CENACOLO DEI COGITANTI |
DOCUMENTO DEL 2-9-2009 |
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Gli omini arancione e l’autostrada Salerno-Reggio
Calabria
Questa la mia avventura durante il rientro dalla Calabria.
Antonio Corvaia Cogitante (Critica)
A volte le cose appaiono o potrebbero apparire scontate. Ovvie.
Ma spesso non lo sono.
Forse, fra le righe nascondono altro. Chissà.
Come le ormai proverbiali
file per lavori in corso della Salerno-Reggio
Calabria (me le pappo ormai da anni per tornare nel mio sud. Da quando c’è
questa cosiddetta autostrada), dei ritardi, dei salti di corsia, degli omini
arancione dell’ANAS con le loro bandierine arancioni, sotto il solleone, a
sollecitarti a rallentare per chissà quali pericoli incombenti (chissà quali
pericoli incombenti perché a volte gli omini veri sono sostituiti da omini
manichino, finti, a segnalare qualcosa –il pericolo incombente- che forse non è più così incombente e
ormai quegli omini finti arancione e le loro bandierine arancione, abbandonati
lì a vigilare chissà che cosa e chissà da quanto tempo non hanno più quel
colore, anzi per il loro colore diverso dall’arancione sembrano piuttosto mummie rinsecchite dal sole). Mi chiedo,
anzi, perché sacrificare così ingenerosamente
quegli omini arancione veri a fare quasi da sbandieratori sotto il solleone quando, invece, potrebbe essere sufficiente
una buona segnaletica per informare l’automobilista di qualcosa, anche di
urgente o grave che ci possa essere. Come del resto avviene in tutte le altre
strade e autostrade. Mah!
Ma andiamo per gradi.
Ore 12,30 del 21 agosto 2009, sulla Salerno Reggio Calabria, in
direzione nord, proveniente da Lamezia Terme, sembra tutto fili liscio.
Traffico regolare, pochi gli omini arancione (veri e finti) con le loro
bandierine che in tanti, invece, avevo incontrato all’andata. Scongiuri a parte
che tutto potesse andare liscio, era anche divertente guidare senza stress
guardando anche il panorama, fino a che a circa tre chilometri prima di Lauria,
taradanghete, omini arancione con bandierine dello
stesso colore invitano a rallentare. La corsia diventa unica, ci sono cartelli
con uscita consigliata (ma non obbligata), la fila dopo un curvone diventa
lunghissima. In fondo altri omini arancione con bandierine. Si va a passo
d’uomo, non c’è nessuno per chiedere, non ci sono indicazioni relativamente ai
motivi del rallentamento, all’eventuale percorso alternativo, ai chilometri in
più da fare (l’indicazione di lavori sull’autostrada indicava in circa 30 i
chilometri interessati ai lavori). La fila è ordinata, tranquilla. Arrivo a due
omini arancione che mi invitano a sbrigarmi, “ma fino a dove…” domando dal
finestrino a
Si, in effetti la segnaletica che incontro è efficace. Ad ogni
bivio, ad ogni incrocio, bene evidenziate le direzioni A3 – Salerno – Reggio
Calabria.
Verde su fondo giallo. E così la lunga colonna, ordinata
fortunatamente, si incammina per: “Mah! Chissà
dove spunteremo e dove rientreremo in autostrada”. E lì giù scommesse con mia
moglie. Ma comincio a vedere, oltre alla segnaletica per
Il senno di poi mi dice che avevo intrapreso
E, cammina cammina il paesaggio cambia
ancora. Passiamo per Masseria Sant’Angiolo. Poi mi
accorgo di una imponente diga. E’ la diga sul fiume Agri. Mi si accappona la
pelle. Abbiamo viaggiato nella valle dell’Agri. Ho paura delle dighe, vabbene?! Poi,
superata la diga, il lago di Pietra del Petrusillo.
Bellissimo anche questo. Coloratissimo. Lunghissimo. Dal verde
smeraldo all’azzurro indaco. A destra e sinistra. La strada, a tratti, in mezzo.
Alberghi a 4, 5, super stelle. “Ma chi ci verrà?” mi domando e domando a mia
moglie.
Comincio a vedere che il paesaggio cambia ancora e cambiano
anche le segnaletiche. Da direzione Matera a direzione Potenza. Stavamo
risalendo verso nord adesso. Meno male.
E proseguo seguendo ancora le indicazioni della A3. Ma niente
più omini arancione e soprattutto niente più Polizia stradale che non avevo
visto neanche prima. Anzi, forse, a Lauria, avendo “obbligato” tutti a uscire
sarebbe stato più corretto (si dice così?) che fossero presenti anche operatori
della polizia. Che fosse segnalata, forse, una ordinanza prefettizia. Ma
tant’è.
Obbligo di uscita, punto e basta.
E ancora cammina cammina. Appaiono le
indicazioni per “Viggiano”, “Marsicovetere”,
mai sentiti, confesso. Poi “Marsico Nuovo” e poi
ancora “Brienza” con i primi segnali che siamo in
prossimità di Atena Lucana.
Finalmente. Ma ancora l’autostrada non si vede da nessuna parte.
Dopo Brienza la strada scende a valle. Ecco
l’autostrada. Ecco il casello di Atena Lucana.
Finalmente. E sono le 16,30.
Sembra quasi che stiamo uscendo da un girone dell’inferno di
Dante. Non per i luoghi, davvero incantevoli e ormai prossima meta di un mio
viaggio-visita.
Ma perché anziché percorrere
Ho saputo da mio figlio, che viaggiava con qualche ora di
ritardo dietro di me, che l’autostrada, all’altezza di Lauria, è rimasta chiusa
fin verso le 17,00. E anche lui è incappato, per qualche minuto, nell’
“obbligo” a fare il percorso alternativo/obbligato. Si, perché altri amici che
transitavano proprio qualche minuto dopo mio figlio non hanno trovato alcun
obbligo ad uscire dall’autostrada a Lauria ed hanno proseguito regolarmente e
senza intoppi.
Mi sono posto, allora, due domande quando ho realizzato che
tutti noi automobilisti, me compreso naturalmente, come un gregge di pecore,
guidati dagli omini arancione, ci siamo incolonnati per uscire a Lauria senza
l’ ombra di una protesta, benché minima. Forse scontata. Forse ovvia. Senza
chiedere una spiegazione. Ma saranno veramente domande ovvie, le mie? Forse le
risposte che attendo potranno nascondere altro? Chissà se lo sapremo mai in
questa Italia post industriale, post moderna, post democratica, post
umanitaria, post tutto insomma, dove accade di tutto senza farsi domande e
senza avere risposte alle poche domande, ovvero come ha amaramente ricordato
Eugenio Scalfari su
La prima domanda che mi sono fatto è stata come fare a sapere
cosa fosse successo di talmente grave da bloccare l’autostrada per tanto tempo,
e senza alcuna indicazione al punto del mio ingresso in autostrada a Lamezia
Terme, costringendomi a uscire a Lauria e percorrere circa
Se non ci fosse stata quella deviazione obbligata, senza nessuna
spiegazione apparente da parte di nessuno, se non per l’invito degli omini
arancione a Lauria con le loro bandierine arancione, perché l’ultimo cartello
da me visto in autostrada poco prima di Lauria lo dava come percorso
consigliato e non obbligato, non avrei sicuramente conosciuto i luoghi che ho visto. Luoghi incantevoli
sicuramente. Che visiterò. Ma se allora, invece, ed ecco la domanda, fosse
stata tutta una simulazione affinché, invece, la gente possa essere, così,
“obbligata” (forse meglio dire costretta) a conoscere questi luoghi -che
altrimenti non conoscerebbe perché filerebbe dritto con l’autostrada-, a
fermarsi in questi luoghi per prendere un caffè, un panino, una bibita. A fare
pipì?
Non sarebbe sicuramente un buon sistema per dare impulso al sud
che è anche mio e che non è solo mare e vacanza ma è storia ed è cultura. Ma
io, anche questa seconda domanda, in questa Italia post industriale, post moderna,
post democratica, post umanitaria, post tutto insomma, dove accade di tutto
senza farsi domande e senza avere risposte alle poche domande, io questa
domanda me la sono posta.