scenari molto più cupi. Pochi giorni fa
Nouriel Roubini ha scritto: "Come sempre, quando gli Stati Uniti
starnutiscono, il resto del mondo si prende il raffreddore: in questo caso,
però, gli Stati Uniti non soffriranno solo di un comune raffreddore, ma
andranno incontro ad una polmonite". Roubini adduce più di una ragione a
sostegno del suo pessimismo: le perdite subite dagli istituti finanziari, il
crollo dei prezzi degli immobili, la contrazione della
domanda, l'elevato prezzo del petrolio, l'indebitamento delle famiglie. Si
racconta che nel 1907 J. P. Morgan avesse fatto cessare il panico "non
solo invocando fondi pubblici e privati. ma inducendo anche il clero di New
York a pronunciare sermoni atti a ridare fiducia e incoraggiamento". John
Kenneth Galbraith, che riporta questo episodio, si mostra piuttosto scettico
sulla sua veridicità. In fondo, osserva, le crisi si possono risolvere senza
scomodare il Padreterno.
( da "Repubblica, La" del 27-12-2007)
Economia Merrill
Lynch, ok all'ingresso di Singapore La banca d'affari cede a GE il credito alle
imprese. Tonfo dei prezzi delle case Usa ARTURO
ZAMPAGLIONE NEW YORK - Un ulteriore crollo dei prezzi
immobiliari ha frenato ieri gli entusiasmi di Wall Street per le operazioni di
salvataggio delle banche condotte dai fondi sovrani, e in particolare per
l'ingresso di Singapore nel capitale della Merrill Lynch, la più grande
multinazionale della finanza. Mentre lunedì il Dow Jones aveva avuto una
fiammata pre- natalizia, salendo di 98 punti, ieri a un'ora dalla chiusura
perdeva lo 0,04 per cento a quota 13.543. Sull'andamento borsistico ha anche
pesato la debolezza delle vendite di fine anno, che hanno superato solo di
stretta misura quelle del 2006 (+3,6 per cento secondo Master card spending
pulse). Non c'è dubbio che il recente dinamismo dei fondi sovrani medio-orientali
e asiatici sia servito da terapia d'urto per la crisi dei subprime. Ad
eccezione della Goldman Sachs, quasi tutti gli istituti bancari e finanziari di
Wall Street sono ancora piena di crediti legati a quei mutui traballanti. Il
piano di Bush e le iniezioni di liquidità della Federal Reserve e delle banche
centrali europee hanno alleggerito i problemi. Ma la vera ventata di ottimismo
è arrivata con il massiccio ingresso dei fondi sovrani nei capitali di
Citigroup, Morgan Stanley, Ubs e Merrill Lynch. Quest'ultima ha venduto per 5
miliardi di dollari di azioni poco meno del 10% del suo gruppo al Temaske
holding, un fondo di 100 miliardi di dollari di assets che fa capo al governo
di Singapore, e un'altra fetta di 1,2 miliardi al fondo americano Davis
Selected Advisors. Ha anche ceduto alla General electric un'attività di
finanziamento per le attività commerciali. Queste mosse diluiranno del 12 per
cento le partecipazioni degli attuali azionisti. Lo scopo del numero uno
Merrill Lynch John Thain è chiaro: rafforzare il capitale di fronte alle
massicce perdite legate ai subprime, che, secondo gli analisti, porteranno tra
breve ad un'altra svalutazione di 8 miliardi di dollari. Le operazioni della Merrill Lynch confermano anche la gravità e la persistenza
della crisi dei subprime, che sei mesi fa ha cambiato gli scenari della finanza
mondiale. Tutto è cominciato quando lo scoppio della bolla immobiliare,
dopo che i prezzi del mattone erano saliti a livelli record, ha portato alla
scoperta di una fauna di mutui concessi negli Stati Uniti senza adeguate
garanzie e poi rivenduti in giro per il mondo sotto sembianze diverse. E
anche se nei mercati non c'è più la stessa atmosfera di paura, spesso di
panico, di qualche mese fa, i prezzi della case non danno segni di miglioramento. A ottobre, secondo
l'indice pubblicato ieri, i valori immobiliari sono scesi del 6,7 per cento
rispetto all'anno precedente in dieci grandi città americane. La più colpita:
Miami, con una flessione del 12,4 per cento. Nel complesso si tratta del calo
più significativo degli ultimi venti anni, cioè da quando fu creato l'indice.
L'economia
frena la corsa
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 21-12-2007)
Borse,
questo Natale c'è poco da festeggiare ( da "Morningstar IT" del 21-12-2007)
Gran bretagna oltre i tories e il labour ( da "Riformista,
Il" del
22-12-2007)
Una
finestra sul mercato ( da "Italia Oggi" del 22-12-2007)
Effetto insicurezza sui prezzi delle case ( da "Sole
24 Ore, Il" del
24-12-2007)
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 21-12-2007)
Centro-Nord sezione: CENTRO NORD data: 2007-12-19 -
pag: 1 autore: Congiuntura. Per Unicredit-RegiosS-Econometrica la crescita a
settembre non supera lo 0,7% annuo L'economia frena la corsa Dinamiche
Emilia-Romagna e Marche, Umbria in affanno Rallenta la corsa l'economia del
Centro-Nord nel terzo trimestre dell'anno. L'indicatore di attività economica
contenuto nell'indagine UnicreditRegiosS-Econometrica (elaborato sulla base di
39 variabili provenienti da diverse fonti), pur restando su valori positivi in
tre regioni su quattro nell'area, manda segnali non ottimistici. L'andamento è
infatti decrescente rispetto ai primi due trimestri dell'anno e mostra valori
compresi fra lo 0,35% della Toscana e lo 0,7% dell'Emilia-Romagna, passando per
lo 0,5% delle Marche. L'Umbria è l'unica regione in terreno negativo (-0,2%)
pur presentando una dinamica in controtendenza, considerando il -0,3%
registrato dall'indice di attività economica di luglio e di agosto. L'Osservatorio RegiosS dell'Università di Bologna individua le
cause di questo rallentamento soprattutto nello stato di salute del quadro
economico mondiale, con la crisi di liquidità americana trascinata dalla bolla immobiliare, il caro-petrolio, l'apprezzamento dell'euro sul dollaro.
Guardando alla dinamica dell'area, le immatricolazioni di auto hanno segnato in
settembre valori in aumento in Umbria e Marche, al contrario di Emilia-Romagna
e Toscana. L'andamento degli ordinativi è risultato in calo in tutte le
regioni, tranne l'Emilia-Romagna, che comunque ha registrato un livello
stagnante. Le previsioni per l'andamento futuro dell'economia, infine, non sono
improntate all'ottimismo. "è dovuto alla particolare prudenza degli imprenditori
nel Centro-Nord" afferma Valeriano Balloni, vicepresidente Istao. Gli
economisti del CentroNord, da parte loro, considerano non preoccupante il
rallentamento, considerato significativo, invece, di una ristrutturazione del
sistema imprese. Servizi u pagina 2
l'articolo prosegue in altra pagina.
( da "Morningstar IT" del 21-12-2007)
| 21/12/2007 L'indice Msci World nell'ultima
settimana ha perso l'1%, ma sul finire dell'ottava ci sono stati segni di
recupero. Sui listini pesano ancora i subprime e la difficile situazione degli
Usa. Per gli analisti bisogna seguire chi in passato ha sconfitto la
volatilità. Le Borse mondiali sembrano aver dimenticato un classico di fine
anno: il rally. L'indice Msci World nell'ultima settimana ha perso l'1%
(calcolato in euro). Gli elementi che pesano sulle piazze
finanziarie globali sono sempre i soliti da questa estate: crisi dei mutui
americani subprime, scoppio della bolla immobiliare
Usa, possibile recessione americana e incertezza sui movimenti dei tassi. La
situazione, comunque, sembra essere leggermente migliorata sul finire
dell'ottava. Secondo gli analisti, in ogni caso, in questa situazione si
possono fare buoni affari. "Molti investitori preferiscono
ripararsi nel porto sicuro di alcune azioni o delle obbligazioni" dice
Justin Fuller di Morningstar. "Secondo noi, invece, sarebbe meglio
approfittare della situazione per posizionarsi con strategie di lungo
termine". Ma come? Il consiglio dell'analista è quello di scegliere
gestori che abbiano avuto buone performance in passato. Soprattutto nei periodi
di alta volatilità. "Se diamo un'occhiata a come si stanno comportando
adesso notiamo che alcuni hanno spostato una parte dei loro portafogli su
comparti particolarmente colpiti come quello dei finanziari. Altri sono
riusciti a ottenere capitali freschi dai loro sottoscrittori da investire
agevolmente grazie alle basse valutazioni. Altri ancora infine, preferiscono
avere in mano una buona liquidità per speculare molto velocemente su titoli che
ritengono interessanti. Insomma, c'è n'è per tutti i gusti". Stati Uniti
Lo shopping di Natale ha rischiarato un po' la situazione congiunturale
americana. Secondo il Dipartimento del commercio, a novembre la spesa al
consumo è cresciuta dell'1,1% contro il +0,4% (rivisto) di ottobre. Il dato è
superiore al +0,7% atteso dagli analisti interpellati da Bloomberg. Le famiglie
americane, spiega un report, hanno approfittato di un leggero aumento (0,4%)
degli stipendi per anticipare gli acquisti natalizi. In questo scenario, dicono
gli analisti, si raffreddano i timori di una recessione. Almeno, fino all'anno
prossimo. Ad approfittare di questo fugace rasserenamento sono stati i titoli
della grande distribuzione e, in parte, del comparto finanziario. In generale,
avvertono però gli operatori, restano i punti interrogativi legati
all'andamento del prezzo del petrolio e alla crisi dei mutui subprime di cui si
avrà il quadro completo fra la fine dell'anno e l'inizio del 2008. Europa
L'indice Msci del Vecchio continente nell'ultima ottava ha perso più dell'1,5%.
Il precario stato di salute degli Stati Uniti, alla lunga ha contagiato anche
questa parte dell'Oceano. La Banca centrale europea ha fatto capire che non
toccherà i tassi di interesse ancora per qualche tempo e questo ha permesso
alle imprese di tirare un po' il fiato. Alcune fra le più grandi, soprattutto
nel comparto industriale, hanno approfittato del periodo difficile per varare
piani di ristrutturazione. Secondo gli analisti si tratta, comunque di
strategie di corto respiro. I licenziamenti e i prepensionamenti faranno bene
ai conti nel breve periodo ma, nel medio lungo complicheranno il quadro macroeconomico.
In Borsa hanno comunque ripreso slancio i titoli del settore auto e, grazie a
una ripresa delle materie prime, di quello minerario. Asia L'indice Msci
dell'area nelle ultime cinque sedute ha perso il 3,7%. Sul continente asiatico
continua a pesare l'incertezza che regna nelle altre macroaree che spinge gli
investitori a un atteggiamento prudente. Sul finire dell'ottava, tuttavia, è
stata registrata una leggera ripresa dovuta principalmente alla tenuta del
comparto tecnologico. Questo ha fatto sperare in un recupero più generale delle
esportazioni. Resta da capire cosa succederà in Cina. Pechino ha già annunciato
di voler mettere un freno alla crescita congiunturale, ma non sarebbe la prima
volta che il Paese viene meno alle sue intenzioni. Situazione più difficile per
il Giappone. L'indice Msci del Sol levante nell'ultima ottava ha perso il 2,6%.
La situazione macro è talmente delicata che la Bank of Japan potrebbe decidere
di tagliare i tassi per la prima volta in sei anni. La mossa sarebbe clamorosa.
L'istituto centrale nipponico ha ricominciato ad alzare il costo del denaro nel
2006 dopo averlo tenuto vicino a zero per un decennio per far fronte così a uno
dei peggiori periodi di deflazione della storia. Ma la crisi immobiliare
del Paese, hanno fatto notare dalla BoJ, richiede misure estreme se non si
vuole entrare nuovamente in un circolo vizioso.
( da "Riformista, Il" del 22-12-2007)
Gran bretagna oltre i tories e il labour La sinistra
inglese tenta il rinnovamento I LibDem hanno il loro David Cameron Giovane,
gaudente e convinto europeista, Nick Clegg è il nuovo leader del partito
Londra. Sposato con due figli, 40 anni, educazione prima alla prestigiosa
Westminster School, la migliore scuola pubblica del paese e poi a Cambridge,
giornalista ed eurodeputato. È questo il profilo di Nick Clegg, nuovo leader
dei LibDem britannici ed ennesima speranza del partito per riuscire a superare
la sindrome da eterno incompiuto della politica d'Oltremanica. Il più giovane
leader politico inglese - batte di tre mesi David Cameron - Clegg è uno dei
pupilli dell'ex numero uno Sir Menzies Campbell ed è noto al grande pubblico
per le sue ficcanti apparizioni televisive: "Ambizione e
cambiamento", queste le sue parole d'ordine scelte al momento
dell'incoronazione, quando ha attaccato la "screditata politica
governativa" e ha invocato "una reale alternativa liberale".
Definito nel corso della battaglia per la leadership un clone di David Cameron,
accusa che ha sdegnosamente rimandato al mittente, Clegg rappresenta l'ala
liberale del partito in campo economico, l'uomo capace di
rubare consenso ai Tories su temi come il taglio delle tasse e la crisi
economica che sta attraversando il paese a causa delle crisi innescata dai
subprime e dalla bolla
immobiliare. Il suo primo lavoro
parlamentare, d'altronde, gli fu offerto dall'ex ministro conservatore Sir Leon
Brittan: definendosi un uomo "nato e formatosi politicamente negli anni
del tahtcherismo", Clegg ha però subito sottolineato che durante
quel periodo "ero contrario a qualsiasi cosa venisse proposta dalla Lady
di ferro". Sciatore provetto e poliglotta, Clegg è il più eurocentrico dei
leader politici britannici: è sposato con l'avvocato Miriam Gonzalez Durante,
figlia di un ex senatore conservatore spagnolo, conosciuta al College of Europe
di Bruges. Figlio di un banchiere di origine russa, Clegg vanta nel suo albero
genealogico una nonna aristocratica che scappò da San Pietroburgo dopo la
cacciata degli zar mentre la madre è un'insegnante olandese che arrivò in Gran
Bretagna a 12 anni dopo essere stata incarcerata in un campo giapponese per
prigionieri di guerra in Indonesia. Ben inserito nel circolo della chattering
society londinese, amico del presentatore televisivo Louis Theroux e del
regista Sam Mendes, Clegg ha - al pari di David Cameron - un passato di
studente un po' turbolento: a sedici anni, mentre si trovava a Monaco di
Baviera per uno scambio culturale, fu arrestato per aver dato fuoco alla
collezione di manoscritti di un professore. Anni dopo lo stesso Clegg definì
l'accaduto "la conseguenza di una sbronza di cui non vado affatto
fiero". Più avanti negli anni, quando fu assunto dal magazine liberal
americano The Nation , si mise in evidenza per la sua capacità di vivere al
massimo la vita notturna newyorchese. Da allora, un'altra vita. Prima il lavoro
presso la Commissione europea, poi l'impegno all'interno del partito. Fu uno dei
venticinque deputati che si rifiutò di riconoscere la leadership di Charles
Kennedy quando questi fece outing riguardo il suo alcolismo: all'epoca la gran
parte del partito gli chiese di prendere il suo posto ma lui decise di
sostenere la candidatura del suo mentore, Sir Menzies Campbell. La sua lealtà
fu premiata con un top job all'interno del partito, posizione che gli consentì
di guadagnarsi ulteriori consensi e simpatie, soprattutto per la sua durissima
battaglia contro l'introduzione della carta d'identità in Gran Bretagna e per
la richiesta di un freedom bill contro le legislazioni emergenziali
anti-terrorismo. A macchiare un po' la sua figura ci pensò, nel corso
dell'ultimo congresso a Brighton, la moglie di Sir Menzies Campbell, Lady
Elspeth, che bollò con un sibillino "non so quanto questo possa essere
utile a mio marito" la sua decisione di rendere pubblica la propria
candidatura in caso di vacanza nella leadership. Da sempre in lotta contro
l'altro pretendente alla poltrona di leader, Chris Huhne (con cui ebbe una
feroce disputa riguardo il sistema missilistico Trident), Clegg ha da subito
dimostrato di avere la dote della diplomazia offrendogli il ruolo di portavoce
del partito per gli Affari interni e confermando l'altro concorrente, Vince
Cable, portavoce per gli affari economici. Riuscirà il giovane e rampante Clegg
a smuovere il partito dal 12 per cento attuale e a drenare voti liberali ai
Tories e di sinistra al Labour sempre più in crisi di Gordon Brown? Gli
allibratori dicono di sì ma il backstabbing , l'accoltellamento alle spalle,
resta la peculiarità principale del terzo partito del paese: già arrivare alla
prossima estate da leader sarebbe un risultato notevole. 22/12/2007.
( da "Italia Oggi" del 22-12-2007)
ItaliaOggi ItaliaOggi
- Studi e Carriere Numero 303, pag. 52 del 22/12/2007 Autore:
Visualizza la pagina in PDF Una finestra sul mercato Nell'anno
che si sta per concludere non sono state numerose le grandi operazioni che
hanno segnato l'attività consulenziali dei grandi studi d'affari. Il mercato ha
segnato un po' il passo rispetto alla frenetica attività del 2006 anche a causa
della stretta creditizia conseguente alla crisi dei mutui subprime. Fanno
eccezione alcune operazioni che hanno caratterizzato il settore delle
telecomunicazioni (Telecom ha registrato l'ennesimo passaggio di mano e la
sostituzione dei vertici aziendali) mentre nel settore bancario ancora sussulti
di assestamento (integrazione del banco di Verona e Novara con lodi e cessione
di 200 sportelli di Intesa Sanpaolo). Attivi anche il settore dell'energia
(Enel in testa, con l'espansione internazionale in terra spagnola su Endesa e
Terna in Brasile) e quello immobiliare che, malgrado
il rallentamento americano, in Italia ha registrato ancora parecchio fermento.
Anche nelle infrastrutture c'è stata parecchia attività, valga per tutte il
riassetto degli Aeroporti di Roma attraverso Gemina e la infinita telenovela
della cessione Alitalia. Private equity sempre attivo con diverse operazioni,
l'acquisizione di Valentino e Conbipel su tutte. Insomma un anno certamente
movimentato ma non un anno record per le operazioni di m&a, con qualche
risveglio nel capital markets dove si sono affacciate diverse ipo. Se fosse passata la buriana della crisi finanziaria dell'estate,
il 2008 dovrebbe riservare migliori sorprese nel segmento delle operazioni
straordinarie anche se parecchia attenzione andrà prestata ai rischi legati
alla bolla
immobiliare. di Ludovico Marinotti.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 24-12-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: RISPARMIO E FAMIGLIA data:
2007-12-23 - pag: 20 autore: I CONTI IN TASCA Effetto insicurezza sui prezzi delle case ... di Marco Liera A nche nel 2007 gli
immobili si sono confermati come la forma di investimento preferita dagli
italiani nel Rapporto del Centro Einaudi pubblicata in settimana. La quota di
risparmiatori che ritiene che gli immobili siano l'investimento più sicuro è
pari all' 83,2%. Molto probabilmente non la pensano allo stesso modo i
proprietari di ville della provincia di Milano che hanno visto deprezzarsi le
loro proprietà per la paura degli assalti dei rapinatori alle case isolate. Così ha riferito il "Corriere della Sera
" di giovedì 20 citando le testimonianze di agenti immobiliari della zona,
che denunciano ribassi dei prezzi nell'ordine del 20%,
e di cespiti che restano invenduti per anni. L'insicurezza personale rispetto
alla criminalità rende quindi meno sicuro l'investimento immobiliare
dal punto di vista della difesa del risparmio. Non è la prima volta che ciò
emerge, almeno nelle cronache locali. Due anni fa "La Tribuna di
Treviso", sempre riportando la testimonianza di agenti immobiliari,
evidenziò che la presenza di un "phone center" può contribuire a
svalutare gli appartamenti vicini tra il 20 e il 50 per cento, in quanto queste
attività commerciali diventerebbero tipicamente dei ritrovi di gente che
"disturba". Tra il "disturbo " e il rischio di una rapina a
mano armata c'è una bella differenza, si intende, ma il comune denominatore è
la percezione di insicurezza che ne discende e che indurrebbe –sempre secondo
le testimonianze citate – una minore appetibilità delle proprietà immobiliari
più esposte. Questi fenomeni meritano ulteriori approfondimenti, pur tenendo
conto del ruolo dell'emotività e di altri fattori comportamentali che muovono
le decisioni di acquisto e di vendita delle case.
Difficile è per esempio spiegare perchè, più o meno negli stessi dintorni di
Milano in cui le ville isolate sarebbero diventate luoghi della paura, non si
notano particolari cedimenti nei prezzi dei simpatici
villini a schiera costruiti a pochi metri dai guard rail delle autostrade. O
perchè non si osservano – al momento –calisignificativi delle quotazioni in
certe zone delle grandi città colpite da evidenti fenomeni di degrado. Ciò che
andrebbe un po' ridimensionata è la fiducia incrollabile nel mattone che emerge
dalle indagini sulle attitudini dei risparmiatori italiani. Essa sembra avere
radici soprattutto emotive, e come tali un po' fragili.
(segue dalla copertina) maurizio ricci ( da "Repubblica,
La" del
19-12-2007)
L'economia
frena la corsa
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 19-12-2007)
Banchieri
col bisturi ( da
"Opinione, L'" del 19-12-2007)
( da "Repubblica, La" del 19-12-2007)
Economia Per la prima volta il loro reddito procapite
supera il nostro: 22.816 a
22.381 euro Lo aveva previsto poco più di un anno fa Zapatero. Ma il sorpasso
non si ferma qui e spazia dagli investimenti in istruzione e ricerca alle
energie rinnovabili, dalle banche alle ferrovie, in un contesto di crescita
doppia di quella italiana e di grande stabilità del sistema politico. Ecco i
segreti del miracolo iberico Una vitalità che si estende alla cultura, allo
sport, al cinema (SEGUE DALLA COPERTINA) MAURIZIO RICCI Anche grazie a questa
stabilità, il sistema politico è riuscito a governare un lungo boom economico.
Il sorpasso di questi giorni era già scritto nelle proiezioni statistiche. La
Spagna cresce ad un ritmo doppio rispetto a quello dell'economia italiana. La
spinta data dalle condizioni di iniziale arretratezza dell'economia spagnola è
stata moltiplicata dall'introduzione dell'euro e dal conseguente abbassamento
dei tassi d'interesse che, in Italia, al contrario, ha prodotto molta
speculazione finanziaria, ma pochi investimenti. Su 10 nuovi posti di lavoro
creati in Europa da quando è stata introdotta la moneta comune, 4 sono in
Spagna. Il bilancio pubblico è in attivo, il debito inferiore al 40 per cento
del prodotto interno lordo, contro il 106 per cento italiano. Gli economisti
avvertono che ci sono elementi di fragilità in questo sviluppo. L'inflazione è
largamente superiore alla media europea e sta erodendo i vantaggi di cui la
Spagna godeva sul costo del lavoro. Una quota significativa del boom di questi
anni si appoggia sul gonfiarsi di una bolla immobiliare che ha triplicato i prezzi delle case
in dieci anni e che potrebbe sgonfiarsi di colpo. Creando un terremoto, visto
che un decimo del Pil spagnolo è legato all'edilizia. Infatti, lo spettro di
una crisi dei mutui immobiliari e delle ripercussioni finanziarie del disastro
americano dei subprime è molto più corposo in Spagna che in Italia.
Anche perché, sia a livello di famiglie che di imprese, lo sviluppo spagnolo è
stato finanziato soprattutto con il debito. Le prospettive immediate non
oscurano, però, gli elementi strutturali di forza dell'economia spagnola. Il
primo è la sua modernità. Più dell'economia italiana, quella spagnola è una
economia di servizi. E, se i parametri sono quelli dell'"economia della
conoscenza" (informatica, istruzione, ricerca) la Spagna sta correndo
assai più di noi. Le statistiche dicono che l'Italia spende complessivamente di
più, come quota della ricchezza nazionale, per ricerca scientifica e
industriale e accumula, ogni anno, più brevetti. Ma, in altri capitoli
cruciali, il sorpasso, anche più inquietante di quello sul reddito pro capite,
è già avvenuto. Per ogni mille dipendenti, l'Italia ne ha tre specificamente
addetti alla ricerca. La Spagna, sei. Madrid spende, per ogni studente
universitario, più di quanto faccia Roma. Gli investimenti per servizi legati
all'informatica e alle telecomunicazioni sono superiori in Spagna. Il 45 per
cento delle famiglie italiane ha un computer in casa. In Spagna, il 55 per
cento. Nel capitolo, probabilmente, centrale, dell'economia globale dei
prossimi anni, l'energia, la Spagna è un protagonista, mentre l'Italia poco più
di uno spettatore. Nel mondo, nessuno produce una quota maggiore della sua
elettricità con il vento della Danimarca, con il suo 20 per cento. Ma la Spagna
è seconda, con il 9 per cento. E sono spagnole le due aziende - Iberdrola e
Acciona - con la maggiore capacità produttiva di energia eolica. Nel poker
delle quattro aziende che monopolizzano il mercato mondiale delle turbine
eoliche per elettricità, c'è la spagnola Gamesa, con la danese Vestas, la
tedesca Enercon, l'americana Ge. Contemporaneamente, la Spagna ha un ruolo di
preminenza mondiale nel campo dello sfruttamento dell'energia solare termica: i
suoi due colossi, Abengoa e Acciona, stanno costruendo centrali in tutto il
mondo, a cominciare dal Sud Ovest degli Stati Uniti. Già da questi dati si vede
che lo sviluppo spagnolo non è quello tradizionale da paese arretrato, nato nei
sottoscala e drogato dalle esportazioni. Soprattutto, si vede che è fondato su
una rete di grandi imprese, vitali e dinamiche. La più grande banca europea è
il Banco Santander. Viene dalla piccola Spagna la terza compagnia mondiale di
telecomunicazioni, Telefonica. La più grande catena di negozi di abbigliamento
al mondo non è l'americana Gap e neanche l'italiana Benetton, ma la spagnola
Zara. Li hanno chiamati i "conquistadores" per la campagna aggressiva
di acquisizioni che hanno condotto negli ultimi anni. Sono gli spagnoli di
Ferrovial a gestire Heathrow e i maggiori aeroporti britannici. E' il Santander
che sta tentando di assorbire una grande banca olandese come l'Abn-Amro.
L'Italia ha risposto con l'espansione tedesca di Unicredit e con la conquista
delle centrali elettriche della spagnola Endesa, da parte di Enel. Ma, nel
confronto fra Italia e Spagna, Endesa è l'eccezione. L'onda viene dall'altra
parte. Santander e Banco Bilbao che sbarcano nel sistema finanziario italiano.
Telefonica che prende Telecom. Abertis che vuole Autostrade. Come capita
spesso, questa vitalità non è confinata all'economia. E' la cultura popolare a
registrare e fissare un'immagine vincente della Spagna che nomi come Abengoa e
Abertis e figure come Zapatero mai saprebbero assicurare. Non c'è regista
europeo più acclamato di Pedro Almodovar. Penelope Cruz e Antonio Banderas
hanno uno status da star internazionali che ancora manca a nomi, pur noti, come
i nostri Gabriele Muccino e Monica Bellucci. In quella grande metafora di una
società che è lo sport, gli spagnoli ci stracciano a tennis con Nadal, in
Formula 1 con Alonso, hanno vinto gli europei di pallavolo e di basket. In
atletica leggera, agli ultimi europei, sono arrivati terzi e noi decimi. Ci
salva, ancora una volta, il calcio. Non c'è club più titolato, al mondo, del
Milan. Neanche il Real Madrid. In più, abbiamo vinto gli ultimi mondiali. E
poi, c'è la musica. Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Tiziano Ferro spopolano in
Spagna, mentre niente del genere avviene per cantanti spagnoli in Italia.
Pallone e canzonette.
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 19-12-2007)
Centro-Nord sezione: CENTRO NORD data: 2007-12-19 -
pag: 1 autore: Congiuntura. Per Unicredit-RegiosS-Econometrica la crescita a
settembre non supera lo 0,7% annuo L'economia frena la corsa Dinamiche
Emilia-Romagna e Marche, Umbria in affanno Rallenta la corsa l'economia del
Centro-Nord nel terzo trimestre dell'anno. L'indicatore di attività economica
contenuto nell'indagine UnicreditRegiosS-Econometrica (elaborato sulla base di
39 variabili provenienti da diverse fonti), pur restando su valori positivi in
tre regioni su quattro nell'area, manda segnali non ottimistici. L'andamento è
infatti decrescente rispetto ai primi due trimestri dell'anno e mostra valori
compresi fra lo 0,35% della Toscana e lo 0,7% dell'Emilia-Romagna, passando per
lo 0,5% delle Marche. L'Umbria è l'unica regione in terreno negativo (-0,2%)
pur presentando una dinamica in controtendenza, considerando il -0,3%
registrato dall'indice di attività economica di luglio e di agosto. L'Osservatorio RegiosS dell'Università di Bologna individua le
cause di questo rallentamento soprattutto nello stato di salute del quadro
economico mondiale, con la crisi di liquidità americana trascinata dalla bolla immobiliare, il caro-petrolio, l'apprezzamento dell'euro sul dollaro.
Guardando alla dinamica dell'area, le immatricolazioni di auto hanno segnato in
settembre valori in aumento in Umbria e Marche, al contrario di Emilia-Romagna
e Toscana. L'andamento degli ordinativi è risultato in calo in tutte le
regioni, tranne l'Emilia-Romagna, che comunque ha registrato un livello
stagnante. Le previsioni per l'andamento futuro dell'economia, infine, non sono
improntate all'ottimismo. "è dovuto alla particolare prudenza degli
imprenditori nel Centro-Nord" afferma Valeriano Balloni, vicepresidente
Istao. Gli economisti del CentroNord, da parte loro, considerano non
preoccupante il rallentamento, considerato significativo, invece, di una
ristrutturazione del sistema imprese. Servizi u pagina 2 l'articolo prosegue in altra
pagina.
( da "Opinione, L'" del 19-12-2007)
Oggi è Mer, 19 Dic 2007 Edizione 278 del 19-12-2007
IL RASOIO DI OCCAM / Un taglio del costo del denaro spingerebbe i prezzi al rialzo Banchieri col bisturi Il difficile
equilibrio tra tassi d'interesse e inflazione al centro delle decisioni che
dovranno essere prese a Francoforte di Giorgio Arfaras Studiando i prezzi delle case per dei periodi lunghissimi, qualche
decennio, si scopre che questi salgono, che hanno un trend leggermente positivo
in termini reali, vale a dire togliendo l'inflazione, con delle escursioni
intorno allo stesso. Quando salgono più del trend, i prezzi
scendono fino a ritornare sul trend. Quando, invece, cadono, tendono a risalire
verso il trend. Possiamo dire che i prezzi delle case
"regrediscono verso la media". (Proprio come i figli di genitori
giganteschi che tendono ad essere meno alti, mentre i figli di genitori nani
tendono ad essere più alti). Il prezzo medio delle case,
rispetto al trend, "deve" oggigiorno cadere del 30%. Sappiamo anche
che i cicli di ascesa e di caduta durano, in media, otto anni. (Appena uno in
più di quello biblico di sette anni di vacche grasse e di vacche magre). Questi
numeri non sono strambi, corrispondono alla situazione inglese. Possiamo anche immaginare che questa sia una approssimazione
dello stato delle cose nel settore immobiliare di
altri paesi. Se l'inflazione fosse del 4%, dopo quasi otto anni, i prezzi saranno del 30% maggiori. Se i prezzi delle case
restano fermi per otto anni, dal punto di vista nominale sono rimasti eguali,
ma in termini reali, ossia calcolando l'inflazione, saranno scesi del
30%. E saranno scesi proprio come vorrebbero le statistiche calcolate sul lungo
termine. I prezzi degli immobili sono di nuovo in
equilibrio. Una magia, che mette tutto a posto. Vendendo la propria casa dopo
otto anni, il suo proprietario scopre che compra il 30% in meno di una pizza
con birra, di un'automobile, ecc, ma, per tutti gli anni che si tiene la casa,
si sentirà ricco proprio come era al picco dei prezzi.
Sentendosi ricco, non ridurrà i propri consumi. Potrebbe sorgere la tentazione
di alzare l'obiettivo di inflazione al 4%. Per tenere le economie su un
sentiero di crescita stabile, si potrebbe pensare ad una inflazione maggiore,
che mantiene invariato il prezzo delle case. I
problemi legati agli immobili verrebbero inghiottiti nel tempo da un'inflazione
più alta, rispetto a quella di oggi, ma molto bassa, se messa in relazione con
quella prevalente negli anni settanta, primi ottanta. Un'inflazione appena
maggiore potrebbe nelle condizioni di oggi essere una tentazione. Peccato che
le economie siano interrelate. Tocchi una cosa qui, si sposta una cosa là. La
cosa che si sposterebbe sarebbero i rendimenti delle obbligazioni. Quelli
decennali sono oggi in Europa e negli Stati Uniti intorno al 4,0%. Il rendimento
delle obbligazioni, su dei periodi lunghi e al netto dell'inflazione, è intorno
al 2%. Con l'inflazione che va al 4%, i rendimenti andrebbero al 6%.
Probabilmente andrebbero al 7%. Infatti, una volta che diventa più difficile
prevedere il tasso di inflazione, che potrebbe essere del 4%, ma scappare pure
al 5%, si chiede un premio per il rischio e il rendimento richiesto sale. I
mutui rinnovabili avrebbero dei tassi maggiori, pure il debito pubblico
costerebbe di più. Le banche centrali vogliono abbassare i tassi d'interesse
per aiutare il sistema finanziario a risolvere il problema dei mutui ipotecari.
Allo stesso tempo non possono tagliare "troppo", perché ci sono dei
focolai seppur modesti d'inflazione. Se scegliessero di tagliare molto, opterebbero
per un'inflazione maggiore. Questa, per quanto bassa, spingerebbe in alto i
rendimenti delle obbligazioni, che sono l'architrave del sistema finanziario.
Questo maggior tasso d'inflazione potrebbe fermare, ma non è detto con
certezza, lo smottamento dei prezzi degli immobili e
quindi dei consumi. Fare il banchiere centrale oggi è mestiere da bisturi. Essi
sono in mezzo ad un guado decisionale. www.occamrazor.eu.
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scelgono le aste Bce
Era tutto
vero: l'inflazione scatenata dal caro-petrolio e dal boom dei prezzi dei
cereali flagella Eurolandia e lo farà ancora per un po'. «Il periodo temporaneo
di alti tassi di inflazione sarà più lungo di quanto originariamente previsto»,
ha spiegato il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet,
parlando davanti alla Commissione Affari economici e monetari
dell'Europarlamento.
Rispetto alle proiezioni (tra 2 e 2,2% nel 2007, tra 2 e 3% nel 2008, tra 1,2%
e 2,4% nel 2009), le forchette per il 2007 e il 2008 «si sono spostate verso
l'alto». Le cause - secondo la Bce - sono da ricercare negli aumenti dei prezzi
del petrolio e agricoli, dei prezzi amministrati, dalle tasse indirette oltre
le stime, oltre che negli aumenti salariali in settori a bassa concorrenza.
Trichet non ha aggiunto nulla di nuovo sulla valutazione del ciclo economico
confermando che la crescita dell'eurozona sarà «più moderata» nel quarto
trimestre 2007 e che, sebbene i fondamentali dell'economia «rimangano
equilibrati», le prospettive di crescita sono al ribasso. Le banche centrali
sono pronte a fronteggiare la materializzazione di rischi di credito, ha
precisato il presidente Bce, secondo il quale non c'è comunque segno di un calo
nell'attività di credito alle famiglie.
Intanto l'Eurotower dopo la super asta di martedì, ha annunciato un nuovo
intervento sulla liquidità, questa volta a un giorno, scadenza giovedì.
L'istituto centrale ha drenato dal mercato effetti per 133,61 miliardi di euro
a fronte di un importo massimo previsto di 150 miliardi. Il tasso fisso
indicato dall'Istituto è stato del 4%. Ieri, invece, erano stati asegnati 348,6
miliardi in un'asta straordinaria al tasso fisso del 4,21 per cento, ben al di
sotto dei tassi interbancari utilizzati nelle ultime settimane. È stata la
seconda volta dal 9 agosto che la Banca guidata da Jean-Claude Trichet lancia
un'asta di questo tipo: sono stati promessi fondi illimitati. Di conseguenza
nessun istituto ha avuto interesse a offrire più del 4,21% indicato come soglia
minima dalla Bce.
Con la cospicua iniezione di liquidità - ben superiore a quella del 9 agosto,
in piena turbolenza dovuta all'esplosione della crisi dei mutui subprime,
quando vennero immessi sul mercato poco meno di 95 miliardi di euro - la Bce ha
cercato di indurre la banche ad aprire nuovamente i cordoni del credito. Gli
effetti non hanno tardato a farsi sentire. Il tasso interbancario in euro a due
settimane è sceso di 50 punti base al 4,45%, un livello che supera di 45 punti
base il tasso-Bce , dopo che nelle scorse due settimane aveva segnato un rialzo
di 83 punti base.
Dopo la mossa dell'Eurotower l'Euribor base 360 e 365
giorni, tasso interbancario utilizzato come riferimento
per i mutui ipotecari a tasso variabile (le rate sono cresciute
vertiginosamente negli ultimi tre mesi), è sceso
ancora, anche se con minor decisione rispetto alla vigilia: l'Euribor a un mese
è fissato oggi al 4,564% contro il 4,634% della vigilia mentre quello a tre
mesi è passato al 4,812% dal 4,876% di ieri. Il 29 novembre scorso la salita
dell'Euribor a un mese era stata inusitatamente repentina: dal 4,2% al 4,8%,
con una progressiva impennata al 5%, ovvero ai massimi da sette anni.
Roma
dei record ( da
"Agenzia di Viaggi, L'" del 17-12-2007)
CROLLA
IL PREZZO DELLE CASE A LONDRA ( da "Wall Street
Italia" del
17-12-2007)
Caro affitti, hotel a rischio chiusura - alessandra paolini ( da "Repubblica,
La" del
18-12-2007)
L'economia
deprime le Borse
( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-12-2007)
In
difesa con l'Euribor ( da "MF Trading
Online" del
18-12-2007)
Bush:
la bolla mutui non si sgonfierà presto Merrill taglia
i bonus ( da
"Corriere della Sera" del 18-12-2007)
( da "Agenzia di Viaggi, L'" del 17-12-2007)
ITALIA Roma dei record Il modello Roma continua a
funzionare: per fine anno la capitale toccherà i 15 milioni di presenze
alberghiere e 5 milioni di extra-alberghiere. Solo per le festività di Natale e
Capodanno è prevista una crescita del 32%. Sono i numeri di un successo
importante, annunciati a Roma da Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi
Roma, insieme al sindaco della capitale Walter Veltroni, nel consueto incontro
di fine anno con l'associazione degli albergatori di Confcommercio. "Roma
continua a crescere - ha commentato Roscioli - ma dobbiamo ancora lavorare
verso la piena occupazione. Sicurezza, mobilità e decoro urbano sono le nuove
sfide che ci attendono, plus indispensabili per una destinazione turistica che
vuole mantenere la leadership. Noi imprenditori alberghieri capitalizziamo il
territorio, non 'delocalizziamo'. Ma dipendiamo dai servizi disponibili sul
territorio, con il rischio che alla buona ospitalità non corrisponda la qualità
del soggiorno in città, per carenze di mobilità e altri servizi determinanti
per l'accoglienza". Puntuale anche quest'anno all'appuntamento con
Federalberghi il sindaco di Roma Walter Veltroni: "Dal Giubileo in poi -
ha detto - abbiamo impostato un modello vincente che va replicato: siamo in
sintonia con le esigenze dell'imprenditoria turistica romana e lo abbiamo
dimostrato: abbiamo creato eventi di richiamo internazionale come il Festival
del Cinema, restaurato 14 palazzi storici, inaugurato la Fiera e posto le basi
per il nuovo polo congressuale, che consentirà alla capitale di accogliere le
grandi convention. Ora ci attendono nuovi impegni e l'amministrazione
capitolina farà la sua parte". Intanto Federalberghi Roma festeggia con
previsioni di traffico sorprendenti: nel periodo di Natale le camere vendute
negli hotel di Roma saranno circa 118.000, il 20% in più rispetto allo stesso
periodo dell'anno precedente, con un tasso di occupazione medio negli alberghi
del 46%, con punte di oltre l'80%. Nel periodo di Capodanno, dal 29 dicembre
2007 al 3 gennaio 2008, si registrerà rispetto al 2007 una crescita del 22%
delle camere vendute - 167mila circa - con un tasso di occupazione medio del
65%. Tra le sfide da raccogliere, come ha notato Walter Pecoraro, presidente
Federalberghi Lazio, c'è anche quella della riqualificazione ricettiva:
"Occorre l'appoggio di istituzioni e amministrazioni locali per
condividere con il sistema bancario una concreta disponibilità ad agevolare gli
investimenti degli albergatori per ristrutturare alberghi e per aprirne di
nuovi. Gli albergatori non proprietari degli immobili sono
minacciati dalla tendenza alla riconversione degli stabili storici innescata
dalla bolla
immobiliare. Bisogna contrastare il rischio
di un impoverimento dell'hotellerie italiana". Andrea Lovelock NUMERO:
210-211 Speciale Low Cost DATA: 17-12-2007 CATEGORIA: ITALIA Allegati
all'articolo: Pagina01.pdf Pagina04.pdf Invia ad un amico Invia BACK STAMPA.
( da "Wall Street Italia" del 17-12-2007)
Di WSI Questo mese il mercato immobiliare
della capitale inglese guida il piu' forte ribasso dei prezzi
in UK dal 2002. La prospettiva di ulteriori ribassi dei prezzi
tiene lontani i compratori. -->Questo mese il mercato delle case di Londra guida il piu' forte ribasso dei prezzi in UK degli ultimi 5 anni, alla luce del fatto che il
piu' alto costo dei mutui e la prospettiva di ulteriori ribassi dei prezzi immobiliari tiene lontani i compratori, stando a un
rapporto di Rightmove Plc citato dall'agenzia Bloomberg. Il prezzo medio
richiesto (asking price) e' caduto del 6.8% a 384,632 sterline ($774,000) in
novembre, il piu' ampio calo da quando il monitoraggio di tutti gli
appartamenti in vendita e' cominciato nel 2002. Nel resto della Gran Bretagna i
prezzi delle case sono scesi 3.2%, un record. Mercato
difficile? Si', e con le news gratis, non vai da nessuna parte. Hai mai provato
ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca
sul link INSIDER.
( da "Repubblica, La" del 18-12-2007)
Pagina III - Roma A Roma solo il
60% dei gestori è proprietario delle mura. "E comprare è diventato
impossibile" Caro affitti, hotel a rischio chiusura La denuncia degli
albergatori: "Sono troppo alti" "Vogliamo una politica di
crediti agevolati da Comune e Regione" ALESSANDRA PAOLINI Con la bolla immobiliare potrebbero "scoppiare" anche molti alberghi. A
lanciare l'allarme è Walter Pecoraro, presidente di Federalberghi Lazio che sul
futuro degli albergatori non scommette. "Perché tanti sono i gestori di
hotel che, non avendo la proprietà delle mura, entro un paio d'anni saranno
costretti a chiudere e a cedere la licenza. Del resto come si può fare? I nuovi
affitti, grazie alla speculazione del mercato, sono inaccessibili". E
così, sotto la scure di canoni impossibili sulla costa laziale si fa la conta
dei decessi "A Terracina hanno già chiuso 13 strutture - spiega Pecoraro -
su un numero complessivo di trenta. E il dato è inquietante. Perché per ora si
parla di litorale, ma sono i primi fuochi di un incendio. Il contratto di
locazione per gli alberghi dura nove anni. E c'è da scommettere che quelli in
scadenza verranno rivalutati a prezzo di mercato. Mercato impazzito, in otto
anni i canoni sono decuplicati". E i dati parlano chiaro. A Roma solo il
60 per cento degli albergatori è anche proprietario dell'immobile. Comprare,
oramai è impossibile. "Chi lo ha fatto in tempi addietro, cioè prima del 2000
non ha problemi. Per gli altri è una chimera - continua il presidente - Avete
presente quanto costa acquistare un hotel? Se in centro, un milione a stanza.
L'esempio più chiaro a Milano dove l'Hotel Duomo con 100 camere è stato
comprato per 110 milioni". Per questo la categoria sta cercando di
sensibilizzare le istituzioni. "Delle nostre difficoltà abbiamo messo al
corrente il sindaco Veltroni - continua Pecoraro - speriamo che Comune e
Regione facciano qualcosa per venirci incontro, magari con una politica di crediti
agevolati. Stiamo facendo un censimento della categoria per avere un quadro
preciso di quello che avverrà nei prossimi mesi. Capire quanti sono a rischio e
quanti riusciranno a sopravvivere. E il sospetto è che siamo in un bel
guaio".
( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-12-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data:
2007-12-18 - pag: 3 autore: L'economia deprime le Borse Timori su inflazione e
crescita Usa: pesanti ribassi in Europa e a Wall Street Mario Platero NEW YORK.
Dal nostro corrispondente "Ci vorrà tempo per poter uscire
dalla bolla
immobiliare, ci sono certamente nuvole di
tempesta e preoccupazioni all'orizzonte. Nel frattempo potremo mitigare alcuni
dei problemi". George W. Bush non è stato molto incoraggiante ieri mattina
quando ha parlato dell'economia, del bilancio e dell'attuale crisi immobiliare davanti a un gruppo di personalità del Rotary club riunite a
Fredricksburg in Virginia. La Borsa, già preoccupata per le notizie
sull'inflazione, per l'apparente debolezza delle vendite natalizie,per lo
spettro di una stagflazione introdotto da Alan Greenspan e nonostante notizie
di attivismo nel settore fusioni acquisizioni, ha così registrato altre
perdite: l'indice Dow Jones ha chiuso al ribasso dell'1,29%, a quota 13.167,
portandosi di nuovo a ridosso dell'importante soglia psicologica dei 13mila, il
Nasdaq ha perso il 2,32%, a quota 2.574. Per le Borse europee non è andata molto
meglio, tutte le piazze hanno registrato realizzi e cadute degli indici: a
Londra il Ftse 100 è sceso dell'1,86%a 6.277,8 punti.In caduta dell'1,72% il
Mibtel a Milano, a quota 29.155 punti, a Francoforte il Dax ha perso l'1,55% a
quota 7,825 punti. Ribassi dell'1,61% a 5.514,8 punti per il Cac 40 di Parigi,a
Zurigo lo Smi è calato dell' 1,51% a quota 8.544,5 punti. Gli operatori che
abbiamo interpellatosiarrovellanoattornoa unadomanda di fondo: la
reazio-nedegliultimigiornièunsempli-ceaggiustamentoallenuovedina-micheFed/
tassi/inflazione,orap-presentaunmovimentopiùstrut-turalechecominciaascontareilri-schio
di una recessione? Non è una domanda da poco. Il primo scenario tiene conto del
fatto che la Fed potrebbe interrompere la riduzione dei tassi preoccupata dal
ritorno dell'inflazione. E dunque il mercato azionario, che già scontava un
nuovo taglio alle prossime riunioni del Federal Open Market Committee,sta
semplicemente aggiustando il tiro. Ma gli acquisti potrebbero ripartire in
presenza di notizie incoraggianti. Il secondo scenario è più preoccupante.
L'azione della Fed non basterà a salvare l'America da una recessione. E visto
che finora la Borsa non aveva mostrato segnali davvero preoccupati (fino a
martedì scorso viaggiava poco lontano dai massimi) sarebbe ormai partito un
aggiustamento strutturale che potrebbe portare a una correzione molto più
marcata di quello che abbiamo visto finora. Del resto anche i profitti
aziendali non sono andati secondo le attese nel terzo trimestre. Alcuni segnali
in arrivo dall'economia reale non sono rassicuranti per la tenuta della domanda
al consumo e in particolare per le vendite natalizie. Il dato più nuovo è
giunto dai gestori delle carte di credito che hanno registrato nelle ultime
settimane un'attività minore del normale per gli acquisti di articoli
femminili. Significa che al netto della spinta natalizia, la psicologia del
consumatore è improvvisamente più cauta. E una volta esaurita l'ondata di
acquisti ossessivi da parte dei turisti, increduli davanti a prezzi
scontati anche del 50% rispetto ai prezzi europei, le
vendite al dettaglio potrebbero risentirne dal mese di gennaio. L'impatto del
secondo scenario sarebbe molto negativo per la psicologia dei consumatori e per
l'economia in genere,anche perché finora l'indice Dow Jones è rimasto
relativamente indenne rispetto alla crisi subprime. Il fatto poi che si possa
entrare in un periodo di stagflazione apre nuove preoccupazioni. La
stagflazione è quella condizione in cui l'economia ristagna ma l'inflazione
aumenta. La Fed dovrebbe sempre bilanciare le sue responsabilità e in presenza
di evidenza di una crescita dei prezzi dovrebbe
stringere, ma questo non farà che peggiorare la situazione sul fronte
economico. D'altra parte, una politica accomodante potrebbe consentire
all'economia di restare a galla, ma il prezzo recessivo rischierà di essere più
elevato nel medio termine. Bush ieri ha cercato anche di rassicurare attaccando
allo stesso tempo i democratici: "Il Paese resta forte, l'occupazione
tiene, le condizioni di fondo dell'economia sono buone, ma il Congresso non può
dare per scontata la vitalità economica e la cosa peggiore che ci può capitare
è quella di aumentare le tasse degli americani ". Bush ha detto che non vi
saranno "salvataggi" con danaro pubblico: "Sono contrario
all'intervento di fondi pubblici per risanare situazioni fallimentari e dunque
non lo faremo", ma ha precisato che vi saranno accordi mirati nell'ambito
del mercato per consentire ai meritevoli di passare i momenti più difficili.
"Nessun salvagente pubblico". Il segretario al Tesoro Henry Paulson
(a sinistra) con George W. Bush REUTERS.
( da "MF Trading Online" del 18-12-2007)
MFT In difesa con l'Euribor Future sui tassi di
interesse interbancari contro la crisi dei subprime. Scarsa liquidità e costi
troppo alti rendono difficile l'operatività short sui titoli immobiliari e
bancari. Non esiste una copertura diretta sui prezzi delle case Lo scoppio di una bolla speculativa
può avere effetti anche travolgenti, ma in ogni situazione avversa è possibile
trovare la giusta contromossa. Così, anche con la crisi dei mutui subprime,
esiste l'arma per difendersi dalle discese dei prezzi del settore
immobiliare. Il presupposto perché una copertura possa avere successo
è quello di un ritorno alla normalità del mercato, dopo che il fenomeno
d'interesse aveva raggiunto livelli spropositati. In questo caso, fuori
controllo era sicuramente il meccanismo di concessione del credito, visto che
nel solo mese di novembre, i mutui non pagati sono saliti negli Usa del 31,8%
rispetto a ottobre. "Se si analizza la situazione su un orizzonte
temporale più ampio", ha spiegato Antonio Lengua di thehawktrader.com, "nei
primi 11 mesi dell'anno, ben 527 mila case sono
tornate in mano agli enti erogatori di mutui, il 41% in più rispetto al
2006". L'indice dei prezzi delle case Schiller è
sceso del 5% nell'ultima rilevazione mensile, ma qualcuno, come Luca Bagato di
Macromarkets.com, sostiene che "il dato è sottostimato perché le case sono un'attività non liquida". Molto peggio è
andata ai cementieri, ai titoli del settore immobiliare,
alle banche e alle obbligazioni di nuova generazione con flussi di cassa
garantiti da mutui: in questo caso le perdite vanno infatti dal 30% al 90%. La bolla anomala. Di fronte a questi crolli come ci si copre?
"Le ultime settimane", ha precisato Bagato, "hanno fugato ogni
dubbio sulla questione. Per il momento gli strumenti che hanno rivelato la
migliore capacità di bilanciare il crack della finanza immobiliare,
sono i derivati sui tassi a breve termine". Negli Usa gli
"occhi" sono puntati sul Libor dollaro a 3 mesi, mentre in Europa
l'attenzione è concentrata sull'Euribor: sono i tassi d'interesse medi che le
banche applicano fra di loro.La crisi del mercato immobiliare
è un fenomeno molto più complesso da gestire rispetto alle altre recenti bolle
speculative: la discesa dei titoli tecnologici di inizio millennio poteva
essere "facilmente" compensata con i derivati sull'indice Nasdaq. In
quel caso gli operatori avevano infatti a disposizione strumenti liquidi e
soprattutto forti di un'immediata corrispondenza con l'epicentro della bolla. Una copertura diretta era disponibile anche nella
crisi russa del '98, quando il crollo dei prezzi dei
"matrioska bond" fu coperto con i credit default swap emessi dalle
principali banche d'affari. La situazione attuale è invece molto più
complicata: prima ancora che a un svendita di immobili, siamo infatti di fronte
a una svalutazione dei portafogli legati al settore real estate, nei quali
confluiscono i crediti su mutui, i cdo e gli abs (obbligazioni con flussi
cedolari garantiti da prestiti ad acquirenti di case)."Le
case e tutto ciò che ruota attorno a questo
business", ha chiarito Bagato, "non hanno sui mercati finanziari un
corrispondente derivato liquido sul quale sia possibile aprire posizioni short
a copertura. A metà primavera gli operatori hanno iniziato a coprirsi con
posizioni ribassiste sui titoli del settore immobiliare,
poi dall'inizio dell'estate sono state colpite le banche, le stesse che in
termini di profitti avevano beneficiato maggiormente dell'ascesa del settore
fornendo leva finanziaria e credito". "Il problema", ha spiegato
un operatore, "è che cavalcare posizioni ribassiste di medio periodo sui
titoli ha dei costi di prestito molto alti, soprattutto nei casi come questo in
cui la richiesta, come si può immaginare, è stata particolarmente sostenuta.
Per questo motivo gli operatori si sono quindi progressivamente spostati sui
future dei prestiti interbancari: se la qualità del credito è cosi scadente, a
ogni tensione sul mercato Libor ed Euribor non possono infatti che salire. I
due tassi sono quelli più gettonati per l'indicizzazione delle rate dei piani
di rimborso dei mutui a tasso variabile. L'Euribor ha un valore importante
anche per chi segue i mercati azionari: il derivato funziona infatti da
indicatore anticipatore delle discese degli indici. L'Euribor ha ormai una
soglia psicologica di riferimento al 5%, una resistenza che non è ancora
riuscito a superare. "Le banche centrali hanno fatto fin qui da argine
alle salite, ma temo che il rapporto di fiducia con i mercati si sia
incrinato", ha commentato Bagato. Come operare sull'Euribor. Qual è il
margine necessario per negoziare l'Euribor? Il deposito iniziale dipende dal
broker, ma solo una banca italiana, Iw Bank, vanta un'offerta competitiva. Il
broker fa pagare 10 euro a contratto, con una richiesta di margine di 600 euro.
Decisamente più aggressivi sono i depositi iniziali proposti dagli stranieri
Activetrades e Interactivebroker: entrambi fissano soglie d'ingresso più basse
per chi si impegna a chiudere la posizione in giornata. Per il primo il limite
è 200 sterline (il future è quotato al Liffe di Londra), mentre per il secondo
è 313. Per l'operatività overnight i depositi salgono invece rispettivamente a
476 e 625 sterline. Le commissioni di Interactivebroker sono in linea con i
margini ridotti, 1,70 sterline a contratto, mentre quelle di Activetrades sono
legate all'operatività.Per negoziare l'Euribor si possono utilizzare anche i
cosiddetti cfd (contract for difference): Ig Markets propone un contratto con
350 euro di margine e commissioni pari 2 tick di spread sui prezzi
battuti dal mercato.Un tick del future vale 12,50 euro e la variazione minima
di prezzo è pari a 0,005. Di norma in una seduta il derivato registra
escursioni di una decina di tick, ma nelle ultime giornate la volatilità è
cresciuta moltissimo. Mercoledì 12, con l'intervento concertato dalle banche
centrali, accompagnato da pesanti immissioni di liquidità, il range è salito a
36 tick. (riproduzione riservata) MFT - Trading Online Numero 250,
pag. 1 del 18/12/2007 Autore: Giuseppe Di Vittorio Visualizza la pagina in PDF
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( da "Corriere della Sera" del 18-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia -
data: 2007-12-18 num: - pag: 35 categoria: REDAZIONALE Mercati Cadono le Borse
Bush: la bolla mutui non si sgonfierà presto Merrill
taglia i bonus MILANO - La crisi del credito innescata dai mutui Usa continua a
pesare sui mercati. Ieri, in una giornata di forti perdite su tutte le Borse internazionali,
lo stesso presidente americano George W. Bush ha ammesso che "ci vorrà del
tempo" prima che la "bolla
immobiliare si sciolga".
L'amministrazione di Washington ha "un buon piano " per affrontare il
problema, ha rassicurato il presidente, ma nella consapevolezza che potrà solo
"attenuare alcuni degli effetti " della crisi. Parlando al Rotary
Club di Fredericksburg, in Virginia, Bush non ha nascosto che "ci sono
molte nubi di tempesta ", ma che "i fondamentali dell'economia
americana restano buoni". E le "nubi" ieri hanno scaricato altra
pioggia battente soprattutto sulle borse, con ondate di vendite dettate sia
dalla crisi creditizia (con Moody's pronta ad abbassare il rating di molte
obbligazioni legate ai mutui subprime), sia dai segnali di rialzo delle
tensioni inflazionistiche, non solo in Europa ma anche negli Usa. Timori di
stagflazione, inflazione unita al rallentamento della crescita economica, che
domenica scorsa erano stati espressi anche dall'ex capo della Federal Reserve,
Alan Greenspan. "La crisi dei mutui avrà un impatto negativo sull'economia
nel breve periodo", ha concesso il segretario al Tesoro, Henry Paulson.
Così, ieri, solo sulle piazze europee sono andati in fumo altri 150 miliardi di
euro. A Milano l'indice Mibtel ha perso l'1,72% e a Londra l'Ftse 100 è sceso
dell' 1,86%. Molto simili le perdite di Francoforte (meno 1,55%) e Parigi (meno
1,61%). A poco sono dunque serviti i 20 miliardi di dollari iniettati nel
sistema finanziario dalle principali banche centrali, dalla Fed alla Bce alla
Bank of England, prima tranche di quel piano congiunto messo a punto per
soddisfare la fame di credito dei grandi istituti di credito internazionali.
Anche a Wall Street la giornata si è chiusa in profondo rosso: meno 1,3% il Dow
Jones. Per oggi sono attesi con ansia i conti trimestrali di alcuni dei big più
esposti sul fronte dei mutui, da Goldman Sachs a Morgan Stanley, mentre ieri
l'agenzia Bloomberg ha rivelato che Merrill Lynch starebbe preparando un taglio
del 40% nei bonus dei manager del settore del reddito fisso. G.R.
Su REplat, la piattaforma web per la
collaborazione tra agenti immobiliari, non ha fatto altro che diminuire
passando da -2,65% a -8,04%: un peggioramento del 5,39% in soli 4 mesi
Stando ai dati registrati da REplat
e derivanti dall’attività delle circa 950
agenzie Aderenti (circa 3.000 operatori del settore) sulla
piattaforma di condivisione
degli immobili, dal mese di settembre al mese di dicembre del
2007 l’andamento del mercato immobiliare italiano è andato sempre più rallentando
rispetto allo stesso lasso di tempo dell’anno scorso.
In soli quattro mesi, infatti, si è
passati dalla domanda di immobili di settembre, fissata a quota -2,65%, a quella di dicembre
del -8,04%.
Sempre secondo i dati rilevati da
REplat lo scorso mese di luglio il mercato immobiliare italiano aveva
cominciato a dare segni di ripresa dopo tre mesi di dati negativi.
Per la prima volta in 90 giorni,
infatti, il database della piattaforma REplat evidenziava la domanda di
immobili con segno positivo (+0,26%) nonostante l’offerta fosse pericolosamente
vicina al +10% (+9,49%).
Questo ultimo dato indicava il
tentativo degli agenti immobiliari di rimanere comunque attivi e propositivi
nei confronti della clientela, un tentativo che è andato crescendo fino al mese
di ottobre scorso
quando l’offerta
sulla piattaforma REplat ha toccato +11,47%
ma che già a novembre diminuiva al +7,54% per attestarsi, infine, sul +3,51 del
mese successivo.
Di seguito le specifiche sui dati
percentuali registrati dall’Indice
REplat da settembre
a dicembre 2007.
settembre: richieste a -2,65% e offerta a +10,23% rispetto alle informazioni dei
12 mesi precedenti;
ottobre:
domanda a -2,87% e offerta a +11,47% rispetto alle informazioni dei 12 mesi
precedenti;
novembre: richieste a -7,71% e offerta a +7,54% rispetto alle informazioni dei 12
mesi precedenti;
dicembre: domanda a -8,04% e offerta a +3,51% rispetto alle informazioni dei 12
mesi precedenti.
I dieci perché della crisi dei mutui ( da "Sole
24 Ore, Il" del 17-12-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO
PIANO data: 2007-12-16 - pag: 7 autore: I dieci perché della crisi dei mutui Le
cause e le conseguenze dello shock che ha messo in ginocchio le Borse di Mario
Margiocco "C he erba stavano fumando? ". Così la rivista Fortune
metteva alla berlina a metà novembre quattro big della finanza di Wall Street:
Chuck Prince di Citigroup, Stan O'Neal di Merril Lynch, John Mack di Morgan
Stanley e Jimmy Cayne di Bear Stearns. Le loro banche hanno perso cifre
colossali nelle grosse falle emerse nel castello finanziario che ha retto negli
Stati Uniti, dal 2004 al 2006 soprat-tutto, il mercato dei mutui subprime,
quelli concessi cioè a clienti al disotto dei prime, dalle garanzie ottimali.
"Quando la musica si ferma, in termini di liquidità, le cose si faranno
complicate. Ma finché c'è musica,bisogna star su e ballare. Stiamo ancora
ballando", diceva Prince all'inizio di settembre. La musica si inceppava
del tutto ad agosto e Prince si dimetteva ai primi di novembre, a fronte di
perdite per Citi di 11 miliardi di dollari. O'Neal lo seguiva, con un buco da
7,9. In Europa - la finanza contemporanea capace, si diceva, di isolare le crisi
sta facendo il contrario, diffonde il contagio - si possono aggiungere alla
serie di perdite record, della stessa entità di quelle di Citigroup, quelle di
Hsbc e Ubs, la prima e la settima fra le banche europee, e l'elenco per cifre
rilevanti sarebbe lungo. Le banche italiane, per fortuna, sono coinvolte solo
per cifre gestibili senza traumi, per quanto finora risulta. Ma nella finanza
globale i guai del sistema sono anche i nostri. Che cosa è successo? E che cosa
potrà succedere? Con la risposta a dieci domande Il Sole 24 Ore cerca di
offrire un quadro completo. Chiarire la dinamica, i tempi e soprattutto
valutare le cause profonde. E le conseguenze, alcune probabili altre possibili.
Nella convinzione che se è vero che il sistema globale può reggere il colpo, è
anche vero che il 2007 dei subprime non sarà facilmente dimenticato. Come
diceva Prince e come confermano le azioni congiunte annunciate mercoledì da
cinque banche centrali tra cui Bce e Fed, "in termini di liquidità "
le cose si sono fatte complicate. 1 Che cos'è e perché è così insidiosa la
crisi dei mutui subprime? I mutui subprime, concessi nonostante un punteggio
insufficiente del cliente su formulari standard, ci sono da molto tempo. Il
problema è esploso tra il 2003 e il 2006. I mutui subprime erano, fino a
pochissimi anni fa, pochi, 600 mila nel 1998 pari al 2,5% di tutti i mutui.
Sono volati 5,8 milioni a fine 2006, pari al 13,5 per cento. 2 Colpa della bolla immobiliare? Per tre cause
congiunte. Primo, la grande bolla immobiliare americana, senza
precedenti per dimensione e uniformità; secondo, la congiunzione con un costo
reale del denaro sottozero dal 2001 al 2004. Le due cose hanno spinto la
clientela a moltiplicare i mutui subprime, che equivalevano nel marzo del 2007 a una cifra di 1.100
miliardi di dollari, per l'80% a tasso variabile, quasi il Pil della California
e due terzi del Pil italiano, circa un quinto del totale dei mutui. Terzo
fattore, il fronte bancario. C'è stata la corsa a realizzare i maggiori
profitti possibili con i subprime, dove il mutuatario paga di più e il mutuante
ha rendimenti più alti. A questo si è aggiunta la convinzione che le nuove
tecniche finanziarie, a partire dalla securitization o cartolarizzazione,
consentissero di spalmare il rischio su più sog-getti, e non sul solo istituto
che emette il mutuo. Lo stesso presidente della Federal Reserve, Alan
Greenspan, suggerì il 26 febbraio del 2004 di usare prodotti
"alternativi" e meno cari dei tradizionali mutui a tasso fisso, da
sempre lo standard negli Stati Uniti. Ma da metà 2004 il costo del denaro è
salito costantemente, dal 2% al 6,25 nel giugno 2007. Risultato: tra giugno e
settembre di quest'anno 447mila mutui hanno cessato in parte o del tutto il
pagamento. Le vendite all'asta da parte delle banche hanno depresso il mercato,
che si sgonfia. La crisi si preannunciava da metà 2005. Con metà 2007 l'intero sistema
finanziario avvertiva il colpo. "Il mercato dei corporate bond si è
bloccato", titolava martedì 7 agosto il Wall Street Journal. Era la crisi
di liquidità. 3 Che cos'è la cartolarizzazionee come ha funzionato in questo
caso? è una tecnica della finanza strutturata con cui si creano societài cui
titoli sono garantiti spesso da proprietà immobiliari o da mutui immobiliari, e
questi titoli vengono collocati attraverso una società "veicolo" cui
vengono attribuiti in proprietà. Nel caso dei mutui, la solidità del tutto
dipende dal rapporto che c'èfra mutui affidabili e non, in ogni
"veicolo". Poiché i mutui subprime garantiscono rendimenti alti a chi
li emette, questi titoli rendono bene e quindi sono stati acquistati un po'
ovunque nel mondo. Ora, sono molti anni che i mutui subiscono negli Stati Uniti
questo tipo di trasformazione finanziaria, e il tutto risale alla creazione
molti anni fa di grandi enti finanziari pubblici federali per la gestione dei
mutui immobiliari (si veda il box). La cartolarizzazione avveniva in mani
affidabili. Poi sono arrivate le banche. 4 Quanto denaro è andato e andrà in
fumo? Varie stime indicano le possibili perdite nel sistema finanziario
americano e globale a circa 500 miliardi. Goldman Sachs parla di 445. Ma sono
stime incerte. Ancora oggi, a quattro mesi dalla definitiva presa di coscienza
avvenuta ad agosto, non si sa bene. Anche perché quella subprime è una bomba a
tempo. In totale i mutui subprime ammontano a 1.100 miliardi di dollari e di
questi, secondo Randall Dodd del Fondo mone-tario, 685 miliardi sono stati
cartolarizzati. Dei 600 miliardi di mutui accesi nel 2006 la grande maggioranza
erano subprime, nelle due categorie di subprime veri e propri e AltA, un po'
meno rischiosi. Tre fattori creano incertezza. Primo, meccanismi a tempo che
dopo un paio d'anni portano i tassi a livelli quasi da usura, inseriti in molti
mutui. Secondo, non si sa quando finirà la discesa dei prezzi
immobiliari, un fatto che pesa molto perché riduce la garanzia finanziaria
riducendo il valore dell'immobile. Terzo non si sa ancora bene quanto e dove si
sono diffusi i titoli frutto della cartolarizzazione. Tre giorni fa la Bce ha
rilevato che le prime 21 banche europee hanno in totale assets per 234 miliardi
che risultano off balance sheet, e sfuggono quindi in tutto o in parte al
rispetto di requisiti patrimoniali. Sicuramente i subprime abbondano. 5 Quali
le date cruciali? La data più importante è quella che segna
l'esplosionedelfenomeno ed è il 2004. Fino a inizio secolo (si veda ancora il
box) erano le pubbliche o semipubbliche Fannie Mae, Guinnie Mae e Freddie Mae a
dominare il mercato, e ancora nel 2003 controllavano il 76% di tutte le emissioni
di titoli con mutui o asset immobiliari come collaterale, secondo la rivista
specializzata "Inside Mortgage Finance ". Il restante 24% era stato
emesso da banche e finanziarie di Wall Street. A metà 2006 il rapporto si era
invertito, 43% per il pubblico o assimilabile e 57% per le banche e
finanziarie, sia specializzate in subprime come Indymac, Wamu o Countrywide sia
sangue blu di Wall Street come Wells Fargo, Lehman Brothers, Bear Sterns, JP
Morgan, Goldman Sachs, Bank of America e altre, sia banche europee o
giapponesi. In più con una grossa differenza: mentre Fannie Mae e consorelle
agivano quasi soltanto su mutui prime, banche e finanziaria si sono gettate su
subprime di ogni tipo, inventati dalla fantasia finanziaria. I rendimenti erano
più alti e le banche acquistavano e spesso riciclavano. 6 Quanto durerà la
crisi? " Il prossimo anno, o i prossimi due, riserveranno al settore
bancario e finanziario sfide che da molto tempo non conoscevano ", dice
Julie Stackhouse, senior vice presidente per la Supervisione bancaria della
Federal reserve bank di St. Louis, Missouri. Quindi tempi piuttosto lunghi. Le
clausole ai limiti dell'inganno studiate per invogliare i clienti rimandano
l'aumento delle rate da un certo punto in poi. Ora, per ciascuno dei quattro
trimestri 2008 ci saranno 450mila mutui che subiranno questo aumento. In quanti
non ce la faranno? 7 Ma come mai quest'estatela notizia che 34 miliardi di
crediti legatia mutui erano a rischio ha avuto il potere di congelare prima la
liquidità su un sistema finanziario americano da 57 mila miliardi di dollari, e
poi di creare seri problemi di liquidità in tutto il mondo, dove il volano
finanziario è enorme? Oggi è tre volte il Pil globale mentre era pari al Pil
nel 1980 La chiave per vendere il debito subprime al mercato sono state le Cdo
(Collateralized debt obligations), obbligazioni derivanti dall'aggregazione di
diverse attività soggette a rischio di credito; banche, hedge funds,
investitori istituzionali e anche finanzieri privati hanno comprato. Con una
Cdo si può rivendere circa l'80 di un debito subprime. Le Cdo furono dal 1987 l'arma preferita della
defunta Drexel Burnham Lambert, travolta nel 1989 dalla crisi dei junk bonds.
L'ombra dell'inventore delle Cdo, Michael Milken, che fece due anni di prigione
ed è oggi con 2,1 miliardi di dollari la 548a persona più ricca al mondo
secondo Forbes, aleggia quindi sul mercato mondiale. Siamo ai junk mortgages, o
mutui spazzatura. Nelle Cdo può esserci di tutto, subprime e non, ma sono stati
utilizzati soprattutto per spalmare i subprime nel sistema. Con derivati e
altre ardite tecniche finanziarie che rendono spesso difficile la valutazione
di quanto valga il titolo Cdo, alla fine vanificandolo. Spesso i subprime ad
esempio sono stati suddivisi in tre tipologie, consegnate alla stessa Cdo, con
diversi diritti di "prelazione" sulla liquidità che il pagamento
delle rate dei mutui in definitiva garantisce. Più è il rischio più sale il
rendimento nominale. Cdo e derivati vengono trattati (anche oggi c'è chi compra,
a forti sconti, si veda l'articolo nella pagina a fianco) in privato e senza
controlli, over the counter. Ma questo mercato si blocca quando c'è vero
rischio. Gli hedge funds hanno smesso di operare. E si è bloccato anche il
mercato del commercial paper, di fatto cambiale a breve che negli Stati Uniti
più di 2000 società e banche usano per ottenere liquidità, e comune anche in
Europa. Sul commercial paper, come sulle Cdo, non si fa più il prezzo. Da qui
la crisi di liquidità. Che le Banche centrali cercano di combattere con
iniezioni di capitali, attente però soprattutto in Europa a non aumentare la
già alta massa monetaria, che innervosisce, date le tendenze inflazionistiche
in atto. 8 C'è
un rapporto tra i subprime e i forti cali a ottobre e novembre del dollaro?
Indiretto. Il dollaro è in lento calo, in definitiva, dal 2002 per questioni di
partite correnti, essenzialmente. In autunno ha avuto sedute che sembravano
sfuggire di mano, e qui i subprime hanno contribuito. La crisi dei junk
mortgages potrebbe però condizionare il futuro a breve della politica
monetaria, presa tra la necessità di assicurare liquidità anticrisi al mercato
e quella, contraria, di controllare l'inflazione. Il dollaro rischia di
rimanere ostaggio. 9 Quali le conseguenze di medio e lungo periodo? La
sorveglianza bancaria e finanziaria, in particolare il ruolo dell'Occ (Office
of the comptroller of the currency) è sotto accusa negli Stati Uniti. E la
stessa deregulation finanziaria, in moto dagli anni di Gerald Ford e Jimmy Carter,
è rivisitata. Qualcuno è arrivato a rimpiangere il vecchio Glass-Steagall Act
del 1933 che creò la separazione fra banca commerciale e di investimento e che
fu abolito da Bill Clinton nel 1999. 10 E per l'Europa? I subprime sono un
fenomeno americano. Ha infettato anche le banche europee, che nel mercato
globale non volevano perdere l'occasione. In Europa il Paese a rischio debito,
nelle carte di credito ad esempio, è la Gran Bretagna.Ma nell'area euro il caso
subprime farà inevitabilmente salire di tono il dibattito su un maggiore
coordinamento della sorveglianza bancaria, che è ancora nazionale ed extra Bce.
ALAN GREENSPAN L'ex presidente della Federal Reserve, il 26 febbraio 2004
suggerì alle banche di usare prodotti "alternativi" e meno cari dei
tradizionali mutui a tasso fisso. Greenspan ha anche ridotto i tassi
d'interesse fino all'1%. BLOOMBERG BEN BERNANKE La Fed martedì ha tagliato i
tassi di 25 punti base al 4,25%. Bernanke è anche più volte intervenuto per
immettere liquidità nel sistema: anche mercoledì ha annunciato operazioni
straordinarie per calmare le tensioni sui mercati. REUTERS JEAN-CLAUDE TRICHET
La Banca centrale europea guidata da Jean-Claude Trichet ha deciso di lasciare
invariati i tassi al 4%. L'istituto europeo è infatti combattuto tra la
gestione della crisi dei mutui subprime e la lotta all'inflazione REUTERS.
Effetto
mutui su banche e imprese in Europa ( da "Manifesto, Il" del 14-12-2007)
I
subprime di casa nostra ( da "Manifesto, Il" del 14-12-2007)
Per Roma un anno record ( da "Agenzia
di Viaggi, L'"
del 14-12-2007)
( da "Manifesto, Il" del 14-12-2007)
Mattoni rotolanti Effetto mutui su
banche e imprese in Europa Spagna: meno 40% Le costruzioni
residenziali in Spagna sono crollate del 40% da agosto: effetto dell'onda lunga
della crisi dei subprime e dello sgonfiamento della bolla immobiliare.
Secondo Pedro Perez, segretario generale dell'associaizone che raccoglie i
maggiori costruttori spagnoli, la crisi costerà al settore la perdita di
500.000 posti di lavoro. Francia al superfondo Cinque tra le maggiori
banche francesi hanno deciso di dar vita a un fondo comune per l'emergenza da
subprime. Bnp Paribas, Societè Generale, Calyon, Natixis e la divisione
francese di Hsbc avvieranno all'inizio del 2008 un fondo da 1 miliardo di euro
per stabilizzare le eventuali perdite legate alla crisi del credito immobiliare. Germania salva-banche Un altro salvataggio
pubblico per banche scapestrate: in Germania è stato raggiunto un accordo per
coprire le perdite della banca Sachsen, con intervento della Busndesbank e del
governo della Sassonia.
( da "Manifesto, Il" del 14-12-2007)
Meno acquisti, meno vendite. La crisi
del credito raffredda il mattone. Più che a cambiare casa, adesso si pensa a
cambiare mutuo. Banche permettendo Roberta Carlini Dalla corsa al mattone alla
corsa in banca. A leggere tra i numeri che si affollano sul mercato immobiliare, si intravvedono due tendenze. Da un lato, si è
fermata la corsa all'acquisto ad ogni costo, quella che ha fatto salire fino al
2007 ogni anno a tassi esponenziali il numero delle comravendite (e dei valori
immobiliari). Dall'altro, è iniziata un'altra grande corsa riservata al popolo
dei dannati dell'Euribor, degli indebitati a tasso variabile e a cifre folli:
la corsa a rinegoziare il mutuo, stiracchiandolo, allungandolo, cercando ogni
mezzo per renderlo più umanamente sostenibile. Una corsa che è partita, per i
più, a far data dalla crisi di agosto. Una corsa a ostacoli, dove gli ostacoli
sono gli sportelli delle banche. Non compro più Che le compravendite siano in
discesa dalle vette record degli ultimi anni, lo dicono da qualche trimestre i
dati ufficiali dell'Agenzia del territorio. Ai quali si aggiungono adesso i
risultati di un'indagine di Tecnoborsa sulle intenzioni di vendita e acquisto,
realizzata a campione in sei grandi città: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo
e Genova. Solo il 9,1% degli intervistati ha dichiarato di aver intenzione di
effettuare una transazione immobiliare (comprare o
vendere; dare o prendere in affitto) nel biennio 2007-2008: alla stessa
domanda, nel 2005, aveva risposto positivamente il 16,3% del campione. In
particolare,scende la quota di coloro che vogliono comprare: solo il 6% nel
totale. Il crollo degli aspiranti acquirenti (gettati fuori mercato dal livello
dei prezzi e dal rialzo dei tassi sui mutui) è
particolarmente forte a Roma (dal 13,9 al 6,8%), a Napoli (dal 15,1 al 6,4%) e
a Torino (dall'11,4 al 4,7%). Quasi stabile invece la percentuale delle
intenzioni di vendita nelle stesse città: il che vuol dire che domanda e
offerta cominciano a riavvicinarsi, anche se questo non ha portato ancora a un
ridimensionamento dei prezzi ma solo - per ora - a un
allungamento dei tempi di vendita. Parallelamente, cresce un po' la domanda di
locazioni: il 2,1% degli intervistati pensa di prendere in affitto un immobile.
ma si scontrerà con la scarsità dell'offerta: solo lo 0,3% degli intervistati
intende dare in affitto un immobile, dunque il gap tra domanda eofferta
aumenterà, con prevedibili conseguenze sui canoni già altissimi che si
registrano nelle città. Mutuo, avanti un altro Spostiamoci sul mercato del
denaro, connesso come un vaso comunicante con quello immobiliare.
Gli ultimi dati diffusi da MutuiOnLine mostrano un ulteriore allungamento della
durata dei mutui, una diffusa ricontrattazione, e un ennesimo aumento dei loro
importi medi. I dati si riferiscono ai mutui intermediati in rete, e dunque a
una percentuale piccola dei mutui realmente in essere, ma abbastanza indicativa
delle tendenze in corso. Nella seconda parte del 2007, la fetta più grossa dei
mutui erogati si è collocata tra i 30 e i 40 anni: ben il 36,1%. Se si
aggiungono i mutui a 25 anni, che sono il 16%, si vede che più della metà dei
mutui supera il quarto di secolo. Nel 2002, primo annod el boom immobiliare, solo il 16-17% dei mutui era sopra i 25 anni .
Negli stessi anni, il 47-49% dei mutui erogati era a tasso variabile, il 14,7%
era a tasso misto, solo un terzo era a tasso fisso. La percentuale del tasso
fisso è scesa ulteriormente fino alla seconda metà del 2004, per poi cominciare
a risalire lentamente. Nella seconda metà del 2007 il tasso fisso riguarda il
73,4% dei mutui erogati (e il 76,3% di quelli richiesti). Ma la novità più
rilevante che viene dai dati di MutuiOnLine riguarda le motivazioni dei nuovi
mutui. Accanto alle voci tradizionali (acquisto prima e seconda casa,
costruzione, ristrutturazione) si fa strada una voce nuova: la sostituzione. Il
18% dei mutui erogati nella seconda metà del 2007 è fatto di mutui "di
sostituzione", cioè che sostituiscono altri mutui diventati insostenibili
per i debitori. Attenzione: un'altra tabella del rapporto avverte che la
percentuale di persone che vorrebbe cambiare mutuo è ancora più alta (il 35%,
quasi il doppio): ma tra la volontà e la realtà c'è di mezzo la banca, che
nonostante tutte i decreti Bersani e le pubblicità varie non spiana affatto la
strada a chi vuole cambiare il contratto di mutuo, nella stessa banca, o
spostarsi da una banca all'altra. Con tutta probabilità nel 18% di
"sostituzioni" rilevato da MutuiOnLine ci sono i clienti ai quali le
stesse banche hanno offerto la ricontrattazione, ossia quelli maggiormente in
crisi con il pagamento delle rate: la parte più sofferente di coloro che negli
scorsi anni hanno contratto un mutuo a tasso variabile, agganciato a
quell'Euribor in rapida e non interrotta ascesa. Tra costoro, ci sono
moltisisme famiglei a basso reddito. Al secondo semestre 2007, a crisi dei
"subprime" scoppiata e buoi fuggiti, le banche si
sono affrettate a stringere i freni della concessione del credito. Ma negli
anni caldi della bolla
immobiliare, quando le compravendite salivano
e i tassi scendevano, andavano senza freni. La percentuale di mutui erogati a
famiglie con reddito inferiore ai 1000 euro al mese è stata, negli anni
2002-2003, tra il 12 e il 13%. Adesso, nell'anno 2007, è crollata al
5,6%. Ma tutte quelle famiglie con 100 euro al mese (o giù di lì) che
quattro-cinque anni fa hanno avuto accesso al mutuo, sempre a tasso variabile,
per importi sempre più alti in rapporto al valore del bene comprato, e con
durata crescente, si trovano in enorme difficoltà. E fanno la fila allo
sportello, in cerca di "sostituzione".
( da "Agenzia di Viaggi, L'" del
14-12-2007)
ATTUALITA' Per Roma un anno record
Entro fine anno Roma toccherà i 15 milioni di presenze alberghiere e 5 milioni
di extra-alberghiere. Solo per le festività di Natale e Capodanno è prevista
una crescita del 32% dei pernottamenti. "Roma continua a crescere, ma
dobbiamo ancora lavorare per l'obiettivo della piena occupazione. Le nuove
sfide riguardano sicurezza, mobilità, decoro urbano, plus indispensabili per
mantenere la leadership. Noi imprenditori alberghieri lavoriamo sul territorio
e su di esso capitalizziamo, senza esportare fabbriche o spostare la produzione
all'estero. E siamo fortemente vincolati a tutti i servizi sul territorio. Si
corre il rischio che alla buona ospitalità alberghiera non corrisponda un buon
soggiorno nella città". Questi i commenti di Giuseppe Roscioli, presidente
di Federalberghi Roma all'incontro di fine anno, ieri a Roma. A festeggiare il
successo della città con Federalberghi il Sindaco Walter Veltroni che ha
ricordato come “Dal Giubileo ad oggi abbiamo impostato un modello vincente che
va replicato in futuro: siamo in perfetta sintonia con le esigenze
dell'imprenditoria turistica romana e lo abbiamo dimostrato: ci venivano
chiesti eventi e strutture ed in pochi anni abbiamo organizzato appuntamenti di
grande richiamo internazionale come il Festival del Cinema, abbiamo restaurato
14 palazzi storici, inaugurato la Fiera e posto le basi per il nuovo polo
congressuale, con la nuvola di Fuksas, portando così a rapida soluzione quella
che era una grossa lacuna della capitale, ovvero l'offerta per grandi
convention. Ora ci attendono nuovi impegni e l'amministrazione capitolina farà
la sua parte. “ Intanto Federalberghi Roma festeggia con previsioni di traffico
a dir poco sorprendenti: nel periodo di Natale, infatti, si prevede che le
camere vendute negli hotel di Roma saranno circa 118.000 con una crescita del
20% circa rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e un tasso di
occupazione medio di circa 46%, con punte di oltre l'80% in diversi casi. Nel
periodo di Capodanno (dal 29 dicembre 2007 al 3 gennaio 2008) si registrerà
rispetto al 2007 una crescita del 22% delle camere vendute pari a 167.000 circa
ed un tasso di occupazione medio del 65% circa. Tra le sfide da raccogliere,
infine, c'àè anche quella della riqualificazione ricettiva e qui interviene
anche Walter Pecoraro, presidente di Federalberghi Lazio che ha tenuto a
precisare come “occorre il pieno appoggio delle istituzioni e amministrazioni
locali per condividere col sistema bancario una concreta disponibilità ad
agevolare investimenti degli albergatori romani e italiani in genere, per
ristrutturare alberghi e per aprirne di nuovi. Iggi
esistono enormi difficoltà per quegli albergatori che gestiscono strutture e
non sono proprietari degli immobili, perché c'è la pericolosa tendenza a non
rinnovare gli affitti per riconvertire certi stabili storici ad altro uso e
sfruttare così la bolla
immobiliare. Bisogna contrastare il rischio
di un impoverimento dell'hotellerie made in italy.” – Andrea Lovelock -
NUMERO: giornale online DATA: 14-12-2007 CATEGORIA: ATTUALITA'.
lunedì, 10
dicembre 2007 12.52
FIRENZE (Reuters) - I timori relativi
alla difficoltà di accedere alla liquidità a fine anno, che hanno portato a un
significativo rialzo dei tassi del mercato interbancario della zona euro, non
sono giusificati.
Lo ha detto Lorenzo Bini Smaghi del
consiglio esecutivo della banca centrale europea. A margine di convegno a
Firenze il banchiere ha, inoltre, detto che la discussione di diverse opzioni
di politica monetaria è una prassi normale in occasione delle riunioni mensili
sui tassi.
Il rialzo dei tassi Euribor sul
mercato "riflette timori relativi all'esigenza di liquidità a fine anno,
ma si tratta di timori ingiustificati, perchè la politica di stabilizzazione del
tasso overnight da parte della Bce sarà continuata" ha detto Bini Smaghi.
"C'è un po' di tensione [sui
tassi di mercato] non giustificata in base alla disponibilità della liquidità e
all'accesso di liquidità per le banche presso la Bce".
Il banchiere ha sottolineato
l'impegno dell'istituto di Francoforte per appianare le tensioni generate dalla
crisi di fiducia tra gli intermediari finanziari innescata dalla crisi dei
mutui subprime negli Stati Uniti.
"Si spera che la pubblicazione
[intorno a fine gennaio e fine febbraio] dei dati di bilancio certificati di
fine anno delle banche porti a un definitivo chiarimento, così da riportare la
fiducia" tra le istituzioni finanziarie, ha detto Bini Smaghi.
Il ritorno della fiducia dovrebbe
appianare gli squilibri registrati dal mercato interbancario, nel frattempo,
"in questo periodo di transizione, la Bce e le altre banche centrali
continueranno ad assicurare la stabilità del mercato interbancario", ha
assicurato il banchiere europeo.
A una domanda sul fatto che la Bce
avesse discusso giovedì scorso di un rialzo dei tassi, prima di decidere di
confermare il costo del denaro, Bini Smaghi ha risposto "si discutono
sempre diverse opzioni".
© Reuters 2007. Tutti i diritti assegna a Reuters.
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Già
40 istituti offrono ai clienti una via d'uscita
Da
Regioni e Comuni arriva un sostegno
Sui
tassi una protezione ricca di costi aggiuntivi
In
arrivo una procedura interbancaria sulla portabilità dei mutui
Mutui,
Bce e crisi subprime fanno crescere il tasso fisso
Di fronte allo
spettro della surroga, le banche aprono alle rinegoziazioni. Secono l'Abi nei
primi nove mesi dell'anno i mutui rinegoziati sono stati 42mila: un numero
destinato a salire, data la crescente disponibilità degli istituti a rivedere
le condizioni dei contratti accesi.
Se le agevolazioni alla surroga dei mutui – introdotte dalla seconda lenzuolata
di liberalizzazioni (il Dl 7/2007) voluta dal ministro per lo Sviluppo
economico Pier Luigi Bersani – faticano a essere applicate, hanno però fatto da
volano alle rinegoziazioni, cioè alla modifica delle condizioni stabilite
all'origine dei contratti.
La rinegoziazione
Siamo già oltre 100mila proposte di rinegoziazione. Tra i primi a lanciare una
campagna ad ampio raggio c'è IntesaSanPaolo, che ha inviato 80mila mail ai
mutuatari potenzialmente a rischio per proporre la rinegoziazione. Pochi giorni
fa Unicredit e Mps hanno avviato un'analoga operazione. Unicredit ha contattato
15mila clienti in difficoltà con la rata, mentre Mps ha varato una politica per
consentire la rinegoziazione a costo zero: tutti i clienti Mps, e non solo
quelli direttamente contattati, possono chiedere di rinegoziare senza costi il
contratto, a tasso sia fisso sia variabile. A volte sono le piccole banche a
proporre le soluzioni più concorrenziali: come la lombarda Banca di credito
cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate, che da anni rinegozia gratuitamente
i mutui.
Il boom delle rinegoziazioni (si veda anche il Sole-24 Ore di sbatao scorso) è
trainato anche dai costi, più contenuti rispetto a quelli che, nonostante gli
sgravi voluti da Bersani, continuano a pesare sulla portabilità delle ipoteche.
Questo perché, a differenza di quel che avviene per la surroga, per modificare
le condizioni del mutuo, in genere, non è necessario rivolgersi a un notaio.
La sostituzione
Chi ha voluto rompere i ponti con il vecchio istituto di credito nel primo
semestre 2007 ha
potuto farlo solo attraverso la sostituzione, e sono circa il 50% le banche che
propongono prodotti allo scopo. La guerra è sul fronte dei costi, e senza
esclusione di colpi. Ing Direct, che in tempi non sospetti (maggio 2006) ha
lanciato un prodotto ad hoc, ha registrato 50mila richieste di sostituzione ed
erogato nel 2007 circa 360 sostituzioni al mese, con un picco a novembre quando
hanno raggiunto quota mille. Secondo Marco
Pescarmona,
presidente di MutuiOnline, l'inefficacia della surroga, in attesa di direttive
più chiare soprattutto sugli obblighi dei soggetti coinvolti, sta spingendo
molto i mutui di sostituzione: «Si registra anche una crescente frustrazione in
chi aveva visto nella surroga una soluzione che poi si è rivelata, spesso,
impraticabile».
La surroga
Solo ora, a quasi un anno dalle semplificazioni alla portabilità (il decreto
Bersani-bis è in vigore dal 2 febbraio scorso), qualcosa sul fronte bancario ha
iniziato a muoversi. Monte dei Paschi ha lanciato un mese fa «Sostimutuo », un
prodotto di surroga (e non di sostituzione come il nome farebbe supporre)
concesso giàa qualche centinaio di mutuatari. «Sulla surroga stiamo adottando
una politica molto aggressiva – spiega Ivan Niglio, responsabile servizio
prodotti bancari di Mps –. Offriamo uno spread di 0,75 fino a 30 anni e di 0,95
fino a 40. Inoltre abbiamo messo a punto un meccanismo che ci consente di
velocizzare i tempi».
MacQuarie Bank, invece, ha fatto due surroghe e avviato le pratiche per altre
23, per un costo globale di mille euro: 700 per il notaio e 250/300 euro per
l'assicurazione. Cr Firenze ha già concluso 74 "surreghe" e ne ha in
corso 158. E venerdì scorso 14 istituti di credito operanti in provincia di
Treviso hanno siglato un accordo con la Provincia per rendere gratuiti i
trasferimenti dei mutui, a condizioni agevolate.
Credem già ad aprile ha avviato una fase di sperimentazione e concesso finora
una ventina di surroghe. L'istituto emiliano ha adottato l'atto trilaterale
"suggerito" dall'Abi, d'accordo con i notai: un documento redatto
alla presenza della banca originaria, di quella surrogante e del cliente e che
riunisce i diversi passaggi ritenuti necessari per il trasloco ( contratto di
mutuo, quietanza e consenso alla surrogazione). «In questa fase sono emersi
alcuni problemi – spiegano a Credem –: la difficoltà a "obbligare" la
surrogata a firmare la quietanza o a fare i calcoli estintivi nei 15 giorni
indicati dalla procedura Abi- notai; il rischio che la banca surrogata cancelli
"automaticamente" l'ipoteca una volta perso il cliente, lasciando la
surrogante senza garanzia».
Da chiarire anche il nodo dei co-sti, bancari e notarili. La Bersanibis parla
di procedura senza oneri per i clienti, ma, oltre le spese bancarie (azzerate
da qualche istituto), tutte le surroghe finora realizzate hanno visto coinvolti
i notai, con costi variabili, dai 1.500 euro di aprile ai 700/800 euro di settembre.
Secondo Pietro Caserta, componente del Consiglio nazionale del Notariato, la
procedura con atto unico dovrebbe dimezzare ancora i costi. E l'Abi,nei giorni
scorsi, ha suggerito alle banche surroganti di accollarsi tutte le spese.
Ma lo scenario è in evoluzione. La surroga con atto unico non pia-ce
all'Antitrust, che si è messa al lavoro con l'Abi per rivedere il meccanismo in
chiave più concorrenziale: un nuovo schema di procedura dovrebbe essere messo a
punto nei prossimi giorni. Per far decollare i traslochi, il Governo ha poi
presentato un emendamento alla Finanziaria che chiarisce che la surroga deve
avvenire senza costi per i clienti, e che le semplificazioni valgono anche per
le ipoteche accese dal costruttore e poi frazionate.
I
prezzi delle case salgono ancora Il mercato immobiliare rallenta la sua corsa
dopo anni di 'boom', ma le quotazioni delle abitazioni crescono dal 3 al 5 per
cento ( da
"Resto del Carlino, Il (Ravenna)" del 06-12-2007)
Londra:
fiducia dei consumatori ai minimi, in calo prezzi case ( da "Sole
24 Ore Online, Il"
del 06-12-2007)
Scenari Immobiliari: Reits nel mondo a quota 589,3 mld ( da "Finanza
e Mercati" del
07-12-2007)
Altrementi
in Municipio incontra Vaccari ( da "Gazzettino, Il (Belluno)" del 07-12-2007)
( da "Resto del Carlino, Il (Ravenna)" del 06-12-2007)
EDILIZIA I prezzi delle case
salgono ancora Il mercato immobiliare rallenta la sua
corsa dopo anni di 'boom', ma le quotazioni delle abitazioni crescono dal 3 al
5 per cento - -->.
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del 06-12-2007)
Di Nicol Degli Innocenti commenti - | | 5 dicembre
2007 Credito: arriva lo strizzone immobiliare LONDRA.
Si profila un Natale austero per gli inglesi: la fiducia dei consumatori e'
scesa ai minimi da oltre tre anni in Gran Bretagna, spinta al ribasso
dall'aumento del costo della vita e dalla crisi finanziaria. Il dato, unito a
nuovi segnali che il mercato immobiliare e' in netta
flessione, aumenta le probabilita' che la Banca d'Inghilterra domani possa
decidere di tagliare i tassi d'interesse per sostenere l'economia, superando i
timori di un risveglio dell'inflazione. I dati resi noti oggi da Nationwide, la
seconda societa' specializzata in mutui, rivelano che l'indice della fiducia
dei consumatori e' sceso a 86
in novembre da 98 in ottobre: si tratta del calo mensile piu'
brusco da quando sono iniziate le rilevazioni nel 2004 e il livello piu' basso
dall'inizio dell'anno. Il crollo piu' rilevante riguarda l'indice di spesa,
sceso a 63, un segnale concreto che i consumi pre-natalizi subiranno un calo.
Le associazioni dei negozianti negli ultimi giorni hanno gia' espresso il
timore di una flessione delle vendite nella stagione piu' cruciale dell'anno.
"L'incertezza sugli effetti del credit crunch abbinata all'aumento dei prezzi del petrolio e dei generi alimentari sembra colpire
la fiducia sull'occupazione e sulla situazione economica futura," ha
commentato Fionnuala Earley, chief economist di Nationwide. I nuovi dati sul
mercato immobiliare confermano questo quadro a fosche
tinte: i prezzi delle case sono scesi dell'1,1% nel
mese di novembre a causa degli alti tassi di interesse e dell'onere crescente
di ripagare i mutui. La flessione dei prezzi e' la
piu' accentuata dal dicembre 2006, secondo Halifax, la maggiore societa'
specializzata in mutui in Gran Bretagna, ed e' anche la prima volta da dodici
anni che si verifica un calo per tre mesi consecutivi. "L'aumento del
costo di ripagare un mutuo e il calo dei salari reali hanno eroso i redditi
degli inglesi, portando a un rallentamento sia nei prezzi
che nel numero di compravendite nel settore immobiliare,"
ha detto oggi Martin Ellis, chief economist di Halifax. La Banca d'Inghilterra
ha confermato che il numero di mutui approvati e' sceso ai minimi da tre anni.
Alla luce di nuovi dati, un numero crescente di economisti si attende domani un
taglio dei tassi d'interesse di 25 punti a 5,5 per cento.
( da "Finanza e Mercati" del 07-12-2007)
Da Finanza&Mercati del 07-12-2007 I Reits nel
mondo ormai rappresentano una capitalizzazione pari a 589,3 miliardi di euro,
suddivisa su 490 Reits. Lo rivela l'ultimo studio di Scenari Immobiliari sul
settore. La capitalizzazione è cresciuta in tutto il mondo, fatta eccezione per
gli Stati Uniti, dove si registra un calo dovuto in parte alla diminuzione delle società operative (alcune delle quali sono state decimate
da crisi subprime a scoppio della bolla immobiliare) e in parte alle variazioni di cambio dal dollaro all'euro. Un
vero e proprio boom del settore si dovrebbe verificare nei prossimi tre-quattro
anni, nel corso dei quali la legislazione sui Reits dovrebbe essere approvata
in altri sei o sette Paesi e si prevede che entro il 2011 i Reits nel
mondo raggiungeranno una capitalizzazione di circa 1.000 miliardi di euro.
( da "Gazzettino, Il (Belluno)" del 07-12-2007)
Faccia a faccia su Pat e urbanistica Altrementi in
Municipio incontra Vaccari I dubbi del movimento politico FeltreConfronto ieri
pomeriggio in municipio tra il sindaco Vaccari e Altrementi sul tema della
tutela ambientale. Un incontro voluto proprio dal primo cittadino al quale
hanno partecipato, oltre al dirigente dell'ufficio urbanistica architetto
Oliviero Dall'Asen, Marco Scapin, Davide De Martini Bonan, Mauro Vettor e il
segretario provinciale dei Verdi Moreno Barbieri. Un faccia a faccia
costruttivo nel corso del quale il primo cittadino, il dirigente e gli
esponenti del movimento politico, hanno fatto un excursus a 360 gradi dell'uso
del territorio."Abbiamo fatto alcune considerazioni sul Pat e sulla
gestione del territorio - dichiara dopo l'incontro Vettor - prendendo atto
anche delle volumetria prevista dal Pat sia per la città che per il territorio
circostante per capire quanto sarà possibile ancora costruire in comune di
Feltre"."In un'ottica politica, notiamo come non venga minimamente
salvaguardato il territorio - sottolinea De Martini Bonan -; le volumetrie
previste a nostro parere sono oltre le esigenze abitative che gli abitanti del
territori richiedono. Con oltre mille appartamenti invenduti o sfitti nella
sola città di Feltre, si progettano nuove lottizzazioni. La situazione che è
andata creandosi in questi anni è alquanto strana: con un surplus di offerta
nel mercato immobiliare, i prezzi
delle abitazioni non scendono ma continuano a mantenersi molto
alti"."Gli incroci tra interessi pubblici e privati fanno sì che i prezzi siano tenuti alti - afferma Barbieri -; è una
situazione ormai purtroppo diffusa in tutta Italia e anche nel nostro
territorio. A questo si aggiungono le condizioni sempre più critiche nelle
quali molte famiglie versano a causa di tassi d'interesse sempre più onerosi da
parte degli istituti di credito". "Il problema
della bolla immobiliare che
è scoppiata negli Stati Uniti si riproporrà anche in Italia se non si cambia
direzione nel progettare il futuro delle nostre città. Non è una questione
solamente ambientale ma che si ripercuote a livello economico e sociale -
aggiunge Scapin -; salvaguardare il territorio significa salvaguardare
le piccole realtà di paese, che si svuotano sempre più, e quindi salvaguardare
i cittadini. Noi proponiamo in alternativa alla lottizzazione di nuove aree la
ristrutturazione dell'esistente, la riqualificazione e la rivalutazione di
tutto il territorio soprattutto quello che versa in condizioni di
degrado".
Morgan
Stanley rilancia l'allarme bolla speculativa ( da "Milano
Finanza (MF)" del 06-11-2007)
Hong
Kong cede sul freno ai capitali dal continente ( da "Sole
24 Ore, Il" del 06-11-2007)
STA
rallentando la crescita dei prezzi delle case a Modena ( da "Resto
del Carlino, Il (Modena)"
del 07-11-2007)
Prezzi
delle case e affitti, la L'indagine dell'Osservatorio
immobiliare: Nessun aumento ( da "Resto del Carlino, Il
(Modena)" del
07-11-2007)
Il
raggio del giorno
( da "Milano Finanza (MF)" del 08-11-2007)
Bancor
2 in attesa dell'addio di king, i listini restano
nervosi ( da
"Riformista, Il" del 09-11-2007)
Dal
nostro corrispondenteNEW YORK - L'economia Usa rallenta, mentre quella euro ( da "Messaggero, Il" del 09-11-2007)
Il sogno e l'incubo delle mani sulla casa ( da "Manifesto,
Il" del
09-11-2007)
Dove il mattone fa ancora boom ( da "MF
Immobiliare" del
09-11-2007)
Giù
i tassi, la crisi è a macchia d'olio ( da "Borsa e Finanza" del 10-11-2007)
Qualcosa
di molto allarmante si è rotto nel circolo, prima
virtuoso e ora vizioso, che dal ( da "Borsa e Finanza" del 10-11-2007)
DOPO LE NOTIZIE dello scorso mese che riguardavano il mercato
immobiliare della c ( da "Giorno,
Il (Nazionale)"
del 10-11-2007)
Le
banche affondano le borse mondiali - elena polidori ( da "Repubblica,
La" del 10-11-2007)
Martino
Mazzonis ( da
"Liberazione" del 10-11-2007)
Calo dei consumi e guai finanziari per la prima crisi di un
mondo cambiato ( da "Liberazione" del 10-11-2007)
Calano
i prezzi delle case Ma si vende sempre meno ( da "Giorno,
Il (Varese)" del
13-11-2007)
Bergamo,
un quarto del reddito familiare se ne va in mutui ( da "Eco
di Bergamo, L'"
del 13-11-2007)
<GIU'
I TASSI, LA CRISI E' A MACCHIA D'OLIO> ( da "Wall Street
Italia" del 13-11-2007)
In
calo i prezzi delle case in Gb, solo Londra (per ora) fa eccezione ( da "Sole
24 Ore Online, Il" del 13-11-2007)
Dove il mattone fa ancora boom ( da "MF
Immobiliare" del
14-11-2007)
Non
è bolla immobiliare ma il freno è ormai tirato ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 15-11-2007)
I
subprime americani spaventano anche noi ( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del 15-11-2007)
Prezzi
delle case domani arriva il nuovo borsino ( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-11-2007)
Compravendite
in frenata, ma i prezzi delle case tengono ( da "Denaro,
Il" del 15-11-2007)
Case
in provincia: Il nord raduna il meglio e il peggio dei prezzi ( da "Varesenews" del 16-11-2007)
Mutui
pesanti, meno acquisti ( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del 17-11-2007)
Business
Cornigliano ( da
"Secolo XIX, Il" del 19-11-2007)
Stiglitz:
Recessione in Usa con gli errori di Greenspan ( da "Denaro,
Il" del 19-11-2007)
Visualizza
immagine ( da
"Resto del Carlino, Il (Rovigo)" del 20-11-2007)
Stretta sui mutui giù il prezzo delle case ( da "Corriere
del Mezzogiorno"
del 20-11-2007)
Crescita
mondiale, Deutsche vede una chance su tre recessione ( da "Websim" del 20-11-2007)
La
Gdf attacca l'evasione sugli acquisti di immobili ( da "Sole
24 Ore, Il" del
21-11-2007)
Scoppia
in borsa la bolla del mattone ( da "Milano Finanza (MF)" del 22-11-2007)
Riflussi
soluzioni inevitabili per la crisi ( da "Riformista, Il" del 23-11-2007)
Il
Rosso e il Nero - Febbri Pestilenziali - La macchia scura si allarga ( da "Trend-online" del 23-11-2007)
Monolocali a 100mila euro, mercato dopato dal boom ( da "Nuova
Sardegna, La" del
24-11-2007)
T
acchino ( da
"Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 24-11-2007)
BORSA:
GUADAGNARE POCO E' MEGLIO CHE PERDERE MOLTO ( da "Wall
Street Italia" del 26-11-2007)
Lo
yuan è sottovalutato: è essenziale più flessibilità ( da "Denaro,
Il" del 26-11-2007)
Case, 2008 l'anno del calo ( da "Sole
24 Ore, Il" del
27-11-2007)
Europa dell'Est sempre più ricca ( da "Sole
24 Ore, Il" del
27-11-2007)
La
crisi subprime non si arresta: Nessun rimpianto per Greenspan ( da "Denaro,
Il" del 27-11-2007)
Il
tacchino tira ma c'è chi vede gli ingredienti per la
grande recessione
( da "Foglio, Il" del 27-11-2007)
Strozzati
dai mutui ( da
"Famiglia Cristiana" del 27-11-2007)
Portabilità
gratuita, ma solo in teoria ( da "Famiglia Cristiana" del 27-11-2007)
MUTUI:
USA; PREZZI CASE -4,5%, RIBASSO-RECORD (2) ( da "Wall
Street Italia" del 27-11-2007)
MUTUI:
PREZZI CASE USA -4,5%, RIBASSO-RECORD ( da "Wall
Street Italia"
del 27-11-2007)
USA:
CALO RECORD PREZZI CASE, -4,5% NEL TERZO TRIM ( da "Borsa(La
Repubblica.it)"
del 27-11-2007)
Ribasso-record nei mutui: prezzi case a 4,5 per cento ( da "Denaro,
Il" del
28-11-2007)
Il
mattone frena: si compra meno ( da "Stampa, La" del 29-11-2007)
Le
vendite (on line) Usa funzionano: +21% ( da "Finanza
e Mercati" del
29-11-2007)
Immobili,
compravendite in calo ( da "Italia Oggi" del 29-11-2007)
Prezzi
delle case in frenata ma il mercato non teme il crack ( da "Mattino
di Padova, Il"
del 29-11-2007)
GB: PREZZI CASE -0,8% A NOVEMBRE, CALO MAGGIORE DA 1995 ( da "Wall
Street Italia"
del 29-11-2007)
In
Italia non caleranno i prezzi delle case ( da "Sole 24 Ore Online, Il" del 29-11-2007)
Si
fermano i prezzi delle case, mutui più cari ( da "Denaro,
Il" del 29-11-2007)
EMANUELE IMPERIALI I PREZZI DELLE CASE TENGONO, MA
IL NUMERO DELLE COMPRAVENDITE DIMINUISCE. E AN ( da "Mattino,
Il (Benevento)"
del 29-11-2007)
Le
abitazioni l'anno prossimo costeranno un po' meno ( da "Opinione,
L'" del 30-11-2007)
L'Italia
non imita gli Usa: non caleranno i prezzi delle case ( da "Sole
24 Ore Online, Il"
del 30-11-2007)
Minidollaro, mutui e credit crunch: minacce da
gestire ( da
"Sole 24 Ore, Il" del 01-12-2007)
Il
rapporto fimaa Secondo gli operatori le compravendite
immobiliari a fine 2007 potrebbero segnare un lieve calo Prezzi delle case:
anche in città primi segnali di <stanca> ( da "Provincia
di Como, La" del
01-12-2007)
INDAGINE
NOMISMA SUL MERCATO IMMOBILIARE ITALIANO ( da "Sestopotere.com" del 02-12-2007)
La
tempesta perfetta sull'economia L'ANALISI ( da "Affari
e Finanza (La Repubblica)"
del 03-12-2007)
La
crisi degli Usa è un'opportunità per gli Etf ( da "Morningstar
IT" del
03-12-2007)
I
mercati: punta dell'iceberg ( da "Trend-online" del 03-12-2007)
I mercati: il castello nella Palude pag.2 ( da "Trend-online" del 03-12-2007)
Prezzi delle case sempre più in alto ( da "Tirreno,
Il" del
04-12-2007)
Scendono
i prezzi delle case - filiberto mayda ( da "Provincia Pavese, La" del 04-12-2007)
"sui
tassi la bce segua la fed o per l'europa sarà dura" - giorgio lonardi ( da "Repubblica,
La" del 04-12-2007)
GUFI
& ANALISI: LA TEMPESTA PERFETTA SULL' ECONOMIA ( da "Wall
Street Italia"
del 04-12-2007)
Il
punto di vista
( da "Milano Finanza (MF)" del 05-12-2007)
MUTUI:
GB; PREZZI CASE GIU'A NOVEMBRE PER TERZO MESE DI FILA ( da "Wall
Street Italia" del 05-12-2007)
MUTUI:
FANNIE MAE, PREZZI CASE SCENDERANNO DEL 5% IN 2008 ( da "Wall
Street Italia" del 05-12-2007)
Londra:
in calo prezzi case, fiducia dei consumatori ai minimi ( da "Sole
24 Ore Online, Il"
del 05-12-2007)
Mutui:
Gb, prezzi case ancora giu' ( da "Virgilio Notizie" del 05-12-2007)
MUTUI:
GB, PREZZI CASE SCENDONO ANCORA ( da "Wall Street
Italia" del
05-12-2007)
( da "Milano Finanza (MF)" del 06-11-2007)
MF Morgan Stanley rilancia l'allarme bolla speculativa Il listino di Shanghai è salito del 400%
in due anni. Per gli esperti è sopravvalutato. Il p/e di 32 è il doppio di
quello di Wall Street. La bolla cinese scoppierà a
breve? E se sì, quale impatto avrà sull'economia del paese? Dopo la performance
stellare messa a segno negli ultimi due anni (398% da dicembre 2005) gli
investitori internazionali guardano con crescente preoccupazione al listino di
Shanghai, che ha messo a segno solo quest'anno un rialzo del 116%, facendo
salire pericolosamente tutti i multipli di mercato. La borsa asiatica tratta
infatti con un p/e (prezzo/utile) vicino a 32, contro il 17,8 di Wall Street e
il 14 dell'Europa. Nell'ipotesi di una correzione del mercato, gli esperti di
Morgan Stanley hanno tracciato due scenari, che prendono in considerazione una
flessione delle quotazioni, rispettivamente, del 30% o del 60%. Nella prima
eventualità i consumi scenderebbero dell'1,2% e il pil dello 0,4% dai livelli
attuali; nel secondo caso le conseguenze sarebbero più preoccupanti, con un
calo del 2,4% dei consumi e dello 0,8% del pil, e soprattutto un pericoloso
effetto contagio, che si estenderebbe al settore immobiliare, causando una riduzione media dei prezzi delle case
del 10%, che a sua volta porterebbe a un declino del 4% dei consumi privati e
dell'1,4% del pil. Non solo i consumi privati, ma anche gli investimenti della
imprese entrerebbero in una spirale negativa, a causa, da un lato della minore
disponibilità di capitali e, dall'altro, del peggioramento del clima di
fiducia. Thomas Della Casa, responsabile strategia di Man Investments, fa
notare che "lo scoppio di una bolla in un mercato
azionario ha, in primo luogo, un effetto negativo sul sentiment generale, che
può a sua volta influire sull'economia".Ma a quanto ammonta la ricchezza
della Cina? A fine settembre, secondo gli esperti dell'investment bank
americana, a 64 mila miliardi di yuan (5,93 trilioni di euro), di cui il 13%
detenuto in azioni, il 28% in depositi bancari, il 55% in immobili, il 3% in
liquidità e solo il restante 2% in titoli di stato e obbligazioni. Alla stessa
data la capitalizzazione della borsa di Shanghai ammontava a 26 mila miliardi
di yuan (2,4 trilioni di euro), ma solo un terzo era negoziabile da parte degli
investitori privati (8.600 miliardi di yuan), con un impressionante incremento
del 240% da fine 2006, grazie al riposizionamento dei portafogli delle
famiglie. Se il listino asiatico dovesse perdere dal 30% a oltre del suo
valore, l'impatto sui portafogli delle famiglie sarebbe forte, ma inciderebbe
decisamente meno di quello che deriverebbe, tramite un pericoloso effetto a
catena, dal calo dei prezzi degli immobili. è
impossibile tuttavia quantificare esattamente i due effetti, perché sono molte
le variabili che entrerebbero in gioco e che sono al momento difficilmente
valutabili, come il tenore degli interventi di politica economica che
verrebbero adottati in Cina e dagli altri paesi per arginare la situazione. Il
rischio di un calo sensibile delle quotazioni che, a parere degli analisti di
Morgan Stanley, è più concreto oggi di cinque mesi fa, non interessa comunque
solo la Cina, ma anche gli altri mercati emergenti. "Non penso che gli
emerging market subiranno un collasso immediato, ma è certo che hanno chiuso il
gap di valutazioni che li separava dai listini dei paesi sviluppati. In passato
si è verificata una correzione quando le azioni dei mercati emergenti avevano
accumulato un premio considerevole, come per esempio nel 1994 (circa il 25%) o
nel 1997 (intorno al 30%). Perciò potremo ancora vedere salire questi listini,
compresa la Cina, prima di una loro discesa", commenta Thomas Della
Casa.Sulla stessa linea, gli specialisti di Lehman Brothers spiegano, in un
report recente, che "sebbene i fondamentali a lungo termine siano solidi,
è molto difficile che le borse emergenti nel breve periodo possano replicare le
performance a cui ci hanno abituati. La situazione attuale richiede molta
cautela". A impensierire gli economisti sono anche i massicci afflussi di
capitali provenienti dall'estero che, se si guarda all'esperienza del passato,
possono preludere a una successiva correzione. L'opzione più raccomandabile,
secondo gli esperti della brokerage house, è quella di ridurre gli investimenti
diretti nelle borse dei paesi emergenti, per puntare invece sui gruppi
occidentali che hanno acquisito nel tempo una presenza considerevole in queste
aree, sfruttandone le potenzialità di ulteriore sviluppo". (riproduzione
riservata) MF - Primo Piano Numero 220, pag. 2 del 6/11/2007 Autore:
Ester Corvi.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-11-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2007-11-06
- pag: 2 autore: Hong Kong cede sul freno ai capitali dal continente Mara Monti
MILANO Il debutto stellare di PetroChina, la compagnia petrolifera cinese
sbarcata alla Borsa di Shanghai che nel nel primo giorno di contrattazioni ha
bruciato tutti i record, non ha trascinato le Borse asiatiche, tanto che lo
stesso listino cinese ha chiuso in ribasso del 2,48 per cento. Se si fa
eccezione per Taiwan (+0,38%), il segno meno ha prevalso in tutto il Far East:
da Tokyo (-1,5%), a Hong Kong (-5,01%) passando per Sidney (-1,71%) fino a
Singapore (-1,21%). Stesso andamento per l'indice Morgan Stanley diriferimento
che ha ceduto l' 1,5%,risentendo soprattutto dell'andamento dei titoli bancari,
penalizzati ancora una volta dai timori legati alla crisi dei mutui subprime. è
stato l'annuncio della banca d'affari americana, Citigroup di volere svalutare
i propri asset per 11 miliardi di dollari a trascinare al ribasso il colosso
Mitsubishi Ufi che ha lasciato sul terreno il 3,1%, seguito da National
Australia (-2,3%) e Hsbc (-1,2 per cento). Il tonfo più consistente è stato
registrato dalla Borsa di Hong Kong su cui ha pesato la decisione del governo
cinese di sospendere il programma che puntava a consentire agli investitori
cinesi di acquistare azioni sulla piazza finanziaria dell'ex protettorato
britannico. Ad annunciarlo è stato lo stesso premier cinese Wen Jiabao che ha
frenato i piani di apertura per gli investitori del Dragone sulla Borsa di Hong
Kong, in quanto, ha sostenuto il premier, dovranno essere completati i
requisiti supplementari prima di procedere al via libera: dal 20 agosto quando
il piano era stato reso noto, la Borsa di Hong Kong aveva guadagnato il 34 per
cento. A peggiorare il sentiment del mercato, la decisione della società di
rating Standard & Poor's di tagliare il suo giudizio sui titoli del settore
immobiliare di Hong Kong da overweight (sovrappesare)
a marketweight (in linea con il mercato). "Benché restiamo rialzisti sul
settore residenziale – si legge nel report di S&P's - molte delle nostre
stime incorporano già il prezzo corrente delle azioni". I ricercatori
dell'agenzia di rating osservano come nonostante i prezzi
elevati a cui sono avvenute le ultime transazioni, i valori rimangono fra il
23% e il 47% sotto i massimi del 1997. In prospettiva, le attese sono di
un'ulteriore crescita dei prezzi del residenziale del
20-25% nei prossimi 12 mesi che si dovrebbero tradurre in un aumento del 5-12%
dei prezzi delle azioni del settore. I mercati
asiatici scrutano con attenzione il mercato del real estate
nel timore di una replica di quanto avvenne all'inizio degli anni Novanta con
lo scoppio della bolla
immobiliare da cui, ad esempio, il Giappone
si è ripreso solo in tempi molto recenti. Ma le similitudini cominciano a
destare preoccupazioni: dal mattone arrivano flop nei bilanci degli istituti
finanziari, i cui titoli vengono puniti trainando al ribasso le Borse.
Ma c'è chi vede lo scoppio della bolla immobiliare
ancora lontana: nelle precedenti crisi borsistiche l'indice price/ earning era
salito fino a toccare 50-60, mentre ora i valori cinesi si collocano intorno a 35, a dimostrazione che c'è
ancora spazio per correre. INCERTEZZA A PECHINO Il premier Wen Jiabao ritarda
il via libera che consentirebbe ai cinesi di investire direttamente sull'isola.
( da "Resto del Carlino, Il (Modena)" del 07-11-2007)
Città e provincia, in calo del 3% nel 2007. Una discesa
delle quotazioni e un raddoppio dei tempi delle compravendite, da due mesi a
quattro, emerge dal primo rapporto dell'Osservatorio Immobiliare Fiaip, di
Modena e provincia. Il rapporto, raccolto in una guida di 230 pagine e
presentato ieri al Baluardo della Cittadella, si basa sui dati
dell'Osservatorio realizzato grazie all'analisi fornita dalle commissioni dei
valutatori organizzate dalla Fiaip-Collegio di Modena, che hanno raccolto zona per zona le esperienze professionali degli agenti
immobiliari dell'intera provincia. NEI QUARTIERI presi in esame all'interno
delle 35 zone della città, i prezzi degli immobili residenziali
nuovi o ristrutturati variano in media dai 2.000 ai 5.500 euro al metro
quadrato. Per un'area centrale gli immobili interamente ristrutturati la
differenza in valore è compresa tra 4.500 e 5.500 euro al metro quadro,
quelli ristrutturati solo internamente vanno dai 3.500 ai 4.500, quelli in
buono stato dai 3.000 ai 4.000 euro e quelli da ristrutturare dai 2.000 ai
3.000 euro. Concentrando l'attenzione sulle zone semiperiferiche come il
Buonpastore, i prezzi oscillano, per le quattro
tipologie, rispettivamente tra i 3.500-4000 euro al metro quadro, 2000-2.800;
1900-2.200; 1300-1800. In
un'area periferica come Modena Est, il listino viene ritoccato come segue:
immobili ristrutturati in toto hanno valori compresi tra i 2.600 e i 3000 euro
al metro quadro; quelli ristrutturati solo all'interno variano tra i 2.400 ei
2.600 euro, quelli in buono strato sono compresi tra i 2.200 e i 2.400 euro e
quelli da ristrutturare sono pari a 2000-2200 euro, sempre al metro quadro. La
parte del leone la fa il centro storico, soprattutto nella zona delimitata da
piazza Roma, via Farini, via Emilia e viale Martiri della Libertà: lì un
appartamento nuovo o integralmente ristrutturato costa da un minimo di 4.400 a un massimo di 5.200
euro al metro quadrato. Il prezzo, se la casa è da ristrutturare, varia dai
2.000 ai 2.300 euro al metro quadrato. In tutti i casi riportati, si tratta
ovviamente di prezzi base dai quali si può partire per
avere un punto di riferimento. Poi entrano in gioco diversi fattori che possono
spingere il prezzo finale ancora più in alto. "LA CRISI economica e
politica ? ha detto Carla Del Vecchio (nella foto nel cerchio) presidente del
collegio Fiaip di Modena ? si ripercuote sempre sul mercato del mattone. Il
mercato immobiliare fa spesso da termometro del
malessere politico o finanziario. L'allungamento dei tempi delle trattative per
esempio, si deve a due elementi: da un lato testimonia le lungaggini
burocratiche spesso dovute ai controlli che fanno le banche, molto attente a
concedere i mutui. E una trattativa che si allunga spesso è sinonimo di
tentativo, da una parte e dall'altra, di vendere o comprare al prezzo migliore.
E' ovvio che se entrambi i contraenti sono in stato di necessità, si va più per
le lunghe". GLI AFFITTI sono in leggero calo: "Una città come Modena
? continua Carla Del Vecchio ? risente della domanda dei cittadini stranieri,
che premono per prezzi bassi. Spesso i proprietari
rimangono con il proprio appartamento vuoto e pur di affittarlo sono disposti a
sacrificare qualcosa sul canone. Notiamo poi ? continua il presidente del
Collegio Fiaip di Modena ? un aumento dei contratti concordati tra proprietari
e inquilini. Anche questo è un segnale, i proprietari, visti il momento di
crisi, sono più disposti a cedere qualcosa". Gli stessi dati emergono
anche nelle province confinanti, come spiega il presidente regionale Luciano
Passuti (nella foto a sinistra): "Secondo il nostro osservatorio, per il
primo semestre del 2008 il mercato immobiliare sarà
stabile, quindi non sono previsti aumenti dei prezzi
degli immobili. Il fenomeno riguarderà anche le case
dei centri storici, che negli ultimi anni avevano raggiunto una quotazione
molto alta, superiore al prezzo di mercato anche del 20 per cento. In questo
caso le flessioni potranno assestarsi anche sul 10 per cento". - -->.
( da "Resto del Carlino, Il (Modena)" del 07-11-2007)
Prezzi delle case e affitti, la L'indagine dell'Osservatorio immobiliare: "Nessun aumento STA rallentando la crescita dei prezzi delle case a Modena città e provincia, in calo del 3% nel 2007.
Una discesa delle quotazioni e un raddoppio dei tempi delle compravendite, da
due mesi a quattro, emerge dal primo rapporto dell'Osservatorio
Immobiliare Fiaip, di Modena e provincia. Il rapporto, raccolto in una guida di
230 pagine e presentato ieri al Baluardo della Cittadella, si basa sui dati
dell'Osservatorio realizzato grazie all'analisi fornita dalle commissioni dei
valutatori organizzate dalla Fiaip-Collegio di Modena, che hanno raccolto zona
per zona le esperienze professionali degli agenti immobiliari dell'intera
provincia. NEI QUARTIERI presi in esame all'interno delle 35 zone della città,
i prezzi degli immobili residenziali nuovi o ristrutturati
variano in media dai 2.000 ai 5.500 euro al metro quadrato. Per un'area
centrale gli immobili interamente ristrutturati la differenza in valore è
compresa tra 4.500 e 5.500 euro al metro quadro, quelli ristrutturati solo
internamente vanno dai 3.500 ai 4.500, quelli in buono stato dai 3.000 ai 4.000
euro e quelli da ristrutturare dai 2.000 ai 3.000 euro. Concentrando
l'attenzione sulle zone semiperiferiche come il Buonpastore, i prezzi oscillano, per le quattro tipologie, rispettivamente tra
i 3.500-4000 euro al metro quadro, 2000-2.800; 1900-2.200; 1300-1800. In un'area
periferica come Modena Est, il listino viene ritoccato come segue: immobili
ristrutturati in toto hanno valori compresi tra i 2.600 e i 3000 euro al metro
quadro; quelli ristrutturati solo all'interno variano tra i 2.400 ei 2.600
euro, quelli in buono strato sono compresi tra i 2.200 e i 2.400 euro e quelli
da ristrutturare sono pari a 2000-2200 euro, sempre al metro quadro. La parte
del leone la fa il centro storico, soprattutto nella zona delimitata da piazza
Roma, via Farini, via Emilia e viale Martiri della Libertà: lì un appartamento
nuovo o integralmente ristrutturato costa da un minimo di 4.400 a un massimo di 5.200
euro al metro quadrato. Il prezzo, se la casa è da ristrutturare, varia dai
2.000 ai 2.300 euro al metro quadrato. In tutti i casi riportati, si tratta
ovviamente di prezzi base dai quali si può partire per
avere un punto di riferimento. Poi entrano in gioco diversi fattori che possono
spingere il prezzo finale ancora più in alto. "LA CRISI economica e
politica ? ha detto Carla Del Vecchio (nella foto nel cerchio) presidente del
collegio Fiaip di Modena ? si ripercuote sempre sul mercato del mattone. Il
mercato immobiliare fa spesso da termometro del
malessere politico o finanziario. L'allungamento dei tempi delle trattative per
esempio, si deve a due elementi: da un lato testimonia le lungaggini
burocratiche spesso dovute ai controlli che fanno le banche, molto attente a
concedere i mutui. E una trattativa che si allunga spesso è sinonimo di
tentativo, da una parte e dall'altra, di vendere o comprare al prezzo migliore.
E' ovvio che se entrambi i contraenti sono in stato di necessità, si va più per
le lunghe". GLI AFFITTI sono in leggero calo: "Una città come Modena
? continua Carla Del Vecchio ? risente della domanda dei cittadini stranieri,
che premono per prezzi bassi. Spesso i proprietari
rimangono con il proprio appartamento vuoto e pur di affittarlo sono disposti a
sacrificare qualcosa sul canone. Notiamo poi ? continua il presidente del
Collegio Fiaip di Modena ? un aumento dei contratti concordati tra proprietari
e inquilini. Anche questo è un segnale, i proprietari, visti il momento di
crisi, sono più disposti a cedere qualcosa". Gli stessi dati emergono
anche nelle province confinanti, come spiega il presidente regionale Luciano
Passuti (nella foto a sinistra): "Secondo il nostro osservatorio, per il
primo semestre del 2008 il mercato immobiliare sarà stabile,
quindi non sono previsti aumenti dei prezzi degli immobili.
Il fenomeno riguarderà anche le case dei centri
storici, che negli ultimi anni avevano raggiunto una quotazione molto alta,
superiore al prezzo di mercato anche del 20 per cento. In questo caso le
flessioni potranno assestarsi anche sul 10 per cento". - -->.
( da "Milano Finanza (MF)" del 08-11-2007)
MF il raggio del giorno La bolla immobiliare è scoppiata? Il credit crunch per colpa della crisi
dei mutui subprime sta facendo battere in ritirata il mattone? Dalla baia di
San Francisco arriva un segnale controcorrente. Delle 47 ville messe in vendita
negli scorsi mesi nella comunità di Menlo Park, 44 sono state già vendute
nonostante il prezzo non proprio abbordabile: minimo 795 mila dollari Usa. Il
segreto dell'impresa costruttrice? Tutte le abitazioni sono state realizzate
con pannelli solari che le rendono quasi autosufficienti e addirittura in grado
di rivendere l'energia all'ente elettrico locale. "Il rialzo del prezzo
del petrolio e dell'energia ci ha favorito", spiega John Suppes,
presidente di Clarum Homes, "i nostri proprietari possono risparmiare il
50% e più della bolletta energetica". Per il real estate un vero spiraglio
di sole. MF Numero 222, pag. 1 del 8/11/2007 Autore:.
( da "Riformista, Il" del 09-11-2007)
Bancor 2
in attesa dell'addio di king, i listini restano nervosi
La City decapita la Boe e chiama la crisi col suo nome: strutturale L'attuale
governatore pagherà per le decisioni sbagliate sui tassi ma anche per non aver
dominato la crisi e l'instabilità sui mercati Londra. Per il quarto mese
consecutivo la Banca d'Inghilterra ha mantenuto invariati i tassi di interesse
al 5,75 per cento nonostante alcuni analisti vedessero nel rallentamento della
crescita un valido motivo per un taglio che riportasse il valore a quello del
luglio scorso del 5,5 per cento. Sono stati invece i rischi inflattivi legati
all'andamento al rialzo del prezzo del petrolio a pesare sulla decisione
dell'istituto di Threadneedle Street, nonostante più di un operatore avesse
pensato a un ripensamento dell'ultim'ora dopo che il Britsh Retail Consortium
aveva reso noto attraverso un report un netto rallentamento della spesa interna
nel mese di ottobre, il peggior dato dell'intero anno. La mente torna indietro
all'ottobre 1987, quando alla "grande tempesta" seguì un crollo dei
mercati azionari: il Tesoro, all'epoca chiamato a decidere sui tassi, scelse di
abbassare e questo portò al boom del 1988 e alla conseguente equazione di più
alti costi sui prestiti per reagire al crescente costo della vita. Insomma, a
dominare resta sempre l'incertezza. La stessa che ha visto i correntisti di
Northern Rock ritirare versamenti per 10,5 miliardi di sterline dalla banca, il
cui titolo a inizio contrattazioni ha perso oltre il 12 per cento. E l'onda
lunga della crisi della banca di Newcastle rischia, come anticipato dal Riformista
, di far saltare altre teste eccellenti dopo quella del presidente Matt Ridley.
Il comitato parlamentare di controllo del Tesoro ha infatti ravvisato delle
discrepanze nella ricostruzione degli eventi fornita dal governatore della Bank
of England Mervyn King, del capo della Financial Services Authority, Sir Callum
McCarthy e dal Cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling. Ad oggi l'unica
audizione già fissata per il 18 dicembre è quella proprio di Mervyn King, un
segnale che da più parti è stato letto come un chiaro patto sottobanco tra
governo e opposizione: una testa importante deve saltare e per salvare quella
del braccio destro di Gordon Brown si sacrificherà quella del governatore, il
cui mandato era in attesa di proroga per il prossimo mese di luglio. Alla luce
dei fatti la famosa crisi "passeggera" è invece destinata a restare
ma soprattutto è riuscita a minare la fiducia dei consumatori e dei
risparmiatori oltre che degli investitori, spaventati da una volatilità che sta
facendo la gioia di speculatori e grandi player. Ma oltre
ai mercati è la bolla
immobiliare a spaventare gli analisti che non
riescono a individuare il punto di equilibrio e temono un effetto domino delle
insolvenze. Per il secondo mese consecutivo in Gran Bretagna il costo delle case è sceso, portando il livello di riferimento medio a 197.248
sterline. Inoltre, sempre in Gran Bretagna, il costo dei fidi per le imprese è
aumentato del 2 per cento. Una realtà comincia ad apparire certa con il passare
del tempo e nella City quasi più nessuno storce il naso nel sentirla avanzare:
bisognerà attendere ancora un anno perché la vastità delle perdite generate
dalla crisi dei subprime e la sua amplificazione attraverso i Cdo si manifesti
pienamente e si ripercuota sui sistemi finanziari occidentali, sui detentori di
"attivi finanziari" Usa e sull'economia reale. Proprio per questo
qualcuno comincia a ritenere errata la dizione di "crisi dei
subprime" per descrivere una turbolenza che ha ormai investito il cuore
del sistema finanziario ma anche la stessa economia: un report della Federal
Reserve ha infatti evidenziato che il 40 per cento delle banche statunitensi ha
stretto le cinghie rispetto gli standard utilizzati per la concessione di mutui
e le carte di credito. È partita dai subprime ma sta estendendosi: "Le
difficoltà finanziarie devono contaminare ancora altri settori", si dice
convinto John Authers, curatore della rubrica "The short view" sul
Financial Times . Paradossalmente, però, c'è chi nella turbolenza fa affari.
Anzi, si prepara a farli e in un cortocircuito degno della mitica frase di
Gordon Gekko - "L'avidità è buona" - potrebbe paradossalmente
riattivare il business, almeno negli Usa. Il guaio del sistema basato su
derivati e Cdo infatti è che l'immobiliare X che aveva
costruito case in California e le aveva vendute non si
era tenuta i mutui aspettando che dessero il loro reddito fino alla scadenza,
magari trentennale. Per aver denaro fresco per nuovi investimenti aveva portato
i mutui a Merrill Lynch e Citigroup, le quali li avevano cartolarizzati in
pacchetti obbligazionari e girati a vari investitori esteri, asiatici (i
continui tonfi delle Borse non sono casuali, reagiscono a scossoni per
informazioni che a poco a poco cominciano ad emergere) ed europei. Per convincere
il mercato della bontà dell'investimento avevano tenuto un po' di quei Cdo per
sé, in pancia: il risultato lo si è visto negli ultimi giorni. Che faranno ora
banche e grandi player? Le prime devono ridurre il loro "attivo" e
anche chi ha comprato deve dimezzarne il valore nel proprio portafoglio. Ma
quegli "attivi" che valevano una certa cifra e ora valgono la metà
sono pur sempre case e immobili gravati da ipoteca e
di cui molti debitori continuano a pagare i ratei dei mutui. Hanno un valore,
magari non nominale ma di resa. Difficile però che a quel punto l'impresa immobiliare decida che può convenirle ricomprare i mutui
cartolarizzati dalla banca o dagli investitori rassegnati a svendere. Più
probabile che dichiari fallimento e che case e
immobili tornino sul mercato a prezzi stracciati.
Quanto agli investitori che hanno comprato i subprime al prezzo di mercato,
visto che le banche svendono ormai alla metà non possono far altro che
imitarle. Ecco entrare in campo i grandi player: col prezzo dimezzato quelle
obbligazioni ovvero immobili che rendono ratei, sia pure intermittenti e
incerti tornano appetibili perché fra un anno o due possono valere anche un
20-25 per cento in più. Serve solo trovare banche disposte a prestare denaro
per comprarle oggi, al loro picco negativo: il denaro riprende a scorrere, la
liquidità può far ripartire il business spaventato dai rischi d'insolvenza. A
quale prezzo si possa ottenere questo risultato è davvero difficile dirlo.
09/11/2007.
( da "Messaggero, Il" del 09-11-2007)
ANNA GUAITA dal nostro corrispondente NEW YORK -
L'economia Usa rallenta, mentre quella europea regge ancora. Ciò causerà un
ulteriore indebolimento del dollaro, e un'ulteriore contrazione dei mercati. Ma
per Steven Hanke, il noto monetarista della Johns Hopkins University che è
stato anche capo dei consiglieri economici nella Casa Bianca di Ronald Reagan,
si tratta di "un ciclo" che passerà. E comunque il panorama appare
peggiore di quel che è. Il petrolio ad esempio non ha ragione di essere a
questi livelli, "dietro c'è una galoppata speculativa", e non appena
diventerà chiaro, "il prezzo scenderà". Professor Hanke, oggi si dà
la colpa a Bernanke per il dollaro leggero e il mercato in crisi. Lei che ne
pensa? "Che è forte la tentazione di ridurre tutto a una formuletta. La
situazione è complessa: c'è una disparità nei cicli economici statunitensi ed
europei. Gli Usa stanno registrando un rallentamento, l'Europa ancora no. Ecco
dunque il dollaro debole e l'euro forte. Gli investitori d'altronde sono
preoccupati di non ottenere il rendimento che volevano dal mercato, e
cominciano a vendere titoli. Ma ci sarà un rimbalzo, i titoli torneranno
attraenti, e il mercato si stabilizzerà". Lei pensa a un semplice
rallentamento qui negli Usa? "Per ora sembra che stiamo andando verso una
recessione. Tre Stati che da soli rappresentano il 20 per cento dell'economia -
la Florida, il Nevada e la California - sono in una recessione causata dalla
crisi immobiliare. Vuol dire che il 20 per cento
dell'economia Usa è già in recessione. Questo significa che i tassi dovranno
rimanere bassi, ed ecco che il dollaro è sfavorito nei confronti dell'euro,
visto che in Europa l'economia è più forte e la Banca centrale non intende
ritoccare i tassi".Quanto durerà secondo lei questo squilibrio fra le due
monete? "Quel che potrebbe portar giù l'euro è il verificarsi di qualche
shock nell'economia europea. Ad esempio la possibilità che si sgonfi la bolla immobiliare che ha tenuto su l'economia della
Spagna". Non vede anche un ruolo della Cina nel calo del dollaro? "E'
vero che ci sono state dichiarazioni di possibili diversificazione da parte
della Cina delle sue riserve monetarie. Ma qua il problema secondo me è dato
dall'insistenza con cui gli Stati Uniti chiedono a Pechino di rivalutare lo
yuan e renderne il valore fluttuante nei mercati. E' un ragionamento fatto solo
in funzione del disavanzo commerciale Usa. Ma un cambio fluttuante è pericoloso
per la Cina, che teme l'instabilità, e la ripercussione nelle sue province più
povere. Gli Usa - e l'Europa, che sta diventando attiva su questo fronte -
dovrebbero invece proporre alla Cina di scegliere un cambio fisso con il
dollaro, ma di abbandonare il controllo del capitale, concedere libertà di
movimento ai capitali" Il costo del petrolio così alto è legato alla crisi
del dollaro? "Direi che principalmente è causato da una cavalcata
speculativa. Se si vanno a leggere i rapporti dell'Agenzia Internazionale
dell'Energia si può constatare che i valori fondamentali non sono cambiati.
Tutto è rimasto come l'anno scorso o l'anno precedente. Questa galoppata
speculativa è cominciata con lo scivolone del dollaro. E quello che la fermerà
è il rallentamento dell'economia negli Usa, e un eventuale rallentamento in
Europa: con il calo del consumo, il prezzo scenderà, proprio perché i valori
fondamentali non sono cambiati".
( da "Manifesto, Il" del 09-11-2007)
Guglielmo Ragozzino Questo scritto della
"nostra" Roberta Carlini coadiuvata dalle immagini della brava Pat
Carri - e che da oggi potrete trovare in libreria, è un libro diverso dai
soliti, anche se tratta di un argomento al centro dell'attenzione generale: la
casa. Sono illustrate nove situazioni, rappresentative di tutto il composito
mondo di coloro che, in Italia, hanno difficoltà nell'abitare. Vale la pena di
indicarle. In primo luogo c'è il problema di chi non ha molti soldi e vive in
affitto. Costui è considerato marginale, visto che la casa in proprietà
riguarda l'82% delle famiglie. Il libro fa notare che l'altro 18%, 4 milioni di
famiglie su per giù, tra dieci e dodici milioni i persone, ha qualche diritto a
un tetto, non solo la grande colpa di non potersene comprare uno. Il secondo
capitolo è dedicato a chi ha fatto il passo e ha cercato un mutuo; ora gli
dicono, sulla base che quello che accaduto con la crisi dei mutui subprime
negli Usa e dei forti aumenti dei tassi di interesse, che ha sbagliato tutto:
non doveva fidarsi. Il terzo parla del paradosso di essere
precari (cioè flessibili e mobili) nel mercato degli immobili. Come lasciare la
casa maternaa questi chiari di luna? Il quarto tratta della condizione di uno
straniero che cerca casa in Italia, dove ha trovato lavoro. Il quinto è
dedicato a tutti noi che abbiamo a che fare con un mediatore di case. Sesto, settimo e ottavo esaminano i casi dello stato
padrone (di casa): talvolta le vende, in modo strano, attorcigliandosi al collo
leggi contorte, talvolta le usa per favorire i suoi fidi funzionari e in ultima
analisi se stesso. Talvolta si comporta come un padre prodigo e quindi ancora
una volta ingiusto, oppure accecato dai sensi di colpa. Il nono capitolo
descrive l'assedio di una grande immobiliare a una
famiglia che tenta di resistere. La resistenza della famiglia nell'assedio è
raccontata con i disegni della giovane madre-di-famiglia che lavora anche come
disegnatrice: Pat. E il racconto del grottesco attacco del grande capitale,
spalleggiato da navigati studi legali, a padre, madre, infante e cagnolino che
si difendono con una matita, è molto divertente; anche se mentre noi ridiamo,
le case passano di mano. Anche gli altri capitoli
hanno protagonisti: la questione abitativa, nei suoi svariati aspetti, non è
soltanto descritta in modo preciso, con i numeri giusti e la spiegazione
attenta di tutti i complicati istituti; è resa anche umana nel racconto di
altrettante vite, nove casi umani che ne rappresentano migliaia ciascuno. E i
nove casi - otto raccontati più quello di Pat, disegnato - si sovrappongono a
storie di famiglia, a vicende di amici, a percorsi difficili che ci sono stati
riferiti. Sono Paolo, Franco, Andrea, Galina, Roberta, Bruno, Valeria,
Giuliana. La bravura di Roberta Carlini che compare nel quinto racconto con il
suo nome e la sua storia, è proprio quella di raccontare di case
vere per persone vere: non numeri di statistica, ma uomini e donne alle prese
con la propria vita. E di farlo con un sorriso, non di compatimento, ma di
amicizia e di solidarietà. E c'è perfino un suggerimento politico, espresso
attraverso una semplice formula, un numero con dentro una filosofia: cinque
virgola otto. 5,8, scrive Roberta Carlini, sono gli euro che l'Italia destina,
per ogni abitante, alla questione delle abitazioni. La media, nei 25 paesi
della Ue, è di euro centodiciassette. Forse, se il nostro 5,8 si avvicinasse un
po' al 117 europeo, il fossato tra ricchi e poveri in Italia diventerebbe meno
largo, e soprattutto la vita di tutti sarebbe più libera e migliore. Roberta
Carlini, Pat Carra: "Le mani sulla casa. Fatti e fumetti sulla bolla immobiliare"; Ediesse 2007; 10 euro.
)
( da "MF Immobiliare" del 09-11-2007)
IeO
Dove il mattone fa ancora boom Nonostante la crisi in usa i paesi asiatici e
dell'europa dell'est segnano crescite record. I dati, aggiornati al 30 giugno
2007, vedono in cima alla classifica Lettonia, Bulgaria, Lituania e Singapore,
con aumenti dei prezzi superiori al 25%. In fondo si
collocano invece Thailandia e Israele, gli unici in calo Mattone in crisi in
America e in Europa. Crollo dei prezzi a livello
internazionale. Eppure, nonostante questi foschi scenari, altrove il mercato cresce
ancora a due cifre. In Asia, dove l'esuberante economia trascina con sé tutto
quello che trova lungo il proprio cammino, mattone incluso. Ma anche Europa, a
patto che sia rigorosamente dell'Est, al di là della vecchia cortina di ferro.
Insomma, mentre gli Usa cercano di mettere un freno al crollo del mattone e
l'Europa tenta di conservare le posizioni raggiunte, il real estate orientale,
dalla Cina alla Corea, dal Giappone alle Filippine passando per Hong Kong e
Singapore, registra tassi di crescita ormai sconosciuti in Occidente. Vado a
Singapore. Lo sanno bene gli analisti di Global Property Guide (Gpg) che hanno
scattato una fotografia del mercato immobiliare
mondiale indicando proprio nei mercati d'Oriente le mete ideali per chi vuole
investire. Non a caso Goldman Sachs ha annunciato nei giorni scorsi
l'intenzione di investire 1,7 miliardi di dollari sul mercato immobiliare giapponese. Non solo. Lo scorso marzo Morgan
Stanley ha fatto sapere di voler aumentare il proprio peso sul
mercato nipponico rilevando 13 hotel dalla società All Nippon Airways per 3
miliardi di dollari scommettendo sul rialzo dei prezzi degli
immobili per uso turistico. Per la prima volta dallo scoppio della bolla speculativa nel 1991, infatti, quest'anno i prezzi dei terreni edificabili hanno segnato un andamento positivo che
si è immediatamente traslato sul valore degli immobili. Nel primo
semestre del 2007 i prezzi del real estate nel paese
del Sol levante hanno registrato un'accelerazione del 7,75% rispetto allo
stesso periodo dell'anno prima quando i costi delle case
avevano fatto segnare un lieve incremento di prezzo: appena +1,42%. Ma non è
solo il Giappone ad attirare il favore degli investitori, locali e non. Nella
fitta giungla di grattacieli che compongono la piccola città-stato di Singapore
i prezzi delle case hanno visto negli ultimi mesi una
crescita senza precedenti, anche superiori al 20% rispetto al 2006 quando il
costo delle case cresceva di solo il 6%. Alimentato
dalla scarsità dell'offerta e dal forte afflusso di capitali provenienti dalla
Cina e dalla Gran Bretagna, il segmento del real estate di Singapore ha messo a
segno la performance di crescita più sostenuta in tutto il panorama del Sudest
asiatico. Non se la passano male, tuttavia, nemmeno gli agenti immobiliari
filippini. Grazie alla forte impennata dell'economia e alle consistenti rimesse
provenienti dai cittadini residenti all'estero, il mattone locale ha visto i prezzi delle case schizzare del 14,29% in più rispetto a un
anno fa. Situazione molto simile anche in Corea del Sud e Hong Kong, dove le
quotazioni degli immobili sono cresciute rispettivamente del 9,28% e
dell'8,78%. Unica eccezione a questa generalizzata euforia per il mercato immobiliare è stata la Thailandia, dove i problemi di natura
politica si sono tradotti in una diminuzione del valore delle case del 3,4% nel corso del 2007 rispetto a un +3,9%
registrato appena un anno fa. Corsa nel Baltico. Se i paesi orientali sono tra
i pochi a resistere alle turbolenze che si stanno abbattendo sul mercato immobiliare internazionale, nel Vecchio continente esistono
stati che possono vantare un livello di crescita dei prezzi
ancora superiore a quelli di Singapore e Manila. è il caso di Lettonia,
Bulgaria e Lituania, tre repubbliche che si trovano al di là dell'ex cortina di
ferro. Nel primo caso, i prezzi delle case hanno
segnato nel 2007 un deciso rallentamento facendo crollare la crescita dei prezzi, si fa per dire, al +35,4% rispetto a un anno prima
quando il costo delle case saliva a ritmi del +53%.
"In Lettonia l'economia continua a crescere a livelli sorprendentemente
alti rispetto agli altri paesi europei", hanno commentato gli analisti di
Gpg, "ma anche qui negli ultimi mesi si sono palesati i primi segnali di
rallentamento della congiuntura che si sono immediatamente riversati sul
mercato degli immobili". Anche nel caso della Bulgaria il valore delle case nel 2007 ha messo a segno un incremento sostenuto: +27%
rispetto a un anno prima, mentre i cittadini della Lituania si sono dovuti
accontentare di veder crescere il valore dei propri immobili del 25% rispetto
al 2006, mantenendo invariata la percentuale di rivalutazione delle case in rapporto a un anno fa. Londra batte Milano. E in
Italia? In base ai dati raccolti da Global Property Guide, nell'ultimo anno la
crescita del valore delle case in Italia si è
attestata mediamente al +5,6%, in calo rispetto al +6,84% dei 12 mesi passati.
è andata peggio agli spagnoli, che tra il 2006 e il 2007 hanno visto dimezzare
il tasso di rivalutazione dei loro immobili, passato dal +10,8 al +5,8%. Balzo
in avanti molto consistente invece per il valore delle case
in Gran Bretagna. Se i prezzi degli immobili inglesi
potevano sembrare già alti un anno fa quando crescevano in media del 5%, che
cosa dire adesso che il costo delle case ha registrato
un'impennata di tutto rilievo portandosi a +11%. Brusco rallentamento
annunciato invece al di là dell'oceano. Da New York a San Francisco, i problemi
di insolvenza delle famiglie americane hanno prodotto effetti catastrofici sul mercato
del real estate facendo crollare il livello di rivalutazione degli immobili al
valore più basso degli ultimi dieci anni (+3,19%) a dispetto del +9,9%
registrato nel 2006. (riproduzione riservata) IeO - Immobiliare
Numero 223, pag. 1 del 9/11/2007 Autore: Gabriele Frontoni Visualizza la pagina
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( da "Borsa e Finanza" del 10-11-2007)
ATTUALITÀ "Giù i tassi, la crisi è a macchia
d'olio" Ravano (Pimco): "Temiamo contagi su mutui
prime e carte di credito. Fitch rivedrà i rating dei Cdo, e c'è il
rischio di capitolazione". Le due maggiori emittenti ne hanno in pancia
350 mld di Vincenzo Sciarretta - 10-11-2007 Qualcosa di molto allarmante si è
rotto nel circolo, prima virtuoso e ora vizioso, che dal settore immobiliare Usa porta all'alta finanza di Wall Street. Si
parla di titoli debitori che si affacciano sull'orlo dell'abisso nell'ordine di
mille miliardi di dollari. E, come se non bastasse, incombe un terribile
"effetto contagio", in cui strutture creditizie molto macchinose, e
dalle sigle astruse, premono le une sulle altre, con l'eventualità di franare
di botto in un gigantesco gioco di domino. La prognosi non necessariamente
volge al bello: "Anzi - dice Emanuele Ravano, condirettore delle strategie
europee di Pimco - potrebbe addirittura peggiorare. C'è il rischio che qualche
grosso player bancario finisca per aria. E per evitare guai grossi, la Fed
dovrebbe attivarsi con maggiore decisione rispetto a quanto fatto finora".
Pimco, per chi non lo sapesse, è la società di money management, resa famosa da
Bill Gross, che amministra il più grande fondo obbligazionario al mondo, il
Total Return Fund. Dottor Ravano, il tema è piuttosto nebuloso, con
articolazioni non sempre facili da digerire per il grande pubblico. Siamo in
grado di illustrare passo passo le criticità che montano nella finanza globale?
Alle radici del problema, c'è il calo dei valori residenziali negli Stati
Uniti. La Pimco ha un team di esperti che segue il settore da vicino, e secondo
la nostra analisi, il prezzo delle case potrebbe
scendere di un altro 10%, con picchi del 20% nelle aree che hanno vissuto i
maggiori eccessi speculativi. Dunque, non immaginiamo miglioramenti a breve.
Fin qui tutto chiaro, ma perché siamo sul baratro? Il secondo punto è che le
banche, in funzione di questa tendenza generale, sono ora restie a prestare
denaro. A luglio il fenomeno si era concentrato nel segmento subprime del
mercato, ma poi si è allargato a macchia d'olio. Per esempio, nella fascia dei
mutui "prime", il 41% netto delle banche ha cominciato a stringere
fortemente le condizioni del credito in ottobre, contro appena il 12% di
luglio. E se guardiamo alle carte di credito, siamo passati dal 12% di luglio
al 27% di ottobre. Si dice che le famiglie indebitate siano un po' in
difficoltà. Lei che ne pensa? In effetti, questa è un'altra spina che ci
tormenta. Coloro che hanno comprato casa negli ultimi 3 anni, lo hanno fatto
prevalentemente con finanziamenti a tasso variabile, le cui rate subiranno una
rettifica all'insù nei mesi venturi. L'andamento si annuncia particolarmente
intenso fino al maggio del 2009, con mutui da rinegoziare ogni mese nell'ordine
dei 30-50 miliardi di dollari. Ma sul mercato dei mutui pende, poi,
un'ulteriore ipoteca. Cioè? Mi riferisco al meccanismo degli asset-back: nel
recente passato, i mutui erogati venivano sovente impachettati e
cartolarizzati, trasferendo così il rischio agli investitori più disparati.
Questo percorso di finanziamento è entrato in stallo. Anche perché i cosiddetti
monoliner forse non potranno fornire garanzie sulle nuove emissioni. Si fermi
un momento. Può spiegarci bene cosa sono i monoliner e il loro ruolo nella
crisi attuale? Si tratta di grosse società, come la Ambac o la Mbia, che garantiscono
protezioni al credito: garantiscono per esempio un rating tripla A,
garantiscono il pagamento delle cedole obbligazionarie e del capitale a
scadenza. Possono offrire tali garanzie, però, solo se esse stesse hanno un
rating di tripla A. Teme che la loro solidità sia sotto minaccia? Esatto;
ragioniamo di un'eventualità che diminuirebbe l'efficienza nel mercato delle
obbligazioni strutturate. Tenga conto che le due maggiori compagnie del ramo,
hanno in pancia forse 350 miliardi di asset-backs, quindi sono vulnerabili in
prima persona. Cos'altro? Bisogna soffermarsi sul comportamento delle agenzie
di rating. Per essere chiari: il 5 di novembre la Fitch ha dichiarato che
rivedrà interamente i criteri a cui legare il merito di credito delle strutture
Cdo (collateralized debt obligations, cioè un tipo di asset-backed security
ndr.). Le nuove classificazioni verrano fuori a 4-6 settimane, ossia durante le
festività natalizie. Insomma, le agenzie di rating, accusate di essere state
troppo indulgenti, ora mostrano maggiore severità. Fioccano i downgrades. La
sua è una lista interminabile... Ma siamo arrivati alla fine. L'ultimo tassello
è il cambio di rotta intrapreso dagli enti regolatori. Occorre sottolineare
che, per quanto riguarda le banche d'affari, larghe sezioni dei bilanci sono
riconducibili ad attivi denominati "livello 3", non prezzati a valore
di mercato, bensì sulla base di modelli matematici. I nuovi standard di
contabilità che entreranno in vigore dal prossimo 15 novembre intendono limitare
l'uso dei modelli interni nel prezzare gli asset meno liquidi, e si ritiene che
norme più stringenti provocheranno diverse revisioni al ribasso. Si delinea un
orizzonte plumbeo... Diciamo che ci sono notevoli fattori di tensione. Se le
obbligazioni strutturate andassero in liquidazione più rapidamente del previsto
- uno sbocco che è nelle aspettative della Pimco - ci sarebbero ripercussioni a
catena. Molte grosse banche americane si sono sbriciolate a Wall Street, con
tonfi quotidiani non di rado superiori al 10%. Esiste il pericolo che qualcuno
finisca gambe all'aria? Se la liquidazione diventa eccessiva, quella che lei
descrive entra nel novero delle possibilità. E questo ci porta alla medicina da
somministrare al paziente. Quale medicina? Secondo noi la Fed dovrebbe tagliare
il costo del denaro con determinazione, spingendo il saggio base ora al 4,5%
fino al 3,5%-3%. E sulla sponda europea? Molte notizie
convergono nell'affermare che in Gran Bretagna il livello del debito e la
portata della bolla
immobiliare rivaleggiano con quelle
statunitensi. A nostro parere fra il 2008 e il 2009 l'economia inglese
risulterà davvero vulnerabile. E forse il caso della Northern Rock è destinato
a non rimanere isolato. EFFETTO CONTAGIO.
( da "Borsa e Finanza" del 10-11-2007)
ATTUALITÀ Qualcosa di molto allarmante
si è rotto nel circolo, prima virtuoso e ora vizioso, che dal ... di Redazione
- 10-11-2007 Qualcosa di molto allarmante si è rotto nel circolo, prima
virtuoso e ora vizioso, che dal settore immobiliare
Usa porta all'alta finanza di Wall Street. Si parla di titoli debitori che si
affacciano sull'orlo dell'abisso nell'ordine di mille miliardi di dollari. E,
come se non bastasse, incombe un terribile "effetto contagio", in cui
strutture creditizie molto macchinose, e dalle sigle astruse, premono le une
sulle altre, con l'eventualità di franare di botto in un gigantesco gioco di
domino. La prognosi non necessariamente volge al bello: "Anzi - dice
Emanuele Ravano, condirettore delle strategie europee di Pimco - potrebbe
addirittura peggiorare. C'è il rischio che qualche grosso player bancario
finisca per aria. E per evitare guai grossi, la Fed dovrebbe attivarsi con maggiore
decisione rispetto a quanto fatto finora". Pimco, per chi non lo sapesse,
è la società di money management, resa famosa da Bill Gross, che amministra il
più grande fondo obbligazionario al mondo, il Total Return Fund. Dottor Ravano,
il tema è piuttosto nebuloso, con articolazioni non sempre facili da digerire
per il grande pubblico. Siamo in grado di illustrare passo passo le criticità
che montano nella finanza globale? Alle radici del problema, c'è il calo dei
valori residenziali negli Stati Uniti. La Pimco ha un team di esperti che segue
il settore da vicino, e secondo la nostra analisi, il prezzo delle case potrebbe scendere di un altro 10%, con picchi del 20%
nelle aree che hanno vissuto i maggiori eccessi speculativi. Dunque, non
immaginiamo miglioramenti a breve. Fin qui tutto chiaro, ma perché siamo sul
baratro? Il secondo punto è che le banche, in funzione di questa tendenza
generale, sono ora restie a prestare denaro. A luglio il fenomeno si era
concentrato nel segmento subprime del mercato, ma poi si è allargato a macchia
d'olio. Per esempio, nella fascia dei mutui "prime", il 41% netto
delle banche ha cominciato a stringere fortemente le condizioni del credito in
ottobre, contro appena il 12% di luglio. E se guardiamo alle carte di credito,
siamo passati dal 12% di luglio al 27% di ottobre. Si dice che le famiglie
indebitate siano un po' in difficoltà. Lei che ne pensa? In effetti, questa è
un'altra spina che ci tormenta. Coloro che hanno comprato casa negli ultimi 3
anni, lo hanno fatto prevalentemente con finanziamenti a tasso variabile, le
cui rate subiranno una rettifica all'insù nei mesi venturi. L'andamento si
annuncia particolarmente intenso fino al maggio del 2009, con mutui da
rinegoziare ogni mese nell'ordine dei 30-50 miliardi di dollari. Ma sul mercato
dei mutui pende, poi, un'ulteriore ipoteca. Cioè? Mi riferisco al meccanismo
degli asset-back: nel recente passato, i mutui erogati venivano sovente
impachettati e cartolarizzati, trasferendo così il rischio agli investitori più
disparati. Questo percorso di finanziamento è entrato in stallo. Anche perché i
cosiddetti monoliner forse non potranno fornire garanzie sulle nuove emissioni.
Si fermi un momento. Può spiegarci bene cosa sono i monoliner e il loro ruolo
nella crisi attuale? Si tratta di grosse società, come la Ambac o la Mbia, che
garantiscono protezioni al credito: garantiscono per esempio un rating tripla
A, garantiscono il pagamento delle cedole obbligazionarie e del capitale a
scadenza. Possono offrire tali garanzie, però, solo se esse stesse hanno un
rating di tripla A. Teme che la loro solidità sia sotto minaccia? Esatto;
ragioniamo di un'eventualità che diminuirebbe l'efficienza nel mercato delle
obbligazioni strutturate. Tenga conto che le due maggiori compagnie del ramo,
hanno in pancia forse 350 miliardi di asset-backs, quindi sono vulnerabili in
prima persona. Cos'altro? Bisogna soffermarsi sul comportamento delle agenzie
di rating. Per essere chiari: il 5 di novembre la Fitch ha dichiarato che
rivedrà interamente i criteri a cui legare il merito di credito delle strutture
Cdo (collateralized debt obligations, cioè un tipo di asset-backed security
ndr.). Le nuove classificazioni verrano fuori a 4-6 settimane, ossia durante le
festività natalizie. Insomma, le agenzie di rating, accusate di essere state
troppo indulgenti, ora mostrano maggiore severità. Fioccano i downgrades. La
sua è una lista interminabile... Ma siamo arrivati alla fine. L'ultimo tassello
è il cambio di rotta intrapreso dagli enti regolatori. Occorre sottolineare
che, per quanto riguarda le banche d'affari, larghe sezioni dei bilanci sono
riconducibili ad attivi denominati "livello 3", non prezzati a valore
di mercato, bensì sulla base di modelli matematici. I nuovi standard di
contabilità che entreranno in vigore dal prossimo 15 novembre intendono
limitare l'uso dei modelli interni nel prezzare gli asset meno liquidi, e si
ritiene che norme più stringenti provocheranno diverse revisioni al ribasso. Si
delinea un orizzonte plumbeo... Diciamo che ci sono notevoli fattori di
tensione. Se le obbligazioni strutturate andassero in liquidazione più
rapidamente del previsto - uno sbocco che è nelle aspettative della Pimco - ci
sarebbero ripercussioni a catena. Molte grosse banche americane si sono
sbriciolate a Wall Street, con tonfi quotidiani non di rado superiori al 10%.
Esiste il pericolo che qualcuno finisca gambe all'aria? Se la liquidazione
diventa eccessiva, quella che lei descrive entra nel novero delle possibilità.
E questo ci porta alla medicina da somministrare al paziente. Quale medicina?
Secondo noi la Fed dovrebbe tagliare il costo del denaro con determinazione,
spingendo il saggio base ora al 4,5% fino al 3,5%-3%. E sulla sponda europea? Molte notizie convergono nell'affermare che in Gran Bretagna il
livello del debito e la portata della bolla immobiliare
rivaleggiano con quelle statunitensi. A nostro parere fra il 2008 e il 2009
l'economia inglese risulterà davvero vulnerabile. E forse il caso della
Northern Rock è destinato a non rimanere isolato.
( da "Giorno, Il (Nazionale)" del
10-11-2007)
Ittà di Milano, ove però non si segnala, nel breve
tempo trascorso, nessuna novità di rilievo economico immobiliare,
passo ad ampliare l'informazione dei lettori sulle realtà minori, partendo
dalla Provincia Milanese che, con il suo territorio di 1980 km quadrati ed
oltre 3.700.000 abitanti supera, per numero di
contrattazioni e valore, il suo stesso capoluogo. Quest'area, per la sua
vastità territoriale, la sua collocazione geografica e, soprattutto, per le
diverse realtà economiche che accoglie, esprime un mercato di prezzi e tipologie molto vario che, per comodità di analisi,
raggrupperò in 4 grandi categorie. La prima discriminazione va fatta per la
cinta dei comuni che confinano direttamente con Milano, che hanno ormai assunto
la fisionomia, i prezzi e le funzionalità
caratteristiche di una seconda periferia metropolitana, anche se più moderna e
qualificata. Qui i prezzi non differiscono molto da
quelli delle vie periferiche di Milano con qualche balzo di eccellenza per
piccole zone di pregio locale. Una diversa collocazione, autonoma
ed indipendente che riproduce in termini minori il fenomeno di diversificazione
dei prezzi del capoluogo, hanno le aree delle città minori che godono di
vita autonoma come Monza, Sesto San Giovanni, Magenta,etc.. Qui i prezzi delle case variano soprattutto in relazione alla loro collocazione per cui
per Monza parliamo (sempre per case di nuova costruzione) di 2500
ad 5800/mq. A Sesto San Giovanni da 2200 ad 3500/mq ed a Magenta da 2100
ad 2600/mq.. Il terzo gruppo di valore, se così si può definire, è
individuabile nei Comuni della cosiddetta Brianza che, per loro felice colloca
zione geografica ed il loro sviluppo economico autonomo, rappresentano un
"isola felice" a sé stante, residenzialmente ambita dalla popolazione
locale e quindi con prezzi delle case adeguati alla
richiesta. A Meda si parla di 2000/2350mq, a Carate di 2300/2700mq, ad Arcore
di 2500/3000mq. In coda a questa corsa dei prezzi
abbiamo una quarta categoria costituita dalle realtà comunali minori ubicate ad
ovest e sud della Provincia che, avendo vocazione prevalentemente agricola,
poco necessitano e poco concedono allo sviluppo edilizio dei loro centri
comunali. Qui infatti si possono acquistare appartamenti in palazzine nuove
ancora ad 1500/1700/mq. * V.Pres. Fimaa Milano Fonte Listino Prezzi Borsa
Immobiliare/Fimaa n°31 - -->.
( da "Repubblica, La" del 10-11-2007)
Economia Le banche affondano le
Borse mondiali Si allarga la crisi dei mutui: in Europa bruciati 137
miliardi. Gasolio record Consumatori: pronta una class action per 35 milioni di
automobilisti ELENA POLIDORI ROMA - Le Borse di tutto il mondo perdono quota
spinte all'ingiù dalle notizie di altre banche e finanziarie nei guai per i
mutui facili Usa, i cosiddetti subprime. Il petrolio riprende a correre, il
gasolio sfiora il massimo di 1,28 euro e la moneta unica segna un altro record,
arrivando anche a toccare quota 1,4752 sul dollaro. Ed è un ennesimo giorno di
passione per i mercati, disorientati da una ridda di dati sulle sorti
dell'economia Usa e di "voci" più o meno veritiere sul futuro delle
banche. C'è un caso Barclays, per esempio, il cui titolo scende a Londra sulla
base di voci - "illazioni", secondo il portavoce ufficiale - su una
possibile svalutazione legata al credito immobiliare a
rischio. Ma c'è anche un caso Wachovia, una fra le più importanti banche
americane, che pure avrebbe fatto cospicui accantonamenti per coprire il rosso
dei subprime. Stesse difficoltà anche per Fannie Mae, uno dei principali
finanziatori di mutui negli States. Il risultato finale è che le Borse,
influenzandosi una con l'altra, sono tutte in negativo. Quelle europee
scivolano ai minimi da 7 settimane (bruciano 137 miliardi di capitalizzazione)
e Milano chiude con un meno 1,88%. Ma va giù anche Wall Street: - 1,7% il Dow
Jones e -2,5% il Nasdaq. Alle notizie bancarie si aggiunge il resto. Per
esempio il fatto che l'indice Michigan sulla fiducia dei consumatori americani,
proprio per la flessibilità dei prezzi delle case
oltre che per il caro greggio, scende da quota 80 a 75, un valore che gli
esperti bollano come un "crollo". Il deficit commerciale Usa,
invece, si riduce contrariamente alle aspettative e a settembre diminuisce a
56,5 miliardi di dollari, il livello più basso dal maggio 2005. Ma la
notizia, ancorché inattesa, non produce un grande sollievo ai mercati e non
placa l'animo degli operatori che ora scommettono su un ulteriore ribasso dei
tassi da parte della Federal Reserve entro l'anno. Per avere una idea del
nervosismo che serpeggia, il greggio ha un sussulto appena si viene a sapere
della terribile tempesta nel mare del Nord che provoca migliaia di evacuati e
costringe a chiudere le piattaforme a largo della Norvegia, grande paese
produttore, con un immediato calo della produzione di greggio. Subito, sui
circuiti elettronici di New York il petrolio risale a 96,48 dollari al barile.
Il prezzo dei carburanti riprende a correre, il gasolio arriva a 1,279 al
libro, valore mai toccato prima. In Italia, i consumatori chiedono la
restituzione delle tasse sulla benzina; il Codacons annuncia una class action
per gli automobilisti. Stessi sobbalzi anche per il dollaro che scende ovunque
nonostante il ministro Usa Paulson ribadisca che una moneta "forte" è
nell'interesse del suo paese. E l'euro va, sempre al massimo. La Ue, nei suoi
ultimi calcoli sull'economia, scrive che l'impatto della sua forza sull'export
di Eurolandia è "abbastanza contenuto", al momento anche se "non
si esclude che un ulteriore rafforzamento possa produrre "effetti
avversi". Il supereuro, in un contesto che vede il greggio volare, aiuta
anche la bolletta petrolifera italiana che, quest'anno, dovrebbe fermarsi a
26,5 miliardi di euro: un miliardo al di sotto dei 27,5 del 2006. Secondo gli
esperti del settore, senza i rialzi valutari, il conto del paese per
l'approvvigionamento dall'estero avrebbe superato i 28 miliardi di euro. A
favore, secondo le stesse fonti, gioca anche l'andamento dei consumi
petroliferi, orientati al ribasso.
( da "Liberazione" del 10-11-2007)
Calo dei consumi e guai finanziari per la prima crisi
di un mondo cambiato Economia Usa, i grattacapi del futuro presidente Martino
Mazzonis Nessuno sa con certezza chi vincerà le primarie democratiche, ma tra i
nomi di candidati alla vicepresidenza che circolano ci sono
quelli del senatore Jim Webb (Virginia) e del suo collega dell'Ohio
Sherrod Brown. Due tra i freshmen eletti nel 2006 che in economia hanno
posizioni populiste. Difesa della classe media e dei posti di lavoro americani,
rilancio dell'agricoltura, denuncia dei trattati comerciali a partire dal
Nafta. Tra i populisti c'è anche John Edwards, terzo incomodo nella corsa tra
Hillary Clinton e Barack Obama, che da giorni chiede a Hillary cosa voterà
quando il trattato commerciale con il Perù arriverà in Senato - è già passato
alla Camera. L'economia Usa peserà su una campagna elettorale che viaggerà in
parallelo con la crisi annunciata dalla Federal reserve e diversi antichi nodi
che vegono al pettine. Le autorità della Florida stanno pensando di riformare
il sistema di tassazione della proprietà perché dopo il boom dello Stato del
Sud e il conseguente aumento sproporzionato del valore immobiliare,
oggi molti di quelli arrivati con la crescita non sanno più come pagare e
stanno pensando di emigrare altrove. Il governatore della California Schwarzenegger
ha aperto un conflitto istituzionale con Washington perché si sente frenato
sulla strada della conversione verde dell'economia. Tre fatti disgiunti tra
loro che parlano tutti di un'economia americana che attraversa una crisi e
anche una fase di transizione. Il mondo cambia alla velocità della luce, il
petrolio scarseggia e gli scambi non ruotano più solo intorno al dollaro.
Quando il presidente della Federal reserve dice che le cose non vanno, rende di
pubblico dominio quello che tutti sanno. Tra 2004 e 2006 gli americani hanno
tirato fuori dalle loro case (rifinanziamento dei
mutui, prestiti sulla casa) 310 miliardi di dollari usati per i propri consumi
privati. Negli ultimi mesi questa tendenza è scomparsa, da quest'estate in poi
siamo alla metà della media degli ultimi tre anni. Tutti speravano che gli
effetti di questa ridotta richiesta di prestiti si vedesse dopo le vacanze di
fine anno. Non è così: le compagnie della grande distribuzione - dai
megamercati per poveri di Wal mart ai negozi più chic di Macy's o Nordstrom -
segnalano un calo delle vendite. Diverse compagnie di abbigliamento hanno
cominciato a tagliare gli ordini per il prossimo Natale. A differenza delle
economie emergenti, che crescono soprattutto grazie alle esportazioni, negli
Usa i consumi costituiscono circa il 70 per cento dell'economia. I dati sui
consumi segnalano quindi un bel guaio. L'aumento delle rate del mutuo è una
catastrofe per chi non riesce a pagarle ma, in misura meno drammatica, colpisce
quella classe media che non chiede più prestiti sulla propria casa e smette di
vivere al di sopra delle proprie possibilità. Le case
che perdono valore (al minimo degli ultimi 16 anni) e smettono di generare
credito al consumo sono un guaio anche per l'economia reale. La crisi del mercato
immobiliare continua a mietere vittime tra i grandi
conglomerati finanziari. Ieri Wachovia Corp. , quarto gruppo bancario Usa, ha
annunciato l'accantonamento di 600 milioni di dollari per coprire le perdite
sul credito nel quarto trimestre a cui vanno aggiunti i 2,1 miliardi di
esposizione per i mutui concessi che non stanno ritornando in cassa. Annunci
simili, con cifre più imponenti, sono stati fatti da Citigroup ,
Morgan&Stanley e Merryl Linch . Gli amministratori delegati di due di
questi gruppi, due guru di quelli che fino a ieri qualsiasi neolaureato con
velleità di fare carriera nella finanza sognava, hanno dovuto dimettersi. Le
loro liquidazioni d'oro li fanno restare comunque persone da invidiare. E la
produzione? Almeno quella andrà bene. Forse, ma non abbastanza se è vero che
General Motors ha annunciato perdite per il terzo trimestre dell'anno pari a 39
miliardi, il secondo peggior risultato di sempre nella storia delle
corporations americane. Mercato interno che non tira e costo del petrolio
possono di più della moneta debole. Il paradosso è che il dollaro regala
l'unica nota positiva garantendo la crescita delle esportazioni e mettendo fine
a un quinquennio in cui il il deficit commerciale ha toccato un record dietro
l'altro - restando comunque alla gigantesca cifra di -703 miliardi di dollari. Gli Usa come l'Italia degli anni 90, che reggeva l'urto della
concorrenza grazie alla lira svalutata? Non ancora e forse non ci arriveremo.
Ma l'America dell'esplosione della bolla immobiliare,
della classe media in crisi, del dollaro in picchiata e della dipendenza
energetica sarà un paziente difficile per il prossimo presidente. Che
dovrà decidere se tornare all' isolazionismo, provare a modificare in qualche
modo la ratio degli scambi internazionali, teorizzare una rivoluzione verde.
Oppure non fare nulla e puntare tutto sui tagli alle tasse e sui bombardieri.
Una linea che non ha funzionato. 10/11/2007.
( da "Liberazione" del 10-11-2007)
Economia Usa, i grattacapi del futuro presidente
Martino Mazzonis Nessuno sa con certezza chi vincerà le primarie democratiche,
ma tra i nomi di candidati alla vicepresidenza che circolano ci sono quelli del senatore Jim Webb (Virginia) e del suo
collega dell'Ohio Sherrod Brown. Due tra i freshmen eletti nel 2006 che in
economia hanno posizioni populiste. Difesa della classe media e dei posti di
lavoro americani, rilancio dell'agricoltura, denuncia dei trattati comerciali a
partire dal Nafta. Tra i populisti c'è anche John Edwards, terzo incomodo nella
corsa tra Hillary Clinton e Barack Obama, che da giorni chiede a Hillary cosa
voterà quando il trattato commerciale con il Perù arriverà in Senato - è già
passato alla Camera. L'economia Usa peserà su una campagna elettorale che
viaggerà in parallelo con la crisi annunciata dalla Federal reserve e diversi
antichi nodi che vegono al pettine. Le autorità della Florida stanno pensando
di riformare il sistema di tassazione della proprietà perché dopo il boom dello
Stato del Sud e il conseguente aumento sproporzionato del valore immobiliare, oggi molti di quelli arrivati con la crescita
non sanno più come pagare e stanno pensando di emigrare altrove. Il governatore
della California Schwarzenegger ha aperto un conflitto istituzionale con
Washington perché si sente frenato sulla strada della conversione verde
dell'economia. Tre fatti disgiunti tra loro che parlano tutti di un'economia
americana che attraversa una crisi e anche una fase di transizione. Il mondo
cambia alla velocità della luce, il petrolio scarseggia e gli scambi non
ruotano più solo intorno al dollaro. Quando il presidente della Federal reserve
dice che le cose non vanno, rende di pubblico dominio quello che tutti sanno.
Tra 2004 e 2006 gli americani hanno tirato fuori dalle loro case
(rifinanziamento dei mutui, prestiti sulla casa) 310 miliardi di dollari usati
per i propri consumi privati. Negli ultimi mesi questa tendenza è scomparsa, da
quest'estate in poi siamo alla metà della media degli ultimi tre anni. Tutti
speravano che gli effetti di questa ridotta richiesta di prestiti si vedesse
dopo le vacanze di fine anno. Non è così: le compagnie della grande
distribuzione - dai megamercati per poveri di Wal mart ai negozi più chic di
Macy's o Nordstrom - segnalano un calo delle vendite. Diverse compagnie di
abbigliamento hanno cominciato a tagliare gli ordini per il prossimo Natale. A
differenza delle economie emergenti, che crescono soprattutto grazie alle
esportazioni, negli Usa i consumi costituiscono circa il 70 per cento
dell'economia. I dati sui consumi segnalano quindi un bel guaio. L'aumento
delle rate del mutuo è una catastrofe per chi non riesce a pagarle ma, in
misura meno drammatica, colpisce quella classe media che non chiede più
prestiti sulla propria casa e smette di vivere al di sopra delle proprie
possibilità. Le case che perdono valore (al minimo
degli ultimi 16 anni) e smettono di generare credito al consumo sono un guaio
anche per l'economia reale. La crisi del mercato immobiliare
continua a mietere vittime tra i grandi conglomerati finanziari. Ieri Wachovia
Corp. , quarto gruppo bancario Usa, ha annunciato l'accantonamento di 600
milioni di dollari per coprire le perdite sul credito nel quarto trimestre a
cui vanno aggiunti i 2,1 miliardi di esposizione per i mutui concessi che non
stanno ritornando in cassa. Annunci simili, con cifre più imponenti, sono stati
fatti da Citigroup , Morgan&Stanley e Merryl Linch . Gli amministratori
delegati di due di questi gruppi, due guru di quelli che fino a ieri qualsiasi
neolaureato con velleità di fare carriera nella finanza sognava, hanno dovuto
dimettersi. Le loro liquidazioni d'oro li fanno restare comunque persone da
invidiare. E la produzione? Almeno quella andrà bene. Forse, ma non abbastanza
se è vero che General Motors ha annunciato perdite per il terzo trimestre
dell'anno pari a 39 miliardi, il secondo peggior risultato di sempre nella
storia delle corporations americane. Mercato interno che non tira e costo del
petrolio possono di più della moneta debole. Il paradosso è che il dollaro
regala l'unica nota positiva garantendo la crescita delle esportazioni e
mettendo fine a un quinquennio in cui il il deficit commerciale ha toccato un
record dietro l'altro - restando comunque alla gigantesca cifra di -703
miliardi di dollari. Gli Usa come l'Italia degli anni 90,
che reggeva l'urto della concorrenza grazie alla lira svalutata? Non ancora e
forse non ci arriveremo. Ma l'America dell'esplosione della bolla immobiliare, della classe media in crisi, del dollaro in picchiata e della
dipendenza energetica sarà un paziente difficile per il prossimo presidente.
Che dovrà decidere se tornare all' isolazionismo, provare a modificare in
qualche modo la ratio degli scambi internazionali, teorizzare una rivoluzione
verde. Oppure non fare nulla e puntare tutto sui tagli alle tasse e sui
bombardieri. Una linea che non ha funzionato. 10/11/2007.
( da "Giorno, Il (Varese)" del
13-11-2007)
IL MERCATO Calano i prezzi delle case Ma si vende sempre meno I PREZZI DELLE
CASE calano ma i varesini non hanno abbastanza soldi per poterle comprare.
Nonostante rispetto a un anno fa i prezzi siano
diminuiti tra il 5 e il 10 per cento le transazioni hanno avuto una battuta
d'arresto e le vendite risultano il 15 per cento inferiori al 2005. La paura di
non poter pagare e gli stipendi che non si adeguano al carovita franano i
varesini. Sfogliando i giornali di annunci e guardando anche le offerte delle
agenzie immobiliari della provincia è evidente che per potersi permettere un
trilocale bisogna essere disposti a spendere almeno 150mila euro. E il prezzo
sale alle stelle se si scelgono case in centro o nei
quartieri più "in". Le quotazioni del mercato immobiliare confermano che nel cuore della città giardino per una casa nuova
o ristrutturata bisogna spendere dai 2800 ai 3500 euro al metro quadro mentre
per un'abitazione non recente ma comunque in buono stato occorrono dai 2300 ai
2500 euro. Si va sotto i 1800 euro (ma mai a meno di 1600) solo per un
immobile da ristrutturare. Prezzi elevati anche in zone come Masnago o
Sant'Ambrogio dove per il nuovo si arriva facilmente a 3100 euro mentre l'usato
costa circa 2000 euro al metro quadro. LO SCARTO DI CIRCA 1000 euro tra centro
e periferia è evidente anche nelle altre città della provincia, da Busto
Arsizio a Gallarate, da Saronno a Castellanza mentre nei piccoli paesi è la
vicinanza alle grandi località a fare la differenza. I paesi sul lago, vicini
al confine con la Svizzera e quelli ben serviti dai mezzi pubblici hanno costi
proibitivi mentre chi si accontenta di vivere in zone scomode da raggiungere
riesce a trovare case a prezzi
inferiori. Anche sul fronte affitti non ci sono notizie rassicuranti. I
contratti di locazione prevedono cifre sempre più elevate e una famiglia di 4
persone, che necessita almeno di un appartamento di 80 metri quadri deve
sborsare ogni mese almeno 700euro per una casa che comunque non sarà mai sua.
E.B. - -->.
( da "Eco di Bergamo, L'" del
13-11-2007)
Il Centro Studi Sintesi: il debito medio oltre i 70
mila euro La nostra provincia sotto la media
nazionale, pari al 26% Un quarto del reddito delle famiglie bergamasche se ne
va nella rata del mutuo. Per l'esattezza il 23,4%, appena un po' meno del 26%
registrato a livello nazionale, e decisamente al di sotto della quota
percentuale di alcune città del sud d'Italia. Tra queste il primato negativo
spetta a Ragusa che, con il 48,4% del reddito destinato all'estinzione del
mutuo per la casa, si colloca al primo posto di una classifica stilata dal
Centro Studi Sintesi dopo una ricerca condotta sul peso dei debiti in 103
province italiane. Il debito medio è di 73.209 euro "Nella provincia
bergamasca ? fa notare Michele Bacco del Centro Studi ? il valore medio
dell'indebitamento delle famiglie per l'acquisto della casa è di 73.209 euro.
In questo caso il dato è leggermente superiore alla media nazionale che è pari
a 70.000 euro". Detto questo bisogna specificare che non è possibile
distinguere tra chi ha scelto di sottoscrivere un mutuo a tasso fisso e chi
invece ha preferito quello a tasso variabile. Fatto sta che, molto
verosimilmente, tra il 55 e il 60% delle famiglie ha optato per quello a tasso
variabile. E da qui ne conseguono le difficoltà di molte famiglie a pagare la
rata del mutuo. Rata che, in seguito alle decisioni degli ultimi due anni della
Banca centrale europea (Bce) di aumentare il costo del denaro, ha registrato
aumenti mensili anche considerevoli. "Sempre nella Bergamasca ? prosegue
Michele Bacco ? questo significa un incremento medio mensile di 122 euro, pari
a un aumento medio annuo di 1.464 euro". Da non dimenticare che si parla di
dati medi, il che significa che per qualcuno la rata mensile è aumentata magari
anche di una cifra nell'ordine dei 200 euro, mentre per altri di alcune decine
di euro. Sempre il Centro Studi ha stimato che nel nostro territorio le
famiglie che hanno un mutuo residuo di 13 anni spenderanno, tra quota capitale
e quota interessi, una cifra pari a 7.597 euro all'anno, da adesso fino
all'estinzione del muto, salvo ulteriori interventi sui tassi di interesse da
parte della Bce. Interventi che hanno determinato a livello nazionale nel primo
semestre 2007 un rallentamento del credito bancario concesso alle famiglie per
l'acquisto della casa. Nel primo semestre del 2007, infatti, il valore erogato
è stato di 30,5 miliardi di euro con una variazione negativa del 3,7% rispetto al
primo semestre 2006. In particolare nella nostra provincia nel 2° trimestre del
2007 il credito bancario ha subito un rallentamento del 9% rispetto allo stesso
periodo del 2006. Questo rallentamento è stato determinato sia dal rialzo dei
tassi di interesse, che ha funzionato da deterrente per chi
voleva accedere ad un mutuo, sia dalla frenata della crescita dei prezzi degli immobili. In merito alla crescita dei tassi di interesse
un cauto ottimismo è stato espresso da un esperto del settore, Domenico Armati,
presidente di AreaEuro group spa: "Ci aspettiamo che calino o che, quanto
meno, non aumentino. La nostra provincia con il suo 51° posto nella
classifica stilata dal Centro Studi Sintesi si conferma come un luogo in cui
tutto sommato gli aumenti sono stati assorbiti in modo abbastanza indolore. Non
dobbiamo dimenticare che la nostra è una terra dove la gente lavora e quindi
dove i redditi familiari sono discreti". "Nessuna bolla
immobiliare" A proposito invece del ricorso sempre più accentuato
al credito bancario per poter acquistare casa Armati fa presente che ciò è
dovuto alla crescita consistente di questi ultimi anni del mercato immobiliare anche se precisa "in Italia non c'è mai
stata una bolla immobiliare pronta ad esplodere e
dunque non ci sarà un crollo del mercato immobiliare".
E sempre in tema di costi dei mutui ieri è ripartito il negoziato a tre fra
Abi, Consiglio del notariato e rappresentanti dei consumatori sulla portabilità
dei mutui, vale a dire su quanto costa spostare e rinegoziare un mutuo. Secondo
il decreto sulle liberalizzazioni emanato da Bersani tutto ciò dovrebbe
avvenire a costo zero per il cittadino che intende appunto rinegoziare con
un'altra banca il proprio mutuo. Se da un lato la richiesta presentata dalle
diverse associazioni dei consumatori è che la portabilità sia a costo zero,
dall'altro l'Abi, che ha raggiunto un accordo con i notai ma non ancora con i
consumatori, fa sapere che porterà la questione al comitato direttivo del 21
novembre: "Le banche faranno il necessario ? ha dichiarato Giuseppe Zadra,
direttore generale di Abi ? ma non possiamo obbligare i nostri associati ad
azzerare i costi sulla portabilità dei mutui anche perché la portabilità ha i
suoi costi". "Deve essere lasciato il tempo alle banche per
organizzarsi ? ha commentato Domenico Armati ? anche perché ci sono dei costi
che non possono essere tagliati dalla sera alla mattina. Con un po' di buon
senso e di tempo tutte le categorie interessate troveranno il modo di far sì
che i cittadini vengano tutelati". Tiziana Sallese.
( da "Wall Street Italia" del
13-11-2007)
"GIU' I TASSI, LA CRISI E' A MACCHIA
D'OLIO" di Vincenzo Sciarretta "Effetto contagio"? Ravano
(Pimco): "Lo temiamo su mutui prime e carte di credito. Fitch rivedrà i
rating dei Cdo, e c'è il rischio di capitolazione". Le due maggiori
emittenti ne hanno in pancia per $350 miliardi. -->Il contenuto di questo
scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la
linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) ? Qualcosa di molto allarmante si è rotto nel circolo, prima virtuoso e
ora vizioso, che dal settore immobiliare Usa porta
all'alta finanza di Wall Street. Si parla di titoli debitori che si affacciano
sull'orlo dell'abisso nell'ordine di mille miliardi di dollari. E, come se non
bastasse, incombe un terribile "effetto contagio", in cui strutture
creditizie molto macchinose, e dalle sigle astruse, premono le une sulle altre,
con l'eventualità di franare di botto in un gigantesco gioco di domino. La
prognosi non necessariamente volge al bello: "Anzi - dice Emanuele Ravano,
condirettore delle strategie europee di Pimco - potrebbe addirittura
peggiorare. C'è il rischio che qualche grosso player bancario finisca per aria.
E per evitare guai grossi, la Fed dovrebbe attivarsi con maggiore decisione
rispetto a quanto fatto finora". Pimco, per chi non lo sapesse, è la
società di money management, resa famosa da Bill Gross, che amministra il più
grande fondo obbligazionario al mondo, il Total Return Fund. Pensi davvero che
informazioni gratis possano bastare, in un mercato come questo? Hai mai provato
ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca
sul link INSIDER Dottor Ravano, il tema è piuttosto nebuloso, con articolazioni
non sempre facili da digerire per il grande pubblico. Siamo in grado di
illustrare passo passo le criticità che montano nella finanza globale? Alle
radici del problema, c'è il calo dei valori residenziali negli Stati Uniti. La
Pimco ha un team di esperti che segue il settore da vicino, e secondo la nostra
analisi, il prezzo delle case potrebbe scendere di un
altro 10%, con picchi del 20% nelle aree che hanno vissuto i maggiori eccessi
speculativi. Dunque, non immaginiamo miglioramenti a breve. Fin qui tutto
chiaro, ma perché siamo sul baratro? Il secondo punto è che le banche, in
funzione di questa tendenza generale, sono ora restie a prestare denaro. A
luglio il fenomeno si era concentrato nel segmento subprime del mercato, ma poi
si è allargato a macchia d'olio. Per esempio, nella fascia dei mutui
"prime", il 41% netto delle banche ha cominciato a stringere
fortemente le condizioni del credito in ottobre, contro appena il 12% di luglio.
E se guardiamo alle carte di credito, siamo passati dal 12% di luglio al 27% di
ottobre. Si dice che le famiglie indebitate siano un po' in difficoltà. Lei che
ne pensa? In effetti, questa è un'altra spina che ci tormenta. Coloro che hanno
comprato casa negli ultimi 3 anni, lo hanno fatto prevalentemente con
finanziamenti a tasso variabile, le cui rate subiranno una rettifica all'insù
nei mesi venturi. L'andamento si annuncia particolarmente intenso fino al
maggio del 2009, con mutui da rinegoziare ogni mese nell'ordine dei 30-50
miliardi di dollari. Ma sul mercato dei mutui pende, poi, un'ulteriore ipoteca.
Cioè? Mi riferisco al meccanismo degli asset-back: nel recente passato, i mutui
erogati venivano sovente impachettati e cartolarizzati, trasferendo così il rischio
agli investitori più disparati. Questo percorso di finanziamento è entrato in
stallo. Anche perché i cosiddetti monoliner forse non potranno fornire garanzie
sulle nuove emissioni. Si fermi un momento. Può spiegarci bene cosa sono i
monoliner e il loro ruolo nella crisi attuale? Si tratta di grosse società,
come la Ambac o la Mbia, che garantiscono protezioni al credito: garantiscono
per esempio un rating tripla A, garantiscono il pagamento delle cedole
obbligazionarie e del capitale a scadenza. Possono offrire tali garanzie, però,
solo se esse stesse hanno un rating di tripla A. Teme che la loro solidità sia
sotto minaccia? Esatto; ragioniamo di un'eventualità che diminuirebbe
l'efficienza nel mercato delle obbligazioni strutturate. Tenga conto che le due
maggiori compagnie del ramo, hanno in pancia forse 350 miliardi di asset-backs,
quindi sono vulnerabili in prima persona. Cos'altro? Bisogna soffermarsi sul
comportamento delle agenzie di rating. Per essere chiari: il 5 di novembre la
Fitch ha dichiarato che rivedrà interamente i criteri a cui legare il merito di
credito delle strutture Cdo (collateralized debt obligations, cioè un tipo di
asset-backed security ndr.). Le nuove classificazioni verrano fuori a 4-6
settimane, ossia durante le festività natalizie. Insomma, le agenzie di rating,
accusate di essere state troppo indulgenti, ora mostrano maggiore severità.
Fioccano i downgrades. La sua è una lista interminabile... Ma siamo arrivati
alla fine. L'ultimo tassello è il cambio di rotta intrapreso dagli enti
regolatori. Occorre sottolineare che, per quanto riguarda le banche d'affari,
larghe sezioni dei bilanci sono riconducibili ad attivi denominati
"livello 3", non prezzati a valore di mercato, bensì sulla base di
modelli matematici. I nuovi standard di contabilità che entreranno in vigore
dal prossimo 15 novembre intendono limitare l'uso dei modelli interni nel
prezzare gli asset meno liquidi, e si ritiene che norme più stringenti
provocheranno diverse revisioni al ribasso. Si delinea un orizzonte plumbeo...
Diciamo che ci sono notevoli fattori di tensione. Se le obbligazioni
strutturate andassero in liquidazione più rapidamente del previsto - uno sbocco
che è nelle aspettative della Pimco - ci sarebbero ripercussioni a catena.
Molte grosse banche americane si sono sbriciolate a Wall Street, con tonfi
quotidiani non di rado superiori al 10%. Esiste il pericolo che qualcuno
finisca gambe all'aria? Se la liquidazione diventa eccessiva, quella che lei
descrive entra nel novero delle possibilità. E questo ci porta alla medicina da
somministrare al paziente. Quale medicina? Secondo noi la Fed dovrebbe tagliare
il costo del denaro con determinazione, spingendo il saggio base ora al 4,5%
fino al 3,5%-3%. E sulla sponda europea? Molte notizie
convergono nell'affermare che in Gran Bretagna il livello del debito e la
portata della bolla
immobiliare rivaleggiano con quelle
statunitensi. A nostro parere fra il 2008 e il 2009 l'economia inglese
risulterà davvero vulnerabile. E forse il caso della Northern Rock è destinato
a non rimanere isolato. Copyright © Borsa&Finanza. Riproduzione
vietata. All rights reserved parla di questo articolo nel Forum di WSI.
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del
13-11-2007)
Dal nostro corrispondente Marco Niada commenti - | |
13 novembre 2007 LONDRA.L'impressione è ormai sempre più forte: i prezzi delle case in Gran Bretagna stanno iniziando a
rallentare sensibilmente e soltanto Londra resta per ora un'isola felice dove i
prezzi tengono e in molti casi continuano a salire.
Secondo le statistiche emesse dall'associazione dei Royal Chartered Surveyors,
geometri specializzati nelle valutazioni tecniche degli stabili, i prezzi delle case in Gran Bretagna sono scesi in ottobre per
il terzo mese consecutivo, al ritmo più rapido dal luglio del 2005. Secondo Ian
Perry, portavoce dell'istituzione < l'attesa correzione del mercato immobiliare sta prendendo forma >. Una combinazione di prezzi crescenti e alti tassi d'interesse sta rallentando il
mercato. A cui dovrebbero aggiungersi, nella capitale, gli effetti della crisi
finanziaria degli ultimi mesi che dovrebbere incidere sui bonus di chi lavora
nella City. Nel 2006 ben 5,5 miliardi di sterline degli 8,8 miliardi di bonus
incassati dai banchieri sono stati riversati sul mercato immobiliare.
Il fatto che i prezzi a Londra continuino a tenere si
spiega d'altra parte con la scarsità di offerta di case
a fronte di una robusta domanda alimentata da una forte immigrazione. Quanto il
fenomeno sia destinato a durare è difficile dire. Intanto iniziano a giungere
segnali di cedimento dagli stabili di fascia alta, quelli fino a 2,5 milioni di
sterline di valore (3,6 milioni di euro) che secondo l'agenzia immobiliare Knight Frank sarebbe stata la più colpita dalle
aspettative di un calo dei bonus di fine anno. I rpossimi mesi ci diranno se
siamo davant a una lieve correzione o una crisi strutturale del mattone
britannico dopo 12 anni di follie.
( da "MF Immobiliare" del 14-11-2007)
IeO Dove il mattone fa ancora boom Nonostante la
crisi in usa i paesi asiatici e dell'europa dell'est segnano crescite record. I
dati, aggiornati al 30 giugno 2007, vedono in cima alla classifica Lettonia, Bulgaria,
Lituania e Singapore, con aumenti dei prezzi superiori
al 25%. In fondo si collocano invece Thailandia e Israele, gli unici in calo
Mattone in crisi in America e in Europa. Crollo dei prezzi
a livello internazionale. Eppure, nonostante questi foschi scenari, altrove il
mercato cresce ancora a due cifre. In Asia, dove l'esuberante economia trascina
con sé tutto quello che trova lungo il proprio cammino, mattone incluso. Ma
anche Europa, a patto che sia rigorosamente dell'Est, al di là della vecchia
cortina di ferro. Insomma, mentre gli Usa cercano di mettere un freno al crollo
del mattone e l'Europa tenta di conservare le posizioni raggiunte, il real
estate orientale, dalla Cina alla Corea, dal Giappone alle Filippine passando
per Hong Kong e Singapore, registra tassi di crescita ormai sconosciuti in
Occidente. Vado a Singapore. Lo sanno bene gli analisti di Global Property
Guide (Gpg) che hanno scattato una fotografia del mercato immobiliare
mondiale indicando proprio nei mercati d'Oriente le mete ideali per chi vuole
investire. Non a caso Goldman Sachs ha annunciato nei giorni scorsi
l'intenzione di investire 1,7 miliardi di dollari sul mercato immobiliare giapponese. Non solo. Lo scorso marzo Morgan
Stanley ha fatto sapere di voler aumentare il proprio peso sul
mercato nipponico rilevando 13 hotel dalla società All Nippon Airways per 3
miliardi di dollari scommettendo sul rialzo dei prezzi degli
immobili per uso turistico. Per la prima volta dallo scoppio della bolla speculativa nel 1991, infatti, quest'anno i prezzi dei terreni edificabili hanno segnato un andamento positivo che
si è immediatamente traslato sul valore degli immobili. Nel primo
semestre del 2007 i prezzi del real estate nel paese
del Sol levante hanno registrato un'accelerazione del 7,75% rispetto allo
stesso periodo dell'anno prima quando i costi delle case
avevano fatto segnare un lieve incremento di prezzo: appena +1,42%. Ma non è
solo il Giappone ad attirare il favore degli investitori, locali e non. Nella
fitta giungla di grattacieli che compongono la piccola città-stato di Singapore
i prezzi delle case hanno visto negli ultimi mesi una
crescita senza precedenti, anche superiori al 20% rispetto al 2006 quando il
costo delle case cresceva di solo il 6%. Alimentato
dalla scarsità dell'offerta e dal forte afflusso di capitali provenienti dalla
Cina e dalla Gran Bretagna, il segmento del real estate di Singapore ha messo a
segno la performance di crescita più sostenuta in tutto il panorama del Sudest
asiatico. Non se la passano male, tuttavia, nemmeno gli agenti immobiliari
filippini. Grazie alla forte impennata dell'economia e alle consistenti rimesse
provenienti dai cittadini residenti all'estero, il mattone locale ha visto i prezzi delle case schizzare del 14,29% in più rispetto a un
anno fa. Situazione molto simile anche in Corea del Sud e Hong Kong, dove le
quotazioni degli immobili sono cresciute rispettivamente del 9,28% e
dell'8,78%. Unica eccezione a questa generalizzata euforia per il mercato immobiliare è stata la Thailandia, dove i problemi di natura
politica si sono tradotti in una diminuzione del valore delle case del 3,4% nel corso del 2007 rispetto a un +3,9%
registrato appena un anno fa. Corsa nel Baltico. Se i paesi orientali sono tra
i pochi a resistere alle turbolenze che si stanno abbattendo sul mercato immobiliare internazionale, nel Vecchio continente esistono
stati che possono vantare un livello di crescita dei prezzi
ancora superiore a quelli di Singapore e Manila. è il caso di Lettonia,
Bulgaria e Lituania, tre repubbliche che si trovano al di là dell'ex cortina di
ferro. Nel primo caso, i prezzi delle case hanno
segnato nel 2007 un deciso rallentamento facendo crollare la crescita dei prezzi, si fa per dire, al +35,4% rispetto a un anno prima
quando il costo delle case saliva a ritmi del +53%.
"In Lettonia l'economia continua a crescere a livelli sorprendentemente
alti rispetto agli altri paesi europei", hanno commentato gli analisti di
Gpg, "ma anche qui negli ultimi mesi si sono palesati i primi segnali di
rallentamento della congiuntura che si sono immediatamente riversati sul
mercato degli immobili". Anche nel caso della Bulgaria il valore delle case nel 2007 ha messo a segno un incremento sostenuto: +27%
rispetto a un anno prima, mentre i cittadini della Lituania si sono dovuti
accontentare di veder crescere il valore dei propri immobili del 25% rispetto
al 2006, mantenendo invariata la percentuale di rivalutazione delle case in rapporto a un anno fa. Londra batte Milano. E in
Italia? In base ai dati raccolti da Global Property Guide, nell'ultimo anno la
crescita del valore delle case in Italia si è
attestata mediamente al +5,6%, in calo rispetto al +6,84% dei 12 mesi passati.
è andata peggio agli spagnoli, che tra il 2006 e il 2007 hanno visto dimezzare
il tasso di rivalutazione dei loro immobili, passato dal +10,8 al +5,8%. Balzo
in avanti molto consistente invece per il valore delle case
in Gran Bretagna. Se i prezzi degli immobili inglesi
potevano sembrare già alti un anno fa quando crescevano in media del 5%, che
cosa dire adesso che il costo delle case ha registrato
un'impennata di tutto rilievo portandosi a +11%. Brusco rallentamento
annunciato invece al di là dell'oceano. Da New York a San Francisco, i problemi
di insolvenza delle famiglie americane hanno prodotto effetti catastrofici sul
mercato del real estate facendo crollare il livello di rivalutazione degli
immobili al valore più basso degli ultimi dieci anni (+3,19%) a dispetto del
+9,9% registrato nel 2006. (riproduzione riservata) IeO - Immobiliare
Numero 223, pag. 1 del 9/11/2007 Autore: Gabriele Frontoni Visualizza la pagina
in PDF Link sponsorizzati Migliori Offerte: assicurazione Su
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( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del
15-11-2007)
ANALISI DALL'ASSEMBLEA DI ASSIMPREDIL Non è bolla immobiliare ma il freno è ormai tirato Dopo otto anni di forte crescita e un
2007 stazionario, nei prossimi anni ci sarà un rallentamento nel settore
dell'edilizia, soprattutto nel campo residenziale: lo ha affermato Claudio De
Albertis, presidente di Assimpredil, a margine dell'assemblea annuale
dell'associazione del sistema Ance che raggruppa le imprese edili delle
provincie di Milano, Lodi, Monza e Brianza. "Il mercato delle
costruzioni comincia a manifestare i segni di una preoccupante flessione, non
sarà una bolla immobiliare, ma ci sarà un
rallentamento - ha spiegato De Albertis -. Dopo otto anni molto positivi per il
settore, motore trainante dell'economia con gli investimenti in costruzioni che
rappresentano il 10% del Pil, le previsioni per gli anni futuri sono meno
rosee, soprattutto nel campo dell'edilizia privata e residenziale". Sul
rallentamento non influisce però la crisi del mercato immobiliare
e dei mutui Usa, "è irrilevante da noi", ha detto De Albertis.
"Pesano invece - ha spiegato il presidente di Assimpredil - l'innalzamento
dei tassi, la rigidità tra domanda e offerta e il problema della macchina
amministrativa, con procedure amministrative molto lente". "È
indispensabile che le amministrazioni locali intervengano con strategie
efficaci sui sistemi decisionali e sui meccanismi autorizzativi perchè i tempi
per tradurre i progetti in gare appaltate, in cantieri sono troppo
lunghi".
( da "Bresciaoggi(Abbonati)" del
15-11-2007)
MA L'ITALIA SAREBBE "ABBASTANZA AL RIPARO"
I "subprime" americani spaventano anche noi La crisi dei mutui
"subprime"americani spaventa le famiglie
italiane. A darne conferma è la ricerca presentata dall'Acri (associazione che
aggrega fondazioni e casse di risparmio) in collaborazione con Ipsos che
registra una diminuzione degli investimenti in case
dei consumatori. Quest'anno, sottolinea l'Acri, si registra una riduzione di
attrattività dell'investimento nel mattone, con un calo dal 70 al 55% in un
anno delle persone che preferiscono acquistare case
rispetto ad altri tipi di investimento. La preferenza degli italiani quest'anno
sembra essersi orientata invece più verso strumenti finanziari considerati più
sicuri, quali i titoli di stato, i certificati di deposito, le obbligazioni e i
libretti di risparmio. "Questa situazione - spiega l'Acri - potrebbe essere il combinato dell'aumento dei costi delle case, dei crescenti tassi di interesse e, in modo indiretto, della
crisi dei mutui americani, con l'implicita paura, in alcuni, dello sgonfiamento
della bolla
immobiliare". In Italia, però, secondo
il presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, "saremmo "abbastanza al
riparo" rispetto alla crisi dei mutui americani.
( da "Messaggero Veneto, Il" del
15-11-2007)
IMMOBILI Prezzi delle case Domani arriva il nuovo borsino Sarà presentato domani,
venerdì 16 novembre a partire dalle ore 17, nella sede
della Camera di Commercio di Pordenone, l'edizione 2007/2008 del Borsino
Immobiliare. L'iniziativa è promossa dalla Fimaa, Federazione agenti d'affari,
e dall'Ascom-Confcommercio. Interverranno Bruno Paludet, Giovanni Pavan,
Alberto Marchiori, Chiara Mio, Valerio Pontarolo e Giancarlo Magoni.
( da "Denaro, Il" del 15-11-2007)
Italia soldi & mattoni Compravendite in frenata,
ma i prezzi delle case tengono Rallenta il mercato immobiliare, sia per la riduzione delle compravendite sia per
l'allungamento dei tempi di vendita, ma i prezzi
rimangono stabili anche se in leggera frenata rispetto all'anno
scorso. E' l'analisi della Fimaa, Federazione mediatori agenti d'affari
aderente a Confcommercio, sull'andamento del mattone. Dal "Listino Prezzi
Immobiliare 2007", indagine relativa al periodo maggio-settembre 2007,
risulta una riduzione del 3,3 per cento delle transazioni, più accentuata nelle
piccole province. I prezzi, per contro, continuano a
registrare un segno positivo, più 3,4 per cento anche se in rallentamento
rispetto allo scorso anno. Frena anche il mercato degli affitti, con un
tendenziale raffreddamento con meno contratti stipulati, canoni più stabili e
tempi di locazione in deciso allungamento. Per il 2007 gli scambi nelle città capoluogo
si ridurranno del 3,3 per cento rispetto al 2006. La città mediamente più cara
si conferma Roma, con quasi 4.300 euro al metro quadrato per un appartamento
medio, seguita da Milano con 3.609, Firenze con 3.311 e Bologna, con 3.208.
Nelle prime dieci posizioni guadagna tre posti Brescia a scapito di Modena, che
scivola dal nono all'undicesimo posto. "Le vicende sul mercato finanziario
derivati dai subprime non sembrano per ora aver influito pesantemente sul
mercato immobiliare, anche se la prudenza resta
d'obbligo - dice Alberto Pizzirani, presidente di Fimaa -. La casa resta il
sogno degli italiani, anche se il mercato dell'affitto mi sembra dovrà aprire
nuove possibilità, anche e soprattutto se il Governo varerà, come ci auguriamo,
misure di sostegno nella Finanziaria ed in particolare la tassazione di
cedolare secca del 20 per cento sul reddito da locazione". Anche per
quanto riguarda gli affitti, nella classifica Fimaa, Roma si conferma la città
più cara, seguita a ruota da Firenze e Milano. Napoli, che ha scalato quattro
posizioni rispetto all'analoga graduatoria 2006, si colloca al quarto posto,
precedendo Rimini che ne ha persa una, al quinto posto. Napoli e Salerno nella
top ten Comuni Prezzo medio (euro al metro quadrato) 1) Roma 4.291 2) Milano
3.609 3) Firenze 3.311 4) Bologna 3.208 5) Napoli 3.002 6) Bolzano 2.871 7)
Salerno 2.800 8) Rimini 2.517 9) Brescia 2.335 10) Torino 2.309 Napoli e
Salerno sono tra le dieci città italiane più care sul fronte dei prezzi medi al metro quadrato per l'acquisto di case 15-11-2007.
( da "Varesenews" del 16-11-2007)
Varese -
Pubblicato (anche on line) dalla camera di Commercio il vademecum sui prezzi degli immobili. Dove si scoprono le curiosità del
mercato immobiliare varesino Case in provincia: Il
nord raduna il meglio e il peggio dei prezzi E' un
prezioso vademecum per chi sta cercando casa, ma anche una simpatica curiosità
per chi vuole semplicememte conoscere gli andamenti dei prezzi
delle case in provincia. E' il vademecum "Rilevazione dei prezzi degli immobili" in provincia di Varese che la
Camera di Commercio ha appena pubblicato, secondo le indicazioni della
Commissione rilevazione prezzi degli immobili e
realizzato in collaborazione con le associazioni di categoria Anama, Fiaip,
Fimaa, al collegio dei geometri provinciale e agli ordini degli architetti e
degli ingegneri. Una pubblicazione il cui scopo principale è dare un'idea
dell'andamento medio dei prezzi delle case in
provincia ad uso degli operatori, per livellarne il prezzo, ma anche dei
consumatori per potersi fare un'idea generale di un mercto molto difficile. Le
rilevazioni riportate sono suddivise non solo per i 141 comuni della zona, ma
anche, nel caso delle tre città più grandi, Varese, Busto e Gallarate, anche in
alcuni quartieri o macro aree. E in essa si scopre che, se i massimi prezzi al metro quadro si trovano nelle zone centrali di
queste tre grandi città (3300 euro al metro quadro in media per una casa nuova
o ristrutturata in centro Varese, 3000 per analoghe case
a Busto e Gallarate centro) alcuni piccoli comuni non sono da meno: a sfiorare
il record sono Maccagno e Castelveccana, con 2800 euro al metro quadro per case nuove o ristrutturate. Al secondo posto Brezzo di
Bedero, con 2500, poi Porto Valtravaglia, con 2400. A questi prezzi
solo comerio ? 2400 euro al mq per case nuove ? riesce
a "stare dietro" agli alti prezzi dei paesi
affacciati sul lago Maggiore. In compenso, pochi metri più in là ? semplicemente
abbandonando la costa del lago e salendo un po' più verso i monti, ma sempre
rimanendo nella parte nord della provincia ? si possono trovare alcuni dei prezzi più "stracciati" a metro quadro per
procurarsi una casa: a patto però di essere degli esperti bricoleurs,
o avere parenti nell'edilizia. Gli interessantissimi 400 euro al
metro quadro di Curiglia con Monteviasco, delizioso anche se un po' scomoduccio
paese nell'entroterra del luinese, sono infatti valutati per le case ancora da ristrutturare. Stesso discorso anche per i
500 euro a metro quadro di Brenta, Cuvio, Curiglia o Cassano Valcuvia. Robe da
paese di valle nell'entroterra del lago Maggiore: tra i paesi con quei prezzi minimi a metro quadro infatti, che non facciano
parte di quelle zone montane ci sono solo Golasecca e Inarzo. "Con la
presentazione della rilevazione dei prezzi degli
immobili la camera di commercio compie un ulteriore passo in avanti verso
quella promozione della trasparenza del mercato che appartiene al proprio ruolo
istituzionale" ha commentato il presidente della Camera di Commercio
varesina Bruno Amoroso. Una trasparenza che il vademecum, disponibile nella
versione tradizionale presso l'ufficio statistica della Camera di Commercio ma
anche consultabile direttamente sul sito della Camera di Commercio, esplicita
non solo nella pubblicazione dei prezzi medi, ma anche
nella sua parte introduttiva: che raduna tutte le principali norme relative
alla casa, dalle agevolazioni sull'acquisto della nuova casa ai coefficenti di
rivalutazione catastali, dalla novità fiscali relative agli immobili alla
tutela dei diritti patrimoniali dei proprietari. Venerdi 16 Novembre 2007
Stefania Radman.
( da "Gazzettino, Il (Pordenone)" del
17-11-2007)
Per il mattone previsioni buie per uno o due anni.
Gli immobiliaristi: risente in ritardo della crisi generale Mutui pesanti, meno
acquisti Più penalizzate le famiglie con reddito medio-basso costrette a
rimanere in affitto Brusca frenata del mercato immobiliare
nell'ultimo trimestre: dopo il rallentamento delle vendite, che si era
registrato nell'ultimo anno, si sono fermati anche i prezzi.
Una tendenza che mostra per la prima volta, dopo anni, una chiara
stabilizzazione dei prezzi che avevano continuato a
salire per tutto il primo trimestre di quest'anno nonostante si costruisse e si
vendesse molto meno.Una situazione nuova per il mercato del mattone sulla quale
- almeno secondo gli esperti della Federazione italiana mediatori e agenti
immobiliari che ieri sera hanno presentato l'ultimo Borsino immobiliare
della provincia - ha un peso determinante la corsa al rialzo dei mutui. E le
rate bancarie più care stanno penalizzando in modo particolare le famiglie
della fascia medio-bassa. Nel giro degli ultimi tre anni un mutuo per vent'anni
pari a centomila euro ha visto lievitare la rata mensile da 530 a 680 euro.
Centocinquanta euro in più che per la maggioranza delle famiglie della
"classe media" (che puntano su immobili che hanno un costo tra 150 e i
180 mila euro) costituiscono una mazzata. In un contesto di questo tipo il
canone di affitto torna a essere competitivo. Se il costo del mutuo aumenta
fino a superare di molto quello del canone è chiaro che diventa più conveniente
continuare a pagare l'affitto piuttosto che acquistare casa. A meno che non si
scelga di stipulare ugualmente il mutuo, ma per trenta o quarant'anni. Il costo
del denaro sta quindi mettendo in ginocchio il mercato delle case.
Solo tre anni fa l'euribor era circa del 2,4\%, a questo si aggiungeva uno
spread degli istituti di credito dell'1,2-1,3\%. Oggi i valori sono, di fatto,
raddoppiati.Ma il dato che più preoccupa il settore è proprio quello legato ai prezzi. Per la prima volta, dopo anni, i costi di case e appartamenti hanno subito un rallentamento fino a
fermarsi. "Il fenomeno - ha spiegato Bruno Paludet, presidente
della Federazione degli immobiliaristi dell'Ascom - si è notato chiaramente
negli ultimi tre mesi. Non siamo, ovviamente, al crollo. La bolla immobiliare non è scoppiata. Anche se è evidente che il settore sta
attraversando un momento difficile, causato anche dall'andamento generale
dell'economia. Se a questo si aggiunge che il potere d'acquisto è
diminuito e il costo del denaro è aumentato, il quadro è completo". Ma, in
questa situazione, quali saranno le prospettive del comparto? "Il mercato
- è la previsione dell'immobiliarista - si stabilizzerà, magari per uno o due
anni. Ci potrebbe essere un consolidamento della situazione, dopodiché il
mercato tornerà a salire". Ricette precise non ce ne sono. "Ma -
aggiunge Paludet - già da tempo i vari operatori stanno affilando le armi: noi
abbiamo aumentato la qualità dei nostri servizi, le banche stanno abbattendo
gli spread e i costruttori puntano sempre più sull'abitare ecologico e
rispettoso dell'ambiente".Intanto, però, c'è da attendersi probabilmente
una ulteriore frenta dei prezzi. Peggioramento atteso
anche sul fronte delle vendite dove già si è registrato un calo del 7\% se si
raffronta il primo trimestre di quest'anno allo stesso periodo del 2006.
Incorciando alcuni dati anche con quelli forniti dall'Agenzia del territorio
emerge però una situazione altalenante: in alcuni centri della provinciale le
vendite di case sono raddoppiate, mentre in altri si
sono dimezzate. A Brugnera si è registrato un aumento del 109\%, ad Aviano del
55 e a San Vito del 42\%. Netto calo, invece, a Spilimbergo (-41\%),
Fontanafredda (-46), Maniago (-67\%). "Un dato - spiegano gli
immobiliaristi - che dipende forse dalla dimensione ridotta dei centri di
provincia e quindi il tasso è modificabile anche solo da qualche nuova borgata
in più o in meno".Davide Lisetto.
( da "Secolo XIX, Il" del 19-11-2007)
Il dopo altoforno scatena gli appetiti delle
immobiliari. Case da 7 mila euro a metro LE MANI su Cornigliano, adesso che
l'acciaieria non scotta più. Case che si affacciavano sull'altoforno destinate
all'estinzione, rilanciate dalla ristrutturazione, ville bombardate dalla
guerra prima dall'abbandono poi, straniere in terra industriale, oggi pronte
per diventare appartamenti di lusso. E ancora verde recuperato, progetti urbani
cui lavorano i ricercatori di ingegneria e di architettura, mentre il mare
appare all'orizzonte come un figliol prodigo che ritorna. Il futuro di Cornigliano
è dietro l'angolo ma gli investitori si sono già presentati da un po'. "E
lo credo - dice con arguzia Federico Valerio, direttore del Dipartimeno di
Chimica dell'Ist di Genova che monitora Cornigliano dal 1994 - mi sembrerebbe
strano l'opposto". Perché la qualità dell'aria è notevolmente migliorata,
perché Cornigliano non è più quell'isola infelice di idrocarburi policiclici
aromatici (leggi cancerogeni) al vertice delle classifiche dell'inquinamento
urbano con il doppio dei tumori. E la biancheria nera di polveri è ricordo
lontano di donne in corteo. Molta acqua è passata, e ha spento anche il mostro.
La cockeria e l'altoforno. I dati dicono che i benzeni non dovrebbero superare
l'1 nanogrammo per metro cubo. Erano, a Cornigliano tre volte superiori, oggi
siamo allo 0,2-0,3. Una presenza più che sopportabile. I bambini di Cornigliano
non hanno più problemi asmatici da record e "i ricoveri di minori e
anziani per affezioni respiratorie si sono quasi azzerati in poco tempo"
dice il professor Valerio. Che aggiunge: "Oggi è la popolazione di Multedo
ed i suoi bambini a meritare un monitoraggio particolare e l'Istituto Tumori vi
sta rilevando anomalie legate all'attività del petrolchimico". Ma tornando
in via Cornigliano. Strada canyon va bene e c'è sempre troppo traffico, come
rileva il costante consumo di benzina e gasolio anche qui come nel resto della
città. Ma l'apertura della via a mare e del collegamento con la Valpolcevera è
questione di mesi. Stefano Bernini presidente di circoscrizione: "Il sindaco
Vincenzi ha chiesto se possibile una modifica al progetto che richiederebbe lo
spostamento dei binari della ferrovia. Temo impraticabile. Quindi il vecchio
progetto partirà a mesi, così come la sponda destra del Polcevera sarà
finalmente aperta nel 2008 a completare il collegamento". E se il traffico
verrà diluito grazie alla nuova viabilità, i prezzi delle
case se ne avvantaggeranno ulteriormente. Riflettori puntati su via San
Giovanni d'Acri e dintorni dove i palazzi primi Novecento sono i nuovi oggetti
del desiderio, con un sensibile aumento dei prezzi, ma
anche via Verona e viale Travano, sono in procinto di essere valorizzati,
osserva Bernini. Il quale alza gli occhi verso Villa Carbone, antica bellezza
per decenni offuscata dall'altoforno, che oggi una società immobiliare
milanese sta ristrutturando per trasformarla in appartamenti. Se già Coronata,
(ricercata soprattutto da chi vuole ritrovare l'aria e il verde di quando era
bambino, quindi quartierino da amatori) supera i 3.000 euro al metro quadro,
per villa Carbone si parla di 7.000 euro al metro quadro. La
chiamano la "bolla" di Cornigliano i fratelli Scibetta titolari dell'agenzia immobiliare Massena nell'omonima piazza di Cornigliano. "Era il
quartiere dalle case meno costose, poi pochi anni fa l'assalto ai mutui da parte
degli stranieri, una domanda che superava di gran lunga l'offerta ha proiettato
i prezzi alle stelle. E se le zone popolari di Cornigliano hanno
raggiunto i 1.200 euro al metro quadrato (dai 7-800 di qualche anno fa), se le case che oggi costano 100 mila euro nel 2002 costavano
40mila, con i prezzi più che raddoppiati, di
conseguenza Coronata e le zone meno popolari sono state trainate sempre più
verso l'alto". Sempre di quartiere popolare si tratta, sottolineano gli
Scibetta, dove le buste paga mediamente si aggirano attorno ai 1.200 euro
mensili. Pur tuttavia anche nel quartiere (ex) operaio qualcuno si deve essere
già prenotato per i nuovi lussi. Intanto in questi giorni si aggirano in centro
laureandi e neo laureati coordinati dal professor Musso della facoltà di
architettura perché anche Villa Serra cambia vita. Dimora di nobile casata
dalla fine del Settecento, oggi sede malconcia di vigili urbani e servizi
civici. E con cinque famiglie in affitto che avrebbero già ricevuto l'invito ad
andarsene. Gli uffici sgomberano a partire dal 2008, quindi la facoltà di
Architettura sta ultimando un progetto di fattibilità riguardo il restauro, che
sarà sostenuto dalla Società per Cornigliano in cambio di un comodato gratuito.
Il Comune ha già deliberato in merito. La destinazione d'uso? Non ancora
decisa, per le strade non si escludono abitazioni private splendide, il
presidente di circoscrizione assicura un "polo di attrazione dentro la
zona filtro, epicentro della rinascita del quartiere". Infine anche la
valletta del rio San Pietro è oggetto di studi da parte di Ingegneria. E
attorno verde, giardini Melis e rispettivi giochi per i bimbi rimessi in ordine
entro breve. Peccato che nel parco di villa Carbone, secondo i bene informati, avrebbero
raso al suolo parte di un antico vigneto sostenuto dai pilastri in pietra. E'
il prezzo del recupero. Donata Bonometti 19/11/2007 Era il quartiere con gli
alloggi meno cari: l'assalto degli stranieri e la miglior qualità ambientale
hanno raddoppiato i prezzi 19/11/2007.
( da "Denaro, Il" del 19-11-2007)
Mercati Stiglitz: Recessione in Usa con gli errori di
Greenspan Gli Usa rischiano di precipitare in una recessione a causa della
crisi subprime e del pasticcio lasciato dall'ex presidente della Federal
Reserve, Alan Greenspan. Ad affermarlo è Joseph Stiglitz, premio Nobel per
l'Economia. "Sono molto pessimista", ha affermato Stiglitz a
Bloomberg News. "Greenspan ha davvero fatto un pasticcio. Ha immesso
troppa liquidità al momento sbagliato. Ha sostenuto il taglio delle tasse del
2001, che è stato l'inizio di tutti questi problemi. Ha incoraggiato la gente
ad accendere mutui a tasso variabile", ha aggiunto. Secondo Stiglitz, ci sono
il 50 per cento delle probabilità di una recessione negli Usa e la crescita
economica certamente frenerà a meno della metà di quel 3 per cento che
rappresenta il suo potenziale. L'impennata mondiale del costo del credito,
causata dal crollo del mercato dei mutui statunitensi ad alto rischio, strozza
a sua volta l'accesso ai finanziamenti da parte dei consumatori americani.
Greenspan, che ha guidato per 18 anni la Banca centrale Usa prima di
abbandonarla volontariamente nel gennaio 2006, ha pilotato l'economia
statunitense attraverso una serie di crisi, riducendo il costo del denaro per
aiutare il paese a riprendersi dalle recessioni del 1987 e del 2001. Dopo la
frenata del 2001, la Fed ha tagliato il suo tasso di riferimento al livello più
basso in 40 anni, portandolo all'un per cento. Tale decisione, assieme a un
approccio non interventista in termini di regolamentazione, hanno reso Greenspan il bersaglio di critiche in una fase in cui
la bolla immobiliare Usa e la crisi dei mutui ipotecari minacciano di far deragliare
l'economia Usa. Greenspan, 81 anni, ha dichiarato il 7 novembre scorso che le
probabilità di una recessione negli Usa sono inferiori al 50 per cento, pur
indicando che la crisi immobiliare negli Usa non ha ancora toccato il fondo. Secondo Stiglitz,
i consumatori statunitensi si sono indebitati per 950 miliardi di dollari
l'anno scorso, usando come collaterale le loro abitazioni. "Il gioco è
finito", ha detto Stiglitz. "Via via che i prezzi
delle abitazioni calano, la gente non potrà più prendere denaro in prestito. Ci
troviamo di fronte a una grossa frenata. L'impatto si trasformerà in una
grossissima frenata, forse in una recessione." 17-11-2007.
( da "Resto del Carlino, Il (Rovigo)" del
20-11-2007)
AZIEN-A TERRITORIALE PER L'E-ILIZIA RESI-ENZIALE
-ELLA PROVINCIA -I ROVIGO Piazza della Repubblica,2-45100 ROVIGO AVVISO -I ASTA
PUBBLICA IMMOBILIARE Si rende noto che questa Azienda procedera' alla vendita
mediante asta pubblica, con il metodo congiunto delle offerte segrete e della
licitazione tra coloro che nei termini risul- teranno offerenti, mediante gara
sulla base della offerta piu' alta e con la offerta minima in aumento indicata
nel sottoesteso prospetto, con applicazione del combinato disposto degli artt.
73, lett. c), 73, lett. a), e 77 del R.D. 23-5-1924 no 827, con le modalita' di
cui al presente avviso , dei seguenti immobili al prezzo a fianco di ognuno
indicato: L'asta si terra' il giorno 11 dicembre 2007 alle ore 15,00 e la
presentazione delle offerte dovra' essere effettuata entro le ore 12,00 del
giorno 10 dicembre 2007.Gli immobili sopra elencati risultano liberi e vengono
ceduti nello stato e grado in cui si trovano, con ogni annesso e pertinenza,
diritto o ragione, vincoli urbanistici e paesaggistici, servitu' attive o
passive, anche non apparenti e discontinue, con garanzia di piena liberta' da
ipoteche, al prezzo offerto,al netto degli oneri fiscali.Si informano gli
interessati che il Bando integrale e' disponibile presso la portineria dell'ATER
di ROVIGO e nel sito internet www.ater.rovigo.it. Per le visite di sopralluogo
agli immobili gli interessati, previo appuntamento, potranno rivolgersi all'
Ufficio Patrimonio Aziendale, Piazza della Repubblica 2 -ROVIGO- telefono
0425/204924-204964-204946.Il -irettore - Ing. Rodolfo Fasiol - - -->.
( da "Corriere del Mezzogiorno" del
20-11-2007)
Corriere del Mezzogiorno - BARI - sezione: ECONOMIA -
data: 2007-11-20 num: - pag: 9 categoria: REDAZIONALE Stretta sui mutui giù il
prezzo delle case Inversione di tendenza dopo un
decennio Abitazioni meno care a Bari, Brindisi e Lecce Il mercato dei prestiti
per l'acquisto delle abitazioni si è contratto del 3% nel secondo trimestre del
2007 BARI - Pur con le dovute distinzioni, per la prima volta nell'arco di
quasi un decennio le quotazioni immobiliari in Puglia
fanno segnare una prevalente tendenza negativa: diminuiscono, infatti, i prezzi medi a Bari, Brindisi e Lecce; aumentano a Foggia e
Taranto. Al ribasso anche le performance dell'erogazione del credito: il
mercato dei prestiti per l'acquisto delle abitazioni, nel secondo trimestre del
2007, si è contratto del 3%. A scattare la fotografia di settore è l'ufficio
studi di Tecnocasa che ieri ha presentato i dati riferiti al primo semestre.
"Si tratta di un momento di riflessione - ha affermato Massimo Lemma, team
manager di Tecnocasa Puglia - che consentirà agli operatori di focalizzare
l'attenzione sulle fasce di prodotto più richieste e ai clienti di effettuare
una migliore selezione degli immobili". In effetti, è proprio la qualità
al centro del calo generalizzato. "Sono diminuite - ha proseguito Lemma -
quelle operazioni che interessano abitazioni collocate in aree senza servizi.
Chi acquista vuole una casa ben posizionata. In definitiva si può dire che il
mercato è tornato a soddisfare le richieste dei clienti: la fase della
cosiddetta "speculazione" è terminata". E per il futuro?
"Nei prossimi mesi - ha concluso Lemma - saranno gli acquirenti a poter
esercitare un maggiore peso negoziale: il numero di compravendite è diminuito
di ben il 5 per cento". Bari, Brindisi e Lecce Le quotazioni di Bari sono
diminuite dello 0,4% nel primo semestre dell'anno. A testimoniare la tendenza
che premia la qualità è la sostanziale tenuta dei prezzi
nei quartieri centrali come il Borgo Antico e il Murat. In diminuzione, invece,
le quotazioni del Policlinico-San Pasquale che ha fatto segnare un ribasso
dell'1,2%. La riduzione ha interessato la zona di Carrassi-Poggiofranco e
Redentore-Stanic. Salgono le performance per l'area Aeroporto le cui quotazioni
sono cresciute del 3,5%. A Brindisi, invece, la flessione è dell'1,9% (la più
sostenuta della Puglia). Nel Centro storico si continua a comprare per uso
diretto e soprattutto per investimento. Sono ricercati i bilocali che poi
vengono affittati a lavoratori fuori sede. Acquistate le abitazioni dei
quartieri Casale, Sciaia, Commenda (uno dei più serviti della città). A Lecce
il mercato frena dell'1,8% influenzato dalla cattiva performance delle case del quartiere Rudiae, dove si concentrano alcune
facoltà universitarie. Le abitazioni si pagano 1.100 euro al metro quadrato.
Vanno meglio le quotazioni nel Centro storico e nel quartiere San Lazzaro. Foggia e Taranto Nei primi sei mesi dell'anno le quotazioni delle
abitazioni a Foggia sono cresciute del 2,1%. Salgono i prezzi nella zona di via Matteotti, tra le più richieste per la sua
posizione centrale e per i prezzi ancora accessibili. Gli
immobili presenti sono oggetto d'acquisto per le giovani coppie. Nel
rione Martucci l'incremento delle quotazioni si giustifica con il miglioramento
dell'urbanizzazione, ma in generale la corsa è alle case
dei quartieri centrali. Boom dei prezzi a Taranto dove
la crescita si è attestata al 4,6%. La zona Borgo è tra le più richieste:
l'offerta non riesce a soddisfare la domanda esistente. Molti gli immobili da
cui si gode la vista mare: tra le tipologie più ambite quelle con terrazzo
posizionate sul lungomare Vittorio Emanuele II e in via Pitagora, nonché quelle
che affacciano sul canale navigabile o con vista sul castello aragonese. I
mutui Il mercato del credito ipotecario in Puglia è in diminuzione del 3%
rispetto all'ultimo trimestre 2006. L'andamento delle erogazioni risulta in
calo nelle province di Bari (3%), Brindisi (14%) e Taranto (10%). Cresce,
invece a Foggia (2%) e Lecce (6%). In Italia l'importo medio erogato è pari a
124mila euro, in Puglia è pari a 110mila euro. Vito Fatiguso Sguardo ai tassi
Il rialzo dei tassi d'interessi negli ultimi due anni ha fatto lievitare
sensibilmente la rata dei mutui a indicizzazione variabile.
( da "Websim" del 20-11-2007)
NOTIZIE FLASH 20 Novembre 07 ora 12:47 Crescita mondiale,
Deutsche vede una chance su tre recessione LONDRA, 20 novembre (Reuters) - Le
probabilità di una "recessione della crescita" - globale situazione
in cui l'economia mondiale rallenta a minimi storici al di sotto di due per
cento - sono per l'anno prossimo circa una su tre. E' il parere dell'ufficio
studi Deutsche Bank, basato su un modello previsivo costruito su indicatori
finanziari come rendimento delle obbligazioni, valute, azionario. prezzi del mercato immobiliare e
tassi a breve termine. Esisterebbe secondo gli analisti una chance di circa 33%
di "grave recessione della crescita", come avvenuto nei primi anni
'70 e '80. In una nota alla clientala datata ieri l'ufficio studi scrive invece
che sono di poco inferiori a 50% le probabilità di una 'mini recessione' simile
a quella dei primi anni '90 e dell'inizio della decade attuale. "Lo
scoppio della bolla immobiliare e creditizia
quest'anno e la successiva crisi dei settori finanziario e bancario ha
aumentato il livello di incertezza sulle prospettive economiche a livelli
eccezionalmente elevati" dice lo studio Deutsche. A causa di fenomeni come
la rapida espansione demografica, sostiene l'ufficio studi, la crescita
mondiale registrata è stata raramente - se non mai - negativa sin dai tempi
della seconda guerra mondiale. Gli analisti sono però del parere che un
rallentamento della crescita mondiale a ritmi inferiori al 2% rispetto a quelli
attuali intorno al 5% avrebbe per la maggioranza dei paesi l'effetto di una
recessione - quello che tecnicamente per le economie sviluppate si intende con
due trimestri consecutivi di contrazione del prodotto interno lordo. Pur
mantenendo una stima di "cauto ottimismo" per un rallentamento della
crescita globale 2008 a 4,6% dal 5,1% di quest'anno, la prima banca tedesca
osserva che i rischi di una frenata più significativa sono notevoli. Quanto
alle prospettive per gli Stati Uniti, il modello previsivo Deustche indica per
i prossimi dodici mesi una chance di poco inferiore a 50% di moderata
recessione e una probabilità di circa uno a quattro di grave recessione.
((Redazione Milano, Reuters messaging: alessia.pe.reuters.com@reuters.net, +39
02 66129854, milan.newsroom@news.reuters.com)).
( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-11-2007)
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2007-11-21 - pag: 35 autore: Accertamento. Focus sulle
compravendite 2004 La Gdf attacca l'evasione sugli acquisti di immobili Antonio
Criscione ROMA L'informatica mette a nudo gli immobili. Almeno nel prezzo. La
Guardia di Finanza fa il punto su un programma di indagini avviato sulle
compravendite del 2004 e,nonostante la sperimentalità dell'operazione, scopre
un rilevante pacchetto di evasioni. Il programma di verifiche,denominato dalla Gdf
"Domus", in quattro mesi ha portato a casa – su un
"campione" di sole 17 verifiche – 25 milioni di euro di imponibile
non dichiarato ai fini delle imposte dirette, una base imponibile non
dichiarata ai fini Irap di 20 milioni e una maggiore Iva dovuta per 1,3
milioni. E visto che il programma viene ritenuto promettente dalla Gdf, si
progettano a breve nuove "incursioni", con interventi su scala molto
più ampia. Alla regia dell'operazione, il Nucleo speciale Entrate della Guardia
di Finanza, coordinato dal colonnello Flavio Aiello. In pratica un gruppo di 50
persone che studia gli incroci dei dati a disposizione del Fisco per scovare le
forme di evasione in corso. Spiega Aiello: "Con i mezzi messi a
disposizione degli investigatori, grazie alle banche dati, è possibile estrarre
molti dati indicativi, prima di fare verifiche sul territorio". A mettere
in allarme il Fisco, sottolinea Aiello, "in molti casi
è l'estremo disallineamento tra i valori dichiarati e quelli verosimilmente
praticati nel periodo di massima espansione della bolla immobiliare.
Si tratta di una situazione in cui tipicamente gli acquirenti risparmiavano
l'Iva e i venditori occultavano l'imponibile".La metodologia
seguita consiste nel prendere in esame"le transazioni immobiliari che, con
particolare frequenza, si riferivano a uno stesso venditore, in quanto soggetto
dotato di partita Iva". Individuati questi soggetti e incrociando valori
dell'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi)
dell'agenzia del Territorio, dati dichiarati negli atti di compravendita e
importi dei mutui richiesti, il lavoro è stato facile. Le liste dei soggetti
più a rischio sono state inviate alla Gdf sul territorio e nel giro di quattro
mesi dall'avvio del programma di indagine alla chiusura delle pratiche,
comprese indagini finanziarie, contraddittorio con i contribuenti e verifiche
in loco,l'operazione si è chiusa. E siccome con l'evasione un'irregolarità tira
l'altra, a parte i dati sull'evasione, sono venuti fuori anche 11 casi di
lavoratori irregolari, con 54mila euro di retribuzioni in nero, 11mila di
ritenute non versate e 21 mila di contributi previdenziali evasi. Visto poi che
le contestazioni coinvol-gevano tutte importi elevati, il risultato è stato
che, puntualmente, tutti gli imprenditori verificati, sono stati denunciati
all'autorità giudiziaria. Ora diverse centinaia altri contribuenti rischiano la
stessa sorte. Ma non è tutto."Sul campo immobiliare
– spiega Aiello –abbiamo una altri operazioni in corso. Si va dalle detrazioni
del 36% per le ristrutturazioni edilizie agli affitti in nero, soprattutto per
gli studenti. In quest'ultimo caso è più difficile rompere la solidarietà con i
proprietari. Ma ci stiamo anche attrezzando per recuperare dati ulteriori per
avviare le indagini ". IL RENDICONTO Grazie a controlli incrociati delle
banche dati, su 17 verifiche scoperti 25 milioni di imponibile non dichiarato
ai fini delle imposte dirette.
( da "Milano Finanza (MF)" del
22-11-2007)
MF Scoppia in borsa la bolla
del mattone Perdite record per i titoli immobiliari, alcuni dei quali sono
tornati fino ai valori del 2004. Pirelli Real Estate è tornata al di sotto dei
valori di quotazione e Risanamento ha bruciato il rally dell'ultimo anno. Colpa
della crisi finanziaria che spinge verso le società a minor rischio Bollettino
di guerra in borsa per i titoli del mattone. Perdite relativamente più limitate
per Beni Stabili (-0,74%) e Aedes (-2,09%), ma vero e proprio tonfo per
Risanamento (-8,3%), Pirelli Re (-7,25%) e Igd (-6,65%). Una débcle che trova
riscontro anche in molti altri titoli di Piazza Affari, ma
che anche così non può non tratteggiare un quadro davvero fosco per il settore immobiliare. Insomma lo scoppio della famosa bolla speculativa
ha colpito non tanto i prezzi
delle case ma quelli delle società quotate.
Non a caso i grafici mostrano valutazioni tornati ai valori di un anno fa e in
alcuni casi occorre andare ancora più indietro. Molti comunque secondo
gli operatori gli elementi che hanno guidato l'ondata di vendite sul comparto e
che ha portato in molti casi a quotazioni a sconto rispetto al Nav.
Innanzitutto il sell generalizzato su tutti i titoli a bassa capitalizzazione
ovvero extra S&PMib, sempre penalizzati nelle fasi di nervosismo del
mercato che guarda più alla liquidità che ai fondamentali di un titolo. E poi
la crisi di liquidità del sistema che fa preferire business più tradizionali e
lineari penalizzando qualsiasi forma di rischio. Risultato: Pirelli Re in sei
mesi ha dimezzato il suo valore in borsa precipitando dai 60 euro circa di
maggio ai 25,73 di ieri (sotto il prezzo di quotazione), mentre Risanamento
dopo i fasti sopra quota 8 è atterrata ieri a 3,95 euro. Sulla società di Carlo
Puri Negri, che pure dovrebbe beneficiare dei rumor circa un possibile
passaggio di mano, pesa una tipologia di business molto diversificata (servizi,
non performing loan, gestione), che rende meno visibili i risultati futuri.
Inoltre ciascun settore necessita di finanziamenti pro acquisizioni di
portafogli per essere implementato, a fronte di garanzie fornite da asset di
proprietà che non pesano per più del 40-50% sul totale.Diverso il discorso per
Risanamento che in realtà, grazie alla concessione di una linea di
finanziamento per 750 milioni di euro, di cui solo 200 sfruttati, ha già in
tasca i mezzi per portare avanti i progetti in corso come Santa Giulia a Milano
e non soffre quindi per la crisi di liquidità del sistema. Al contrario in
questo caso il mercato sconta al massimo il rischio insito nell'attività di
sviluppo della società, un rischio che non sta tanto nel livello di
indebitamento (elevato nel caso di Risanamento ma inevitabile per tutti i
developer) quanto nell'incertezza circa l'esito finale che, in tempi di crisi
del mercato immobiliare e di quello dei mutui, si
estingue solo con la vendita finale di quanto realizzato. (riproduzione
riservata) MF - Mercati Globali Numero 232, pag. 12 del 22/11/2007
Autore: Teresa Campo.
( da "Riformista, Il" del 23-11-2007)
Riflussi soluzioni inevitabili per la crisi Uno spettro si aggira per Londra: lo Stato Il caso
Northern Rock si sarebbe potuto arginare Londra. A dirlo, ora, non sono più i
pessimisti di professione né i troppo cauti. La crisi dei mutui è una crisi
strutturale, di lungo periodo e con un rischio enorme di recessione che
partendo dagli Usa finirà per colpire prima la Gran Bretagna e poi tutta
l'Europa. A certificarlo è Goldman Sachs attraverso il suo capo economista
negli Stati Uniti, Jan Hatzius, per il quale "la crisi dei mutui pone di
fronte a noi un enorme rischio macroeconomico che si stenta a riconoscere come
tale. È invece molto facile, di immediata valutazione, il fatto che questa
crisi porterà con sé se non una vera e propria recessione, sicuramente un
rallentamento spaventoso della crescita. Si tratta di uno shock globale che
dagli Stati Uniti certamente si diffonderà in Gran Bretagna e anche in Europa.
Il Global Leading Indicator è continuato a scendere anche nel mese di novembre
e questo parla chiaramente il linguaggio di una crisi di lungo periodo".
Di identico parere anche Sir John Gieve, responsabile per la stabilità
finanziaria della Bank of England, secondo cui "entro la fine dell'anno
dobbiamo prepararci a un ulteriore crisi, più forte di quelle che abbiamo
attraversato finora. Il peggio deve ancora arrivare, le cattive notizie non
tarderanno a farsi sentire. Fino ad oggi abbiamo visto solo la punta
dell'iceberg, ora la mancanza di liquidità sui mercati si farà sentire davvero".
E per fronteggiare il rischio Bank Of England ha già annunciato un ritocco del
tasso di interesse per il mese di dicembre, misura che fino a quindici giorni
fa veniva negata con sdegno. Per Jamie Dannhauser, capo analista della Lombard
Street Research di Londra, "la possibilità di una grave crisi del credito
è reale e visti i dati offertici dal mercato in ottobre posso dire che ormai è
alle porte". La cartina di tornasole di questa previsione, almeno in Gran
Bretagna, ha un nome: Paragon, il secondo istituto del paese, dopo Northern
Rock, per erogazione di mutui buy-to-let. Martedì mattina, con la Borsa di
Londra che tratteneva il fiato in attesa di capire se il Black Monday avrebbe
lasciato ulteriori strascichi ribassisti, il management della banca ha reso
noto che se entro febbraio non verranno trovati fondi necessari saranno
bloccate tutte le operatività a partire da aprile: insomma, la stretta del
credito sta per fare un'altra vittima eccellente oltre a
far esplodere la bolla
immobiliare delle insolvenze, con i prezzi delle case nel Regno Unito in continuo calo. I dirigenti parlano a chiare
lettere del possibile ricorso a breve al "rights issue", ovvero alla
richiesta di denaro fresco presso gli azionisti in un disperato tentativo di
ricapitalizzazione per 280 milioni di sterline necessario in caso a febbraio l'istituto
non sappia far fronte all'esposizione con le banche. Tornando a Northern Rock,
i due fondi di private equity che fino a pochi giorni fa sembravano interessati
all'acquisto di Northern Rock, Cerberus e JC Flowers, hanno fatto trapelare la
loro intenzione di rivedere i piani di acquisizione. Il primo ha dichiarato al
Times che le continue turbolenze del mercato hanno fatto rivalutare l'intera
situazione mentre il secondo ha dichiarato che avrebbe pagato solo un
"ammontare nominale" per la banca e rifuso immediatamente i 15
miliardi di sterline alla Bank of England: per gli azionisti, quindi, poco più
delle briciole. Che fare, quindi? Non ha dubbi l'analista economico del
Guardian , Will Hutton: la Gran Bretagna, la patria del libero mercato, sarà
costretta a rivedere il proprio ostracismo contro l'intervento pubblico in
economia pena un rischio default spaventoso. Non che fino ad oggi la Bank of
England sia stata con le mani in mano e il portafogli ben chiuso. Per tentare
di salvare la Northern Rock, la "Old Lady" di Threadneedle Street ha
fornito da agosto fino ad oggi 40 miliardi di sterline all'istituto di
Newcastle. Ma non basta ancora. Entro Natale, la somma salirà a 50 miliardi: il
5 per cento del prodotto interno lordo britannico. "La Banca d'Inghilterra
avrebbe dovuto assorbire nella sua proprietà la Northern Rock. Con ciò, i
depositanti e le istituzioni finanziarie della City sarebbero stati rassicurati
rapidamente e, passata la crisi, la Banca Centrale avrebbe potuto rivendere la
Northern al settore privato", attacca Hutton. Il problema ora è tutto
politico. Comprare Northern Rock costerebbe relativamente poco allo Stato, 400
milioni di sterline e garantirebbe al governo di nominare il consiglio di
amministrazione e chiudere la stagione di turbolenze e sfiducia avviata dalla
crisi dell'istituto di Newcastle. Il problema è valutare bene la situazione dei
libri contabili dove giacciono 110 miliardi di sterline di mutui e soprattutto
scegliere se rompere con il passato e tornare - anche se a tempo determinato e
in una situazione d'emergenza - alle nazionalizzazione di un settore chiave.
"La nazionalizzazione sarebbe un disastro politico", fanno sapere
dalla City e inoltre vendere Northern Rock vorrebbe dire, per attrarre
investitori, essere pronti a parcellizzarla o a chiudere determinati servizi:
ovvero, potenziali perdite di posti di lavoro soprattutto nell'area Nord-Est
del paese. La più delicata e quella maggiormente tentata dalla spallata al
Labour in favore dei Tories. E qualcuno comincia a malignare sul fatto che
quando lo scorso luglio ha dato il via libera alla successione, Tony Blair
sapesse che il regno di Gordon I sarebbe crollato miseramente sotto i colpi di
una crisi annunciata: il colmo per l'ex oscuro ragioniere di Sua Maestà.
23/11/2007.
( da "Trend-online" del 23-11-2007)
PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Alessandro Fugnoli , 23.11.2007 11:26 Scopri le migliori
azioni per fare trading questa settimana!! In principio, dunque, non peste,
assolutamente no, per nessun conto. Proibito anche di pronunciare il vocabolo.
Poi febbri pestilenziali. L'idea si ammette per isbieco in un aggettivo. Poi,
non vera peste, vale a dire peste sì, ma in un certo senso, non peste proprio,
ma una cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente peste senza
dubbio e senza contrasto. Non è necessario, continua il Manzoni, d'esser molto
versato nella storia delle idee e delle parole, per vedere che molte hanno
fatto un simil corso. E viene qui in mente quel tale economista, peraltro molto
bravo, che l'altro giorno sulla Cnbc parlava di growthession, crescessione, se
Manzoni ci passa la traduzione. Può sembrare un mero espediente verbale, una
contorsione retorica a sfondo negazionista, ma la recessione di crescita, al
contrario delle febbri pestilenziali, esiste in natura ed ha da qualche anno
piena dignità accademica. E' una fase in cui alcuni fattori ristagnano o
flettono (ad esempio l'occupazione o gli investimenti) ma il Pil nel suo
complesso continua a crescere. La peste bubbonica, negli Stati Uniti, è endemica in certe aree dell'Ovest, in particolare in Arizona e
New Mexico. Si cura con gli antibiotici. La peste recessiva, dal canto suo, sta
attaccando da due mesi California, Nevada, Florida, ovvero gli stati della bolla immobiliare, ma sta allargandosi ad altre zone, come l'Ohio, in cui i prezzi delle case non scendono per la semplice ragione che non sono mai saliti.
Un quarto degli Stati Uniti è in recessione. Recessione, non recessione di
crescita. Peste, non febbre pestilenziale. Pur con questa macchia scura,
tuttavia, gli Stati Uniti non entreranno in recessione in questo quarto trimestre,
ma si manterranno tra lo zero e l'uno e, se va bene, anche qualcosa di più.
Anche negli stati della macchia scura, inoltre, molti segue pagina >>.
( da "Nuova Sardegna, La" del
24-11-2007)
Altre Monolocali a 100mila euro,
mercato dopato dal boom OLBIA. Cara dolce casa. Un mercato rampante che non
conosce incertezze, fatto a metà da speculatori del blocchetto che investono i
loro soldi in immobili da affittare, e dolci coppiette che cercano un nido
tutto loro. Un mondo che ha smaterializzato le regole, quasi inutile parlare di
costi al metro quadro. Si va dai 2700 euro al metro quadro a Sa Minda Noa, ai 2
mila della popolare zona Bandinu. "I prezzi sono
stabili - spiega Carlo Spano della Gabetti -. Tra poco l'offerta crescerà
grazie al completamento di nuovi complessi, ma sono certo che non ci sarà un
calo". Menu alla mano per un micro monolocale ci vogliono 100 mila euro,
per un bivano da 45 metri quadri si sale a 120 mila. "Ma i più richiesti
sono i trilocali - continua Spano -. Più o meno 140 mila euro per 60 metri
quadri". Edilizia bonsai che sembra accontentare le esigenze abitative di
molte famiglie. Quasi un inno all'intimità. Tra le zone più ricercate Sa Minda
Noa, viale Aldo Moro, via Veronese, Olbia Mare. Una new entry è l'area intorno
al nuovo ospedale. "Abbiamo molte richieste - dice il venditore -. La
maggior parte dei clienti sono coppie, non solo sardi, e non tutti residenti.
C'è anche chi acquista per fare un investimento a lungo termine". Il
centro storico fa mercato a sé. Molto richiesti i grandi immobili su cui
investire grosse cifre. "C'è anche la domanda che arriva dai
professionisti. Cercano un immobile nel cuore della città per farci il loro
studio. è un mercato interessante la riqualificazione del centro storico lo
rende ancora più appetibile". Olbia cresce a tassi record e guadagna mille
abitanti all'anno. Una calamita anche per chi costruisce ville e palazzi. Quasi
nulla resta invenduto, ma molte abitazioni per la maggior parte dell'anno non vengono affittate. Accanto ai residenti c'è il
mercato parallelo dei turisti che in estate pagano cifre folli per un
monolocale in città. La crisi dei mutui non sembra aver placato la sete di case. Non si parla di bolla immobiliare,
il sistema sembra ancora reggere, e accanto alle banche anche molte agenzie
immobiliari mettono ora a disposizione dei clienti società pronte a
concedere mutui a tassi super agevolati. (l.r.).
( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del
24-11-2007)
Plus sezione:
ATTUALITA data: 2007-11-24 - pag: 6 autore: RADIOBORSA di Giovanni Pedone Ai
mercati non basta un giorno di festa T acchino provvidenziale. La chiusura
per il Thanksgiving Day ha agito come quel salvavita dell'interruzione per eccesso
di ribasso che scatta quando il mercato supera i livelli di panic selling:
spezzando l'onda emotiva delle vendite ha tagliato il fronte ribassista al
cuore, cioè all'altezza dei volumi. Senza scambi i colpi dell'Orso vanno a
vuoto. La diga non durerà molto ma serve a distribuire la violenza della crisi
nel tempo, cioè nel 2008, evitando di soffocare sul nascere il consumer
spending natalizio. Ma le tossine della spensierata finanza strutturata – tutta
ormoni e derivati – si potranno diluire fino a un certo
punto perchè la crisi stessa dei mutui è il risultato, riuscito, di un'analoga
spalmatura della bolla
immobiliare sul terreno sbricioloso della
finanza, dove le crepe però si ampliano se sottovalutate. è il caso della
Northern Rock, la prima banca con la fila dei correntisti fuori in scene anni
'30, il cui crack snobbato – o mal gestito – rischia di travolgere la
credibilità della Banca d'Inghilterra ma anche del premier, già in sfortuna con
le perdite dell'anagrafe fiscale. Il mercato attende la prima lezione di
riscatto, Mr. Brown.
( da "Wall Street Italia" del
26-11-2007)
Di *Alessandro Fugnoli Non è la foto di oggi a preoccupare, è semmai il film del 2008. I prezzi delle case continueranno a scendere di un altro
10-15%. I default sui mutui aumenteranno e il loro valore scenderà ancora. Le
banche centrali abbasseranno i tassi. -->*Questo documento e' stato
preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e' rivolto esclusivamente
ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come
definiti nell'art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e
successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano
responsabilita' alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge
alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo
informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale
di WSI. _______________________________________ (WSI) - La recessione di
crescita e' una fase in cui alcuni fattori ristagnano o flettono (ad esempio
l'occupazione o gli investimenti) ma il Pil nel suo complesso continua a
crescere. La peste bubbonica, negli Stati Uniti, è endemica
in certe aree dell'Ovest, in particolare in Arizona e New Mexico. Si cura con
gli antibiotici. La peste recessiva, dal canto suo, sta attaccando da due mesi
California, Nevada, Florida, ovvero gli stati della bolla immobiliare,
ma sta allargandosi ad altre zone, come l'Ohio, in cui i prezzi delle case non scendono per la semplice ragione che non sono mai saliti.
Un quarto degli Stati Uniti è in recessione. Recessione, non recessione di
crescita. Peste, non febbre pestilenziale. Pur con questa macchia scura,
tuttavia, gli Stati Uniti non entreranno in recessione in questo quarto
trimestre, ma si manterranno tra lo zero e l'uno e, se va bene, anche qualcosa
di più. Anche negli stati della macchia scura, inoltre, molti settori economici
continuano a essere vitali. L'Europa, dal canto suo, è in rallentamento, ma ha
ancora una velocità di crescita più che accettabile. Quanto all'Asia, la
velocità scende, ma rimane elevatissima. Per completare la fotografia diamo
un'occhiata al secondo cerchio concentrico della crisi, la finanza (il primo
cerchio è naturalmente l'immobiliare). Pensi davvero
che informazioni gratis possano bastare, in un mercato come questo? Hai mai
provato ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni
riservate, clicca sul link INSIDER Qui la peste ha finora colpito in modo
conclamato e forse fatale solo alcuni settori specifici, come le società che
assicurano mutui o bond municipali (che hanno una capitalizzazione così sottile
da potere in realtà coprire qualche piccolo default alla volta, non certo crisi
di sistema). Sono invece in grado di salvarsi, al prezzo di consistenti e
dolorose infusioni di nuovo capitale, molti soggetti paragovernativi o privati
che sono in prima linea, in America e in Inghilterra, sul fronte
dell'erogazione o dell'impacchettamento dei mutui. Quanto al cuore del sistema,
le grandi banche commerciali e d'investimento, la foto, per quanto molto mossa
(gli aggiornamenti in negativo sono continui), mostra ammaccature di ogni tipo
e talvolta fratture, ma i casi di prognosi riservata sono ancora molto pochi. I
grandi sfracelli contabili annunciati nei giorni scorsi in prossimità
dell'introduzione della Fas 157 (una norma che richiede di dichiarare con quale
sistema si valutano gli asset in portafoglio) non si verificheranno (o per lo
meno non si verificheranno per questo motivo) per la semplice ragione che le
principali banche applicano volontariamente la Fas 157 già dall'inizio
dell'anno. Non è dunque la foto a preoccupare particolarmente, è semmai il film
del 2008. I prezzi delle case continueranno a scendere
di un altro 10-15 per cento. I default sui mutui aumenteranno e il loro valore
di mercato scenderà ancora, obbligando le banche e gli altri soggetti creditori
ad altre svalutazioni. More of the same, si dirà, ci siamo già passati. Finché
si tratta di giocarsi gli utili 2008 delle banche (nemmeno di tutte) pazienza,
l'importante è che restino in piedi e siano pronte a rimettersi in carreggiata
nel 2009. Il problema però non è solo delle banche, ma anche di sistema. Un
paper di cui molto si è parlato in questi giorni (T. Adrian, H. Shin. Liquidity
and Leverage, sul sito della Fed di New York) elabora un concetto facilmente
intuibile. Chi non ha leva, il real money, assorbe le perdite e aspetta. Chi ha
leva, come le banche o, ancora di più, i fondi hedge, riduce il suo attivo in
tempo reale in modo proporzionale alla leva. Un dollaro di perdita di una banca
la induce a ridurre di 10 dollari i suoi asset (se non è sovracapitalizzata).
Ma le banche, con il meccanismo della riserva, hanno una leva comunque fissa. I
fondi hedge, per contro, allungano la leva quando le cose vanno bene e
l'accorciano quando vanno male. Il risultato è che i 200 miliardi di buco dei
subprime imputabili alle banche (su 400 totali secondo le ultime stime)
diventano un multiplo di questa cifra in termini di credit crunch, ovvero di
minore credito erogato al sistema. Fino a questo momento le stime ufficiali sul
2008 sono ancora positive. In America la Fed parla di una crescita dell'
1.8-2.5% Il numero in sé, che ha dato tanto fastidio ai mercati, sarebbe ancora
buono e ci sarebbe da metterci la firma, ma ci sono alcuni problemi. Il primo è
che non viene solo ridotta, rispetto alle stime precedenti, la velocità del
2008, ma viene abbassata la velocità massima, ovvero la crescita potenziale non
inflazionistica. Il secondo è che la stima viene presentata con mille caveat,
come a prenderne le distanze. Il terzo è che una banca centrale non farà mai
una previsione di recessione (se la facesse tutti le chiederebbero perché non
la previene) ma le recessioni ci sono lo stesso. Quanto all'Europa, la
previsione ufficiale è di crescita vicina al potenziale, ovvero il 2%, ma anche
qui lo scenario di base è accompagnato da avvertimenti sempre più martellanti
sui rischi verso il basso. Di fronte a un quadro ancora positivo ma sempre più
fragile le banche centrali abbasseranno i tassi per tutto il 2008. Le eccezioni
saranno il Giappone (che li ha già praticamente a zero) e, forse, l'Europa, che
proverà a resistere. C'è da dire che le banche centrali stanno evidenziando una
condizione di nevrosi. Da una parte parlano con toni sempre più accesi dei
pericoli d'inflazione e dall'altra abbassano i tassi o si preparano a farlo. Il
loro problema è in parte culturale (non vogliono ripetere gli errori fatali commessi
a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta) e dall'altra è oggettivo, perché
petrolio e alimentari non mostrano segni di cedimento e alimentano l'inflazione
headline. In pratica non funziona più (o non funziona ancora) quel meccanismo
per cui, in passato, un rallentamento della crescita si accompagnava subito con
un rallentamento dell'inflazione e dava così modo di agire sui tassi senza
problemi. In fondo, però, è meglio così. Il petrolio non scende perché Cina e
India continuano a domandarlo (in Europa e in America i consumi hanno smesso di
crescere) ma finché questo succede vuole dire che le loro economie si
mantengono in forte espansione e sostengono indirettamente anche le nostre. Per
chi investe uno scenario di crescente incertezza deve tradursi in crescente
prudenza. Percorreremo il 2008 su ghiaccio sottile. Se non sopraverranno
esogene sgradevoli il ghiaccio terrà, la crescita globale sarà moderata ma
positiva e le borse si muoveranno grosso modo lateralmente. Andrà però
incorporata nei prezzi la possibilità che i rischi si
manifestino (uragani, Iran, eventi di credito). In pratica le borse avranno un
tetto sopra di sé, cui corrisponderà un pavimento per i bond governativi. La
volatilità dell'azionario sarà ancora per qualche tempo verso il basso (con la
parentesi ancora ben possibile di un rally di fine anno) ma nel corso del 2008
potranno aversi anche rialzi veloci, alimentati dal posizionamento sempre più
leggero di molti portafogli. Periodicamente la crisi dei mutui apparirà
finalmente sotto controllo e indurrà a coperture affannose. In generale il
principio guida per il 2008 dovrà essere che guadagnare poco è meglio che
perdere molto. Chi non abbasserà in tempo la sua leva si troverà a dovere
vendere in perdita con mercati in discesa e ricoprirsi altrettanto in perdita
con mercati in salita. Chi si accontenterà di andare in prima o in seconda avrà
invece la possibilità di resistere nelle fasi di mercato avverse e potrà
entrare o uscire in momenti favorevoli. Copyright © Il Rosso e il Nero, settimanale
di strategia di Abaxbank per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All
rights reserved parla di questo articolo nel Forum di WSI.
( da "Denaro, Il" del 26-11-2007)
Mercati cina Lo yuan è
sottovalutato: è essenziale più flessibilità Lo yuan è sottovalutato ed una
maggiore flessibilità della moneta cinese è "essenziale" per rendere
più stabile la crescita economica del gigante asiatico. Lo ha detto Xie Fuzhan,
capo dell'ufficio nazionale cinese di statistica e membro della banca centrale
cinese. Xie, che siede nel comitato per la politica monetaria della banca
centrale, è intervenuto ieri all'università di Beijing. Nel suo discorso, non
ha precisato quale livello considera adeguato per lo yuan. Il presidente della
Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, e altri responsabili monetari
internazionali visiteranno Beijing la settimana prossima
per perorare la causa di un rafforzamento dello yuan e di una riduzione degli
squilibri commerciali mondiali. La Cina è sotto pressione affinché rivaluti lo
yuan, per raffreddare una crescita economica record e sgonfiare la bolla immobiliare e degli investimenti. "Cresce il consenso quest'anno fra le
maggiori personalità cinesi che la debolezza dello yuan sia un problema,"
ha detto Wang Qian, economista presso JPMorgan Chase & Co. a Hong Kong.
"La gente ha capito che l'eccesso di liquidità è la causa fondamentale per
la bolla degli investimenti che temono tanto." Lo
yuan si è già rafforzato del 12 percento da quando è stato eliminato
l'ancoraggio col dollaro, nel luglio 2005, chiudendo nella giornata di ieri a
7.4090 contro il biglietto verde, ai massimi dal termine dell'ancoraggio. La
"distorsione" dei costi in Cina e una moneta sottovalutata hanno
contribuito al boom delle esportazioni, ha detto Xie. "Il trattamento
essenziale per stabilizzare la crescita economica è migliorare i meccanismi di
cambio e aumentare la flessibilità dello yuan" ha dichiarato. 24-11-2007.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 27-11-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data:
2007-11-27 - pag: 13 autore: "Case, 2008 l'anno del calo" Shiller:
negli Usa prima discesa dopo il '33, irrazionale il boom dei prezzi
Mario Margiocco DUBAI. Dal nostro inviato I l professor Robert Shiller è un americano tranquillo che si meraviglia di come il mondo sia
cambiato ma non è impressionato dal rischio di un drastico ridimensionamento
dell'Occidente. Massimo esperto americano del mercato immobiliare,
l'argomento del giorno, ha creato un indice per valutare su base nazionale
americana i prezzi
delle case, e previsto la fine del boom immobiliare negli Stati Uniti, e anche altrove. Prevede adesso che il
2008 sarà un anno di prezzi immobiliari al ribasso in
tutti gli Usa, fatto raro per un mercato geograficamente sempre differenziato.
Nel 2000, con un libro, Irrational Exuberance, che fu un bestseller, aveva
previsto la fine della bolla di Borsa legata ai titoli
di elettronica e informatica. "Stiamo preparando la seconda
edizione", dice Shiller, che insegna Economia e finanza a Yale dal 1982 ed
è considerato fra i maggiori esponenti del comportamentismo contemporaneo, la
scuola economica che guarda con scetticismo la presunta razionalità degli
investitori e preferisce spesso ricorrere alla psicologia per spiegare fino in
fondo alcuni fenomeni, tipici quelli delle bolle di mercato. Qualcuno in
passato ha rimproverato a Shiller una preveggenza miope, perché la bolla ".com" fu subito seguita nel 2002 da altri
cinque anni di buoni risultati sui mercati azionari. Shiller non è
particolarmente amante dei viaggi e, giustamente, continua a meravigliarsi di
poter essere arrivato così in fretta a Dubai (per un convegno) a nove ore di
fuso orario da casa sua. Sa che la fine dei limiti di spazio e di tempo è
insieme un fatto reale e un'illusione. Così come un'illusione era che gli Stati
Uniti potessero continuare ad aumentare il deficit dei conti con l'estero senza
conseguenze per il dollaro. Anche se qualche premio Nobel lo aveva persino
teorizzato. "Tempo fa sono uscito dal dollaro, con i miei investimenti
personali", osserva Shiller, che a 61 anni reggerebbe bene il ruolo da
giovane professore in una serie tv. "Le partite correnti parlavano
chiaro", dice, ammettendo di avere seguito sostanzialmente solo quel
criterio e l'istinto. L'articolo che catapultò il giovane Shiller
all'attenzione degli economisti è del 1981 ed era un attacco diretto alla
teoria delle aspettative razionali. Dimostrava infatti come Wall Street si
fosse mossa nel Novecento molto più di quanto avrebbe dovuto indicare un
modello dove i prezzi corrispondono al valore attuale
netto dei dividendi futuri razionalmente attesi. "Se prendiamo il mercato immobiliare, vediamo che il forte aumento dei prezzi ha riguardato non solo gli Stati Uniti, ma molti
altri mercati, quasi tutti i più importanti a parte la Germania. Ora, parlando
del caso americano che conosco meglio, non riescoa trovare spiegazioni
razionali. Il fenomeno è stato nuovo negli StatiUniti.Per l'ampiezza, che ha
visto tra l'ultimo trimestre del 1996 e il primo del 2006 un aumento dei prezzi reali del 70%, su scala nazionale. E per il fatto che
mai c'era stato un aumento che ha interessato tutti gli Stati Uniti". Solo
la psicologia può spiegare il fenomeno. "Credo che da un lato sia scattata
la molla che una casa non perde mai valore, e finora dalla Seconda guerra
mondiale in poi è stato così, quanto a valore nominale. Il basso costo del
denaro naturalmente ha aiutato. Dall'altro, si è diffusa la convinzione che
sarà sempre più costoso avere una casa, perché siamo in tanti, e i materiali da
costruzione costeranno di più, e occorre comperare se si può, anche a prezzi che prima sarebbero sembrati eccessivi". Ma
siamo nell'irrazionalità. Il costo di una casa nuova è determinato dal prezzo
del terreno e dal costo di costruzione. "Ora il terreno tradizionalmente
incide negli Stati Uniti per il 15% dei costi effettivi, ed è sempre stato
così; i costi di costruzione sono aumentati gradualmente e tutto sommato di
poco, perché a materiali più cari hanno risposto tecniche più efficienti e
quindi meno costose. Quindi l'ondatadi aumenti non ha avuto giu-stificazioni
razionali, non in quella misura". Le conseguenze? "Prevediamo che il
2008 sarà il primo anno generalizzato di calo dei prezzi
delle abitazioni, in tutti gli Stati Uniti, per la prima volta dal 1933".
Shiller non azzarda cifre. Ma ricorda che per un fenomeno anche allora strano,
i prezzi delle abitazioni scesero negli Usa dal 1925
al 1933, incominciarono la discesa quindi in pieno boom economico. E l'anno
finale di quel ciclo fu l'ultima volta che vi fu un calo nazionale. Che si
ripeterà adesso. "Come la fine di ogni boom, anche la fine di quello immobiliare tende a portare una stretta creditizia". E
alla caduta del dollaro? "La bolla immobiliare
non è stata solo americana ". Ma il caso dei mutui subprime sì. "è
vero, sì, soprattutto americano. Il ciclo del dollaro è governato
principalmente dai conti americani con l'estero, che erano in pesantissimo
rosso e che ora, dopo una discesa del dollaro avviata già da tempo, stanno
migliorando. Tutti i cicli finiscono per un qualche incidente che accelera gli
elementi di debolezza, e i subprime possono essere stati il fatto che ha spinto
in varie sedute il dollaro a un comportamento disordinato. Però starei attento
alla psicologia, anche qui". Non c'è crisi dell'Occidente, non c'è eclissi
del capitalismo americano, non c'è fine del dollaro come valuta internazionale
di riferimento, non c'è passaggio del testimone all'Asia. Il Golfo, tra denaro
fresco o facilmente disponibile, ha secondo alcune stime in questo decennio ben
oltre 2mila miliardi di dollari pronti per investimenti: una volta e mezza
l'intero Pil di un Paese come l'Italia. "Ma occorre far bene i calcoli. Il
Pil italiano di circa 1.800 miliardi di dollari indica dollari all'anno. Per
avere un peso dell'Italia confrontabile con la cifra che sarebbe attualmente
disponibile agli investitori del Golfospiega Shiller - occorre moltiplicare
quel 1.800 per 20 o 30 volte, e allora le cose cambiano. Cina e India
cresceranno, ma hanno bisogno ancora di molto tempo. Nel frattempo il resto del
mondo non starà fermo. E poi non conta solo quello che un Paese ha come materie
prime o ha realizzato con rapide trasformazioni epocali, conta anche quello che
la sua gente sa fare, imparando da generazioni. E su questo l'Occidente ha
ancora un lungo vantaggio su cui costruire".
mario.margiocco@ilsole24ore.com EMERGENTI "Cina e India cresceranno ma
hanno bisogno di tempo: gli altri Paesi non sono fermi - Contano non solo le
materie prime ma quello che la gente sa fare" Robert Shiller. L'economista
ha 61 anni AP.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 27-11-2007)
Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data:
2007-11-27 - pag: 28 autore: Europa dell'Est sempre più ricca Cresce
l'indebitamento delle famiglie, ma sui mutui non c'è rischio di crisi Micaela
Cappellini Soltanto nel primo semestre di quest'anno l'indebitamento delle
famiglie dell'Est europeo, dalla Ungheria alla Russia, è decollato del 42%, ma
il Network di ricerca sulla Nuova Europa di UniCredit è ottimista: la crisi dei
mutui, che ha investito gli Stati Uniti e che lambisce anche le coste del
Mediterraneo, per il momento non ha nessuna intenzione di sfiorare i Paesi
dell'ex cortina di ferro. La forza dell'Est? Schematizzando al massimo, sta in
tre pilastri. Il primo è una solidità macroeconomica che continua a garantire
una crescita del Pil superiore al 6,5 per cento. Il secondo è la capacità delle
famiglie di far fronte ai debiti crescenti grazie a un aumento costante dei
salari e ad una diminuzione della disoccupazione. E il terzo è che la bolla immobiliare, da queste parti, è ben di là dal venire.
"L'impatto della crisi americana dei mutui subprime ha fatto sentire il
suo peso sulle Borse e sui cambi soltanto nel brevissimo periodo ", spiega
Debora Revoltella, a capo del Network di studi sulla Nuova Europa di UniCredit,
e che domani a Vienna presenterà lo studio 2007 dedicato alla ricchezza e al
debito delle famiglie dell'Europa centro-orientale. Un'area dove UniCredit
continua a guidare la classifica delle banche occidentali presenti. "Il
problema dei mutui subprime – continua Revoltella – si pone semmai nel medio-lungo
periodo: si assisterà infatti a un repricing del rischio, e ad una conseguente
stretta nella disponibilità internazionale di liquidità. E questo, sì, potrà
generare qualche rallentamento soprattutto nei Paesi dove l'esposizione al
credito internazionale è maggiore". Una dinamica, questa, che avrà effetto
sul costo del denaro, ma che non inficerà la capacità delle famiglie di far
fronte ai propri impegni debitori. "Parlare poi di bolla
immobiliare in questi Paesi è prematuro – aggiunge Debora Revoltella –
perché se è vero che i prezzi delle case a Est
continuano ad aumentare, è anche vero che la domanda di abitazioni qui è ancora
reale. Di speculazione edilizia si può parlare solo per le
aree costiere della Croazia e della Bulgaria: per il resto, il numero delle case disponibili non basta a soddisfare le esigenze delle
famiglie". La bolla è lontana anche perché la tanto paventata crescita dei prezzi degli immobili si concentra ancora nelle aree centrali delle
città: le famiglie cominciano solo ora a mettere gli occhi su periferia e
campagne, con il risultato che in queste zone resta un ampio margine per
l'aumento dei prezzi. Chi rischia un po' di più il
rallentamento per colpa dei subprime americani, semmai, sono le tre Repubbliche
baltiche. Ma attenzione:l'andamento di Estonia, Lettonia e Lituania non deve
essere considerato un campanello d'allarme: "Si trattadi economie piccole
– spiega Revoltella – fortemente legate agli investimenti russi che spesso sono
volatili, e che ubbidiscono a dinamiche proprie". Sul fronte più generale
della ricchezza delle famiglie, che il Network UniCredit monitora ormai da
qualche anno, i trend di crescita continuano a essere confermati: aumenta del
20% la ricchezza finanziaria dei consumatori orientali, ora a quota 718
miliardi di euro; aumenta la domanda di mutui del 23% nei prossimi due anni;
aumenta la richiesta di credito al consumo tra il 25 e il 40% da qui al 2009.
Crescono anche i fondi pensione, destinati a rappresentare un quarto di tutto
il risparmio generato dalle famiglie da qui al 2009.E aumenta l'interesse verso
i fondi, anche se con meno vigore di prima, complice il critico scenario
internazionale. Il buon andamento della Nuova Europa si appanna un po' solo
quando si guarda all'Ungheria: "Qui la situazione economica continua a
rimanere difficile, e le famiglie sono costrette a indebitarsi sempre di più
per mantenere il loro standard di vita".
micaela.cappellini@ilsole24ore.com BALTICI IN DIFESA Estonia, Lettonia e
Lituania le realtà più esposte al rallentamento economico per il calo della
liquidità sui mercati internazionali.
( da "Denaro, Il" del 27-11-2007)
Mercati stati uniti La crisi subprime non si arresta:
Nessun rimpianto per Greenspan L'ex presidente della Federal Reserve, Alan
Greenspan, non ha "particolari rimpianti" circa le scelte fatte
durante il suo mandato a capo della banca centrale americana, aggiungendo che
l'acuirsi della crisi immobiliare statunitense non è
un risultato delle sue politiche. "I mercati si stanno rendendo conto del
fatto che il calo dei prezzi immobiliari non si sta
fermando," è quanto dichiara lo stesso Greenspan ad Oslo. "Non ho
particolari rimpianti. La bolla abitativa non è un
riflesso di quello che abbiamo fatto, poiché è un fenomeno globale." I prezzi delle abitazioni sono scesi in un terzo delle città
Usa nell'ultimo trimestre, in una fase in cui l'inasprimento dei criteri di
credito ha fatto calare del 14 percento le vendite su scala nazionale, ha indicato
la National Association of Realtors il 21 novembre. Il crollo del mercato dei
mutui statunitensi ad alto rischio "è stato uno shock che nessuno si
aspettava," ha detto Greenspan. "Era l'anello debole del settore
finanziario internazionale." Secondo l'ex presidente della Fed, la crisi
del mercato dei finanziamenti subprime "è finita" in quanto "è
sceso a zero e non può calare oltre." Joseph Stiglitz, premio Nobel per
l'economia, ha detto il 16 novembre a Bloomberg News che ci sono il 50 percento
di probabilità che gli Usa cadano in una recessione, dopo il
"pasticcio" combinato da Greenspan. Quest'ultimo, da parte sua, ha
risposto in un comunicato diffuso lo stesso giorno in cui definisce le critiche
di Stiglitz "inaccurate o incomplete." Greenspan, che ha guidato per
18 anni la banca centrale Usa prima di abbandonarla volontariamente nel gennaio
2006, ha pilotato l'economia statunitense attraverso una serie di crisi,
riducendo il costo del denaro per aiutare il paese a riprendersi dalle
recessioni del 1987 e del 2001. Dopo la frenata del 2001, la Fed tagliò il
tasso di riferimento al livello più basso in 40 anni, portandolo all'1
percento. Tale decisione, assieme ad un approccio non interventista in termini
di regolamentazione, hanno reso Greenspan il bersaglio di critiche, in una fase in cui lo scoppio della bolla immobiliare
Usa e la crisi dei mutui ipotecari minacciano di far deragliare l'economia Usa.
Greenspan, 81 anni, dichiarava il 7 novembre che le probabilità di una
recessione negli Usa sono inferiori al 50 percento. Oggi non ha fornito una
stima sulle possibilità di una contrazione dell'economia statunitense.
Greenspan si trova ad Oslo nell'ambito di un tour mondiale per la presentazione
delle sue memorie "L'era della turbolenza: avventure in un nuovo
mondo". 27-11-2007.
( da "Foglio, Il" del 27-11-2007)
I consumi vanno bene, ma la fiducia dei consumatori no. La stampa filobancaria preme sulla Fed per nuovi tagli
dei tassi Washington. Una parte della grande stampa anglosassone spinge per la
recessione, una vera (non il rallentamento in corso). Insiste il Financial
Times e si rispecchia sulle copertine dell'Economist, parente snob di casa
Pearson. E' un fatto, la stampa che muove i mercati tira nella stessa
direzione, con la circospetta eccezione (per ora) del Wall Street Journal. Il
FT ha messo in campo anche Lawrence Summers, segretario al Tesoro durante il
Clinton 2, già enfant terrible dell'economia, nipote di due premi Nobel come
Samuelson e Arrow. Si materializzerà lo spettro che s'aggira sui giornali?
Dipende dal comportamento dei consumatori americani. Per ora dobbiamo
ringraziare il tacchino. Il Thanksgiving è andato oltre ogni rosea aspettativa.
La fiducia dei consumatori è ai minimi degli ultimi due anni, eppure le vendite
sono cresciute dell'8,3 per cento lo scorso venerdì, giorno che segna l'inizio
della stagione natalizia. Sono stati allevati 272 milioni di tacchini, il 4 per
cento in più del 2006. Il prezzo medio è stimato in 42,26 dollari (compreso il
ripieno e la torta di zucca come contorno) con un rincaro annuo dell'11 per
cento. Secondo la National Retail Federation, i compratori nell'intero weekend
sono arrivati a 147 milioni (+4,8 per cento). E Fox News parla di un Cyber
Monday, perché molti che hanno visto le merci nei negozi comprano via Internet
il lunedì. Ci sono anche previsioni meno rosee: ogni consumatore ha speso
347,55 dollari, circa 13 in meno dello scorso anno. Sono stati gli sconti, infatti,
a tener su la domanda; nemmeno Abercrombie & Fitch questa volta s'è
distinto da Wal Mart, minimizza il New York Times che alla recessione ha sempre
creduto. E l'American Research Group stima che gli americani per Natale hanno
stanziato 859 dollari a testa, 5 per cento meno del 2006, punto più basso in
dieci anni. Ma attenzione, si tratta di sondaggi su
campioni casuali. La bolla
immobiliare è scoppiata e il valore delle case potrebbe scendere del 25 per cento. L'effetto di un tale
aggiustamento riduce la ricchezza, ma in quale entità ed entro quale tempo si
trasferisce sulla domanda interna? (27/11/2007).
( da "Famiglia Cristiana" del
27-11-2007)
Di Giuseppe Altamore ECONOMIA 400.000 FAMIGLIE
SULL'ORLO DEL FALLIMENTO STROZZATI DAI MUTUI Tutta colpa dei tassi variabili
che dal 2005 hanno ripreso a correre. Così le case finiscono all'asta e le banche... A Franco il mutuo gli
è come esploso in tasca. E questo proprio mentre il suo portafogli si svuotava.
A 35 anni e con un lavoro fisso, dipendente di una delle poche fabbriche di
fresco impiantate nel Sud d'Italia, Franco era un buon acquisto per le banche a
caccia di clienti. Non aveva un patrimonio in partenza, ma poteva vantare un
buon reddito: 1.800 euro al mese, quando riusciva a fare il massimo degli
straordinari. Su questo reddito, una rata di mutuo di 640 euro era considerata
sostenibile. Oltretutto, il momento in cui Franco ha firmato il mutuo
presentava una combinazione di fattori fortunati: tassi bassi, lavoro tanto.
Era il 2005. In pochi mesi, tutte e due le cose sarebbero cambiate, mandando
alle stelle la rata e vicino al baratro il salario. Nella primavera di due anni
dopo, Franco va in cassa integrazione e si trova alle prese con queste cifre:
entrano 860 euro al mese, devono uscirne 940 per il mutuo. Dovrebbe dare alla
banca tutto quello che guadagna, più altri 80 euro. Impossibile. È una delle
tante storie che ormai coinvolgono centinaia di migliaia di italiani sull'orlo
del fallimento per aver contratto un mutuo a tasso variabile, perché
incoraggiati dalla convenienza e dalle pressioni delle banche. A raccontarla
sono la giornalista Roberta Carlini e la fumettista Pat Carra in un libro
appena pubblicato dal titolo inquietante: Le mani sulla casa. Fatti e fumetti
sulla bolla immobiliare (Ediesse). "Volevo un
tasso fisso", racconta Franco, "mi hanno consigliato un tasso misto a
25 anni: i primi 13 variabile, gli ultimi 12 fisso...". Alla fine Franco è
riuscito a rinegoziare il mutuo con la sua banca, ma il debito è stato
allungato fino a 30 anni. Pagherà, grazie all'aiuto dei genitori, 750 euro al
mese fino al 2035. Per il momento, lui è salvo, ma 400.000 famiglie, nella primavera del 2008, rischieranno di perdere la casa. La bolla che esploderà A lanciare l'allarme è l'economista Nino Galloni
che ha raccolto una mole impressionante di dati sulla reale portata
dell'indebitamento degli italiani. Il risultato è illustrato in un libro fresco
di stampa: Il grande mutuo. Le ragioni profonde della prossima crisi
finanziaria (Editori Riuniti). "La situazione è seria", dice Galloni,
"solo a Milano, nei primi mesi del 2007, i pignoramenti delle case sono aumentati del 50 per cento. Siamo in una
situazione simile a quella della grande crisi del 1929". Una crisi che si
annuncia drammatica, non solo perché i tassi d'interesse hanno rialzato la
testa. Secondo una ricerca Aires-Ggil, negli ultimi cinque anni, dal 2002 al
2007, i salari reali hanno registrato un calo del potere d'acquisto di circa
1.210 euro. La rata del mutuo da pagare, uno stato di ansia e depressione e una
vita tutta in salita, ma normale per tante famiglie monoreddito, possono
distruggere una famiglia. Una dura realtà che ha spento la voglia di vivere a
Giuliano Patrioli, 43 anni, operaio specializzato di una fabbrica di Tolentino
(Macerata), trovato impiccato il 17 ottobre a un carro ponte dello stabilimento
in cui lavorava. La moglie, 39 anni, operaia stagionale part-time presso una
ditta di confezioni, rimasta senza lavoro a settembre, ha raccontato sconvolta
ai carabinieri che il marito era molto preoccupato per il mutuo: 50.000 euro,
con rate mensili arrivate fino a 500 euro. Giuliano Patrioli, 43 anni, trovato
impiccato nella fabbrica in cui lavorava (foto Olycom) L'Adusbef lancia
l'allarme suicidi Le cronache purtroppo registrano troppi casi del genere:
"I suicidi legati alla disperazione di chi vede il mondo crollargli
addosso, perché l'abitazione è finita all'asta dopo un paio di rate non pagate,
sono purtroppo una realtà", dice l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente
di Adusbef, che assiste a Lecce molti clienti che hanno avuto la casa
pignorata. A Lecce, fino al 13 novembre 2007, il numero dei pignoramenti è
arrivato a quota 832. In tutto il 2006 erano stati 715. "In questi casi,
la giustizia è stranamente veloce", aggiunge l'avvocato Tanza, "tutta
la procedura di esecuzione immobiliare dura al massimo
un anno. Al debitore si chiede di aprire la porta di casa a tecnici del
Tribunale che fotografano anche gli interni, con le loro povere cose,
pubblicandole su Internet. Tutto grazie alla legge fallimentare del 2004: così
le banche mandano gli immobili all'asta con procedure lampo", accusa
l'avvocato. Un'efficienza che nella crisi della giustizia, con processi che
durano molti anni, stupisce. "Qui i tribunali non c'entrano",
chiarisce l'avvocato, "si tratta di affari, di crediti cartolarizzati che
passano di mano in mano e sono in tanti a guadagnarci a spese del povero
debitore. Il meccanismo è tortuoso, con società legate agli stessi istituti di
credito che lucrano sulla vendita finale dell'immobile. Funziona così: la banca
cede il mutuo non pagato, per esempio 100.000 euro, a una sua società di
recupero del credito per un valore di circa il 20 per cento, ricavandone un
grosso beneficio fiscale. Poi c'è un ulteriore passaggio a un'altra azienda che
cura tutta la vendita, con una pubblicità adeguata soprattutto su Internet, che
offre la casa a prezzo quasi di mercato oppure può chiedere l'assegnazione
degli immobili che sono poi ceduti a una nota società immobiliare
americana". Nulla di illegale, ma il conflitto d'interesse tra banche,
società di recupero crediti e altre che pubblicizzano le aste ha sollevato
un'interrogazione parlamentare di un gruppo di deputati. La risposta formale
delle banche è che le società "incriminate" offrono servizi per
"realizzare i siti dei singoli tribunali in cui pubblicare le aste e
gestire l'informatizzazione on-line dell'iter fallimentare". Una
pubblicità prevista dalla legge e disposta dal giudice per consentire a
chiunque di partecipare all'asta. "Norme che sembrano fatte apposta per
tutelare gli interessi delle banche", aggiunge l'avvocato Tanza, "ma
alle 400.000 famiglie sull'orlo del fallimento chi ci pensa?".
( da "Famiglia Cristiana" del
27-11-2007)
Di Giuseppe Altamore ECONOMIA 400.000 FAMIGLIE
SULL'ORLO DEL FALLIMENTO STROZZATI DAI MUTUI Tutta colpa dei tassi variabili
che dal 2005 hanno ripreso a correre. Così le case finiscono all'asta e le banche... A Franco il mutuo gli
è come esploso in tasca. E questo proprio mentre il suo portafogli si svuotava.
A 35 anni e con un lavoro fisso, dipendente di una delle poche fabbriche di
fresco impiantate nel Sud d'Italia, Franco era un buon acquisto per le banche a
caccia di clienti. Non aveva un patrimonio in partenza, ma poteva vantare un
buon reddito: 1.800 euro al mese, quando riusciva a fare il massimo degli
straordinari. Su questo reddito, una rata di mutuo di 640 euro era considerata
sostenibile. Oltretutto, il momento in cui Franco ha firmato il mutuo
presentava una combinazione di fattori fortunati: tassi bassi, lavoro tanto.
Era il 2005. In pochi mesi, tutte e due le cose sarebbero cambiate, mandando
alle stelle la rata e vicino al baratro il salario. Nella primavera di due anni
dopo, Franco va in cassa integrazione e si trova alle prese con queste cifre:
entrano 860 euro al mese, devono uscirne 940 per il mutuo. Dovrebbe dare alla
banca tutto quello che guadagna, più altri 80 euro. Impossibile. È una delle
tante storie che ormai coinvolgono centinaia di migliaia di italiani sull'orlo
del fallimento per aver contratto un mutuo a tasso variabile, perché
incoraggiati dalla convenienza e dalle pressioni delle banche. A raccontarla
sono la giornalista Roberta Carlini e la fumettista Pat Carra in un libro
appena pubblicato dal titolo inquietante: Le mani sulla casa. Fatti e fumetti
sulla bolla immobiliare (Ediesse). "Volevo un
tasso fisso", racconta Franco, "mi hanno consigliato un tasso misto a
25 anni: i primi 13 variabile, gli ultimi 12 fisso...". Alla fine Franco è
riuscito a rinegoziare il mutuo con la sua banca, ma il debito è stato
allungato fino a 30 anni. Pagherà, grazie all'aiuto dei genitori, 750 euro al
mese fino al 2035. Per il momento, lui è salvo, ma 400.000 famiglie, nella primavera del 2008, rischieranno di perdere la casa. La bolla che esploderà A lanciare l'allarme è l'economista Nino Galloni
che ha raccolto una mole impressionante di dati sulla reale portata
dell'indebitamento degli italiani. Il risultato è illustrato in un libro fresco
di stampa: Il grande mutuo. Le ragioni profonde della prossima crisi
finanziaria (Editori Riuniti). "La situazione è seria", dice Galloni,
"solo a Milano, nei primi mesi del 2007, i pignoramenti delle case sono aumentati del 50 per cento. Siamo in una
situazione simile a quella della grande crisi del 1929". Una crisi che si
annuncia drammatica, non solo perché i tassi d'interesse hanno rialzato la
testa. Secondo una ricerca Aires-Ggil, negli ultimi cinque anni, dal 2002 al
2007, i salari reali hanno registrato un calo del potere d'acquisto di circa
1.210 euro. La rata del mutuo da pagare, uno stato di ansia e depressione e una
vita tutta in salita, ma normale per tante famiglie monoreddito, possono
distruggere una famiglia. Una dura realtà che ha spento la voglia di vivere a
Giuliano Patrioli, 43 anni, operaio specializzato di una fabbrica di Tolentino
(Macerata), trovato impiccato il 17 ottobre a un carro ponte dello stabilimento
in cui lavorava. La moglie, 39 anni, operaia stagionale part-time presso una
ditta di confezioni, rimasta senza lavoro a settembre, ha raccontato sconvolta
ai carabinieri che il marito era molto preoccupato per il mutuo: 50.000 euro,
con rate mensili arrivate fino a 500 euro. Giuliano Patrioli, 43 anni, trovato
impiccato nella fabbrica in cui lavorava (foto Olycom) L'Adusbef lancia
l'allarme suicidi Le cronache purtroppo registrano troppi casi del genere:
"I suicidi legati alla disperazione di chi vede il mondo crollargli
addosso, perché l'abitazione è finita all'asta dopo un paio di rate non pagate,
sono purtroppo una realtà", dice l'avvocato Antonio Tanza, vicepresidente
di Adusbef, che assiste a Lecce molti clienti che hanno avuto la casa
pignorata. A Lecce, fino al 13 novembre 2007, il numero dei pignoramenti è
arrivato a quota 832. In tutto il 2006 erano stati 715. "In questi casi,
la giustizia è stranamente veloce", aggiunge l'avvocato Tanza, "tutta
la procedura di esecuzione immobiliare dura al massimo
un anno. Al debitore si chiede di aprire la porta di casa a tecnici del
Tribunale che fotografano anche gli interni, con le loro povere cose,
pubblicandole su Internet. Tutto grazie alla legge fallimentare del 2004: così
le banche mandano gli immobili all'asta con procedure lampo", accusa
l'avvocato. Un'efficienza che nella crisi della giustizia, con processi che
durano molti anni, stupisce. "Qui i tribunali non c'entrano",
chiarisce l'avvocato, "si tratta di affari, di crediti cartolarizzati che
passano di mano in mano e sono in tanti a guadagnarci a spese del povero
debitore. Il meccanismo è tortuoso, con società legate agli stessi istituti di
credito che lucrano sulla vendita finale dell'immobile. Funziona così: la banca
cede il mutuo non pagato, per esempio 100.000 euro, a una sua società di
recupero del credito per un valore di circa il 20 per cento, ricavandone un
grosso beneficio fiscale. Poi c'è un ulteriore passaggio a un'altra azienda che
cura tutta la vendita, con una pubblicità adeguata soprattutto su Internet, che
offre la casa a prezzo quasi di mercato oppure può chiedere l'assegnazione
degli immobili che sono poi ceduti a una nota società immobiliare
americana". Nulla di illegale, ma il conflitto d'interesse tra banche,
società di recupero crediti e altre che pubblicizzano le aste ha sollevato
un'interrogazione parlamentare di un gruppo di deputati. La risposta formale
delle banche è che le società "incriminate" offrono servizi per
"realizzare i siti dei singoli tribunali in cui pubblicare le aste e
gestire l'informatizzazione on-line dell'iter fallimentare". Una
pubblicità prevista dalla legge e disposta dal giudice per consentire a
chiunque di partecipare all'asta. "Norme che sembrano fatte apposta per
tutelare gli interessi delle banche", aggiunge l'avvocato Tanza, "ma
alle 400.000 famiglie sull'orlo del fallimento chi ci pensa?".
( da "Wall Street Italia" del
27-11-2007)
Di ANSA -
-->(ANSA) - ROMA, 27 NOV - La statistica fa riferimento all' andamento dei prezzi nel terzo trimestre e riflette le conseguenze legate
al dissesto del credito immobiliare a più alto
rischio, il subprime. Nel trimestre precedente si era avuta una discesa dei prezzi nell' ordine del 3,3%. L' andamento dei prezzi delle abitazioni nei 20 maggiori centri urbani ha
segnato inoltre su base 12 mesi una flessione del 4,9%, anche in questo caso la
maggiore da quando l' indicatore è stato creato. Il dato supera le previsioni
degli analisti che puntavano su un ribasso del 4,8%. Su base mensile, a
settembre rispetto ad agosto i prezzi sempre nei
maggiori centri sono scesi dello 0,9% contro -0,7% del mese prima. In base alle
previsioni formulate oggi da alcuni esperti la flessione nei prezzi
delle case l' anno prossimo dovrebbe comportare un abbassamento del
valore degli immobili pari a 1,2 trilioni di dollari (il trilione equivale a
mille miliardi), mentre le entrate fiscali legate al comparto diminuirebbero di
oltre 6,6 miliardi di dollari. (ANSA).
( da "Wall Street Italia" del
27-11-2007)
Mutui: prezzi case Usa -4,5%, ribasso-record di
ANSA Si tratta del maggiore calo delle quotazioni in assoluto -->(ANSA) -
ROMA, 27 NOV - I prezzi delle case negli Usa hanno
registrato una contrazione del 4,5% secondo l' indice S&P/Case-Shiller. Si
tratta del maggiore calo delle quotazioni in assoluto. La statistica fa
riferimento all' andamento dei prezzi nel terzo
trimestre e riflette le conseguenze legate al dissesto del credito immobiliare a piu' alto rischio, il subprime. Nel trimestre
precedente si era avuta una discesa dei prezzi
nell'ordine del 3,3%.
( da "Borsa(La Repubblica.it)" del
27-11-2007)
(AGI) - New York, 27
nov. - I prezzi delle case esistenti negli Stati Uniti
hanno registrato un calo record del 4,5% su base annua, nel terzo trimestre.
L'indice nazionale sui prezzi delle case
mono-familiari elaborato da S&P/Case-Shiller e' sceso dell'1,7% da giugno,
il calo piu' consistente nella storia della rilevazione. Su base mensile
l'indicatore relativo alle dieci principali aree metropolitane ha segnato uan
flessione dello 0,9%. In caduta anche l'indice relativo alle prime venti aree
urbane che ha registrato su base mensile un calo dello 0,9% a 195,62 a
settembre e su base annua una flessione del 4,9%. Il dato riflette le
conseguenze della crisi immobiliare innescata dai
mutui subprime. 27/11/2007 - 15:47.
( da "Denaro, Il" del 28-11-2007)
Mondo stati uniti Ribasso-record nei mutui: prezzi case a 4,5 per cento I prezzi delle case negli Usa hanno
registrato una contrazione del 4,5 per cento secondo l'indice
S&P/Case-Shiller. Si tratta del maggiore calo delle quotazioni in assoluto.
La statistica fa riferimento all' andamento dei prezzi
nel terzo trimestre e riflette le conseguenze legate al dissesto del credito immobiliare a più alto rischio, il subprime. Nel trimestre
precedente si era avuta una discesa dei prezzi
nell'ordine del 3,3 per cento. L'andamento dei prezzi
delle abitazioni nei 20 maggiori centri urbani ha segnato inoltre su base 12
mesi una flessione del 4,9 per cento, anche in questo caso la maggiore da
quando l' indicatore è stato creato. Il dato supera le previsioni degli analisti
che puntavano su un ribasso del 4,8 per cento. Su base mensile, a settembre
rispetto ad agosto i prezzi sempre nei maggiori centri
sono scesi dello 0,9 per cento contro -0,7 per cento del mese prima. In base
alle previsioni formulate oggi da alcuni esperti la flessione nei prezzi delle case l'anno prossimo dovrebbe comportare un
abbassamento del valore degli immobili pari a 1,2 trilioni di dollari (il
trilione equivale a mille miliardi), mentre le entrate fiscali legate al
comparto diminuirebbero di oltre 6,6 miliardi di dollari. 28-11-2007.
( da "Stampa, La" del 29-11-2007)
L'INDAGINE SULL'ANDAMENTO DEL SETTORE IMMOBILIARE NEL
2007. COMPRAVENDITE IN CALO CON PUNTE DEL 10% NELLE GRANDI CITTÀ domande a Si
allungano i tempi: per concludere una vendita servono cinque mesi Il mattone
frena: si compra meno Dario Castiglia Remax Italia "Nessun crollo
L'alternativa della Borsa fa paura" [FIRMA]AGNESE VIGNA TORINO Solo a
Firenze si registra una lieve flessione dei prezzi
(-0,5%), mentre nei principali capoluoghi italiani del centro nord i prezzi delle case sono in linea con l'inflazione: +1,4 a
Milano, +1,9 a Torino, +2 a Venezia. Roma ha fatto leggermente meglio, con un
+3,3%. Continuano invece a correre le città del sud, Bari in testa (+4%),
seguita da Palermo, Cagliari, Catania: i valori degli immobili sono saliti meno
in passato e i segnali di rallentamento arrivano con uno sfasamento di circa
6-8 mesi rispetto ai capoluoghi del nord. I dati emergono dal Rapporto sul
mercato immobiliare di Nomisma presentato ieri a
Bologna. Dal punto di vista dei valori il settore immobiliare sembra proseguire la discesa inaugura nel 2004. Tuttavia,
secondo l'istituto si avvicina più "un atterraggio morbido che non allo
scoppio di una bolla speculativa". In ogni caso la crisi di natura finanziaria e
il conseguente razionamento del credito, associate al rallentamento
macroeconomico in atto, hanno costretto, dopo 9 anni di crescita
ininterrotta, il mercato immobiliare a ripiegare:
"Si tratta di una flessione al momento limitata ai volumi delle
compravendite nelle principali città che, tuttavia, minaccia di estendersi
anche alle quotazioni, se dovesse perdurare la debolezza della domanda".
Brutte notizie per quanto riguarda i tempi di vendita, che superano ormai i 5
mesi per le abitazioni usate e per lo sconto praticato in sede di trattativa,
che si attesta sull'11,6%. Le transazioni? "Il 2007 si chiuderà con una
flessione dell'ordine del 3,3%, con punte superiori al 10% nei grandi centri
urbani - ha detto il presidente di Nomisma, Gualtiero Tamburini - . E i mercati
di punta anticipano la tendenza. È la prima volta che i volumi mostrano un
rallentamento così marcato, a Milano e Roma si sfiora una riduzione del
15%". Insomma: attesa e prudenza, e infatti il numero di mutui è sceso del
3% nella prima parte dell'anno. Il 75% di quelli erogati nel secondo semestre è
a tasso fisso e circa la metà ha una durata sopra ai 20 anni. Per le famiglie,
d'altra parte, pagare i mutui sembra sempre più difficile: il tasso di
sofferenza è passato dall'1,5% del dicembre 2006 all'1,8% del giugno 2007. Gli
affitti? Insostenibili. L'andamento del mercato è analogo a quello dei prezzi, ma la situazione risulta di evidente difficoltà
confrontando i livelli di mercato con le reali possibilità delle famiglie.
"C'è uno scollamento medio del 40% con punte addirittura del 110% a Roma,
del 92,8% a Milano, del 60% a Firenze e del 24% a Torino", spiega il
ricercatore Luca Dondi. Così "chi vive in una casa di proprietà e vorrebbe
spostarsi, magari in affitto non può farlo, e questo fa sì che il mercato delle
locazioni sia ingessato, fermo e con piccoli volumi". L'unica nota
positiva arriva dal boom di investitori istituzionali esteri che nel 2007 hanno
fatto registrare investimenti record. Uffici, blocchi direzionali, grandi
centri commerciali piacciono ai grandi operatori, ai fondi di investimento
americani ed europei, alle grosse società. Dario Castiglia, come operatore di
mercato si riconosce nel rapporto di Nomisma? "Sì. Ma quelle che sfumano
sono solo le aspettative eccessive: se uno ha comprato 2 o 3 anni fa e adesso
già crede di vendere guadagnando, scopre che non può. Però non ci
rimette". Questo per la fotografia del presente. Ma sulle previsioni? "Non
prevedo un crollo dei prezzi come ci fu all'inizio
degli Anni 80 e 90, perché allora la Borsa era un'alternativa mentre adesso fa
paura. Se uno disinveste nel mattone, poi dove mette i soldi?". La crisi
dei mutui inciderà? "Solo se il mercato sarà inflazionato dalle case di chi non riesce più a pagare le rate. Finora questo
non è successo". \ 3.
( da "Finanza e Mercati" del
29-11-2007)
Da Finanza&Mercati del 29-11-2007 Volano i
consumi on line negli Usa. Il 26 novembre
(ribattezzato da qualche anno Cyber Monday), primo lunedì dopo il giorno del
ringraziamento che dà il via alla campagna acquisti natalizia, i siti internet
degli Stati Uniti hanno registrato un incremento di vendite del 21% rispetto
all'anno precedente. In un solo giorno sono stati venduti prodotti per 733
milioni di dollari. A testimoniarlo è una società di ricerca di mercato, la
ComScore, che ha preso in considerazione i siti di vendita delle catene della
grossa distribuzione, come ad esempio Walmart.com, BestBuy e Circuit City
Stores. Il termometro dell'economia a stelle e strisce, e quindi di quella
mondiale, passa attraverso gli acquisti natalizi, che
quest'anno sono in rialzo nonostante l'aumento dei prezzi del
petrolio e lo sboom della bolla immobiliare. Il periodo
prenatalizio è fondamentale per l'economia Usa: le società statunitensi
registrano il 20% del loro fatturato nelle quattro settimane di fine anno, dal
Black Friday alla vigilia di Natale. E in questi giorni si concentrano
le maggiori offerte per i consumatori. Quest'anno la "coda" tra le
casse virtuali si è creata per acquistare principalmente televisori dell'ultima
generazione e prodotti in pelle. Prodotti che, durante la campagna promozionale
prima degli acquisti hanno registrato i maggiori sconti. Seconde le prime stime
fatte dall'International Council of Shopping Centers, inoltre, pare che le
vendite del primo weekend dopo il giorno del Ringraziamento, nei negozi al
dettaglio, siano aumentate del 2,4%, la più piccola variazione dal 2004.
ComScore prevede invece che via Internet verranno venduti tra novembre e
dicembre articoli per 29,5 miliardi. L'anno scorso il giorno di picco delle
vendite sul web fu il 13 dicembre (con 667 milioni). I gestori di siti Usa
della grossa distribuzione già incrociano le dita.
( da "Italia Oggi" del 29-11-2007)
ItaliaOggi ItaliaOggi
- Edilizia e Territorio Numero 283, pag. 13
del 29/11/2007 Autore: di Carlo Russo Visualizza la pagina in PDF
Il rapporto dell'Osservatorio Nomisma delinea un
mercato in sofferenza dopo 10 anni di exploit Immobili, compravendite in calo
Tamburini: la stabilità dei prezzi continuerà pure nel 2008
Diminuiscono le compravendite, -9,7%, nelle 13 principali città italiane, e di
conseguenza vi è una stagnazione dei prezzi, -2%
nell'ultimo semestre. La crisi dei mutui negli Stati Uniti si sta
facendo sentire anche in Italia. Il mercato immobiliare
è in sofferenza dopo una decina d'anni di ininterrotto exploit, ma il costo di
una casa rimane alto: in media 8.255 euro a metro quadrato in centro a Milano e
7.964 a Roma, secondo il rapporto di fine anno dell'Osservatorio immobiliare di Nomisma. Quanto ai mutui, gli italiani sono
indebitati, per l'acquisto della casa, per 405,6 miliardi di euro. La riduzione
tendenziale del numero di mutui erogati è del 3%. "L'analisi in serie
storica dei tassi di insolvenza", sostiene il rapporto, "mostra che
l'indice si è mantenuto stazionario dal 2002 al 2004 (1,7%), per poi scendere
all'1,5% a dicembre 2006, momento in cui si è iniziata a rilevare un'inversione
di tendenza che lo ha riportato su valori lievemente superiori a quelli
dell'inizio decennio (1,8%). Ma l'incremento dell'indice, per quanto
significativo e di notevole interesse, non dovrebbe ancora destare
preoccupazioni sulla reale capacità delle famiglie di far fronte agli impegni
finanziari presi tanto più se si considera che il tasso attuale di sofferenza
si colloca non lontano dai livelli del periodo 2002-2004". Il tasso di
sofferenza dei mutui passa dall'1,5% del dicembre 2006 all'1,8% a giugno 2007.
Il 75% dei mutui che vengono ora erogati è a tasso fisso e la metà ha una
durata superiore ai 20 anni. Da rilevare che per la prima volta negli ultimi
dieci anni anche i mutui per l'acquisto di immobili d'impresa sono contratti in
prevalenza a tasso fisso. Un altro indice della pesantezza del mercato è il
tempo di vendita, che ora arriva a cinque mesi, mentre lo sconto all'atto della
vendita è in aumento e si colloca all'11,6%. Il censimento del prezzo delle
abitazioni realizzato da Nomisma pone al secondo posto, dopo Milano, Venezia,
con 8.189 euro a metro quadrato. Seguono, dopo Roma: Firenze (5.961 euro a
metro quadrato), Bologna (5.240), Napoli (4.933), Padova (4.318), Torino (4.140),
Genova (4.071), Bari (3.550), Catania (3.089), Cagliari (2.943), Palermo
(2.770). Se i prezzi segnano il passo (pur rimanendo
sostenuti) non dovrebbero però verificarsi clamorosi tonfi. "Nessuna bolla immobiliare", conclude il rapporto, "pur in
un contesto divenuto difficile e non tanto per fenomenologie di matrice immobiliare quanto piuttosto per l'operare di meccanismi di
diversa origine. Basti pensare alla caduta verticale dei titoli delle società
immobiliari italiane registratasi a partire dalla crisi dei subprime americani.
Poiché non vi sono relazioni tra le sofferenze degli acquirenti di case in Usa e i fondamentali delle quotazioni italiane,
incluso il costo dell'indebitamento e la sua stessa disponibilità, è chiaro che
il contagio è esclusivamente di tipo psicologico. Si prenda ad esempio una
società come Igd, una property company pura, con investimenti esclusivi in
centri commerciali locati a terzi e, quindi, con un profilo di redditività
“garantito”. Ebbene, una caduta vicina al 50% del corso, a redditività
invariata, è inspiegabile se non ricorrendo alla psicologia". "Forse
più per effetto mediatico che per una situazione reale, poiché gli italiani non
sono così indebitati come gli americani, l'onda lunga della crisi americana si
sta facendo sentire anche in Europa e in Italia", sottolinea Gualtiero
Tamburini, presidente di Nomisma e coordinatore del comitato scientifico.
"Pure nel 2008 prevediamo continuerà la stabilità dei prezzi,
attorno a +2 e +3%". "Gli italiani", aggiunge Tamburini,
"hanno mutui per la casa per un valore di 405,6 miliardi di euro, ma non
vi sono problemi particolari di insolvenza, anche se chi ha contratto mutui a
tasso variabile risente dell'aumento dei tassi, però è prevedibile una
stabilità se non un calo dei tassi nel futuro e quindi non vi sarà aggravamento
di queste situazioni". Nomisma ha effettuato anche una ricerca sul
bisogno-casa degli italiani. "Sono 3,6 milioni le famiglie in difficoltà
per il caro-casa", aggiunge Tamburini. "Il canone d'affitto si mangia
dal 40 al 75% del salario. In città come Roma e Milano calcoliamo che il canone
medio d'affitto supera la metà di quanto chi chiede una locazione è in grado di
spendere. In Italia c'è una domanda di almeno 1 milione di case
in affitto che non è soddisfatta e questo crea problemi alla mobilità e
rappresenta anche un freno allo sviluppo economico del paese". Ma come mai
i prezzi non diminuiscono? "I prezzi
degli immobili", spiega ancora Tamburini, "sono cresciuti in Italia
meno che nella maggior parte degli altri paesi europei ed è questo un fattore
importante di cui tenere conto nel valutare la tenuta delle quotazioni, pur in
presenza di un mercato diventato difficile".
( da "Mattino di Padova, Il" del
29-11-2007)
Primo Piano Prezzi delle case in frenata ma il mercato non teme il crack PADOVA. Frena
il mercato immobiliare padovano. Lo ribadisce Nomisma, che
ieri ha presentato il terzo rapporto 2007 ricavato dall'Osservatorio sul
mercato immobiliare. Nella città del Santo la domanda è
debole, l'offerta è stabile con tendenza alla diminuzione, ad eccezione del
mercato della locazione, e i contratti stipulati risultano in calo rispetto ai
sei mesi precedenti. I prezzi di
compravendita, anche se non in maniera vistosa, tendono ad aumentare, così come
i canoni di locazione che, dopo aver fatto registrare un azzeramento della
crescita, riprendono a salire. I rendimenti medi da locazione, interrompono il
trend negativo iniziato già da qualche anno e si mantengono in genere sui
livelli raggiunti sei mesi fa, anche se il mercato di Padova garantisce da
sempre rendimenti mediamente più alti rispetto a quelli conseguiti nei maggiori
mercati italiani. In parziale disaccordo rispetto a quanto aveva dichiarato nei
giorni scorsi la Federazione Italiana dei mediatori e agenti d'affari (Fimaa)
attraverso il suo tesoriere Silvia Dell'Uomo, secondo Nomisma i prezzi sono tutt'altro che scontati. "Essendo il mercato
bloccato - aveva detto la rappresentante - chi ha necessità di vendere è
disposto ad abbassare il prezzo, arrivando a scontare gli immobili anche fino
al 20%, una cosa impensabile fino a qualche tempo fa. Questa circostanza
riguarda soprattutto le aree più disagiate". Diversamente, a Nomisma
risulta che una caratteristica del mercato patavino sia la modesta percentuale
di sconto praticato. Nonostante per alcuni settori risulti in aumento, questa
cifra è sempre più bassa rispetto a tutte le altre grandi aree urbane
monitorate dalla società. Questo, insieme all'allungamento dei tempi di vendita
e di locazione, testimonia una rigidità dell'offerta da parte di chi non è
disposto a svalutare il proprio immobile pur di venderlo. In prospettiva, per i
prossimi sei mesi dell'anno, gli operatori prevedono una certa stabilità del
mercato. (Cristina Chinello).
( da "Wall Street Italia" del
29-11-2007)
Gb: prezzi case -0,8% a novembre, calo maggiore da 1995 di ANSA Campanello d'allarme dopo un decennio di boom immobiliare -->(ANSA) - ROMA, 29 NOV - I prezzi delle case nel Regno Unito a novembre sono calati
dello 0,8% su base mensile, maggiore flessione dal giugno 1995. Il dato fa
suonare un campanello d'allarme dopo un decennio di boom immobiliare.
Lo rileva la Nationwide Building Society, secondo quanto riferisce Bloomberg. I
prezzi sono scesi a una media di 184.099 sterline,
segnando invece un aumento rispetto a novembre del 2006 del 6,9%, in
rallentamento rispetto alla crescita tendenziale segnata a ottobre (+9,7%).
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del
29-11-2007)
L'Italia non imita gli Usa: non caleranno i prezzi delle case di Enrico Bronzo
commenti - | | 28 novembre 2007 DOCUMENTI Rapporto Nomisma, versione completa
Rapporto Nomisma, versione sintetica Nel 2008 i prezzi
delle abitazioni aumenteranno dal 3,8 al 6%. Questo il dato più atteso del
Terzo rapporto 2007 sulla congiuntura immobiliare in
Italia secondo i due modelli previsionali utilizzati dalla società di ricerca
Nomisma. Un incremento che, abbinato ai pareri negativi degli operatori, scende
al 2,5-3 per cento. Il rapporto mette anche in evidenza che il mattone perde
appeal: la percentuale di famiglie disposte a investire in immobili è scesa dal
70 al 50%. La bolla non scoppierà. Tuttavia non è
atteso un calo delle quotazioni, come accade oltreoceano. Per il 2009 la stima
del modello previsionale più ottimistica si assesta su una crescita dei prezzi del 3,7 per cento. Diverso invece il parere degli
operatori immobiliari intervistati da Nomisma di cui solo il 5% prevede aumenti
dei prezzi nel 2008 mentre il 47% li vede in calo e il
restante 48% stabili. Percentuali simili si registrano anche per le previsioni
sul numero delle compravendite: per la metà degli operatori nel 2008
diminuiranno. Nomisma conferma anche che non ci sarà alcuno
scoppio della bolla
immobiliare, se non altro perché in Italia i prezzi sono saliti meno che altrove: negli ultimi 10 anni del 92%
contro il 175% degli Stati Uniti, il 205% della Gran Bretagna, il 251%
dell'Irlanda e il 369% del Sud Africa. Nelle 13 principali città italiane nel
secondo semestre del 2007 la previsione è di una crescita dei prezzi del 2% nominale e dell'1,1% su base reale. Frenata sui
mutui. Il rapporto Nomisma conferma anche la frenata dei mutui sottoscritti.
Dopo il 3,4% fatto segnare nel 2° semestre 2006 (con 251.500 mutui sottoscritti
nel semestre) si è passati al 3% del primo semestre 2007, con 244mila contratti
sottoscritti. Le percentuali di acquisti di abitazioni finanziate da mutuo
negli ultimi cinque anni sono invece costanti intorno al 60 per cento.
Nonostante diminuisca il numero dei mutui l'ammontare dell'erogato aumenta
dell'1,2 su base annua: nel periodo luglio 2006 giugno 2007 sono stati erogati
79,7 miliardi di euro per l'acquisto di immobili. I mutui per gli investimenti
in costruzioni invece corrono a gonfie vele: +13,2% su base annua superando
quota 50 miliardi di euro di valore del finanziamento. L'identikit del
finanziamento: tasso fisso al 75%. Le abitazioni acquistate nel secondo
semestre 2007 hanno un valore medio di 250mila euro per un importo medio
finanziato di 136mila. La metà dei finanziamenti erogati ha una durata
superiore ai 20 anni. La durata media dei finanziamenti è di 22,6 anni, in
aumento dell'1,6% rispetto al semestre precedente. Il tasso di sofferenza dei
mutui in essere passa dall'1,5 per cento di dicembre 2006 all'1,8% del giugno
2007. Chi ricorre all'indebitamento, probabilmente anche allertato dalle notizie
sulla recente crisi finanziaria negli Usa, opta sempre di più per i mutui a
tasso fisso: il dato riguarda il 75% dei mutui erogati nel secondo semestre del
2007. Per la prima volta negli ultimi dieci anni - spiegano da Nomisma - anche
i mutui per l'acquisto di immobili d'impresa sono in prevalenza contratti a
tasso fisso. "E' un dato di fatto che gli spread sono aumentati, e sebbene
i tassi di riferimento delle banche centrali non siano aumentati, il danaro è
divenuto più caro per compensare il maggior rischio percepito - spiegano
dall'Istituto di ricerca - L'effetto della crisi subprime anglo-americana ha
posto sotto i riflettori e accelerato una tendenza al rallentamento della
crescita dei mercati immobiliari che era in atto da prima che la crisi stessa
si manifestasse".
( da "Denaro, Il" del 29-11-2007)
Italia mercato immobiliare Si fermano i prezzi
delle case, mutui più cari Un aumento del 2 per cento che, in termini
reali, si riduce all'un per cento. Per il mercato immobiliare, sottolinea Nomisma, il tasso di crescita dei prezzi registrato nel secondo semestre del 2007 rispetto al
semestre precedente è il più basso dalla fine del '98, "ovvero dall'inizio
di un ciclo che, con tutta probabilità, è arrivato al termine dopo circa nove
anni". Su base annua i prezzi tuttavia ancora
tengono: la previsione per l'intero 2007 è di un aumento del 5,1 per cento. A
favorire una tendenza alla decelerazione già in atto da qualche tempo
soprattutto la crisi dei mutui Usa subprime (ad alto rischio), che si
ripercuote sui tassi d'interesse, arrivati a novembre, secondo la rilevazione
Abi, al 5,71 per cento, il livello più alto degli ultimi cinque anni. E questo
nonostante i rialzi della Bce si siano fermati a giugno. "E' un dato di
fatto - rileva Nomisma - che gli spread sono aumentati e, sebbene i tassi di
riferimento delle Banche centrali non siano aumentati, il denaro è divenuto più
caro per compensare il maggior rischio percepito. L'effetto della crisi ha accelerato
una tendenza al rallentamento della crescita dei mercati immobiliari".
29-11-2007.
( da "Mattino, Il (Benevento)" del
29-11-2007)
EMANUELE
IMPERIALI I prezzi delle case tengono, ma il
numero delle compravendite diminuisce. E ancor più calerà l'anno prossimo
restando al di sotto della soglia di 800mila case. Il Rapporto
Nomisma sul mercato immobiliare a fine 2007
fotografa le difficoltà e le ansie di un settore, quello della casa, sul quale
soffiano venti impetuosi di crisi: innanzitutto per i gravi problemi di
liquidità connessi ai mutui subprime, la cui bolla è esplosa negli
Stati Uniti e sta avendo conseguenze devastanti in tutto il mondo. Ma anche per
l'aumento del costo del denaro in Europa che si riflette su tassi di interesse
sempre più onerosi, ormai attestati al 5,71% a novembre: per cui quanti, e sono
tantissimi, hanno stipulato mutui a tasso variabile si vendono costretti a fare
i conti con rate sempre più elevate da dover restituire alle banche. Eppure,
nonostante questi incrementi del costo del denaro voluti dalla BCE mentre in
America continua a diminuire, l'ammontare dei prestiti immobiliari in Italia
cresce anche negli ultimi mesi: a metà dell'anno in corso aveva superato i 400
miliardi, segnando un consistente +11,4% rispetto allo stesso periodo del 2006.
Ma come si presenta l'andamento territoriale del mercato? I valori più elevati
continuano a essere quelli di una città molto particolare come Venezia, dove
variano da un minimo di 2.800 euro a metro quadro per abitazioni usate in
periferia a un massimo che sfiora gli 8200 euro per le case in centro. A Milano sono anche molto elevati, con punte
che superano perfino in qualche caso gli 8200 euro. A Roma il "range"
varia tra poco meno di 2000 euro in periferia e poco meno di 8000 in centro. A
Napoli i parametri sono, invece, più nella norma: il minimo sono 1.220 euro per
una casa usata in periferia, il massimo circa 5000 euro per un'abitazione in
centro. L'aspetto molto interessante del Terzo Rapporto Nomisma sta nell'aver
fatto un focus specifico sul mercato degli affitti. È vero che attualmente in
Italia l'80% delle famiglie vive in una casa di proprietà, ma per quel 20% che non
ha questa fortuna le difficoltà sono notevoli. E la domanda di locazione resta
comunque molto consistente da parte degli studenti e di quei lavoratori
costretti a vivere fuori casa. Per di più chi vive in affitto, e ciò accade
soprattutto nei grandi centri urbani, è di solito chi ha un reddito inadeguato
a poter anche ipotizzare l'acquisto di una casa, sia pure a rate. Nomisma
quantifica gli italiani in affitto in 4 milioni e 300mila. Esemplare è il caso
di Napoli: per 80 mq l'affitto mensile sostenibile da una persona sarebbe di
633 euro, mentre il canone di mercato è di 832 euro. Quasi il 32% in più.
( da "Opinione, L'" del 30-11-2007)
Oggi è Ven, 30 Nov 2007 Edizione 262 del 30-11-2007
Due studi fotografano la situazione del mercato immobiliare
della Penisola Le abitazioni l'anno prossimo costeranno un po' meno di Alessandra Mieli Due ricerche in questi giorni hanno
fotografato la situazione del mercato immobiliare in
Italia. Seppure con alcune divergenze sui numeri, sia quella di Eurispes, sia
quella di Nomisma, concordano nell'affermare che siamo di fronte a un
raffreddamento sensibile del mercato. E tutte e due sono d'accordo nel
prevedere che nel 2008 i prezzi sono destinati a calare
ulteriormente. Il che non significa uno "sgonfiamento" di quella che
taluni hanno definito come "bolla" immobiliare, quanto piuttosto che l'offerta ha soddisfatto
in gran parte la domanda e dunque i prezzi tendono a
una maggiore stabilità. Inoltre i tempi medi vendita si sono dilatati e oggi
sono arrivati a superare i 5 mesi per le abitazioni usate, mentre lo sconto
praticato nel corso della trattazione si è attestato all'11,6% e i prezzi sono cresciuti "solo" si fa per dire i prezzi che crescono del 6,9% nei capoluoghi (rispetto al
25,6% del 2004) e del 6,4 % negli altri comuni. Dopo il trend di continuo
aumento degli ultimi 9 anni, il 2007 si chiuderà quindi con una riduzione del
numero delle transazioni stimabile intorno al 3,3%, ma con punte addirittura
superiori al 10% nelle grandi città. Per quanto riguarda i prezzi,
secondo Nomisma "si è registrato un rallentamento della crescita, con un
aumento che si attesta al 2% su base semestrale e al 5,1% sull'intero
2007", mentre per Eurispes l'incremento sarebbe ancora minore "fra lo
0,7% e lo 0,9% quest'anno, e potrebbe iniziare a scendere dal 2008. Il calo
potrebbe oscillare fra l'uno e il tre per cento a livello nazionale". Ma
l'edilizia appare ancora un segmento dell'industria piuttosto vivace il cui
fatturato quest'anno supererà i 180 miliardi di euro segnando un +5% sull'anno
precedente. Il volume d'affari del settore costruzioni (la cui incidenza sul
Pil, nel 2006, si è attestata al 9,9%) nel primo semestre di quest'anno ha dato
lavoro a 1.948.000 persone pari al 27,9% degli occupati dell'industria e
all'8,4% di tutti i settori economici. Secondo l'Eurispes la corsa dei prezzi delle case in Italia si spiega alla luce
dell'andamento demografico: aumentano i nuclei residenti ma diminuisce la loro
dimensione media mentre l'incidenza degli immigrati è passata dal 2,7% del 2002
al 4,5% del 2005. Sul fronte degli affitti, tema al quale Nomisma ha dedicato
particolare attenzione si scopre che "Ad oggi i proprietari di casa sono
circa l'80% degli italiani, tuttavia resta una domanda di locazione molto
forte, soprattutto per motivi di studio e di lavoro" chi cerca oggi una
casa in affitto "è chi non ha potuto comprarla, quindi parliamo delle
fasce di reddito più basse". Attualmente, infatti, si può stimare che gli italiani
in affitto siano 4,3 milioni, a fronte dei 7 milioni di 30 anni fa. Acquistare
una casa, insomma, resta il principale obiettivo delle famiglie che detengono
il 91,7% degli immobili presenti in Italia. Il comparto delle locazioni
registra comunque un trend di stabilità del numero di contratti stipulati, con
tassi di crescita delle quotazioni soprattutto per le aree urbane di maggiori
dimensioni e in particolare per le zone centrali e di pregio. Guardando il
mercato della casa nei maggiori capoluoghi italiani, dai dati Eurispes, si
evince che Genova ha chiuso il 2007, in un quadro di sostanziale stabilità dei prezzi, registrando un arretramento dei volumi scambiati
mentre a Milano si registra una stabilizzazione dei valori dei prezzi e dei volumi delle compravendite con una lieve
contrazione nel secondo semestre. A Torino, nelle zone centrali, gli immobili
di maggior pregio hanno subito variazioni rispetto al passato su base annua
nell'ordine del -1% ma la domanda è sostenuta nelle aree che vanno oltre il
semicentro, con una propensione per i migliori edifici della periferia, a
Venezia, invece, i prezzi delle case restano stabili
mentre crescono quelli degli affitti. Scendendo lo Stivale, dal rapporto
Eurispes emerge che a Bologna, dopo una corsa inarrestabile che aveva portato i
prezzi delle abitazioni a salire fino al 65% negli
ultimi nove anni, nel 2007 il mercato immobiliare si trova a fare i conti
con un raffreddamento dei prezzi e con un considerevole
allungamento dei tempi della vendita (6,2 mesi circa). Stessa cosa per Firenze
dove diminuiscono la domanda, il livello dei prezzi e i volumi
complessivi delle compravendite mentre scendendo a Sud, Bari è l'unica grande
città che ha registrato in almeno tre zone urbane segnali di tenuta del
mercato. A Napoli ? conclude l'Eurispes - i prezzi
hanno fatto registrare una sostanziale conferma dei valori del 2006 sebbene in
lieve decremento tra lo 0,5% e l'1,5%, per quanto riguarda le Isole, invece, il
mercato di Cagliari segna incrementi del 2-3% in particolar modo per le zone di
maggior pregio e per le zone del centro, Palermo si contraddistingue per i
rialzi nella compravendita delle abitazioni, in particolare nelle zone
centrali, e per i negozi in locazione.
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del
30-11-2007)
Di Enrico Bronzo
commenti - | | 28 novembre 2007 DOCUMENTI Rapporto Nomisma, versione completa
Rapporto Nomisma, versione sintetica Nel 2008 i prezzi
delle abitazioni aumenteranno dal 3,8 al 6%. Questo il dato più atteso del
Terzo rapporto 2007 sulla congiuntura immobiliare in
Italia secondo i due modelli previsionali utilizzati dalla società di ricerca
Nomisma. Un incremento che, abbinato ai pareri negativi degli operatori, scende
al 2,5-3 per cento. Il rapporto mette anche in evidenza che il mattone perde
appeal: la percentuale di famiglie disposte a investire in immobili è scesa dal
70 al 50%. La bolla non scoppierà. Tuttavia non è
atteso un calo delle quotazioni, come accade oltreoceano. Per il 2009 la stima
del modello previsionale più ottimistica si assesta su una crescita dei prezzi del 3,7 per cento. Diverso invece il parere degli
operatori immobiliari intervistati da Nomisma di cui solo il 5% prevede aumenti
dei prezzi nel 2008 mentre il 47% li vede in calo e il
restante 48% stabili. Percentuali simili si registrano anche per le previsioni
sul numero delle compravendite: per la metà degli operatori nel 2008
diminuiranno. Nomisma conferma anche che non ci sarà alcuno
scoppio della bolla
immobiliare, se non altro perché in Italia i prezzi sono saliti meno che altrove: negli ultimi 10 anni del 92%
contro il 175% degli Stati Uniti, il 205% della Gran Bretagna, il 251%
dell'Irlanda e il 369% del Sud Africa. Nelle 13 principali città italiane nel
secondo semestre del 2007 la previsione è di una crescita dei prezzi del 2% nominale e dell'1,1% su base reale. Frenata sui
mutui. Il rapporto Nomisma conferma anche la frenata dei mutui sottoscritti.
Dopo il 3,4% fatto segnare nel 2° semestre 2006 (con 251.500 mutui sottoscritti
nel semestre) si è passati al 3% del primo semestre 2007, con 244mila contratti
sottoscritti. Le percentuali di acquisti di abitazioni finanziate da mutuo
negli ultimi cinque anni sono invece costanti intorno al 60 per cento.
Nonostante diminuisca il numero dei mutui l'ammontare dell'erogato aumenta
dell'1,2 su base annua: nel periodo luglio 2006 giugno 2007 sono stati erogati
79,7 miliardi di euro per l'acquisto di immobili. I mutui per gli investimenti
in costruzioni invece corrono a gonfie vele: +13,2% su base annua superando
quota 50 miliardi di euro di valore del finanziamento. L'identikit del
finanziamento: tasso fisso al 75%. Le abitazioni acquistate nel secondo
semestre 2007 hanno un valore medio di 250mila euro per un importo medio
finanziato di 136mila. La metà dei finanziamenti erogati ha una durata
superiore ai 20 anni. La durata media dei finanziamenti è di 22,6 anni, in
aumento dell'1,6% rispetto al semestre precedente. Il tasso di sofferenza dei
mutui in essere passa dall'1,5 per cento di dicembre 2006 all'1,8% del giugno
2007. Chi ricorre all'indebitamento, probabilmente anche allertato dalle
notizie sulla recente crisi finanziaria negli Usa, opta sempre di più per i
mutui a tasso fisso: il dato riguarda il 75% dei mutui erogati nel secondo
semestre del 2007. Per la prima volta negli ultimi dieci anni - spiegano da
Nomisma - anche i mutui per l'acquisto di immobili d'impresa sono in prevalenza
contratti a tasso fisso. "E' un dato di fatto che gli spread sono
aumentati, e sebbene i tassi di riferimento delle banche centrali non siano
aumentati, il danaro è divenuto più caro per compensare il maggior rischio
percepito - spiegano dall'Istituto di ricerca - L'effetto della crisi subprime
anglo-americana ha posto sotto i riflettori e accelerato una tendenza al
rallentamento della crescita dei mercati immobiliari che era in atto da prima
che la crisi stessa si manifestasse".
( da "Sole 24 Ore, Il" del 01-12-2007)
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2007-12-01 - pag: 4 autore: Gli economisti. Come si
cavalca il mercato Minidollaro, mutui e credit crunch: minacce da gestire
Orazio Carabini VENEZIA. Dal nostro inviato "Noi imprenditori dobbiamo
adattarci al mercato, non dobbiamo sforzarci di piegarlo alle nostre
esigenze". Martin Broughton è presidente della British Airways e della
Cbi, la Confindustria inglese. Si dissocia dalla presa di posizione dei suoi
colleghi di Eurolandia che in un documento di Business Europe, la loro
federazione, hanno espresso preoccupazione per il rafforzamento dell'euro sul
dollaro e per gli effetti sulla competitività delle imprese europee. Capita
anche questo alla Winter University, la scuola di formazione della
Confindustria dedicata a "Eccellenza e globalizzazione": un
imprenditore che esprime una linea diversa. è vero che Broughton è inglese e
che gli inglesi, oltre ad avere ancora la sterlina, sono fedeli a una cultura
liberista. "I cambi li stabilisce il mercato – aggiunge – e la politica
non deve intromettersi. Per le imprese c'è una sola strategia per combattere
gli effetti della svalutazione del dollaro. Un po' di hedging sui cambi aiuta a
guadagnare tempo, ma la sfida consiste nel raggiungere e presidiare le fasce
alte del mercato, dove non conta la concorrenza di prezzo ma altri fattori come
la qualità,l'assistenza al cliente, il contenuto di innovazione". Ma
inquesta fase non c'è solo il minidollaro (o il supereuro) a preoccupare le
imprese. I rischi, come dice ancora Broughton, sono tanti, si sovrappongono, si
intrecciano. "Il credit crunch – afferma per esempio l'ex-direttore
generale del Fondo monetario Rodrigo de Rato – deriva da una crisi seria che
avrà conseguenze pesanti sotto il profilo economico e regolamentare ".
Dunque, sviluppo frenato e mercati finanziari instabili. Il tasso di crescita
potenziale, quello che misura lo stato di salute strutturale di un'economia, è
basso in Europa e in calo anche negli Stati Uniti, secondo Rato. "Tutti
hanno un decoupling, uno sganciamento su cui puntare – prosegue –: gli americani vogliono separarsi dalla bolla immobiliare,
gli europei dalla locomotiva americana, i paesi emergenti da Europa e America.
Ma la soluzione è il Doha Round: superare le resistenze di Usa, India e Brasile
e dare un nuovo impulso al commercio internazionale perché il mondo ha ancora
bisogno di liberalizzazioni ". Che servono, anche nelle singole
aree, a dare impulso al tasso di crescita potenziale su cui bisogna agire per
rispondere al rallentamento congiunturale. Poi non bisogna sottovalutare la
crisi sui mercati finanziari che va affrontata con dosi massicce di trasparenza
"perché – dice Rato –bisogna recuperare credibilità". E anche in
questo caso la scorciatoia delle soluzioni legislative non è detto che siala
più efficace. "La politica – spiega Rato –promette di eliminare i problemi
introducendo nuove regole ma poi arrivano nuovi problemi, diversi dai
precedenti, che richiedono altre regole e si torna daccapo ". Rato è convinto
che la stretta del credito morderà: il premio per il rischio aumenta e le
banche centrali non interverranno, riducendo i tassi d'interesse, perché
l'inflazione fa paura. "Anche se – aggiunge – i prezzi
della materie prime hanno raggiunto un picco e la recessione li farà
scendere". Ma la parola che ricorre più spesso è "rischio". E
tutti si chiedono come affrontare l'incertezza, politica, economica,
finanziaria. "Il rischio si gestisce – risponde Jami Miscik, che dirige
l'ufficio sui rischi sovrani di Lehman Brothers ed è stata vicedirettore
dell'intelligence alla Cia dal 2000 al 2005 – e il modo migliore per farlo è
diversificare: un principio che vale per la sicurezza nazionale come per quella
finanziaria".Nell'immediato Miscik guarda con attenzione a quattro eventi:
le elezioni russe, il referendum costituzionale in Venezuela, la sicurezza in
Medio Oriente ( i sauditi sono preoccupati per eventuali attacchi ai pozzi
petroliferi), l'instabilità iraniana che deriva non solo dalla tensione con
l'Occidente sugli impianti nucleari ma anche da una situazione politica interna
precaria. E Miscik raccomanda di affrontare con cautela la questione dei
sovereign funds, i fondi dei Paesi emergenti che si stanno affacciando sui
mercati azionari con acquisti massicci."C'è una curva di apprendimento –
dice Miscik – da tutte e due le parti. I Paesi che vogliono investire ( quelli
arabi, la Cina, l'India) ma anche quelli che devono attrarre gli investimenti.
Bisogna abituarsi alla novità". Aggiunge Rato che non l'Occidente non deve
dare l'impressione di non volerli per motivi politici e che i fondi devono
ispirarsi alla massima trasparenza. "Ma il protezionismo finanziario, come
quello commerciale, – conclude Rato – non paga". LE RICETTE Broughton:
dobbiamo adattarci, senza politica Rato: la soluzione è rilanciare il commercio
internazionale Miscik: occorre diversificare.
( da "Provincia di Como, La" del
01-12-2007)
Il rapporto fimaa Secondo gli operatori le compravendite immobiliari a fine 2007
potrebbero segnare un lieve calo Prezzi delle case: anche in
città primi segnali di "stanca" Como(m. sa.) Segnali di
"stanca" per il mercato immobiliare anche
a Como dove da qualche tempo si registra un allungamento dei tempi di vendita e
una stabilità nel divario tra il prezzo richiesto e quello effettivo. A
rivelarlo l'indagine della Fimaa (Federazione italiana mediatori agenti
d'affari) che ieri nel corso di un convegno organizzato nella sede dall'Ance di
Como ha presentato il "Listino prezzi immobiliari
2007". In base ai giudizi espressi dagli operatori, il numero delle
compravendite immobiliari a Como potrebbe attestarsi quest'anno intorno a
1.420, facendo così segnare un lieve calo rispetto al dato del 2006. "La
dinamica dei prezzi di vendita nell'ultimo anno è
stabile ? si legge ? La variazione percentuale dei prezzi
medi di appartamenti risulta pari al 4,5%. Si registra un allungamento dei
tempi di vendita e una stabilità nel divario tra il prezzo richiesto e quello
effettivo". Un appartamento nuovo in centro a Como, secondo la rilevazione
effettuata da Fimaa, vale fra 3.342 e 5.082 euro al metro quadrato, mentre in
periferia il prezzo oscilla tra 1.863 e 2.618 euro al metro. Il valore di un
appartamento nuovo nel 2007 è aumentato, in media, del 4,2% rispetto all'anno
scorso. Risultano invece in calo i canoni di locazione: nel caso di
appartamenti recenti di circa 70 metri quadrati il prezzo varia da 467 euro
mensili (nei quartieri periferici) a 731 euro, per le zone cittadine di
particolare pregio. Un mercato, quello immobiliare,
che nel prossimo futuro dovrà misurarsi con le nuove normative sull'efficienza
energetica introdotte dalla recente legge regionale proprio in materia di
?certificazione energetica degli edifici?: la Lombardia ha infatti deciso di
anticipare al 2008 alcune disposizioni che la normativa nazionale fissa,
invece, per il 2010. Nel corso del convegno di ieri esperti tecnici e operatori
del settore hanno analizzato nel dettaglio gli aspetti pratici correlati alla
normativa che sarà applicata obbligatori energetica nell'edilizia è stato al
centro del convegno che si è tenuto ieri pomeriggio presso la sede dell'Ance
(associazione dei costruttori edili) di Como. Gli esperti del settore si sono
confrontati, in particolare, sulle novità che dal 1 luglio 2009, renderanno
obbligatoria la certificazione energetica per la vendita dei singoli appartamenti
per arrivare, infine, dal 1 luglio 2010, quando il documento sarà obbligatorio
anche per le abitazioni concesse in affitto.
( da "Sestopotere.com" del 02-12-2007)
(22:53) (2/12/2007
12:30) | INDAGINE NOMISMA SUL MERCATO IMMOBILIARE ITALIANO (Sesto Potere) -
Roma - 2 dicembre 2007 -Le recenti crisi di natura finanziaria e il conseguente
razionamento del credito, associate al rallentamento macroeconomico in atto,
hanno costretto, dopo 9 anni di crescita ininterrotta, il mercato immobiliare italiano a ripiegare. Si tratta di una flessione
al momento limitata ai volumi delle compravendite nelle principali città che,
tuttavia, minaccia di estendersi anche alle quotazioni, se dovesse perdurare la
debolezza che caratterizza buona parte della domanda. Le aspettative di
flessione diffusesi, peraltro scarsamente supportate dai fondamentali
economici, hanno determinato un ulteriore innalzamento dei tempi medi di
vendita (arrivati a superare i 5 mesi per le abitazioni usate) e dello sconto
praticato in sede di trattativa (attestatosi per il residenziale all'11,6%),
ritornati entrambi sui livelli che avevano preceduto l'avvio dell'attuale fase
espansiva. Dopo i continui aumenti degli anni scorsi, il 2007 si chiuderà con
una flessione delle transazioni di case stimabile in
almeno il 3,3%, ma con punte ben superiori al 10% nei grandi centri urbani.
Come già avvenuto in passato, anche in questa circostanza sono i mercati di
punta ad anticipare le tendenze. In un contesto di domanda
debole i prezzi delle
case continuano, tuttavia, a dimostrare
eccellente solidità, mettendo a segno un incremento quantificabile nel 2% su
base semestrale e del 5,1% sull'intero 2007. Migliore addirittura è risultata
la performance degli immobili d'impresa, per i quali la crescita su base
annuale oscilla tra il +5,8% dei negozi e il +7,1% dei capannoni
industriali. Dal punto di vista dei valori il settore immobiliare
sembra, dunque, proseguire nel canale discendente inaugurato nel corso del
2004. Il rallentamento risulta evidente, al di là della stagionalità,
dall'evoluzione delle variazioni dei prezzi delle
principali tipologie immobiliari, ma accredita più l'immagine di atterraggio
morbido che non lo scoppio da bolla speculativa. In un
contesto divenuto difficile e non tanto per fenomenologie di matrice immobiliare, quanto piuttosto per l'operare di meccanismi di
origine psicologica, la tendenza recente rappresenta un solido appiglio a cui
aggrapparsi per non subire il richiamo delle Cassandre della "bolla a tutti i costi". Le ragioni che tendono ad
escludere prezzi in discesa devono essere individuate
nella tendenza storica delle quotazioni a non dare luogo a riduzioni
apprezzabili nei valori nominali medi, - soprattutto fuori dalle più grandi
aree urbane gli andamenti ciclici sono impercettibili, mentre la tendenza a
conservare e accrescere i valori è precisa -, nell'ancora modesto livello
dell'indebitamento medio delle famiglie italiane (oggi il debito rispetto al
debito disponibile, nonché nella minore tensione sui prezzi
degli immobili registrata in Italia durante l'attuale ciclo, rispetto alla
maggior parte degli altri Paesi. Le prospettive per il 2008 sono di ulteriore
contrazione dell'attività transattiva, che tornerà verosimilmente sotto la
soglia delle 800 mila unità compravendute, e di stabilizzazione delle
quotazioni. Se a livello medio italiano è possibile prevedere una crescita dei prezzi nell'ordine del 2,5-3%, non si possono escludere
flessioni puntuali in corrispondenza delle aree urbane di maggiori dimensioni.
L'entità di eventuali flessioni continuerà a dipendere più dalla reazione della
domanda a shock esogeni di natura finanziaria che non dall'effettivo
deterioramento delle determinanti macroeconomiche che orientano l'andamento del
mercato. Negli ultimi trenta anni, con il conseguimento di un maggior
benessere, la condizione abitativa degli italiani è migliorata nettamente: sono
migliorati gli standard dati dal numero di stanze per abitante, dalla
dimensione media degli appartamenti, dalle dotazioni di impianti e servizi e
dalla riduzione dei fenomeni di coabitazione. In questo lasso di tempo la
percentuale di italiani che vive in una casa in affitto è passata da oltre il
40% al 18,8%. Oggi il 72% delle famiglie è quindi proprietaria dell'abitazione
in cui vive o ne dispone gratuitamente. Si può stimare perciò che il numero
delle famiglie che abita in una casa locata (o il numero delle case locate, che è lo stesso) ammonti a circa 4,3 milioni, a
fronte di poco meno di 7 milioni di trenta anni fa.
( da "Affari e Finanza (La Repubblica)" del
03-12-2007)
SUPPLEMENTO AFFARI E FINANZA ultimo aggiornamento 03 Dicembre 2007 Affari & Finanza > RAPPORTO/IMMOBILI E
MUTUI Affari & Finanza > RAPPORTO/GRANDE DISTRIBUZIONE Affari &
Finanza > RAPPORTO/RISPARMIO GESTITO --> COPERTINA pag. 1 La tempesta
perfetta sull'economia L'ANALISI NOURIEL ROUBINI Gli avvenimenti delle ultime
settimane dimostrano che la stretta del credito e di liquidità cominciata in
agosto negli Usa e in Europa non solo non è migliorata ma si è aggravata. Negli
Usa quest'improvviso inasprimento e altre gravi debolezze implicano che il
paese è diretto verso un'inevitabile recessione. Già la crescita di questo
trimestre sarà verosimilmente prossima allo zero. Come sempre, quando gli Stati
Uniti starnutiscono il resto del mondo si prende il raffreddore: in questo
caso, però, gli Stati Uniti non soffriranno solo di un comune raffreddore, ma
andranno incontro a una polmonite vera e propria, grave e duratura. Il resto
del mondo, di conseguenza, deve prepararsi a essere contagiato dal virus in
modo grave. Prendiamo in esame lo scompiglio dei mercati finanziati. Malgrado
le iniezioni nei mercati finanziari di liquidità per centinaia di miliardi di
dollari e di euro praticate da agosto a oggi, a dispetto di un taglio di 75bps
dei tassi di interesse effettuato dalla Fed, la stretta creditizia oggi è
altrettanto grave se non peggiore di quella dell'estate scorsa. Per esempio, la
differenza tra il tasso di interesse al quale le banche statunitensi ed europee
si concedono reciprocamente prestiti relativamente ai sicuri rendimenti
governativi di maturità simile rappresenta una misura della avversione al
rischio e ai rischi della controparte finanziaria. Questa differenza è tornata
ancora recentemente a quei massimi che segnalano che i mercati finanziari sono
quasi nel panico. Il motivo per il quale una simile massiccia iniezione di
liquidità e una politica monetaria piu' espansiva sono miseramente fallite è
che il sistema finanziario non ha sperimentato soltanto illiquidità, ma anche
seri e gravi problemi di credito e d'insolvenza. La politica monetaria non può
risolvere le questioni di insolvenza. Effettivamente, ci sono due milioni o più
di famiglie americane che probabilmente saranno insolventi e non onoreranno i
loro mutui; decine di enti erogatori di mutui hanno già fatto bancarotta;
moltissimi imprenditori edili subiranno gravi perdite e dovranno chiudere
l'attività; ci sono istituti finanziari di tutto il mondo (Stati Uniti, Regno
Unito, Francia, Germania, Australia e così via) fortemente che hanno fatto
investimenti avventati e sono falliti; e adesso che l'economia andrà in
recessione perfino le insolvenze delle grandi imprese inizieranno ad aggravarsi
e crescere di numero. Come se non bastasse, l'entità delle perdite finanziarie
è sconvolgente e peggiora di giorno in giorno: finora gli istituti finanziari
hanno ammesso perdite per circa 50 miliardi di dollari, ma una molteplicità di
analisti stima che le perdite totali dovute ai soli subprime potrebbero
arrivare a una cifra compresa tra i 300 e i 400 miliardi di dollari. Si
aggiungano a ciò le perdite dovute ai mutui nearprime e prime, le perdite per
le carte di credito e i prestiti automobilistici le cui percentuali di
insolvenza si stanno moltiplicando, le perdite dovute alle proprietà
commerciali che hanno vissuto un boom e sperimentato una bolla
simile a quella immobiliare, e infine le perdite che
le banche subiranno concedendo prestiti alle imprese e nei finanziamenti di
LBO. Tutto ciò potrebbe portare a perdite per una cifra sconvolgente,
nell'ordine del milione di miliardi di dollari. Considerata poi l'entità di
tali perdite, la necessaria contrazione del credito da parte di istituti
finanziari che hanno un capitale inferiore potrebbe ridurre la capacita' di
creare credito ? e provocare quindi una massiccia stretta del credito ?
dell'ordine di svariati trilioni di dollari americani. A sua volta, una simile
stretta del credito renderà minore la quantità di credito e alzerà i costi per
le famiglie, le aziende e gli enti debitori in generale, riducendo la domanda
aggregata di consumi e investimenti. Come se non bastasse, considerata la
globalizzazione finanziaria e di cartolarizzazione queste perdite non
colpiranno soltanto le banche, ma anche le banche di investimento, i fondi di
copertura, i fondi di investimento, i fondi del mercato monetario, SIV e
Conduits, e società di assicurazioni degli Stati Uniti e di tutto il mondo. Di
conseguenza il contagio finanziario si estenderà dalle banche al resto del
sistema finanziario, e dagli Stati Uniti all'Europa e al resto del mondo,
aumentando il rischio di una crisi finanziaria sistemica. Questa è in realtà la
prima crisi della globalizzazione e securitizzazione finanziaria. Non
meraviglia a questo punto che i principali mercati finanziari si trovino adesso
in una crisi di credito e di liquidità: i mercati interbancari, i SIV
finanziati da ABCP, i mercati di cartolarizzazione, i mercati derivati, i
mercati di LBO, i prestiti frazionati e i mercati CLO. Considerata l'incertezza
sull'entità delle perdite e su chi sia in possesso di asset
"contaminati", tutti temono le loro controparti e accumulano
liquidità. Questa è ciò che si ottiene per aver creato un sistema finanziario
caratterizzato da meno trasparenza, più opacità, mancanza di informazioni e di
limpidezza finanziaria. Negli Stati Uniti la stretta di liquidità e di credito,
le perdite ingenti subite dagli istituti finanziari per i loro prestiti e mutui
sconsiderati, la peggior recessione edilizia della storia degli Stati Uniti,
unitamente all'odierna caduta libera dei prezzi delle case,
al prezzo del petrolio ai suoi massimi storici e a un consumatore medio fragile
implicano che gli Stati Uniti vivranno ? a partire dall'inizio del 2008 ? una
grave e dolorosa recessione. Il consumatore medio americano, che risparmia poco
ed è sovraccarico di debiti, è oggi a un punto di fragilità severa: non può più usare la propria casa per ottenere soldi con un
rifinanziamento e spendere più di quello che guadagna, visto che il valore
della sua casa è in caduta. Questo consumatore è colpito da molti shock
negativi: la caduta delle prezzo delle case, il calo del
finanziamento diretto dei consumi via prestiti collaterali che usano la casa
come accessorio finanziario, un indebitamento maggiore dovuto al più
alto servicing ratio, una stretta creditizia per l'abitazione e il credito al
consumo, i prezzi del petrolio e della benzina in
impennata, un mercato del lavoro indebolito e, quanto prima, un mercato
azionario in calo. Gli aiuti dalla Fed non eviteranno l'imminente recessione,
poiché arriveranno troppo tardi e saranno troppo inadeguati, anche perché la
politica monetaria diventa meno efficace quando si ha un grande eccesso di
offerta di case, di beni di consumo durevoli, di
automobili e di motoveicoli. Occorreranno anni per smaltire questa
sovrabbondanza. Il resto del mondo ? Europa inclusa ? finora si era illuso di
potersi dissociare dal rallentamento degli Stati Uniti. Ciò potrebbe accadere
soltanto se gli Stati Uniti avessero un atterraggio morbido: se invece gli
Stati Uniti dovessero atterrare sul duro nella recessione non ci sarà modo di
prendere le distanze e la crescita globale subirà un forte rallentamento.
L'Europa, oltre tutto, potrebbe essere una delle prime vittime di questo duro
atterraggio degli Stati Uniti. Non solo il sistema finanziario europeo non si è
ancora dissociato da quello americano, ma da agosto è stato esposto a un contagio
ancora maggiore. E poiché le aziende europee dipendono dai prestiti bancari più
di quelle statunitensi, la stretta del credito colpirà il settore delle aziende
europee e la loro capacità di produrre, assumere e investire. Si tenga anche
conto che il boom e la bolla edilizia non si sono
limitati agli Stati Uniti: simili bolle hanno interessato la Spagna, il Regno
Unito, l'Irlanda e in scala minore la Francia, il Portogallo, l'Italia e la
Grecia. In questo periodo le bolle edilizie stanno iniziando a sgonfiarsi in
tutta Europa, contribuendo di fatto a rischi di rallentamento della crescita.
Si aggiunga poi ai problemi dell'Europa la forza dell'euro, che sta
pesantemente riducendo la concorrenza esterna all'eurozona, e non dimentichiamo
l'imminente indebolimento della domanda di prodotti europei in ragione della
pesante caduta della crescita degli Stati Uniti. Nel frattempo, mentre la Fed
ha già iniziato a tagliare aggressivamente i tassi di interesse, la Banca
centrale europea si illude di poter alzare ulteriormente i propri tassi una
volta superata la cosidetta "temporanea" stretta finanziaria. Quello
che la Bce dovrebbe fare, al contrario, è iniziare a tagliarli adesso. Prendere
tempo come fece nel periodo 20012002 ? garantirà soltanto una cosa: che il
contagio negativo dagli Stati Uniti all'Europa sarà più grave e più duraturo.
Pertanto, sussistono tutte le condizioni perché una "tempesta
perfetta" ? di natura finanziaria ed economica ? negli Stati Uniti si
diffonda in Europa e in tutto il mondo. Come disse una volta Bette Davis in
"All About Eve": "Allacciate le cinture e tenetevi forte: sarà
una corsa piena di scossoni!". *Docente della New York University e
presidente di RGE Monitor, società di Traduzione di Anna Bissanti.
( da "Morningstar IT" del 03-12-2007)
Nord America: La crisi degli Usa è un'opportunità per
gli Etf Marco Caprotti | 3/12/2007 L'indice Msci North America nell'ultimo mese
ha perso il 7,2%. Gli Stati Uniti, secondo alcuni economisti, starebbero per
entrare in recessione. Colpa anche del comparto finanziario. Ma ci sono gli
strumenti per guadagnare lo stesso. E' ufficiale: la locomotiva americana sta
frenando. E, aggiungono gli economisti, si sta dirigendo verso la recessione. L'indice
Msci North America nell'ultimo mese (fino al 3 dicembre e calcolato in euro) ha
perso il 7,2%. Ma a preoccupare di più investitori ed analisti sono gli ultimi
dati pubblicati dal Dipartimento del lavoro secondo cui gli utili aziendali nel
terzo trimestre sono scesi di 19,3 miliardi di dollari rispetto al secondo.
Nello stesso periodo i redditi familiari sono calati di 41,2 miliardi. I profitti delle aziende quotate sull'S&P 500, intanto, sono
diminuiti del 25%. Colpa dello scoppio della bolla immobiliare
e delle forti svalutazioni effettuate dalle corporate, seguiti alla crisi dei
mutui subprime (quelli di scarsa qualità). E negli ultimi tre mesi dell'anno la
situazione potrebbe peggiorare ancora. Gli osservati speciali di questi
giorni sono i gruppi finanziari i cui profitti, secondo un'analisi di
Bloomberg, nel quarto trimestre scenderanno di oltre il 25-30%. Questa
situazione ha effetti inevitabili sull'economia. Le maggiori banche del Paese,
fra cui Jp Morgan Chase e Morgan Stanley hanno annunciato almeno 25mila
licenziamenti. Le richieste di sussidi per la disoccupazione sono arrivate ai
massimi degli ultimi nove mesi. Nel frattempo, secondo un rapporto della
Federal Reserve le banche hanno chiuso i cordoni della borsa, rendendo più
difficile alle imprese e alle famiglie il ricorso al prestito. Tutto questo sta
preparando la strada per la recessione che, secondo la maggior parte degli
economisti, si registrerà a partire dal 2008. La gravità della situazione,
però, si può trasformare in una buona occasione per fare affari. Soprattutto
utilizzando gli Exchange traded fund. "Stiamo notando una crescente
attenzione sugli Etf dedicati al comparto finanziario", dice Sonya Morris,
analista di Morningstar. "C'è ancora incertezza sui tempi della crisi.
Questo ha spinto molti investitori con orizzonti temporali di breve periodo a
vendere titoli di banche e assicurazioni creando in questo modo opportunità di
acquisto per chi ragiona nel lungo termine ed ha un po' di coraggio". Il
vantaggio dell'Etf, secondo Morris è che è esposto su un paniere di titoli e
quindi non solo su una singola azione. "Ovviamente bisogna fare attenzione
all'indice di riferimento dell'Etf. Noi consigliamo quelli dove sono presenti
nomi di qualità a prezzi che ormai sono sacrificati.
Chi preferisce una maggiore diversificazione può scegliere un paniere in cui
sono presenti banche, assicurazioni e società di brokeraggio". Marco
Caprotti è Redattore di Morningstar in Italia. Per commenti e osservazioni
potete scriverle all'indirizzo marco.caprotti@morningstar.com Attenzione:
Morningstar e i suoi dipendenti non forniscono alcun tipo di consulenza, né su
investimenti in generale né su specifici fondi.
( da "Trend-online" del 03-12-2007)
BLOG, clicca qui per leggere la rassegna di Il punto-borsainvestimenti , 03.12.2007 11:36 Scopri le
migliori azioni per fare trading questa settimana!! Il mondo, fino a marzo,
viveva nella inconsapevolezza dei problemi legati al debito enorme su cui si
poggiava l'economia. Dal 2002 al 2007 il mondo aveva vissuto un'epoca in cui i
tassi d'interesse si erano dimostrati benevoli, grande liquidità, facilità di
accesso al credito. Le banche erano riuscite a rivendere i
crediti che avevano nei confronti delle imprese tramite complessi veicoli e
cartolarizzazioni. Quindi avevano a disposizione enormi risorse per finanziare
il sistema economico, dagli immobili allo sviluppo cinese, indiano ecc ecc. Le
Banche Centrali avevano assecondato il tutto grazie anche al potente deflattore
mondiale chiamato Cina. Ma Cina e India hanno aumentato i costi della
mano d'opera, per non parlare dei costi delle materie prime e dell'energia che
hanno reso via via più cari i prodotti cinesi. Per dirla in breve, dalla Cina e
dall'India arrivano oggi prodotti a prezzi via via più
cari. Il tutto genera inflazione. L'inflazione tende a far alzare i tassi. Il
rialzo repentino dei tassi ha fatto fermare la speculazione che aveva portato
alla bolla immobiliare e alla creazione di
obbligazioni strutturate complesse. Le prime avvisaglie a marzo crearono i
primi dubbi. Dubbi che fra marzo e giugno vennero studiati e analizzati da
tanti e tanti economisti e banche d'affari. I più veloci nel capire la
situazione furono Goldman Sachs e alcuni fondi hedge, che approfittarono, in
quei mesi, fra marzo e giugno, per aprire grandi operazioni al ribasso, non
tanto sui mercati azionari quanto sul mercato del debito subprime e sui titoli
finanziari. In Italia, fra i primi blog che parlarono di questi problemi non si
può non ricordare quelli di MICHELE SPALLINO e quelli di ANDREA MAZZALAI
ICEBERGFINANZA Persone che anticipando di gran lunga Banche d'affari, media, e
gestori, furono in grado di spiegare segue pagina >>.
( da "Trend-online" del 03-12-2007)
I mercati: il castello nella Palude BLOG, clicca qui
per leggere la rassegna di Il punto-borsainvestimenti
, 03.12.2007 11:39 Scopri le migliori azioni per fare trading questa
settimana!! la Fed tagliò i tassi quasi a 0. Questo mise in
moto la bolla degli immobili. Infatti, i risparmi rimasti indenni dalla crisi
delle borse vennero investiti in immobili generando una crescita del settore
esponenziale e creando l'ennesima bolla. Oggi la Fed
cerca di replicare, sperando che il taglio dei tassi d'interesse, da un lato
freni la caduta del valore degli immobili, dall'altro permetta un
rientro del debito e aiuti la creazione di una nuova bolla
nel mercato azionario. Tuttavia la sostanziale differenza rispetto al 2001 è
l'inflazione proveniente dalla Cina. Un'inflazione che non permetterà ai tassi
d'interesse scendere più di tanto e che anzi potrebbe creare seri danni al
mercato azionario in quanto è inflazione importata. Senza contare gli squilibri
geopolitica che potrebbero essere molto più gravi di un paio di torri distrutte
dagli estremisti islamici Questo articolo è il secondo di 5. Leggete gli
articoli seguendo l'ordine cronologico. Mercato Libero - Consulenza Finanziaria
Fee Only - : Mercato Libero.
( da "Tirreno, Il" del 04-12-2007)
Montecatini Prezzi delle case
sempre più in alto Montecatini (più 3,5%) corre
rispetto alle altre città della Toscana MONTECATINI. Prezzi sempre più su, con
medie che ormai arrivano a toccare quota 2.800 euro al metro quadro e aumenti
che fanno impallidire tutte le grandi città della Toscana. E una tendenza al
rialzo che in questa seconda parte dell'anno è stata solo marginalmente
scalfita dallo scandalo mutui. Sono i dati relativi al mercato immobiliare della Valdinievole comunicati dall'Ufficio studi
Tecnocasa e confermati dagli operatori "sul campo". Tipologie. Nella
tabella, Tecnocasa riporta tre tipologie di abitazione (ulteriormente divise in
usato e nuovo): nella colonna "economico" si trovano gli appartamenti
di edilizia popolare e le vecchie case da
ristrutturare; alla voce "medio" ci sono le costruzioni del boom
edilizio degli anni '60-'70; "signorili" sono le case,
vecchie e nuove, con rifiniture di pregio. Al top. La tabella evidenzia la zona
della città che dal centro si allarga fino alle Panteraie quale la più costosa
per l'acquisto di una casa. Prezzi tutti ben oltre i 2mila euro al metro
quadro, anche per un appartamento non di pregio. Si spende decisamente meno per
un immobile situato nella Valdinievole ovest (Pescia e Chiesina), mentre la
sorpresa degli ultimi tempi viene da Ponte Buggianese. "E' la città dove
c'è più euforia da un punto di vista immobiliare -
dice Andrea Zuccaro, responsabile dell'agenzia Tecnocasa di via Mazzini - e se
fino a 6-7 anni fa le case costavano quasi la metà di
quelle a Montecatini, oggi la forbice si va assottigliando". Sempre più in
alto. Più 3,5%. E' questa la variazione percentuale dei prezzi
delle case a Montecatini registrata nel primo semestre del 2007 rispetto
ai sei mesi precedenti. Nessuno, tra i capoluoghi in Toscana, si avvicina
neanche lontanamente a un simile aumento: Pistoia si ferma all'1,4%, Livorno
all'1,2%, Prato all'1%, Grosseto allo 0,5%, stabile Arezzo, mentre Firenze
scende addirittura dello 0,6%. "Si tratta di dati medi - spiega Zuccaro -
ma per gli edifici di pregio l'aumento arriva a toccare quota 20%. D'altra
parte sono già alcuni anni che chi dispone di un reddito alto tende a cercare
casa fuori dalle grandi città e Montecatini resta una meta ambita. Richieste
arrivano un po' da tutta la Toscana, ma soprattutto da Arezzo: decine di
aretini hanno trattato una compravendita con i nostri uffici. E per la seconda
parte dell'anno le cose non sembrano essere cambiate: lo scandalo mutui ha
colpito il mercato, ma solo per la case popolari, che
hanno registrato una leggera flessione nei prezzi. La
zona più trendy? Sta tornando di moda l'area a sud della ferrovia, tra la
stazione e via Foscolo". David Meccoli.
( da "Provincia Pavese, La" del
04-12-2007)
Cronaca Scendono i prezzi delle case Nel primo semestre 2007 registrato un calo
dell'1,7 per cento Ma in centro storico per un box si spendono anche 60mila
euro A provocare la frenata è l'alto numero di edifici costruiti FILIBERTO
MAYDA PAVIA. Una piccola frenata del mercato immobiliare
pavese. Non tale da cambiare significativamente la situazione, ma sufficiente a
far immaginare l'inizio di una inversione di tendenza. Insomma, almeno a
leggere i dati forniti dall'Osservatorio di Tecnocasa, in provincia di Pavia si
registrerebbe un calo medio dei prezzi al metro
quadro, calo valutato intorno all'1,7 per cento. I prezzi,
comunque, restano alti, con modifiche che riguardano sostanzialmente la
periferia, mentre in centro storico e nelle zona più ricercate (ad esempio
quella della stazione ferroviaria), i valori al metro quadro cambiano davvero
di pochissimo. Va poi detto che i prezzi
dell'Osservatorio Immobiliare Tecnocasa si riferiscono al compravenduto medio,
ossia ai contratti già definiti nel primo semestre dell'anno. Cosa abbia
determinata questa lieve diminuzione (ma importante se sarà confermata nel
secondo semestre), non è difficile immaginarlo. In questi ultimi
dodici-diciotto mesi sono stati gettati sul mercato centinaia di immobili,
dalle singole ville signorili ai piccoli appartamenti in periferia, per non
dire che in provincia, particolarmente nel Pavese, alcune aree sono state
letteralmente invase dal cemento e dalle villette più o meno a schiera, mono,
bi-trifamiliari. Nell'ultimissimo periodo, poi, anche la crisi dei mutui e
l'aumento dei tassi ha contribuiti alla frenata del mercato immobiliare.
Inoltre, sottolinea l'Osservatorio di Tecnocasa, la presenza di nuove costruzioni
sul territorio ha determinato un aumento dei tempi di vendita ed un calo dei prezzi medi di compravendita nella città. nel Centro storico
acquistano professionisti che cercano tagli superiori a 100 mq oppure società
di costruzione che procedono a frazionare gli immobili, ristrutturarli e
rivenderli. Le soluzioni di prestigio che affacciano su piazza della Vittoria,
corso Strada Nuova e corso Cavour possono toccare punte di 4.000-5.000 al mq.
Difficile trovare dei box in centro e quando si trovano raggiungono anche 50-60
mila, mentre in periferia si va dai 18 e fino ai 25mila. Mercato stabile, dopo
un periodo di notevole rialzo delle quotazioni, nella zona del Policlinico, tra
le più richieste della città. Sono in corso alcuni interventi di nuova costruzione
immessi sul mercato a 2.300 al mq. L'offerta abitativa della zona presenta
condomini degli anni '70 trattati a 1.700-1.800 al mq. L'area che si sviluppa
intorno alla stazione include abitazioni costruite a partire dai primi anni del
1900 fino agli anni' 60-'70. Un buon usato costa 2.000 al mq. Alla periferia
della città, verso Bereguardo, nella zona di San Lanfranco, dove ci sono case indipendenti, case di corte,
villette a schiera e singole, le quotazioni più basse, 1.600 al mq, determinano
una buona presenza di richieste nella zona. Prezzi simili anche per le
abitazioni situate in viale Cremona, dove si possono acquistare condomini degli
anni '70-'80 valutati intorno a 1.400-1.500 al mq. San Giovannino è un
quartiere che si è sviluppato prevalentemente 20-30 anni fa e si caratterizza
per la presenza di condomini in edilizia privata, a eccezione di una zona, più
interna e tranquilla e molto richiesta, con ville bifamiliari e
quadrifamiliari. Per una soluzione usata in zona si spendono cifre medie di
1700-1800 al mq. In viale Campari l'età media delle abitazioni è di 20-30 anni,
ma ci sono anche delle costruzioni più recenti, a parte una zona attigua al
centro dove si concentrano soluzioni più signorili con giardino interno e
trattate a 2-000 al mq. In posizione semicentrale sorge via Ferrini dove sta
partendo un intervento di nuova costruzione di condomini con appartamenti,
negozi ed uffici al pianterreno. In tutte queste zone si costruiscono piccoli
contesti condominiali valutati 2.300-2.500 al mq. Palazzine di nuova
costruzione sono in corso nella zona del Vallone Nuovo, le cui quotazioni sono
di 2.000-2.200 al mq. Presenti anche delle nuove costruzioni in edilizia Peep.
L'offerta immobiliare del Vallone vecchio è
decisamente eterogenea e include palazzine, villette a schiera, villette
singole e bifamiliari. Un buon usato costa 1.500 al mq. Più basse le quotazioni
del rione Crosione, la zona più popolare del Vallone vecchio, dove l'usato si
tratta a 1.200-1.300 al mq.
( da "Repubblica, La" del 04-12-2007)
Economia La bolla immobiliare A Trieste i Nobel per
l'Economia. Mundell: il vero problema non è l'inflazione "Sui tassi la Bce
segua la Fed o per l'Europa sarà dura" I prezzi delle
case si sgonfieranno e allora la crescita europea potrebbe peggiorare GIORGIO
LONARDI DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE - "Non credo che l'inflazione sia un
grosso problema per l'Europa. Al contrario penso che il vero problema sia la
deflazione". Se lo dice un premio Nobel come il canadese Robert Mundell,
fra i massimi esperti mondiali di politica monetaria e fiscale, qui a Trieste
per i Nobels Colloquia, occorre prestare la massima attenzione ad
un'affermazione a prima vista sconcertante. Spiega Mundell: "Secondo me
l'espansione dei prezzi degli immobili
in Europa non può continuare per sempre. Prima o poi la bolla immobiliare si sgonfierà e allora la situazione dell'economia
europea potrebbe peggiorare". Quindi la bolla
immobiliare si ridimensionerà in Europa proprio come è accaduto negli
Stati Uniti? "E' inevitabile che sia così. La differenza è che negli Usa
l'impatto negativo sull'economia è stato "ammortizzato" dalla
debolezza del dollaro che ha rafforzato l'export americano. Purtroppo l'Europa
oggi non gode di questo vantaggio". In un quadro così difficile lei si
aspetta un aumento dei tassi da parte della Bce? "L'11 dicembre è prevista
la riunione del Fomc (il braccio operativo della Fed ndr). A mio parere la
Federal Reserve dovrebbe accollarsi un chiaro impegno a rilanciare l'economia.
E la misura più adeguata per farlo è il taglio dei tassi di 50 punti base. In
questo quadro se la Bce non riducesse i tassi farebbe un grandissimo errore.
Perché questo si tradurrebbe in un forte rialzo dell'euro rispetto al dollaro
con tutte le conseguenze negative che si possono immaginare per l'industria
europea". Secondo lei il rapporto fra dollaro e euro rimarrà a lungo sui
livelli attuali, contrassegnati dalla debolezza del biglietto verde? "Il
rapporto euro-dollaro oggi è arrivato sui minimi storici e, da adesso in poi,
dovrebbe correggere la rotta. Tuttavia se ci fosse una recessione negli Stati
Uniti questo potrebbe cambiare il mio punto di vista". C'è il rischio che
la vicenda dei mutui subprime trascini l'economia mondiale in una brutta crisi
finanziaria? "All'orizzonte non c'è pericolo di un "credit
crunch". La crisi dei subprime è nata da una forte carenza di liquidità in
agosto. Ma la rapida reazione della Bce e della Fed che hanno iniettato liquidità
nel sistema finanziario ha impedito una crisi finanziaria che avrebbe causato
danni profondi. Oggi si continua a parlare dei subprime ma non credo che si
tratti di un problema reale. E se ci fossero nuovamente dei problemi di
liquidità niente paura: le banche centrali hanno dimostrato di saper fare bene
il loro mestiere". Quali saranno i contraccolpi della campagna elettorale
Usa sull'economia americana? "Premetto di essere canadese e quindi di non
essere coinvolto nelle elezioni americane. Detto questo non c'è dubbio che se
dovessero vincere i democratici ci sarà un aumento delle tasse. Entrambi i
candidati democratici hanno presentato un programma che prevede un forte
aumento della spesa. In particolare la signora Clinton ha detto che intende
riportare le aliquote all'era pre-Bush. E questa è una brutta notizia per
l'economia mondiale".
( da "Wall Street Italia" del
04-12-2007)
Di *Nouriel Roubini Quando gli Stati Uniti
starnutiscono il resto del mondo si prende il
raffreddore: in questo caso però, l'America andra' incontro a una polmonite
vera e propria, grave e duratura. E il resto del mondo deve prepararsi a essere
contagiato dal virus. -->*Docente della New York University e presidente di
RGE Monitor. Il commento che segue non implica responsabilita' alcuna per Wall
Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita' di trading e
pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a
questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI. (WSI) ? Gli avvenimenti delle
ultime settimane dimostrano che la stretta del credito e di liquidità
cominciata in agosto negli Usa e in Europa non solo non è migliorata ma si è
aggravata. Negli Usa quest'improvviso inasprimento e altre gravi debolezze
implicano che il paese è diretto verso un'inevitabile recessione. Già la
crescita di questo trimestre sarà verosimilmente prossima allo zero. Come
sempre, quando gli Stati Uniti starnutiscono il resto del mondo si prende il
raffreddore: in questo caso, però, gli Stati Uniti non soffriranno solo di un
comune raffreddore, ma andranno incontro a una polmonite vera e propria, grave
e duratura. Il resto del mondo, di conseguenza, deve prepararsi a essere
contagiato dal virus in modo grave. Mercato volatile? Si', e con news gratis,
non riesci a valutarne tutte le opportunita' e i rischi. Hai mai provato ad
abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca
sul link INSIDER Prendiamo in esame lo scompiglio dei mercati finanziati.
Malgrado le iniezioni nei mercati finanziari di liquidità per centinaia di
miliardi di dollari e di euro praticate da agosto a oggi, a dispetto di un
taglio di 75bps dei tassi di interesse effettuato dalla Fed, la stretta
creditizia oggi è altrettanto grave se non peggiore di quella dell'estate
scorsa. Per esempio, la differenza tra il tasso di interesse al quale le banche
statunitensi ed europee si concedono reciprocamente prestiti relativamente ai
sicuri rendimenti governativi di maturità simile rappresenta una misura della
avversione al rischio e ai rischi della controparte finanziaria. Questa
differenza è tornata ancora recentemente a quei massimi che segnalano che i
mercati finanziari sono quasi nel panico. Il motivo per il quale una simile
massiccia iniezione di liquidità e una politica monetaria piu' espansiva sono
miseramente fallite è che il sistema finanziario non ha sperimentato soltanto
illiquidità, ma anche seri e gravi problemi di credito e d'insolvenza. La
politica monetaria non può risolvere le questioni di insolvenza.
Effettivamente, ci sono due milioni o più di famiglie americane che
probabilmente saranno insolventi e non onoreranno i loro mutui; decine di enti
erogatori di mutui hanno già fatto bancarotta; moltissimi imprenditori edili
subiranno gravi perdite e dovranno chiudere l'attività; ci sono istituti
finanziari di tutto il mondo (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania,
Australia e così via) fortemente che hanno fatto investimenti avventati e sono
falliti; e adesso che l'economia andrà in recessione perfino le insolvenze
delle grandi imprese inizieranno ad aggravarsi e crescere di numero. Come se
non bastasse, l'entità delle perdite finanziarie è sconvolgente e peggiora di
giorno in giorno: finora gli istituti finanziari hanno ammesso perdite per
circa 50 miliardi di dollari, ma una molteplicità di analisti stima che le
perdite totali dovute ai soli subprime potrebbero arrivare a una cifra compresa
tra i 300 e i 400 miliardi di dollari. Si aggiungano a ciò le perdite dovute ai
mutui nearprime e prime, le perdite per le carte di credito e i prestiti
automobilistici le cui percentuali di insolvenza si stanno moltiplicando, le
perdite dovute alle proprietà commerciali che hanno vissuto un boom e
sperimentato una bolla simile a quella immobiliare, e infine le perdite che le banche subiranno
concedendo prestiti alle imprese e nei finanziamenti di LBO. Tutto ciò potrebbe
portare a perdite per una cifra sconvolgente, nell'ordine del milione di
miliardi di dollari. Considerata poi l'entità di tali perdite, la necessaria
contrazione del credito da parte di istituti finanziari che hanno un capitale
inferiore potrebbe ridurre la capacita' di creare credito ? e provocare quindi
una massiccia stretta del credito ? dell'ordine di svariati trilioni di dollari
americani. A sua volta, una simile stretta del credito renderà minore la
quantità di credito e alzerà i costi per le famiglie, le aziende e gli enti
debitori in generale, riducendo la domanda aggregata di consumi e investimenti.
Come se non bastasse, considerata la globalizzazione finanziaria e di
cartolarizzazione queste perdite non colpiranno soltanto le banche, ma anche le
banche di investimento, i fondi di copertura, i fondi di investimento, i fondi
del mercato monetario, SIV e Conduits, e società di assicurazioni degli Stati
Uniti e di tutto il mondo. Di conseguenza il contagio finanziario si estenderà
dalle banche al resto del sistema finanziario, e dagli Stati Uniti all'Europa e
al resto del mondo, aumentando il rischio di una crisi finanziaria sistemica.
Questa è in realtà la prima crisi della globalizzazione e securitizzazione
finanziaria. Non meraviglia a questo punto che i principali mercati finanziari
si trovino adesso in una crisi di credito e di liquidità: i mercati interbancari,
i SIV finanziati da ABCP, i mercati di cartolarizzazione, i mercati derivati, i
mercati di LBO, i prestiti frazionati e i mercati CLO. Considerata l'incertezza
sull'entità delle perdite e su chi sia in possesso di asset
"contaminati", tutti temono le loro controparti e accumulano
liquidità. Questa è ciò che si ottiene per aver creato un sistema finanziario
caratterizzato da meno trasparenza, più opacità, mancanza di informazioni e di
limpidezza finanziaria. Negli Stati Uniti la stretta di liquidità e di credito,
le perdite ingenti subite dagli istituti finanziari per i loro prestiti e mutui
sconsiderati, la peggior recessione edilizia della storia degli Stati Uniti,
unitamente all'odierna caduta libera dei prezzi delle case,
al prezzo del petrolio ai suoi massimi storici e a un consumatore medio fragile
implicano che gli Stati Uniti vivranno ? a partire dall'inizio del 2008 ? una
grave e dolorosa recessione. Il consumatore medio americano, che risparmia poco
ed è sovraccarico di debiti, è oggi a un punto di fragilità severa: non può più usare la propria casa per ottenere soldi con un
rifinanziamento e spendere più di quello che guadagna, visto che il valore
della sua casa è in caduta. Questo consumatore è colpito da molti shock
negativi: la caduta delle prezzo delle case, il calo del
finanziamento diretto dei consumi via prestiti collaterali che usano la casa
come accessorio finanziario, un indebitamento maggiore dovuto al più
alto servicing ratio, una stretta creditizia per l'abitazione e il credito al
consumo, i prezzi del petrolio e della benzina in
impennata, un mercato del lavoro indebolito e, quanto prima, un mercato
azionario in calo. Gli aiuti dalla Fed non eviteranno l'imminente recessione,
poiché arriveranno troppo tardi e saranno troppo inadeguati, anche perché la
politica monetaria diventa meno efficace quando si ha un grande eccesso di
offerta di case, di beni di consumo durevoli, di
automobili e di motoveicoli. Occorreranno anni per smaltire questa
sovrabbondanza. Il resto del mondo ? Europa inclusa ? finora si era illuso di
potersi dissociare dal rallentamento degli Stati Uniti. Ciò potrebbe accadere
soltanto se gli Stati Uniti avessero un atterraggio morbido: se invece gli
Stati Uniti dovessero atterrare sul duro nella recessione non ci sarà modo di
prendere le distanze e la crescita globale subirà un forte rallentamento.
L'Europa, oltre tutto, potrebbe essere una delle prime vittime di questo duro
atterraggio degli Stati Uniti. Non solo il sistema finanziario europeo non si è
ancora dissociato da quello americano, ma da agosto è stato esposto a un
contagio ancora maggiore. E poiché le aziende europee dipendono dai prestiti
bancari più di quelle statunitensi, la stretta del credito colpirà il settore
delle aziende europee e la loro capacità di produrre, assumere e investire. Si
tenga anche conto che il boom e la bolla edilizia non
si sono limitati agli Stati Uniti: simili bolle hanno interessato la Spagna, il
Regno Unito, l'Irlanda e in scala minore la Francia, il Portogallo, l'Italia e
la Grecia. In questo periodo le bolle edilizie stanno iniziando a sgonfiarsi in
tutta Europa, contribuendo di fatto a rischi di rallentamento della crescita.
Si aggiunga poi ai problemi dell'Europa la forza dell'euro, che sta
pesantemente riducendo la concorrenza esterna all'eurozona, e non dimentichiamo
l'imminente indebolimento della domanda di prodotti europei in ragione della
pesante caduta della crescita degli Stati Uniti. Nel frattempo, mentre la Fed
ha già iniziato a tagliare aggressivamente i tassi di interesse, la Banca
centrale europea si illude di poter alzare ulteriormente i propri tassi una
volta superata la cosidetta "temporanea" stretta finanziaria. Quello
che la Bce dovrebbe fare, al contrario, è iniziare a tagliarli adesso. Prendere
tempo come fece nel periodo 2001 2002 ? garantirà soltanto una cosa: che il
contagio negativo dagli Stati Uniti all'Europa sarà più grave e più duraturo.
Pertanto, sussistono tutte le condizioni perché una "tempesta
perfetta" ? di natura finanziaria ed economica ? negli Stati Uniti si
diffonda in Europa e in tutto il mondo. Come disse una volta Bette Davis in
"All About Eve": "Allacciate le cinture e tenetevi forte: sarà
una corsa piena di scossoni!". Traduzione di Anna Bissanti Copyright © La
Repubblica - Affari&Finanza. Riproduzione vietata. All rights reserved.
( da "Milano Finanza (MF)" del
05-12-2007)
MF Il punto di vista La
Bolla Immobiliare Deve Scoppiare, Nessuna Indulgenza Per Le Vittime Dei
Subprime Il progressivo deterioramento del mercato immobiliare
rende sempre più urgente una risposta da parte di Washington. Lo dimostra
l'ampia copertura mediatica riservata a un piano del Dipartimento del tesoro
che si appresta a collaborare con le società di erogazione dei mutui ipotecari
per rivedere i termini dei prestiti concessi a quei mutuatari del segmento
subprime che non possono più permettersi di pagare le rate mensili maggiorate.
Non dovrebbe passare molto tempo prima che si assista alle richieste,
provenienti anche da Wall Street, di una manovra fiscale studiata per quei
proprietari che vedono avvicinarsi lo spettro di un pignoramento degli immobili
ipotecati. Una simile mossa sarebbe certo costosa, nonché iniqua verso la
maggioranza dei proprietari e dei locatari più prudenti e costituirebbe un
precedente passibile di promuovere comportamenti sconsiderati in futuro. Senza
contare che questo salvataggio non riuscirebbe affatto a impedire l'inevitabile
correzione dei prezzi delle abitazioni, né a impedire
le ripercussioni economiche correlate. Il principale argomento a sostegno della
manovra fiscale si fonda su un mito, ossia sul fatto che i mutuatari subprime
siano inadempienti a causa del rialzo degli interessi sui mutui a tasso
variabile, rialzo che ha reso le rate ormai insostenibili. In effetti, gran
parte dei mutuatari subprime inadempienti stanno ancora pagando delle rate
d'ingresso davvero contenute (pari, in media, all'8%, ovvero ben al di sotto
del tasso di mercato per creditori con una storia travagliata alle spalle e un
merito creditizio davvero risicato). In altre parole, molti di questi mutuatari
non hanno ancora visto aumentare i pagamenti mensili. Se da un lato è vero che
i mutui subprime sono spesso stati proposti da operatori senza scrupoli,
d'altro canto il motivo principe dell'incremento dei mutui in sofferenza è da
ricercarsi nell'abitudine dei mutuatari di assumere debiti superiori a quanto
siano effettivamente in grado di rimborsare applicando qualsiasi tasso di
interesse ragionevole. Secondo Credit Suisse, il mutuo subprime classico inizia
al 45% del reddito al lordo delle imposte e questo prima che siano ridefiniti i
tassi. Dopo il primo ritocco, il pagamento del mutuo aumenta di norma a circa
il 55% del reddito lordo (e può salire ancora). Il piano di salvataggio è
destinato a rivelarsi oneroso, gravando per centinaia di miliardi di dollari
sulle spalle dei contribuenti. E una simile ipotesi, in un momento storico in
cui il Congresso dovrebbe trovare una soluzione per quelle migliaia di miliardi
di dollari che servirebbero, ma mancano, a finanziare la previdenza sociale e i
programmi di assistenza sanitaria come Medicare, sarebbe fiscalmente
irresponsabile. La maggioranza dei mutui subprime negli ultimi anni è servita a
rifinanziare prestiti precedenti. Molte persone sono riuscite a estrarre dalle
loro case molto più contante di quanto vi avessero
investito sotto forma di anticipi. A loro dovrebbe essere gettata un'ancora di
salvezza? Mentre la condizione di molta gente, rimasta intrappolata nel crollo
del mercato immobiliare, può ritenersi tragica, un
programma di salvataggio ricompenserebbe quasi sicuramente i meno meritevoli.
Proprio coloro che affrontano oggi i maggiori rischi di pignoramento, e che
corrispondono probabilmente alla categoria più favorita dagli sgravi fiscali o
dai contributi, sono gli stessi che hanno acquistato abitazioni al di sopra
delle loro possibilità economiche, sperperato i capitali ottenuti ipotecando le
case oppure che hanno mentito nel dichiarare i loro
redditi per ottenere mutui che altrimenti non avrebbero mai ricevuto.
Ironicamente, se fosse convertito in legge, il progetto del cosiddetto
salvataggio andrebbe a sconfessare le pressioni sulla Fed e sul presidente Ben
Bernanke da parte degli investitori che richiedono maggior controllo e fermezza
nel rispondere alle turbolenze del mercato finanziario. Il governo federale
creerebbe un precedente scomodo, incoraggiando comportamenti poco responsabili,
se decidesse di salvare i mutuatari in difficoltà (e, conseguentemente, i
mutuanti e gli investitori).I prezzi delle case sono
stati sospinti a livelli inaccettabili durante il boom da una massa di mutui
concessi con poca lungimiranza, che hanno contribuito a creare una domanda
artificiale. è quindi inevitabile che questi stessi prezzi crollino al venir meno della domanda artificiale. La bolla immobiliare è la conseguenza indesiderata di una politica del denaro facile
della Federal Reserve pensata per salvare l'economia da un crollo a seguito
dello scoppio di un'altra bolla, quella dei tecnologici.
Ciò premesso, il Congresso dovrebbe respingere qualsiasi proposta di
salvataggio fiscale.Andy Laperriere Managing director di Isi Group MF
- Primo Piano Numero 241, pag. 3 del 5/12/2007 Autore: Andy
Laperriere Managing director di Isi Group.
( da "Wall Street Italia" del
05-12-2007)
Di ANSA -
-->(ANSA) - ROMA, 5 DIC - I prezzi delle case in
Gran Bretagna sono scesi per il terzo mese di fila evidenziando la peggiore
sequenza da oltre dieci anni, mentre la fiducia dei consumatori inglesi ha
segnato un brusco calo. A novembre - in base alla
statistica elaborata da Hbos - il prezzo medio delle abitazioni è sceso
dell'1,1% rispetto ad ottobre, confermando la crisi del mercato immobiliare. L'ultima volta che i prezzi delle case
sono risultati in calo per tre mesi consecutivi è stato nel 1995. Gli analisti
di Morgan Stanley prevedono che nel 2008 i prezzi subiranno
un calo del 10%. La fiducia dei consumatori britannici - rilevata da
Nationwide Building Society - è scesa molto più del previsto a quota 86 (da 98
del mese prima) il più forte calo da tre anni a questa parte. (ANSA).
( da "Wall Street Italia" del
05-12-2007)
Di ANSA -
-->(ANSA) - ROMA, 5 DIC - Fannie Mae, una delle due agenzie semigovernative
che erogano prestiti immobiliari negli Usa, prevede che nel 2008 i prezzi delle case subiranno un calo del 5%. Fannie Mae ha
dunque peggiorato le sue previsioni tenuto conto che meno di un mese fa aveva
stimato una flessione del 4%. Per il 2007, l'agenzia ha
previsto che una "severa correzione" nel mercato immobiliare comporterà una calo dei prezzi del 3%. Le
nuove stime sono state comunicate in occasione della presentazione alle
autorità di controllo della programmata cessione di titoli privilegiati per 7
miliardi di dollari che partirà nei prossimi giorni. Una mossa
necessaria per far fronte alla crescita esponenziale delle insolvenze che hanno
spinto l'agenzia anche ridurre il proprio dividendo da 50 cent a 35 cent il
prossimo anno. Fannie Mae, che ha riportato perdite per 1,4 miliardi di dollari
nel terzo trimestre, oggi ha annunciato di attendersi ancora "pressioni
sui profitti" nel 2008. (ANSA).
( da "Sole 24 Ore Online, Il" del
05-12-2007)
Londra: fiducia
dei consumatori ai minimi, in calo prezzi case di Nicol Degli Innocenti commenti - | | 5 dicembre 2007
Credito: arriva lo strizzone immobiliare LONDRA. Si profila un
Natale austero per gli inglesi: la fiducia dei consumatori e' scesa ai minimi
da oltre tre anni in Gran Bretagna, spinta al ribasso dall'aumento del costo
della vita e dalla crisi finanziaria. Il dato, unito a nuovi segnali che il
mercato immobiliare e' in netta flessione, aumenta le
probabilita' che la Banca d'Inghilterra domani possa decidere di tagliare i
tassi d'interesse per sostenere l'economia, superando i timori di un risveglio
dell'inflazione. I dati resi noti oggi da Nationwide, la seconda societa'
specializzata in mutui, rivelano che l'indice della fiducia dei consumatori e'
sceso a 86 in novembre da 98 in ottobre: si tratta del calo mensile piu' brusco
da quando sono iniziate le rilevazioni nel 2004 e il livello piu' basso
dall'inizio dell'anno. Il crollo piu' rilevante riguarda l'indice di spesa,
sceso a 63, un segnale concreto che i consumi pre-natalizi subiranno un calo.
Le associazioni dei negozianti negli ultimi giorni hanno gia' espresso il
timore di una flessione delle vendite nella stagione piu' cruciale dell'anno.
"L'incertezza sugli effetti del credit crunch abbinata all'aumento dei prezzi del petrolio e dei generi alimentari sembra colpire
la fiducia sull'occupazione e sulla situazione economica futura," ha
commentato Fionnuala Earley, chief economist di Nationwide. I nuovi dati sul
mercato immobiliare confermano questo quadro a fosche
tinte: i prezzi delle case sono scesi dell'1,1% nel
mese di novembre a causa degli alti tassi di interesse e dell'onere crescente
di ripagare i mutui. La flessione dei prezzi e' la
piu' accentuata dal dicembre 2006, secondo Halifax, la maggiore societa'
specializzata in mutui in Gran Bretagna, ed e' anche la prima volta da dodici
anni che si verifica un calo per tre mesi consecutivi. "L'aumento del
costo di ripagare un mutuo e il calo dei salari reali hanno eroso i redditi
degli inglesi, portando a un rallentamento sia nei prezzi
che nel numero di compravendite nel settore immobiliare,"
ha detto oggi Martin Ellis, chief economist di Halifax. La Banca d'Inghilterra
ha confermato che il numero di mutui approvati e' sceso ai minimi da tre anni.
Alla luce di nuovi dati, un numero crescente di economisti si attende domani un
taglio dei tassi d'interesse di 25 punti a 5,5 per cento.
( da "Virgilio Notizie" del 05-12-2007)
05-12-2007 20:15 A novembre
ribasso per il terzo mese di fila (ANSA) - ROMA, 5 DIC - I prezzi
delle case in Gran Bretagna sono scesi per il terzo mese di fila evidenziando
la peggiore sequenza da oltre dieci anni. A novembre - in base alla statistica
elaborata da Hbos - il prezzo medio delle abitazioni e' sceso dell'1,1%
rispetto ad ottobre, confermando la crisi del mercato immobiliare.
L'ultima volta che i prezzi delle case sono risultati
in calo per tre mesi consecutivi e' stato nel 1995.
( da "Wall Street Italia" del
05-12-2007)
Mutui: Gb, prezzi case scendono ancora di ANSA A
novembre ribasso per il terzo mese di fila -->(ANSA) - ROMA, 5 DIC - I prezzi delle case in Gran Bretagna sono scesi per il terzo
mese di fila evidenziando la peggiore sequenza da oltre dieci anni. A novembre
- in base alla statistica elaborata da Hbos - il prezzo medio delle abitazioni
e' sceso dell'1,1% rispetto ad ottobre, confermando la crisi del mercato immobiliare. L'ultima volta che i prezzi
delle case sono risultati in calo per tre mesi consecutivi e' stato nel
1995.